12 gennaio 2023

📍 Utilità 📍COME CHIEDERE LA DISCUSSIONE DELL’APPELLO (ANCHE CAUTELARE) FINO AL 30 GIUGNO 2023


 

Tra riforma e discipline transitorie sono tempi complessi.

Considerate, per esempio, la richiesta di discussione orale della causa in appello.

A regime Cartabia - per semplificare dal 30 giugno 2023, poiché la faccenda è più complessa e ne discuteremo in un altro post - l’udienza di appello sarà sempre camerale e non partecipata salvo che le parti chiedano la partecipazione entro quindici giorni dalla notifica del decreto di fissazione dell’udienza ovvero la Corte decida de plano in tal senso (art. 598 bis cpp).

Analoga regola si applicherà all’appello cautelare.

Ma fino al 30 giugno 2023 vigerà la normativa transitoria che prevede l’udienza pubblica (non camerale) dell’appello se richiesta quindici giorni prima dell’udienza (e non entro quindici dalla notifica del decreto come a regime Cartabia). Regola analoga s’applica all’appello cautelare con la differenza che tale udienza è sempre camerale e che dunque l’istanza ha il solo effetto di provocare la partecipazione.

Di seguito un esempio di istanza 


Udienza: 

RGNR:

RG. Giudicante: 

Appellante:


Autorità Giudiziaria

Istanza di discussione orale

(ai sensi degli artt. 94 comma 2 d. lgs. 150/2022, come modificato dall'art. 5 duodecies del DL 162/2022 conv. in L. 199/22, nonché degli artt. 23 bis commi 4 e 7 L. 176/2020 e occorrendo dell'art. 598 bis c.p.p.)


Io sottoscritto avvocato, con inerenza all'appello indicato in epigrafe, nel quale assisto il Signor … e per l’udienza del …, formulo istanza di discussione orale della causa in udienza pubblica/camerale partecipata.

Quanto sopra ai sensi della normativa transitoria vigente sino al 30 giugno 2023 ex art. 94 comma 2 d. lgs. 150/2022 come modificato dall'art. 5 duodecies del DL 162/2022 conv. in L. 199/2022 (“2. Per le impugnazioni proposte entro il 30 giugno 2023 continuano ad applicarsi le disposizioni di cui all’articolo 23, commi 8, primo, secondo, terzo, quarto e quinto periodo, e 9, nonché le disposizioni di cui all’articolo 23-bis, commi 1, 2, 3, 4 e 7, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176. Se sono proposte ulteriori impugnazioni avverso il medesimo provvedimento dopo il 30 giugno 2023, si fa riferimento all’atto di impugnazione proposto per primo”) nonché ai sensi dell'art. 23 bis commi 4 e 7 della L. 176/2020.

Occorrendo, la presente dev'essere intesa quale istanza di partecipazione all'udienza camerale, ai sensi dell'art. 598 bis comma 2 c.p.p..

 Con riguardo

Luogo, data

Avv.

11 gennaio 2023

I numeri dell'UEPE


Le possibilità di conseguire gli obiettivi della Riforma passano ovviamente dall'UEPE.

Ma quali sono i numeri dell'Ufficio esecuzione esterna ? 

Riportiamo gli ultimi dati disponibili, da cui emergono il sicuro carico di lavoro (al 15.11.2022 i soggetti in carico erano oltre 230.000), il singolare rapporto tra italiani e stranieri (quest'ultimi sono appena il 19%, lì dove l'ultimo rapporto sulla popolazione carceraria indica una percentuale di non italiani superiore al 30%, (dati al link)) e alcune specificità territoriali (ad esempio in Sicilia, Trapani fa registrare numeri vicini a quelli di Catania e Messina)  (statistiche al link) .

10 gennaio 2023

❌Attenzione❌: per i reati ora procedibili a querela occorre presentare l'atto entro il 30.3.2023: suggeriamo un modello di “querela Cartabia”

 




ALLA STAZIONE DEI CARABINIERI DI ...
(se presentata personalmente dalla parte; altrimenti tramite portale se presentata dall'avvocato)

Per l’inoltro a:

PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUANLE DI ...

E

TRIBUNALE DI ...   

Sezione penale

- Giudice:  –

Proc. Pen. ...  - rgnr – n.  ...  rg. trib




Querela ai sensi degli artt. 2 e 85 d. lgs. 150/2022



Il signor ... nato il ... a ... e residente in ... alla via ... N...- .....(CF: ..),  è persona offesa costituita parte civile nel procedimento penale n. ... RGNR Procura della Repubblica presso il Tribunale di ... e n. ... rg. Trib a carico di:

NOME IMPUTATO

nato a ... il ..., residente in ... via ... n. ..., imputato del reato p. e p. dall'art.590 bis, con prossima udienza calendata per il ########).
Premesso che pende processo penale iscritto al numero di rg. indicato in epigrafe;
Che per effetto degli articoli 2 e 85 del d. lgs. 150/2022 che di seguito si riportano
Art. 2
Modifiche al Libro II del codice penale
c) all'articolo 590-bis, dopo l'ottavo comma, e' aggiunto il seguente: «Il delitto e' punibile a querela della persona offesa se non ricorre alcuna delle circostanze aggravanti previste dal presente articolo»;
Art. 85
Disposizioni transitorie in materia di modifica del regime di procedibilita'
1. Per i reati perseguibili a querela della persona offesa in base alle disposizioni del presente decreto, commessi prima della data di entrata in vigore dello stesso, il termine per la presentazione della querela decorre dalla predetta data, se la persona offesa ha avuto in precedenza notizia del fatto costituente reato.

Il delitto per cui si procede è ora procedibile a querela di parte (prima era invece procedibile d’ufficio);
Ai sensi della norma transitoria (art. 85) sopra riportata, la persona offesa deve presentare l’atto di querela entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della novella legislativa (30.12.2022) e cioè entro il 30.3.2023;
Che la querela è presentata personalmente o a mezzo di procuratore speciale al pm o a un ufficiale di p.g. ed è sottoscritta dal denunciate o da un suo procuratore speciale (art. 333 comma 2 c.p.p.
Tanto premesso, il signor ... residente in via ... N. ..- ... ... (CF: ...), nato il ... a ..., sporge formale querela nei confronti di ... nato a ...il ... , residente in ... via ... n. ..., già imputato nel processo penale n. ... RGNR Procura della Repubblica presso il Tribunale di ... e ...–... rg. Trib affinché sia evidente, per effetto della novella legislativa sopra richiamata, la sua volontà di punizione del colpevole ...
I fatti sui quali fonda la querela che si sporge sono quelli contestati nel processo penale prima indicato il cui capo di imputazione integralmente si trascrive a narrativa del presente atto querelatorio: ... è imputato "per il reato di cui all'art. 590 bis c.p. perché ponendosi alla guida del veicolo ... tg ... in stato di alterazione psicofisica conseguente all'assunzione di sostanza stupefacente del tipo "cannabinoide", nonché con colpa consistita nel violare l'art. 142 co. 2 CDS tenendo una velocità di marcia pari a 95 km/h in un tratto di strada ove era prescritto il limite di 30 km/h, nonché per imprudenza e negligenza cagionava a ... lesioni personali gravi consistite in <<amputazione delle falangi n. 2, 3 e 4 del dito della mano sinistra, frattura del bacino, trauma cranico e trauma toraco-addominale>> dalle quali derivava una malattia con prognosi superiore a gg. 40. In ... il ...".

Data

Firma




09 gennaio 2023

Uno straordinario Paolo Ferrua, Professore Emerito di Procedura Penale, sulla Riforma Cartabia: affinità elettiva e visioni comuni


Daniele Livreri ha coinvolto Paolo Ferrua con una serie di domande sulla Riforma Cartabia.

Le risposte, che potete leggere in questo contributo del Professore, segnano il "confine" tra la chiarezza intellettuale e scientifica di Ferrua e l'improvvisazione della normativa Cartabia.

Personalmente ci colgo anche molte affinità elettive dal punto di vista politico giudiziario: condivido, e l'ho fatto in Consiglio delle Camere Penali, l'idea del Professore che il processo diventerà sempre più indagini e cautelari centrico, dunque inquisitorio, anche se in modo per così dire soft; analogamente per la regola di giudizio - immutata -  dell'udienza preliminare, col rischio d'ipoteca per il presunto innocente.

Siamo grati a Paolo Ferrua della sua amicizia alla nostra Camera Penale e al blog Foro e Giurisprudenza e siamo onorati di ospitarne il pensiero illuminato. 
In un'epoca medievale per la procedura penale, non ci pare poco.
(Marco Siragusa)








Caro Professore, è entrata in vigore la c.d. Riforma Cartabia. Prima di valutarne alcuni specifici aspetti, qual è il tuo giudizio complessivo? 

Il giudizio è nettamente negativo per la parte processuale. La riforma prosegue l’opera di allontanamento dal modello accusatorio. Pone al centro del processo l’indagine preliminare, perseguendo una politica di ‘garantismo inquisitorio’ che si esprime con la moltiplicazione dei formalismi e delle finestre giurisdizionali; di qui una sequenza di micro-procedure con distinzioni spesso oziose o inafferrabili, il cui effetto è di spostare l’asse del processo verso l’indagine preliminare: la prospettiva del dibattimento si allontana, cresce il rischio di irripetibilità delle dichiarazioni già raccolte e si incrementa il ricorso alle misure cautelari. Nel modello accusatorio, l’indagine preliminare dovrebbe essere fluida e poco formalizzata, dato che la vera garanzia per l’accusato sta nella irrilevanza probatoria delle dichiarazioni e degli accertamenti svolti in quella fase: il rapido passaggio al dibattimento è il necessario presupposto sia per un uso ristretto delle misure cautelari sia per conservare la memoria dei testimoni.
Vale qui una regola troppo spesso dimenticata, anche per la resistenza del mondo forense ad accettarla: ogni garanzia non essenziale, id est ogni pseudo-garanzia introdotta nella fase preliminare si ripercuote negativamente sulla tempestività e sull’autonomia del dibattimento. Esiste, inoltre, un circolo vizioso, una piena solidarietà tra ipertrofia dell’indagine preliminare e abuso della custodia cautelare. Il mezzo più efficace per spezzare questo circolo perverso resta la celere instaurazione del dibattimento. Gli interventi del giudice in fase preliminare dovrebbero essenzialmente limitarsi ai provvedimenti cautelari e alle prove irripetibili.


Viene precisata la nozione di notizia di reato e si introducono dei meccanismi di controllo sulla stasi del procedimento. Si tratta di disposizioni inutili se non controproducenti, che rischiano di favorire iscrizioni e indagini a modello 45? Oppure le nuove norme consentiranno di iscrivere sin da subito esclusivamente accadimenti di un qualche rilievo penale, favorendone il rapido definirsi?

 

Il risultato dell’accentuato formalismo negli stadi prodromici al giudizio è decisamente scarso sul piano difensivo o, per lo meno, non compensa la protrazione dei tempi processuali e la perdita di autonomia dell’istruzione dibattimentale. Il controllo del gip sulla tempestiva iscrizione della notizia di reato riesce in gran parte vano, essendo la retrodatazione subordinata alla difficile prova che il ritardo sia ‘inequivocabile’ e ‘non giustificato’ (art. 335-quater comma 2 c.p.p.). L’intricato complesso dei termini, previsti dagli artt. 407-bis, 409, 415-bis-ter c.p.p. per le determinazioni del pubblico ministero e per le decisioni del giudice, risulta di carattere puramente ordinatorio, non essendo accompagnato da alcuna sanzione processuale o di inutilizzabilità.

Gli stessi termini previsti a pena di inutilizzabilità per la durata massima delle indagini non assumono di fatto grande rilevanza, essendo sempre possibile al pubblico ministero, che opti per l’archiviazione, promuovere la riapertura delle indagini motivandola con l’esigenza di nuove investigazioni. Servirebbe almeno alleggerire il sistema delle proroghe dei termini di indagine, che riesce tanto laborioso quanto inutile: è, infatti, assai improbabile che il giudice rifiuti al pubblico ministero il permesso di proseguire le indagini, espropriandolo di un potere che nel sistema accusatorio appartiene alla sfera di azione riservata all’organo inquirente. Basterebbe autorizzare il pubblico ministero a disporre direttamente la proroga con un decreto motivato, sindacabile su richiesta di parte dal giudice per le indagini preliminari.

In compenso, nonostante l’eccesso di formalismi e di controlli, resta un caso in cui le garanzie si rivelano carenti. Alludo ai primi accertamenti e rilievi sulla scena del crimine, eseguiti quando è ancora impossibile individuare l’ipotetico autore del reato, ma al tempo stesso inevitabilmente destinati ad influire sulla decisione di merito. Qui sarebbe importante assicurare la presenza obbligatoria di un difensore dell’ignoto, chiamato a vigilare sul tempestivo e corretto svolgimento di ogni attività di indagine.

 


Dall’art. 408 sembra ricavarsi, a contrario, che l’esercizio dell’azione penale sia subordinato alla sussistenza di una ragionevole previsione di condannamentre il Giudice dell’udienza preliminare e quello dell’udienza pre-dibattimentale dovrebbero far proseguire il processo soltanto se condividessero tale prognosi: si alzano le garanzie o si viola la presunzione di innocenza a carico dell’imputato?

 

La riforma ‘Cartabia’ modifica i presupposti per la pronuncia della sentenza di non luogo a procedere, da adottare «quando gli elementi acquisiti non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna»(art. 425): frase senza dubbio iperbolica, da intendersi come ragionevole previsione di una ‘probabile condanna’. 

Tuttavia, contrariamente a quanto si afferma, non muta affatto la regola di giudizio che resta tale e quale. La regola di giudizio è la regola che, per ogni alternativa decisoria, consente di identificare il provvedimento da adottare in caso di incertezza. Nell’udienza preliminare il provvedimento da adottare, nel dubbio, è il rinvio a giudizio, per la semplice ragione che la legge continua, come in passato, a fissare i presupposti per la sentenza di non luogo (che è il c.d. termine ‘marcato’) e non per il rinvio a giudizio (che è il c.d. termine ‘consequenziale’); con la conseguenza che dovrà essere disposto il rinvio a giudizio ogni qualvolta non siano pienamente provati i presupposti per la pronuncia del non luogo. Tra un provvedimento motivato (la sentenza di non luogo) ed uno immotivato (il rinvio a giudizio), vi sarà sempre la tendenza a scegliere il secondo per ovvie ragioni di economia.

A questo punto, sarebbe preferibile o sopprimere l’udienza preliminare, che le regole del processo accusatorio non prevedono come necessaria, o ammetterla solo a richiesta della difesa. Si invertirebbe così il rapporto tra regola ed eccezione che oggi si pone tra udienza preliminare e giudizio immediato. La difesa sarebbe posta di fronte alla responsabilità se accettare o no il rischio del pregiudizio che inevitabilmente deriva da una verifica positiva sul fondamento dell’accusa; e, prevedibilmente, si assisterebbe con notevole vantaggio per i tempi processuali, ad una significativa riduzione dell’ambito operativo di un istituto, come l’udienza preliminare, non essenziale alla logica del modello accusatorio. 

Non credo che in tal modo si incoraggerebbero eccessi nell’esercizio dell’azione penale. Oggi la responsabilità del rinvio a giudizio è divisa tra pubblico ministero e giudice dell’udienza preliminare, il che la rende piuttosto debole: di due e di nessuno, al tempo stesso. In assenza dell’udienza preliminare, il rinvio a giudizio sarebbe di piena responsabilità del pubblico ministero e l’eventuale assoluzione segnerebbe la sua diretta ed esclusiva sconfitta. Tutto lascia prevedere che, prima di disporlo, rifletterebbe attentamente sulla probabilità di ottenere una condanna.

 


La riforma della riassunzione della prova a seguito del mutamento del Giudice consente di superare l’approdo delle SS.UU. Bajrami?

 

Solo parzialmente. Anzitutto, il diritto al rinnovo della prova dichiarativa dinanzi al nuovo giudice viene meno quando il precedente esame sia stato documentato integralmente con mezzi di riproduzione audiovisiva (art. 495 c.p.p.); e non è chiaro se, in tal caso, la difesa abbia diritto ad ottenere nel dibattimento la riproduzione integrale del mezzo audiovisivoInoltre, l’espressione ‘il giudice’ apre la via a interpretazioni riduttive, tese a limitare il diritto al rinnovo della prova al solo caso in cui il mutamento coinvolga l’intero collegio giudicante e non soltanto il singolo componente del collegio.

 


Giudizi di impugnazione: la Riforma c.d. Cartabia sembra recepire, con qualche adattamento, l’impostazione di fondo del progetto Bonafede. Ma la pubblicità del processo penale, e quindi l’oralità dello stesso, non costituiscono valori essenziali dell’ordinamento democratico?

 

Non v’è dubbio che lo siano, anche se in appello l’oralità non implica necessariamente la rinnovazione delle prove già assunte in primo grado, se non in casi specificamente disciplinati. Resta il fatto che la deroga al regime della pubblicità, derivante dallo svolgimento dell’appello in camera di consiglio, appare poco giustificata se si tiene conto che la pubblicità non è riducibile al solo interesse delle parti, ma coinvolge il fondamentale valore della trasparenza della giustizia, che riguarda ogni cittadino.

Spiace, inoltre, che non sia stato soppresso l’appello del pubblico ministero, come suggerito da due ragioni. A rimediare ad eventuali errori nell’assoluzione appare più che sufficiente il ricorso in cassazione: non riusciamo ad immaginare un solo caso in cui un’assoluzione gravemente ingiusta non possa trovare adeguato rimedio attraverso il ricorso in cassazione. Inoltre, la soppressione dell’appello del pubblico ministero consentirebbe di risolvere la grave anomalia di una condanna inflitta per la prima volta in secondo grado, come riforma dell’assoluzione: qui l’imputato subisce un grave pregiudizio, potendo esperire contro la condanna solo il ricorso in cassazione, del tutto inadeguato a garantire quel diritto al ‘riesame’ che l’art. 14 comma 5 del Patto internazionale sui diritti civili e politici assicura ad ogni condannato. 

 


A margine del travagliato iter parlamentare della riforma è stato approvato un odg con cui si impegna il Governo a «predisporre, con una rivisitazione organica, il ripristino della disciplina della prescrizione sostanziale». A tuo avviso è auspicabile reintrodurre la prescrizione anche nei giudizi di impugnazione e se sì, saresti favorevole a un modello di estinzione del reato come quello della Riforma c.d. Orlando?

 

L’introduzione della improcedibilità nei giudizi di impugnazione è stato un grave errore, lesivo di fondamentali principi costituzionali, a partire dall’art. 112 Cost. Per effetto della improcedibilità - nonostante l’azione penale sia stata validamente esercitata - il processo si estingue, svanisce con una sentenza che lascia in vita l’ipotetico reato, senza pronunciarsi sul dovere di punire; prove, eventuali condanne e risarcimento del danno, tutto si dissolve allo scadere dei termini di durata massima previsti per le singole fasi. 

L’evaporazione del processo, a reato non estinto e in presenza di un’azione validamente promossa, costituisce, a fronte dell’art. 112 Cost., un’anomalia senza precedenti, una fantasmagorica figura, in-classificabile nel senso letterale della parola, perché contiene in sé due opposti, fra loro inconciliabili: l’estinzione del processo e la permanenza dell’ipotetico reato, non avendo avuto risposta l’azione penale. Che un processo si concluda perché il reato è estinto – come accade nella prescrizione sostanziale o nell’amnistia - si spiega perfettamente, mancando la materia stessa dell’imputazione; che svanisca in presenza di un’accusa da accertare nel suo fondamento, contraddice la coerenza del sistema

Il ritorno alla prescrizione sostanziale come causa estintiva del reato è, prima ancora che opportunonecessario; e, a differenza di quanto previsto in precedenza, i termini di prescrizione devono decorrere indipendentemente dall’essere l’imputato nel corso del processo assolto o condannato.  


Paolo Ferrua

Professore emerito di procedura penale 

nell'Università di Torino

06 gennaio 2023

IMPUGNAZIONI CAUTELARI REALI A CHI PROPORLE ? UN REBUS. PECCATO CHE NON SIA LA SETTIMANA ENIGMISTICA

Pare proprio che il legislatore, pandemico o meno che sia, abbia difficoltà con le impugnazioni cautelari reali.

Il fu Codice Vassalli prevedeva la competenza, quale giudice dell'impugnazione, del Tribunale che siede nel capoluogo di provincia; correlativamente il deposito dell'impugnazione doveva avvenire nella cancelleria di costui, salva la controversa possibilità del c.d. "fuori sede". 

Poi, in occasione della pandemia, venne, e finalmente, l'uso della pec, ma le norme furono congegnate in modo assolutamente infelice. Se ne occupò in questo blog Marco Siragusa, con la sua solita verve.

In sostanza la norma pandemica prevedeva l'invio della impugnazione a mezzo pec al Tribunale del capoluogo del distretto indistintamente per impugnazioni cautelari personali e reali, senza però che fosse mutata la competenza a decidere per queste ultime. In sintesi si doveva inviare l'impugnazione ad un giudice per inoltrarla ad un altro: una sorta di fuori sede obbligatorio. 

In questi anni nessuno ha rimediato ad una norma sì illogica. 

Tuttavia il momento propizio è sembrato profilarsi in sede di conversione  del d.l. 162/22, allorquando è stata reintrodotta la possibilità di depositare gli atti a mezzo pec. Ma il risultato è stato pessimo. Se prima si aveva una norma illogica, ma che almeno si comprendeva, oggi il combinato disposto dei commi VI e VII dell'art. 87 bis è un rebus, ma pericolosissimo. 

Invero il comma VI dispone che: 

nel caso di richiesta di riesame o di appello contro ordinanze in materia di misure cautelari, personali o reali, l’atto di impugnazione, in deroga a quanto disposto dal comma 3, è trasmesso all’indirizzo di posta elettronica certificata del tribunale di cui all’articolo 309, comma 7, del codice di procedura penale.  

Dunque al Tribunale del capoluogo del distretto.

Ma il comma VII prevede che <<fermo restando quanto previsto dall’articolo 591 del codice di procedura penale, nel caso di proposizione dell’atto ai sensi del comma 3 del presente articolo l’impugnazione è altresì inammissibile: a) ... ; b) ...; c) quando l’atto è trasmesso a un indirizzo di posta elettronica certificata non riferibile, secondo quanto indicato dal provvedimento del Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati di cui al comma 1, all’ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato o, nel caso di richiesta di riesame o di appello contro provvedimenti resi in materia di misure cautelari, personali o reali, a un indirizzo di posta elettronica certificata non riferibile, secondo quanto indicato dal provvedimento del Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati di cui al comma 1, all’ufficio competente a DECIDERE il riesame o l’appello>>.

Ma sulle impugnazioni contro i provvedimenti resi in materia di misure cautelari reali è competente il tribunale del capoluogo della provincia.  

Dunque se l'impugnazione cautelare reale viene inviata al tribunale del capoluogo del distretto, per come previsto dal citato comma VI, è INAMMISSIBILE. 

REBUS: a chi inviare dunque le impugnazioni cautelari reali ? 



03 gennaio 2023

❗❗ L' A.G. deve informare della nuova procedibilità a querela SOLTANTO se è in corso una misura cautelare personale ❗❗


Nel nostro post del 27.12.2022, abbiamo riportato le norme transitorie originariamente previste dal D.LGS. 10 OTTOBRE 2022, N. 150 e le successive novelle al riguardo. 

Pare opportuno dar conto dell' importante modifica in tema di reati prima procedibili d'ufficio ed adesso a querela di parte. 

Nella prima versione dell'art. 85 del citato d.lvo si prevedeva che per i reati soggetti al mutamento di procedibilità, il giudice informasse la persona offesa dal reato della facoltà di esercitare il diritto di querela. Di talchè il termine per proporre la condizione di procedibilità decorreva dal giorno in cui la persona offesa veniva informata. Prima dell’esercizio dell’azione penale, all'incombente doveva provvedere il pubblico ministero.

Tuttavia l'enunciato normativo entrato in vigore è radicalmente diverso. 

Infatti, il nuovo comma II così recita:  

“2. Fermo restando il termine di cui al comma 1, le misure cautelari personali in corso di esecuzione perdono efficacia se, entro venti giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, l’autorità giudiziaria che procede non acquisisce la querela. A questi fini, l’autorità giudiziaria effettua ogni utile ricerca della persona offesa, anche avvalendosi della polizia giudiziaria. Durante la pendenza del termine indicato al primo periodo i termini previsti dall’articolo 303 del codice di procedura penale sono sospesi”

Dunque, l'A.G. sarà onerata di rintracciare la p.o. soltanto se vi sia una misura cautelare personale in corso, ma il termine, peraltro di venti giorni, decorrerà comunque dall'entrata in vigore della norma. In tutti gli altri casi sarà onere dell'interessato proporre la querela entro il termine di 3 mesi dall'entrata in vigore della Riforma oppure da quando si è acquisita notizia del fatto di reato.   

 

02 gennaio 2023

Alcune questioni in tema Cartabia

 

In questi giorni ci siamo confrontati con diversi colleghi su alcuni aspetti pratici della riforma c.d. Cartabia. 

Di alcuni quesiti e delle relative risposte (speriamo fondate) ci pare utile dar conto anche in questo blog. 

Posso continuare a depositare in cancelleria l'impugnazione fuori sede ? 

NO. Il secondo comma dell'art. 582 è abrogato e non è prevista una sua ultrattività . 

Allora potrò ricorrere alla PEC ? 

SI. Le norme transitorie introdotte in sede di conversione del d.l. 162/2022, rimediando ad una grave lacuna della precedente normativa, hanno previsto il ricorso alla PEC, escludendolo però come avveniva già con le norme "pandemiche", per tutti i casi in cui è obbligatorio il deposito tramite portale (art. 87 bis).

Chiaro per le impugnazioni fuori sede, ma si potrà continuare a depositare le altre impugnazioni in cancelleria ?

SI, ma sino a 15 giorni dopo l’adozione dei regolamenti che definiscono le regole tecniche riguardanti il deposito, la comunicazione e la notificazione con modalità telematiche degli atti del procedimento penale (intesi da adottarsi entro il 31.12.2023).

Ho una prima udienza a breve,  sarà una udienza c.d. predibattimentale ? 

NO. La predibattimentale si inizierà a svolgere soltanto per i processi per i quali l'azione penale è stata esercitata DOPO l'entrata in vigore della Riforma (art. 89 bis.) Ovviamente non conta la data della notifica del d.c..

La trattazione orale delle impugnazioni andrà richiesta immediatamente con le cadenze della Cartabia ?  

NO. Le norme transitorie recentemente introdotte prevedono che per le impugnazioni proposte sino al 30.06.2023 si applicheranno i termini pandemici. (Articolo 94 del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, come modificato).

Le pene sostitutive si applicano sin da subito ?  

SI. Si tratta infatti di pene. E’ peraltro prevista anche la possibilità di applicarle con riferimento ai giudizi di appello e all’esito del giudizio di cassazione, se pendenti all’atto dell’entrata in vigore della riforma.  

Tuttavia, per come già rilevato in altro post, il legislatore non ha dato luogo ad una chiara disciplina transitoria per i processi che sono già incominciati e che cominceranno sulla scorta di d.c. già emessi, quindi con le norme ante Cartabia. In ogni caso riteniamo che l'applicazione delle pene sostitutive non potrà che avvenire sulla scorta delle disposizioni previste dalla Cartabia. Si ricorda che gli avvocati potranno prestare il consenso all’applicazione di pene sostitutive soltanto se muniti di procura speciale.  

 

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