04 aprile 2025

Detenzione di stupefacenti per uso personale: la Cassazione blocca l'esecuzione delle sentenze tedesche in Italia






Riconoscimento della sentenza irrevocabile di condanna ai fini della sua esecuzione in Italia – Necessario riferimento alle sole categorie di reato indicate nella lista della decisione quadro 2008/909/GAI – Sussistenza – Verifica dell’eventuale ricorrenza di un errore manifesto circa la categoria di reato indicato nel certificato dell’Autorità richiedente – Possibilità – Sussistenza – Fattispecie
L’esito in sintesi


La Sesta Sezione penale, n. 10395/2025 al link, in tema di rapporti giurisdizionali con Autorità straniere, ha affermato che la Corte di appello, nel riconoscere la sentenza irrevocabile di condanna ai fini della sua esecuzione in Italia, deve far riferimento solo alle categorie di reato indicate nella lista della decisione quadro 2008/909/GAI, indipendentemente dalla doppia punibilità del reato per cui è richiesto il riconoscimento, come previsto dall’art. 11 d.lgs. 7 settembre 2010, n. 161, che ha dato attuazione all’indicata decisione quadro, essendole, purtuttavia, consentita la verifica dell’eventuale ricorrenza di un errore manifesto circa la categoria di reato indicato nel certificato emesso dall’Autorità richiedente. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto che non rientrassero nella categoria di reato del “traffico illecito di stupefacenti”, fatta propria dalla decisione quadro 2008/909/GAI, le condotte tenute dagli autori al solo fine del consumo personale di droga).

Approfondimento
La sentenza della Corte Suprema di Cassazione, Sezione Penale, riguarda il ricorso presentato contro la decisione della Corte di Appello di Catanzaro di riconoscere ed eseguire in Italia due sentenze di condanna emesse dalle autorità giudiziarie tedesche. Le sentenze condannavano l'interessato a 1736 giorni di reclusione per reati legati alla detenzione di sostanze stupefacenti per uso personale, ai sensi dell'art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990.

Punti chiave della sentenza:

  1. Ricorso per Cassazione: Il difensore dell'interessato ha presentato ricorso, sostenendo che la Corte di Appello ha erroneamente riconosciuto le sentenze tedesche, applicando la decisione quadro 2002/584/GAI, che riguarda il "traffico di stupefacenti", mentre i reati contestati riguardavano l'acquisto di stupefacenti per uso personale, esclusi dalla nozione di traffico illecito.

  2. Decisione Quadro 2008/909/GAI: La Corte di Cassazione ha esaminato il quadro giuridico della decisione quadro 2008/909/GAI, che regola il riconoscimento reciproco delle sentenze penali nell'UE, escludendo il controllo della doppia incriminabilità per alcuni reati, tra cui il "traffico illecito di stupefacenti". Tuttavia, la detenzione per uso personale non rientra in questa categoria.

  3. Errore Manifesto: La Corte ha stabilito che l'autorità giudiziaria italiana può verificare se lo Stato di emissione (in questo caso la Germania) abbia commesso un errore manifesto nel classificare il reato di detenzione per uso personale come "traffico illecito di stupefacenti". La Corte ha ritenuto che la detenzione per uso personale non rientri nella nozione di traffico illecito, come definito dalla decisione quadro 2004/757/GAI.

  4. Armonizzazione Europea: La Corte ha sottolineato che l'Unione Europea ha armonizzato solo minimamente le norme relative al traffico illecito di stupefacenti, escludendo esplicitamente le condotte finalizzate al consumo personale. Pertanto, le sentenze tedesche non possono essere riconosciute per i reati di detenzione per uso personale.

  5. Annullamento e Rinvio: La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza della Corte di Appello di Catanzaro e ha rinviato il caso a un'altra sezione della stessa Corte per un nuovo giudizio. La Corte di Appello dovrà procedere al riconoscimento parziale delle sentenze, escludendo i reati di detenzione per uso personale, e informare le autorità tedesche per un eventuale ritiro del certificato di esecuzione.

ConclusioneLa sentenza della Corte di Cassazione ha stabilito che le condanne per detenzione di stupefacenti per uso personale non possono essere riconosciute ed eseguite in Italia in base alla decisione quadro 2008/909/GAI, poiché non rientrano nella nozione di "traffico illecito di stupefacenti". La Corte ha quindi annullato la decisione della Corte di Appello e rinviato il caso per un nuovo giudizio.

03 aprile 2025

Misure di prevenzione: la Cassazione respinge ricorso su credito professionale dopo sequestro auto – Fatture non sufficienti a provare il credito

 







Patrimoniali – Giudizio di verifica dei crediti – Crediti derivanti dall’esercizio della professione forense – Oneri gravanti in capo al richiedente l’ammissione al passivo di tali crediti – Indicazione – Ragioni.
L’esito in sintesi


La Sesta Sezione penale, (sentenza n. 10387/2025 al link) in tema di misure di prevenzione patrimoniale, ha affermato che nel caso in cui, nel procedimento incidentale di verifica, sia chiesta l’ammissione al passivo di un credito derivante dall’esercizio della professione forense, l’istante non può limitarsi ad allegare la fattura emessa, ma è tenuto a provare la concreta esistenza del proprio diritto, documentando l’effettività e la consistenza dell’attività svolta mediante parcella delle spese sostenute e delle prestazioni rese, debitamente sottoscritta e corredata del parere della competente associazione professionale, atteso che il giudizio sul punto si caratterizza per l’attribuzione al giudice di poteri officiosi di verifica funzionali a contemperare l’esigenza di tutela dei creditori con l’interesse pubblico ad evitare la surrettizia precostituzione di crediti di comodo finalizzati a far rientrare il proposto nel possesso della ricchezza di illecita provenienza.

Approfondimento

La sentenza della Corte Suprema di Cassazione, Sezione Penale, riguarda il ricorso proposto da un avvocato contro la decisione del Tribunale di Roma di rigettare la sua richiesta di ammissione di un credito professionale nello stato passivo del procedimento di prevenzione nei confronti di un suo cliente. Il credito riguardava il sequestro e la successiva restituzione di un'autovettura.

Fatti principali:

  1. Sequestro e restituzione dell'autovettura: L'autovettura era stata sequestrata e poi restituita all'avvocato.

  2. Richiesta di ammissione al passivo: L'avvocato aveva richiesto l'ammissione del suo credito professionale, parzialmente soddisfatto con il trasferimento dell'autovettura, ma il Tribunale di Roma aveva rigettato la richiesta, ritenendo che non vi fosse prova sufficiente dell'esistenza di un credito maggiore rispetto al valore dell'auto.

  3. Fatture allegate: L'avvocato aveva allegato due fatture per un totale di 18.200 euro, emesse dopo il sequestro, ma il Tribunale le aveva ritenute insufficienti a provare il credito, considerandole mere documentazioni contabili.

Argomenti del ricorrente:

  • L'avvocato sosteneva che le fatture dimostrassero l'attività da lui svolta, mai contestata, e che fossero sufficienti a provare il credito.

Considerazioni della Corte:

  1. Infondatezza del ricorso: La Corte ha ritenuto infondato il ricorso, confermando la decisione del Tribunale.

  2. Verifica dei crediti nel procedimento di prevenzione: La Corte ha ribadito che il giudice della prevenzione ha il compito di verificare l'effettività dei crediti, assicurando la tutela dei terzi e prevenendo manovre collusive per sottrarre beni al sequestro.

  3. Insufficienza delle fatture: La Corte ha concordato con il Tribunale che le fatture, da sole, non costituiscono prova sufficiente dell'esistenza e della consistenza del credito, specialmente se emesse dopo il sequestro e senza ulteriori prove delle prestazioni effettivamente svolte.

  4. Mancanza di ulteriori prove: La Corte ha evidenziato che l'avvocato non ha fornito ulteriori prove, come un parere dell'associazione professionale, per dimostrare l'esistenza e l'ammontare del credito.

Decisione finale:

  • La Corte ha rigettato il ricorso e condannato l'avvocato al pagamento delle spese processuali.

02 aprile 2025

40^ anniversario della strage mafiosa di Pizzolungo. In memoria dei gemellini Asta e della madre Barbara Rizzo

 




Ricorre oggi il 40mo anniversario della strage mafiosa di Pizzolungo, l'attentato al magistrato Carlo Palermo nel quale morirono i gemellini Salvatore e Giuseppe Asta e la madre Barbara Rizzo.

Ricordiamo la strage pubblicando l’articolo a firma di Aaron Pettinari su "Antimafiaduemila" (link).

Le sentenze di condanna ai mandanti sono definitive, giusta l’ultima pronuncia della corte di cassazione (link). Ma rimane ancora molto da accertare sulla strage e sul movente (il magistrato Carlo Palermo era arrivato a Trapani da poco più di quaranta giorni, proveniente da Trento, quando vi fu l’attentato). “Una pista del possibile movente è indicata nella sentenza con la quale sono stati condannati Totò Riina, Vincenzo Virga e Balduccio Di Maggio. […] Carlo Palermo, […] era sulle tracce di un intreccio che legava mafia, trafficanti d’armi e massoni”.


01 aprile 2025

SS.UU. n. 9788/2025: il ricorso straordinario ex art. 625-bis cod. proc. pen. deve rigiardare un errore di fatto e non di valutazione giuridica

 



La sentenza n. 9788/2025 (al link) della Corte Suprema di Cassazione, Sezioni Unite Penali, ha dichiarato inammissibile il ricorso perché presentato per un motivo non consentito. 
In sintesi, il ricorso non evidenziava un errore di fatto (un errore percettivo nella lettura degli atti), ma piuttosto un errore di valutazione giuridica (un'errata interpretazione delle norme processuali), il che non rientra nei motivi ammissibili per un ricorso di questo tipo. La Corte ha ribadito che l'errore di fatto, che può essere oggetto di ricorso, consiste in un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco nella lettura degli atti interni al giudizio, e che abbia influenzato il processo formativo della volontà, portando a una decisione diversa da quella che sarebbe stata presa senza l'errore.






31 marzo 2025

MAE - RIFIUTO CONSEGNA - RADICAMENTO IN ITALIA- INDICI VALUTAZIONE

 

La Corte di cassazione ha rammentato che «in tema di mandato di arresto europeo, a seguito delle modifiche apportate all'art. 18-bis legge 22 aprile 2005, n. 69, dall'art. 18-bis dl. 13 giugno 2023, n. 69, introdotto dalla legge di conversione 10 agosto 2023, n. 103, la Corte di appello, al fine di verificare lo stabile radicamento nel territorio nazionale della persona richiesta, quale motivo di rifiuto della consegna, è tenuta, a pena di nullità, ad indicare gli specifici indici rivelatori previsti dalla norma cit. ed i relativi criteri di valutazione, sicché il mancato apprezzamento di uno di tali indici rileva come violazione di legge, soggetta al sindacato della Corte di cassazione (Sez. 6, n. 41 del 28/12/2023, dep. 2024, Bettini, Rv. 285601 - 01)>>  (sentenza al link)

28 marzo 2025

L'errore giudiziario: un'assurdità retorica? - Luigi Pasini

 




In tempi di contrapposizione sul tema della c.d. "separazione delle carriere", facciamo ricorso alla cultura e alla capacità introspettiva di Luigi Pasini, recuperando un suo scritto "storico" (documento al link).

L'autore del testo "L'errore giudiziario: un'assurdità retorica?" è il compianto avvocato Luigi Pasini, che ha presentato questa relazione al convegno tenutosi ad Erice nel 1997 presso il Centro di Cultura Scientifica Ettore Majorana.

Pasini era un avvocato penalista di grande esperienza e cultura, che ha dedicato la sua vita professionale alla difesa dei diritti dei più deboli. La sua relazione all'Ettore Majorana è un esempio della sua profonda riflessione sul tema dell'errore giudiziario, un problema che lo ha sempre appassionato e che ha affrontato con grande coraggio e lucidità.

Il suo contributo al dibattito sull'errore giudiziario è stato di fondamentale importanza, e il suo testo rimane ancora oggi una lettura preziosa per chiunque voglia approfondire questo tema.

L'autore riflette sul concetto di errore giudiziario, partendo dalla narrazione di due storie di persone condannate ingiustamente.

La prima persona ingiustamente condannata finisce per credere egli stesso alla fine alla propria colpevolezza, quasi a voler trovare una giustificazione alla pena subita. La seconda persona ingiustamente condannata, invece, continua a lottare per dimostrare la propria innocenza.

L'autore si chiede come mai, di fronte all'errore giudiziario, in un caso si reagisca in un modo, e nell'altro in un altro opposto. La risposta che si dà è che nella prima vicenda la sentenza è sbagliata ma giusta, mentre nella seconda è sbagliata e ingiusta.

L'essere umano, infatti, comprende e si ribella all'ingiustizia, ma non comprende e non si ribella all'errore. L'errore giudiziario è tale perché il giudice, pur seguendo le regole, giunge a una conclusione errata. In altre parole, giusto ed esatto non coincidono.

Il processo non è il luogo in cui si accerta la verità, ma il luogo in cui l'accusatore e l'accusato cercano di persuadere i giudici della bontà delle proprie ragioni. L'arte che si esercita nei tribunali è quella della retorica, che non si basa sulla verità, ma sulla verosimiglianza.

Il giudice può essere tratto in errore dalla bravura dei retori. Per evitare l'errore giudiziario, si sono tentate diverse strade: eliminare i giudici e affidare il giudizio a un'entità superiore, eliminare la retorica e usare la confessione come unica prova. Ma queste soluzioni portano alla perdita della libertà. L'unica strada percorribile è quella di migliorare il processo, rendendolo il più possibile impermeabile all'errore.

Qui il testo completo della relazione.

In foto, il compianto avvocato Luigi Pasini





27 marzo 2025

DEPOSITO TELEMATICO: PROBLEMI INTERPRETATIVI ED ECCEZIONI DIFENSIVE DOPO IL D.M. 27.12.2024 N. 206 a cura dell’Avv. Mattia Serpotta

 



La relazione completa al link

Abstract:

Il documento in esame offre una panoramica dettagliata sulle nuove normative riguardanti il deposito telematico nel processo penale, introdotte dal D.M. 27.12.2024 n. 206. L'autore esplora le problematiche interpretative e le eccezioni difensive emerse a seguito di queste modifiche, con un focus particolare sull'obbligatorietà del deposito telematico per determinati atti e uffici giudiziari. Viene analizzata la distinzione tra deposito telematico obbligatorio e non obbligatorio, le eccezioni alla regola generale, e le questioni interpretative relative al malfunzionamento del portale e al deposito in udienza. L'obiettivo è fornire una guida chiara per gli avvocati, aiutandoli a navigare le complessità del nuovo sistema e a evitare possibili sanzioni o eccezioni.

Sintesi del Documento:

Il documento si apre con una disamina delle difficoltà incontrate dall'avvocatura nella transizione al deposito telematico obbligatorio, evidenziando la mancanza di un adeguato periodo di sperimentazione e le conseguenti problematiche per i difensori, specialmente quelli meno avvezzi all'uso degli strumenti informatici.

Viene poi esaminato il quadro normativo di riferimento, con particolare attenzione al D.M. 206 del 2024, che ha modificato il precedente D.M. 217 del 2023 in attuazione della Riforma Cartabia. L'autore spiega come queste normative abbiano progressivamente introdotto l'obbligatorietà del deposito telematico, demandando a decreti ministeriali la selezione degli atti soggetti a tale regime.

Successivamente, il documento si concentra sulla definizione di "modalità telematica" e sull'identificazione del portale dei depositi telematici come unico mezzo di trasmissione e deposito degli atti del procedimento penale. Viene chiarita la distinzione tra deposito telematico (portale) obbligatorio, non obbligatorio, e i casi in cui il deposito telematico non è consentito.

L'autore analizza in dettaglio le ipotesi di deposito telematico obbligatorio, identificando gli uffici giudiziari e gli atti per cui è previsto l'uso esclusivo del portale. Vengono inoltre esaminate le eccezioni a tale regola generale, come i procedimenti regolati dal libro IV del codice di procedura penale e quelli relativi alle impugnazioni in materia di sequestro probatorio, per i quali è consentito l'uso alternativo del portale, della PEC o della modalità cartacea.

Il documento affronta poi le questioni interpretative relative al deposito in udienza, al perfezionamento del deposito, e al deposito della nomina e degli atti successivi in fase di indagine. Viene discussa anche la problematica del malfunzionamento del portale e le possibili soluzioni in tali casi.

Infine, l'autore esamina la questione dell'autentica con firma digitale, fornendo un'analisi delle recenti sentenze della Cassazione in materia.

In conclusione, il documento offre una guida esaustiva e approfondita sulle nuove normative in materia di deposito telematico nel processo penale, fornendo al contempo utili indicazioni pratiche per gli avvocati.

La relazione completa al link


In foto l'avv. Mattia Serpotta



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