Ci siamo occupati in un altro post (al link) del rischio che la disciplina del deposito telematico possa comportare un altro modello processuale, attecchendo su un terreno già fertile. Al riguardo vogliamo svolgere un’ultima considerazione “tecnica” ed “informatica” di natura politica: in Costituzione (art.111) è scritto che “Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale”.
In attuazione della Costituzione, il Governo intende rendere indipendente il giudice dal suo collega (pubblico ministero), mantenendo le sacrosante prerogative di indipendenza e imparzialità del magistrato inquirente (doppio CSM etc.). La riforma attua la Costituzione e supera la legge fascista sull’ordinamento giudiziario, mantenuta in virtù del compromesso storico e della preoccupazione della DC e del PCI che chi tra essi avesse vinto le elezioni avrebbe potuto utilizzare la magistratura contro l’avversario politico.
Contro la riforma, il potere giudiziario, conscio di perdere il terreno conquistato nel recente passato in alterazione degli equilibri democratici tra poteri dello Stato, ha alzato gli scudi, con anticipazioni - queste sì politiche e ai limiti della legittimità - di scioperi, di campagne mediatiche sugli organi di stampa “amici”, di propaganda attraverso agenzie di comunicazione e finanche di un referendum, una volta approvata la riforma. La gran cassa della propaganda è arrivata al paradosso di difendere una legge fascista in vigore contro l’attuazione della Costituzione repubblicana, la “più bella del mondo” e alla quale, chi anticipa scioperi, ha giurato fedeltà.
Ora - vi domanderete - cosa c’entra il tema della separazione delle carriere con la faccenda telematica?
C’entra, eccome!
Con provvedimenti palesemente eccentrici, frutto di una interpretazione della legge non rispondente alla realtà dei fatti, molti dirigenti di uffici giudiziari hanno sospeso i nuovi obblighi “telematici” entrati in vigore, per volontà politica, il 31 dicembre 2024. Lo hanno fatto unilateralmente e con riferimento agli obblighi dei soggetti definiti “interni”, cioè i dipendenti ministeriali (magistrati e loro ausiliari). Gli altri soggetti, gli avvocati e i cittadini che essi rappresentano, sono esclusi. Il che, come intende anche il profano, rende esplicito il problema: se il sistema telematico mal funziona, è un problema che il cittadino venga abbandonato a se stesso, mentre il dipendente pubblico si auto esoneri. Che se invece fosse falsa l’affermazione che il sistema mal funziona, sarebbe ancora peggio: la burocrazia e il potere giudiziario si pongono di traverso alla volontà politica (secondo la più classica delle sindromi da Marchese del Grillo).
Noi abbiamo il sospetto che la faccenda telematica venga utilizzata come “cavallo di Troia” per avversare questo Governo e la sua annunciata riforma sulla separazione delle carriere. E, non a caso, da parte della magistratura, sulla faccenda telematica, si cerca una collaborazione con l’Avvocatura che da quattro anni è stata lasciata sola in balia del telematico, senza che abbia mai trovato reciprocità alle richieste di collaborazione rivolte fin qui alla magistratura. Lasciata sola con un sistema all’epoca autenticamente mal funzionate e con i correlativi obblighi di dotarsi di beni strumentali (con costi relativi) e di comprendere il funzionamento dei nuovi sistemi telematici. Non ci risulta che ci sia stata “clemenza” e collaborazione neppure in alcuni provvedimenti giudiziari e (qui) abbiamo citato il caso più allarmante. Insomma, questa tardiva e utilitaristica richiesta di collaborazione suona sospetta e forse nasconde un fine politico (timeo danaos et dona ferentes).
In ogni caso, come stiano effettivamente le cose sarà il tempo a dirlo, ma con certezza il Re è nudo.
Infatti, come tutti cominciano a comprendere esistono due “telematici”.
Il telematico degli “esterni”, cioè dei cittadini nel cui nome la giustizia è amministrata e dei loro avvocati, che è un sistema one way: consente solo di depositare e impedisce di accedere e consultare gli atti del fascicolo da remoto.
Il telematico degli “interni”, la App.2.0 che consente invece sia di depositare sia di consultare.
È chiaro il problema?
Vi pare un sistema che assicura la parità delle parti quello che consente al magistrato dell’accusa di depositare e consultare mentre tale possibilità è preclusa al cittadino e al suo avvocato? Vi pare legittimo che una parte depositi atti fuori udienza, senza contraddittorio? E che si tratti di atti non agevolmente consultabili dalle altre parti e non cestinabili dal sistema informatico? Non ci pare di aver letto una sola parola al riguardo negli eccentrici provvedimenti di auto sospensione dei dirigenti dei uffici giudiziari.
La vicenda telematica è dunque la cartina di tornasole della necessità di separare il soggetto terzo (il giudice) da una parte che è anche telematicamente avvantaggiata (interna e collega del giudice, il PM) rispetto alle altre parti (esterne, i cittadini nel cui nome la giustizia è amministrata).
La vicenda telematica mette a nudo la insopportabile visione proprietaria della giustizia che in questo recente passato abbiamo vissuto, con le modifiche procedurali pandemiche che hanno “buttato fuori” dai palazzi di giustizia gli “esterni”, dei quali essi sono invece titolari.
Quel che accade, poi, dimostra lo squilibrio del sistema, del quale s’impone la riforma.
Le eccentriche auto sospensioni “della” legge e “dalla” legge, gli annunci di scioperi e le altre amenità, non sono altro che i colpi di coda di un potere dello Stato che cerca di opporsi al riequilibrio e al contenimento degli spazi che, per inefficienza del potere legislativo, ha occupato negli ultimi trent’anni; spazi dai quali non intende ritirarsi nonostante sia evidente la alterazione degli equilibri.
Intanto, è di ieri la notizia del primo via libera al ddl di riforma.