31 marzo 2025

MAE - RIFIUTO CONSEGNA - RADICAMENTO IN ITALIA- INDICI VALUTAZIONE

 

La Corte di cassazione ha rammentato che «in tema di mandato di arresto europeo, a seguito delle modifiche apportate all'art. 18-bis legge 22 aprile 2005, n. 69, dall'art. 18-bis dl. 13 giugno 2023, n. 69, introdotto dalla legge di conversione 10 agosto 2023, n. 103, la Corte di appello, al fine di verificare lo stabile radicamento nel territorio nazionale della persona richiesta, quale motivo di rifiuto della consegna, è tenuta, a pena di nullità, ad indicare gli specifici indici rivelatori previsti dalla norma cit. ed i relativi criteri di valutazione, sicché il mancato apprezzamento di uno di tali indici rileva come violazione di legge, soggetta al sindacato della Corte di cassazione (Sez. 6, n. 41 del 28/12/2023, dep. 2024, Bettini, Rv. 285601 - 01)>>  (sentenza al link)

28 marzo 2025

L'errore giudiziario: un'assurdità retorica? - Luigi Pasini

 




In tempi di contrapposizione sul tema della c.d. "separazione delle carriere", facciamo ricorso alla cultura e alla capacità introspettiva di Luigi Pasini, recuperando un suo scritto "storico" (documento al link).

L'autore del testo "L'errore giudiziario: un'assurdità retorica?" è il compianto avvocato Luigi Pasini, che ha presentato questa relazione al convegno tenutosi ad Erice nel 1997 presso il Centro di Cultura Scientifica Ettore Majorana.

Pasini era un avvocato penalista di grande esperienza e cultura, che ha dedicato la sua vita professionale alla difesa dei diritti dei più deboli. La sua relazione all'Ettore Majorana è un esempio della sua profonda riflessione sul tema dell'errore giudiziario, un problema che lo ha sempre appassionato e che ha affrontato con grande coraggio e lucidità.

Il suo contributo al dibattito sull'errore giudiziario è stato di fondamentale importanza, e il suo testo rimane ancora oggi una lettura preziosa per chiunque voglia approfondire questo tema.

L'autore riflette sul concetto di errore giudiziario, partendo dalla narrazione di due storie di persone condannate ingiustamente.

La prima persona ingiustamente condannata finisce per credere egli stesso alla fine alla propria colpevolezza, quasi a voler trovare una giustificazione alla pena subita. La seconda persona ingiustamente condannata, invece, continua a lottare per dimostrare la propria innocenza.

L'autore si chiede come mai, di fronte all'errore giudiziario, in un caso si reagisca in un modo, e nell'altro in un altro opposto. La risposta che si dà è che nella prima vicenda la sentenza è sbagliata ma giusta, mentre nella seconda è sbagliata e ingiusta.

L'essere umano, infatti, comprende e si ribella all'ingiustizia, ma non comprende e non si ribella all'errore. L'errore giudiziario è tale perché il giudice, pur seguendo le regole, giunge a una conclusione errata. In altre parole, giusto ed esatto non coincidono.

Il processo non è il luogo in cui si accerta la verità, ma il luogo in cui l'accusatore e l'accusato cercano di persuadere i giudici della bontà delle proprie ragioni. L'arte che si esercita nei tribunali è quella della retorica, che non si basa sulla verità, ma sulla verosimiglianza.

Il giudice può essere tratto in errore dalla bravura dei retori. Per evitare l'errore giudiziario, si sono tentate diverse strade: eliminare i giudici e affidare il giudizio a un'entità superiore, eliminare la retorica e usare la confessione come unica prova. Ma queste soluzioni portano alla perdita della libertà. L'unica strada percorribile è quella di migliorare il processo, rendendolo il più possibile impermeabile all'errore.

Qui il testo completo della relazione.

In foto, il compianto avvocato Luigi Pasini





27 marzo 2025

DEPOSITO TELEMATICO: PROBLEMI INTERPRETATIVI ED ECCEZIONI DIFENSIVE DOPO IL D.M. 27.12.2024 N. 206 a cura dell’Avv. Mattia Serpotta

 



La relazione completa al link

Abstract:

Il documento in esame offre una panoramica dettagliata sulle nuove normative riguardanti il deposito telematico nel processo penale, introdotte dal D.M. 27.12.2024 n. 206. L'autore esplora le problematiche interpretative e le eccezioni difensive emerse a seguito di queste modifiche, con un focus particolare sull'obbligatorietà del deposito telematico per determinati atti e uffici giudiziari. Viene analizzata la distinzione tra deposito telematico obbligatorio e non obbligatorio, le eccezioni alla regola generale, e le questioni interpretative relative al malfunzionamento del portale e al deposito in udienza. L'obiettivo è fornire una guida chiara per gli avvocati, aiutandoli a navigare le complessità del nuovo sistema e a evitare possibili sanzioni o eccezioni.

Sintesi del Documento:

Il documento si apre con una disamina delle difficoltà incontrate dall'avvocatura nella transizione al deposito telematico obbligatorio, evidenziando la mancanza di un adeguato periodo di sperimentazione e le conseguenti problematiche per i difensori, specialmente quelli meno avvezzi all'uso degli strumenti informatici.

Viene poi esaminato il quadro normativo di riferimento, con particolare attenzione al D.M. 206 del 2024, che ha modificato il precedente D.M. 217 del 2023 in attuazione della Riforma Cartabia. L'autore spiega come queste normative abbiano progressivamente introdotto l'obbligatorietà del deposito telematico, demandando a decreti ministeriali la selezione degli atti soggetti a tale regime.

Successivamente, il documento si concentra sulla definizione di "modalità telematica" e sull'identificazione del portale dei depositi telematici come unico mezzo di trasmissione e deposito degli atti del procedimento penale. Viene chiarita la distinzione tra deposito telematico (portale) obbligatorio, non obbligatorio, e i casi in cui il deposito telematico non è consentito.

L'autore analizza in dettaglio le ipotesi di deposito telematico obbligatorio, identificando gli uffici giudiziari e gli atti per cui è previsto l'uso esclusivo del portale. Vengono inoltre esaminate le eccezioni a tale regola generale, come i procedimenti regolati dal libro IV del codice di procedura penale e quelli relativi alle impugnazioni in materia di sequestro probatorio, per i quali è consentito l'uso alternativo del portale, della PEC o della modalità cartacea.

Il documento affronta poi le questioni interpretative relative al deposito in udienza, al perfezionamento del deposito, e al deposito della nomina e degli atti successivi in fase di indagine. Viene discussa anche la problematica del malfunzionamento del portale e le possibili soluzioni in tali casi.

Infine, l'autore esamina la questione dell'autentica con firma digitale, fornendo un'analisi delle recenti sentenze della Cassazione in materia.

In conclusione, il documento offre una guida esaustiva e approfondita sulle nuove normative in materia di deposito telematico nel processo penale, fornendo al contempo utili indicazioni pratiche per gli avvocati.

La relazione completa al link


In foto l'avv. Mattia Serpotta



26 marzo 2025

❌ ❌ REMEMBER: Il 31.03 si estende - salvo proroghe- l'obbligo di deposito al portale ❌ ❌


Il 31.03 cessa, per quanto attiene ai riti speciali menzionati nel comma 4 dell'art. 1 del medesimo D.M., la possibilità di depositare, presso le autorità menzionante nel comma 1 del DM 27.12.2024, n. 206, atti, documenti, richieste e memorie con modalità NON telematiche.

Si riporta il comma 4 del decreto.

Fermo quanto previsto dai commi 1, 2 e 3, sino al 31 marzo 2025 può avere, altresì, luogo anche con modalità non telematiche l’iscrizione da parte dei soggetti abilitati interni delle notizie di reato di cui all’articolo 335 del codice di procedura penale nonché il deposito di atti, documenti, richieste e memorie da parte dei soggetti abilitati interni ed esterni relativi al procedimento di cui al libro VI, titoli I (giudizio abbreviato n.d.e.), III (giudizio direttissimo n.d.e.) e IV (giudzio immediato n.d.e.) del codice di procedura penale.

Si riporta anche il comma 1 del provvedimento al fine di rammentare gli uffici interessati 

Salvo quanto disposto dai commi 2, 3 e 4, a decorrere dal 1° gennaio 2025, il deposito di atti, documenti, richieste e memorie da parte dei soggetti abilitati interni ed esterni ha luogo esclusivamente con modalità telematiche, ai sensi dell’articolo 111-bis del codice di procedura penale, nei seguenti uffici giudiziari penali:
a) procura della Repubblica presso il tribunale
ordinario;
b) Procura europea;
c) sezione del giudice per le indagini preliminari
del tribunale ordinario;
d) tribunale ordinario;
e) procura generale presso la corte di appello, limitatamente al procedimento di avocazione.

 

Bancoposta e raccolta risparmio: natura pubblicistica? L'addetto alle vendite è pp.uu. o i.p.s.? Decideranno le SS.UU.

 




Pende alle Sezioni Unite e sarà decisa all'udienza del 29 maggio 2025 la questione:

Se, nell'ambito delle attività di "bancoposta" svolte da Poste Italiane s.p.a., la "raccolta del risparmio postale", ossia la raccolta di fondi attraverso libretti di risparmio postale e buoni postali fruttiferi effettuata per conto della Cassa depositi e prestiti, abbia natura pubblicistica e, in caso positivo, se l'operatore di Poste Italiane s.p.a. addetto alla vendita e gestione di tali prodotti rivesta la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio. 


25 marzo 2025

Sentenza n. 9152/2025: Usura ed estorsione - La Cassazione conferma la condanna e ribadisce i limiti del giudizio di rinvio


 

Parole chiave
Giudizio di rinvio – Richiesta di riconoscimento della continuazione esterna mai dedotta in precedenza in ragione della sopravvenienza del giudicato – Inammissibilità.

Massima
La Sesta Sezione penale ha affermato che nel giudizio di rinvio non può chiedersi il riconoscimento della continuazione, che non abbia formato oggetto del precedente giudizio di appello, neanche nel caso in cui l’unicità del disegno criminoso si invochi con riguardo a delitti per i quali il giudicato si sia formato solo dopo la celebrazione del giudizio di appello, oggetto dell’annullamento con rinvio, sempreché la sentenza rescindente non abbia devoluto al giudice del rinvio la rivalutazione di punti della decisione concernenti anche la disciplina della continuazione.


Approfondimento

La sentenza n. 9152/2025 della Corte di Cassazione, depositata il 5 marzo 2025, offre un importante spunto di riflessione sui limiti del giudizio di rinvio nel processo penale. In particolare, la Corte ha ribadito che, in sede di rinvio, è preclusa la possibilità di presentare nuovi motivi di ricorso o di ampliare l'oggetto del giudizio rispetto a quanto già definito nella sentenza di annullamento con rinvio.

Il caso
La vicenda trae origine da una condanna per usura. In sede di appello, era stata chiesta l'applicazione della disciplina della continuazione con altri reati, richiesta rigettata dalla Corte territoriale. La Cassazione, investita del ricorso, aveva annullato la sentenza con rinvio limitatamente alla questione dell'aggravante di cui all'art. 644, comma 5, n. 3 cod. pen. e al bilanciamento con le attenuanti generiche. Nel giudizio di rinvio, l'imputato aveva riproposto la questione della continuazione, chiedendone il riconoscimento anche per reati oggetto di una sentenza di condanna divenuta definitiva successivamente alla sentenza di appello annullata.

La decisione
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile la richiesta, affermando che nel giudizio di rinvio non possono essere dedotte nuove questioni non esaminate nel precedente giudizio di appello, a meno che la sentenza di annullamento non abbia espressamente devoluto al giudice del rinvio la rivalutazione di punti della decisione concernenti anche la disciplina della continuazione.

I limiti del giudizio di rinvio
La pronuncia in esame ribadisce un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità, ovvero la natura di giudizio chiuso del rinvio, nel quale il giudice è vincolato ai limiti tracciati dalla sentenza di annullamento. Tale preclusione risponde all'esigenza di evitare che il giudizio di rinvio si trasformi in un'occasione per introdurre nuove questioni o per rimettere in discussione punti della decisione già definiti, con conseguente allungamento dei tempi processuali e violazione del principio di ragionevole durata del processo.

Le conseguenze
La decisione della Cassazione comporta che, nel caso di specie, l'imputato non potrà ottenere il riconoscimento della continuazione per i reati oggetto della sentenza di condanna successiva a quella di appello annullata. Tuttavia, tale preclusione non preclude la possibilità di richiedere il riconoscimento della continuazione in sede di giudizio di esecuzione.
In conclusione, la sentenza n. 9152/2025 della Corte di Cassazione, pur non affrontando direttamente il tema dei limiti del giudizio di rinvio, offre un'importante conferma della loro esistenza e della loro rilevanza nel processo penale.




24 marzo 2025

Archiviazione in presenza di prescrizione: abnorme la valutazione di colpevolezza


 



Parole chiave
Provvedimento di archiviazione non impugnabile ratione temporis ai sensi dell’art. 115-bis cod. proc. pen. che affermi la sussistenza del reato e la colpevolezza dell’indagato – Sentenza della Corte costituzionale n. 41 del 2024 – Rimedio impugnatorio esperibile – Indicazioni.

Massima 
La Sesta Sezione, in tema di impugnazioni, ha affermato che, per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 41 del 2024, il provvedimento di archiviazione per avvenuta estinzione del reato conseguente alla sua prescrizione, che contiene affermazioni sulla sussistenza dello stesso e sulla colpevolezza dell’indagato, è abnorme e, pertanto, ricorribile per cassazione, nel caso in cui ratione temporis non sia impugnabile con il rimedio previsto dall’art. 115-bis cod. proc. pen.


Approfondimento
La sentenza ha annullato il decreto di archiviazione emesso dal Tribunale di Lecce nei confronti di un magistrato, S.D., indagato per corruzione in atti giudiziari e traffico di influenze illecite. 

La Corte ha ritenuto che il decreto di archiviazione fosse viziato da "abnormità" in quanto il giudice, nel disporre l'archiviazione per intervenuta prescrizione, aveva espresso valutazioni sulla colpevolezza dell'indagato, violando il suo diritto alla presunzione di innocenza.

La vicenda trae origine dalle accuse di un imprenditore, secondo cui il magistrato avrebbe ricevuto denaro per favorire la risoluzione di alcune controversie con l'Agenzia delle Entrate. 

Il pubblico ministero aveva richiesto l'archiviazione del procedimento per intervenuta prescrizione di alcuni reati e per mancanza di riscontri oggettivi per altri. 

Il GIP aveva accolto la richiesta, archiviando il caso.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha accolto il ricorso dell'indagato, ritenendo che il decreto di archiviazione fosse abnorme in quanto conteneva valutazioni sulla colpevolezza dell'indagato, pur in presenza della prescrizione. 

La Corte ha, quindi, annullato il decreto e rinviato gli atti al Tribunale di Lecce per una nuova valutazione.

22 marzo 2025

3 aprile 2025, ore 14:45 Polo Universitario di Trapani - Convegno e assegnazione del Premio Peppe Corso terza edizione

 



Convegno: 3 aprile 2025, ore 14:45, con successiva assegnazione del premio in ricordo di Giuseppe Corso, al Polo Universitario di Trapani.


Polo universitario di Trapani

Aula prof. Giovanni Tranchina


SALUTI ISTITUZIONALI

Dott.ssa Alessandra Camassa, Presidente del Tribunale di Trapani

Avv. Agatino Scaringi, Presidente della Camera Penale di Trapani

Avv. Salvatore Longo, Presidente del Coa di Trapani


PRIMA SESSIONE

Ore 15:00

IL TRAFFICO DI STUPEFACENTI TRA PROBLEMI TEORICI E NUOVI ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI


Ne discutono:

Prof.ssa Licia Siracusa, Università degli Studi di Palermo

Dott. Michele Toriello, Consigliere della Corte di Cassazione


SECONDA SESSIONE

Ore 17:30


PREMIO AVVOCATO GIUSEPPE CORSO TERZA EDIZIONE


I componenti della commissione:

Avv. Francesco Petrelli

Avv. Marco Siragusa

Dott.ssa Daniela Troja

Dott.ssa Lucia Fontana

Avv. Salvatore Longo

Avv. Daniele Livreri


Assegnazione del premio al vincitore:

Avv. Enrico Bordignon, del Foro di Vicenza

Il convegno è accreditato con n. 3 crediti formativi giusta delibera del COA Trapani.

21 marzo 2025

🔴NOVITÀ🔴Durata delle intercettazioni: approvata la proposta Zanettin. Rimaniamo in attesa della giurisprudenza.


 

Approvata in via definitiva, ma non ancora pubblicata, la proposta di legge c.d. Zanettin in tema di durata delle intercettazioni(testo al link) 

La novella integra il comma 3 dell’articolo 267 del codice di procedura penale, prevedendo che le intercettazioni non possano avere una durata complessiva superiore a 45 giorni, salvo che l’assoluta indispensabilità delle operazioni per una durata superiore sia giustificata dall’emergere di elementi specifici e concreti, che devono essere oggetto di espressa motivazione.

Soltanto la giurisprudenza ci dirà se la modifica avrà un qualche sostanziale effetto sull'uso delle intercettazioni.   

La modifica non riguarda  l’articolo 13 del decreto-legge n. 152 del 1991, anch'esso novellato, ma soltanto al fine di precisare che il limite di durata complessiva delle operazioni di intercettazione non trova applicazione alle fattispecie di cui al primo comma del medesimo articolo 13.

Personali – Divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa – Non fattibilità tecnica delle particolari modalità di controllo di cui all’art. 275-bis cod. proc. pen. – Sentenza della Corte costituzionale n. 173 del 2024 – Automatica applicazione di misura più afflittiva – Legittimità – Esclusione – Conseguenze.




La Quinta Sezione penale, in tema di misure cautelari personali, ha affermato che, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 173 del 2024, è illegittimo il provvedimento con cui il giudice, che ha applicato la misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, con adozione delle particolari modalità di controllo previste dall’art. 275-bis cod. proc. pen., disponga automaticamente una misura più afflittiva, ove sia accertata la non fattibilità tecnica delle anzidette modalità di controllo, dovendo, piuttosto, rivalutare la fattispecie concreta e, pertanto, aggravare od attenuare la misura, in conformità alle regole generali di adeguatezza e proporzionalità.

20 marzo 2025

Udienza predibattimentale e omessa previsione dei poteri di integrazione istruttoria: il Tribunale di Siena solleva questione di legittimità costituzionale

Il Tribunale di Siena, ritenendo manifestamente irragionevole la ratio dell’omessa previsione di un potere d’integrazione probatoria in capo al giudice dell’udienza di comparizione predibattimentale, individuata dal legislatore delegato nel carattere di «più snello» del «vaglio preliminare» affidato a tale giudice rispetto a quello «previsto dagli articoli 416 ss. c.p.p., circa la fondatezza e la completezza dell’azione penale» (così la relazione illustrativa del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, pubblicata in Gazzetta Ufficiale, serie generale n. 245 del 19 ottobre 2022 , supplemento straordinario n. 5), ha sollevato qlc  <<in riferimento agli articoli 3, primo e secondo comma, 111, secondo comma, 112 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’articolo 6, primo paragrafo, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848 – questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 554-ter cod. proc. pen., introdotto dall’articolo 32, primo comma, lettera d) d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, nella parte in cui non prevede che si applica, in quanto compatibile, la disposizione di cui all’articolo 422 cod. proc. pen., ovvero, in via subordinata, nella parte in cui non prevede che il giudice possa disporre, anche d’ufficio, l’assunzione delle prove dalle quali appare evidente la decisività ai fini della sentenza di non luogo a procedere>>.(ordinanza al link)

19 marzo 2025

🔴NOVITÀ🔴: le Sezioni Unite annullano il rigetto dell’incidente probatorio per protezione vittime vulnerabili - Sent. n. 18869/2025, depositata il 18 marzo 2025

 



Se e a quali condizioni sia abnorme il provvedimento di rigetto della richiesta di incidente probatorio avente ad oggetto la testimonianza della persona offesa di uno dei reati compresi nell'elenco di cui all'art. 392, comma 1-bis, primo periodo, cod. proc. pen


Decisione

E' viziato da abnormità ed é, quindi, ricorribile per cassazione il provvedimento con il quale il giudice rigetti la richiesta di incidente probatorio, avente ad oggetto la testimonianza della persona offesa di uno dei reati compresi nell'elenco di cui all'art. 392, comma 1-bis, primo periodo, cod. proc. pen., motivato con riferimento alla non vulnerabilità della persona offesa e alla rinviabilità della prova, trattandosi di presupposti presunti per legge.

Approfondimento

La sentenza Cass. Pen. SS. UU. n. 10869/2025 (al link), depositata ieri  18/3/2025, riguarda un ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Termini Imerese. La sentenza si concentra sulla questione della legittimità del rigetto di una richiesta di incidente probatorio per l'assunzione della testimonianza di una persona offesa in un caso di maltrattamenti in famiglia.

  1. Contesto del caso:

    • Il Procuratore della Repubblica ha richiesto un incidente probatorio per assumere la testimonianza di G.A., compagna convivente dell'indagato D.L.G., accusato di maltrattamenti in famiglia (art. 572 cod. pen.).

    • La richiesta è stata motivata dalla necessità di evitare un "trauma da processo" per la vittima, considerata vulnerabile a causa delle violenze subite e del recente parto.


  2. Decisione del Giudice per le Indagini Preliminari:

    Il GIP ha rigettato la richiesta, sostenendo che la vittima non fosse in condizioni di vulnerabilità, basandosi su fattori come la sua maggiore età, le precedenti denunce presentate, e le dichiarazioni del padre della vittima.


  3. Ricorso alla Corte di Cassazione:

    • Il Procuratore della Repubblica ha presentato ricorso, sostenendo che il rigetto della richiesta violava la legge, in particolare l'art. 392, comma 1-bis, del codice di procedura penale, che prevede l'anticipazione della testimonianza per evitare la "vittimizzazione secondaria" della vittima.


  4. Questioni giuridiche:

    • La Corte si è trovata di fronte a due orientamenti giurisprudenziali contrastanti:

      • Primo orientamento: Il giudice ha discrezionalità nel decidere se ammettere l'incidente probatorio, anche nei casi previsti dall'art. 392, comma 1-bis.

      • Secondo orientamento: Il giudice è obbligato ad ammettere l'incidente probatorio quando la richiesta riguarda una persona offesa vulnerabile, come previsto dall'art. 392, comma 1-bis.


  5. Decisione della Corte:

    • La Corte ha aderito al secondo orientamento, sostenendo che l'art. 392, comma 1-bis, prevede una presunzione di vulnerabilità per le vittime di determinati reati, tra cui i maltrattamenti in famiglia.

    • La Corte ha ritenuto che il rigetto della richiesta di incidente probatorio, basato su considerazioni sulla vulnerabilità della vittima, sia viziato da "abnormità strutturale" e quindi impugnabile per cassazione.

    • La sentenza ha annullato l'ordinanza del GIP senza rinvio, ordinando la trasmissione degli atti al GIP per l'ulteriore corso del procedimento.


  6. Principio di diritto stabilito:

    • La Corte ha stabilito che è viziato da abnormità e quindi ricorribile per cassazione il provvedimento con cui il giudice rigetta la richiesta di incidente probatorio per la testimonianza di una persona offesa di uno dei reati elencati nell'art. 392, comma 1-bis, motivato con riferimento alla insussistenza della vulnerabilità della persona offesa o della non rinviabilità della prova, trattandosi di presupposti la cui esistenza è presunta per legge.




18 marzo 2025

Ore d'aria in carcere: la Corte Costituzionale abolisce il limite delle due ore!




La Sentenza n. 30/2025 (al link) della Corte Costituzionale riguarda il giudizio di legittimità costituzionale dell'articolo 41-bis, comma 2-quater, lettera f), della legge n. 354 del 1975 (Norme sull'ordinamento penitenziario), sollevato dal Tribunale di sorveglianza di Sassari. La questione verte sulla limitazione della permanenza all'aperto per i detenuti in regime differenziato (art. 41-bis), fissata a un massimo di due ore al giorno, rispetto alle quattro ore previste per i detenuti in regime ordinario.

Contesto e questioni sollevate

  • Fatto: Il detenuto G.B., in regime differenziato presso la Casa circondariale di Sassari-Bancali, ha contestato il limite di due ore di permanenza all'aperto, chiedendo di estenderlo a quattro ore, come previsto per i detenuti in regime ordinario.


  • Questioni di legittimità costituzionale: Il Tribunale di sorveglianza ha sollevato dubbi sulla costituzionalità della norma, ritenendo che il limite di due ore violi:

    1. Articolo 3 Cost. (uguaglianza), poiché non vi è una giustificazione razionale per la differenza di trattamento tra detenuti in regime ordinario e differenziato.

    2. Articolo 27, terzo comma, Cost.(finalità rieducativa della pena), in quanto la limitazione eccessiva della permanenza all'aperto compromette la funzione rieducativa della pena.

    3. Articolo 32 Cost. (diritto alla salute), poiché l'esposizione alla luce naturale è essenziale per il benessere fisico e psicologico dei detenuti.


Argomenti delle parti


  • Tribunale di sorveglianza di Sassari: Sostiene che il limite di due ore non sia giustificato da esigenze di sicurezza, poiché la selezione dei gruppi di socialità già garantisce la prevenzione di contatti illeciti. Inoltre, la limitazione compromette la salute e la rieducazione dei detenuti.


  • Presidente del Consiglio dei ministri (Avvocatura dello Stato): Ritiene le questioni inammissibili o infondate, sostenendo che il limite di due ore sia frutto di un ragionevole bilanciamento tra diritti dei detenuti e esigenze di sicurezza. Afferma che ridurre le ore d'aria diminuisce le probabilità di contatti illeciti.


Decisione della Corte Costituzionale

La Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della norma censurata, limitatamente all'inciso che fissa il limite massimo di due ore di permanenza all'aperto. La decisione si basa sui seguenti punti:

  1. Violazione dell'articolo 3 Cost.: La limitazione a due ore non è giustificata da esigenze di sicurezza, poiché la selezione dei gruppi di socialità già garantisce la prevenzione di contatti illeciti. La differenza di trattamento tra detenuti in regime ordinario e differenziato non è ragionevole.

  2. Violazione dell'articolo 27, terzo comma, Cost.: La limitazione eccessiva della permanenza all'aperto compromette la finalità rieducativa della pena, creando un "surplus di punizione" non giustificato.

  3. Assorbimento della questione relativa all'articolo 32 Cost.: La violazione del diritto alla salute è assorbita dalla dichiarazione di illegittimità basata sugli articoli 3 e 27.


Conseguenze della decisione

  • La Corte ha stabilito che i detenuti in regime differenziato devono godere delle stesse condizioni di permanenza all'aperto previste per i detenuti in regime ordinario, ovvero un minimo di quattro ore al giorno, riducibili a due ore solo per "giustificati motivi".

  • La decisione non riguarda il regime di sorveglianza particolare, che mantiene un limite minimo di due ore di permanenza all'aperto.

Considerazioni finali

La Corte ha sottolineato che il regime differenziato deve bilanciare le esigenze di sicurezza con i diritti fondamentali dei detenuti, evitando trattamenti eccessivamente afflittivi o contrari al senso di umanità. La permanenza all'aperto è essenziale per la salute e il benessere dei detenuti, e la sua limitazione non deve essere sproporzionata rispetto alle esigenze di sicurezza.

Semilibertà: presupposti

 La prima sezione della Corte ha precisato i requisiti per la concessione della semilibertà, ex art. 50 ord. pen. (provvedimento al link)

17 marzo 2025

Limiti di applicabilità del termine per impugnare ex art. 585 comma 1 bis.

 

La settima sezione ha considerato intempestivo un ricorso, poichè l'imputato, il cui primo grado di giudizio era stato definito nelle forme del rito abbreviato, NON poteva beneficiare del maggior termine a impugnare, ex art. 585 1 bis, previsto per l'assente (ordinanza al link)   

Si rammenta che recentemente la Corte di legittimità aveva escluso che il maggior termine si applicasse anche in caso di giudizio di appello cartolare (pronuncia al link).  

Altra ordinanza della sezione stralcio ha affermato entrambi i principi.(altra ordinanza al link)

Invero, la pronuncia da ultimo citata ha considerato che: 

«in tema di impugnazioni, la previsione di cui all'art. 585, comma 1-bis, cod. proc. pen., che aumenta di quindici giorni i termini per l'impugnazione del difensore dell'imputato giudicato in assenza, non trova applicazione in caso di appello avverso sentenza emessa in esito a giudizio abbreviato richiesto dal procuratore speciale dell'imputato, da intendersi presente in giudizio ex art. 420, comma 2- ter, cod. proc. pen., in ragione della scelta del rito effettuata, essendo irrilevante che la sentenza lo abbia indicato assente» (Sez. 3, n. 43835 del 12/10/2023, C., Rv. 285332 - 01)>> 

ed ancora 

<<che, inoltre, nel caso di specie la Corte di appello ha proceduto in camera di consiglio, con rito cartolare ex art. 23 bis I.n. 176 del 2020, non essendo stata formulata dalle parti richiesta di trattazione orale né avendo l'imputato manifestato la volontà di comparire. Pertanto, opera anche il principio secondo cui «in tema di impugnazioni, la previsione di cui all'art. 585, comma 1-bis, cod. proc. pen., che aumenta di quindici giorni i termini per l'impugnazione del difensore dell'imputato giudicato in assenza, non trova applicazione per il ricorso in cassazione avverso le pronunce rese all'esito di giudizio di appello celebrato in udienza camerale non partecipata nel vigore del rito emergenziale di cui all'art. 23-bis del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, se la dichiarazione di assenza non sia stata effettuata nelle modalità previste agli artt. 420 e 420-bis cod. proc. pen.» (Sez. 7, ord. 1585 del 07/12/2023 - dep. 12/01/2024, Procida, Rv. 285606 - 01)>>. 

Tuttavia, la tesi secondo cui la presenza ope legis, determinata dal deposito di una procura speciale per accedere al rito abbreviato, operi anche oltre il primo grado di giudizio, non pare conforme al disposto dell'art. 598 ter c.p.p., a mente del quale deve dichiararsi assente l'imputato appellante, che, pur regolarmente citato, non sia presente all'udienza. Peraltro, secondo la citata disposizione, la dichiarazione di assenza va adotata anche fuori dei casi previsti dall'art. 420 bis c.p.p..

Resta poi sullo sfondo se la finzione di presenza non andrebbe limitata alle sole procure speciali rilasciate successivamente all'esercizio dell'azione penale, posto che quelle formate antecedentemente non comportano all'evidenza la conoscenza del processo.        

14 marzo 2025

Anche per il Tribunale di Trapani l'abuso d'ufficio patrimoniale "sopravvive": abrogatio sine abolitio (successione impropria) per le condotte ora sussumibili nell'art. 314 bis c.p.

 



Chiamato a giudicare una contestazione di peculato (art. 314 c.p.), il tribunale di Trapani ha dovuto affrontare la questione se la condotta contestata fosse o meno sussumibile nella fattispecie del delitto di abuso d'ufficio (art. 323 c.p.) e quali fossero gli effetti dell'abrogazione del delitto e della successiva reintroduzione del nuovo delitto previsto e punto dall'art. 314 bis c.p..

Secondo la sentenza (al link) le condotte di indebita destinazione punibili dalla disciplina previgente come abuso (distrattivo) d'ufficio, rientrano in un'abrogatio sine abolitio parziale (c.d. successione impropria), rendendo non più punibili le condotte che non abbiano comportato violazione di specifiche disposizioni di legge o di disposizioni che non lasciano residuare margini di discrezionalità del pubblico agente.

Un’ulteriore riduzione dello spazio di rilevanza penale delle condotte di indebita destinazione in precedenza ascrivibili al reato di abuso di ufficio, si realizza in relazione al presupposto della condotta: il possesso o la disponibilità della res, richiesto dall'art. 314-bis cod. pen., sul modello del peculato, è, infatti, presupposto più stringente, e quindi maggiormente selettivo, rispetto a quello allora previsto dall'art. 323 cod. pen., che utilizzava la formula <<nello svolgimento delle funzioni o del servizio».
Vi sarà, inoltre, abolitio criminis per le condotte distrattive aventi ad oggetto beni immobili, nell'assetto previgente punibili ai sensi dell'art. 323 cod. pen., ma attualmente non più contemplate dall'art. 314-bis cod. pen.

Nel caso di specie, secondo la sentenza del tribunale di Trapani, la <<condotta ricalca lo schema tipico di cui all'articolo 323 c.p.>>.
Ne segue che <<l'abuso d'ufficio, come ricordato, è stato abrogato, ma prima che ciò avvenisse, è stato introdotto l'articolo 314 bis c.p., il quale recita "Fuori dei casi previsti dall'articolo 314, il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, li destina ad un uso diverso da quello previsto da specifiche disposizioni di legge o da atti aventi forza di legge dai quali non residuano margini di discrezionalità e intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale o ad altri un danno ingiusto, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. La pena è della reclusione da sei mesi a quattro anni quando il fatto offende gli interessi finanziari dell'Unione europea e l'ingiusto vantaggio patrimoniale o il danno ingiusto sono superiori ad euro 100.000">>.

Il nuovo reato presenta, sul piano del fatto tipico oggettivo, il medesimo presupposto e l'oggetto materiale della condotta del peculato: il soggetto attivo del reato, pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio, deve, infatti, avere, <<per ragione del suo ufficio o servizio, il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui>>.

Parimenti, il reato di cui all'art. 314-bis cod. pen. presenta elementi dell'abuso d'ufficio: sul piano oggettivo, la condotta di destinazione del bene ad uso diverso deve contrastare, così come avveniva sotto l'art. 323 cod. pen., come modificato nel 2020, con specifiche disposizioni di legge o con atti aventi forza di legge dai quali non residuano margini di discrezionalità; corrispondente è, inoltre, l'evento del reato, l'ingiusto vantaggio patrimoniale per sé o per altri, in alternativa all'altrui danno ingiusto, e l'elemento soggettivo, costituito dal dolo intenzionale.

Le condotte di indebita destinazione, originariamente ascrivibili alla fattispecie di abuso di ufficio, stante la continuità nella rilevanza penale del fatto (a fronte dell'omogeneità di elementi strutturali di fattispecie), continueranno, dunque, ad essere punibili ai sensi dell'art. 314-bis cod. pen. e si applicherà, ai sensi dell'art. 2, quarto comma, cod. pen. la lex mitior costituita dalla nuova cornice edittale.

Ci siamo più volte occupati della questione, riportando i recenti arresti del giudice di legittimità (qui e qui).



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