Pubblichiamo la (corretta) sentenza della Corte di Cassazione che ha annullato con rinvio una pronuncia che aveva dichiarato erroneamente la inammissibilità dell'appello per questioni informatiche.
Ci vuol poco a supporre cosa sia accaduto nel caso di specie: il solerte cancelliere, visto l'atto di appello privo di coccarda (era firmato in Cades con estensione p7m) lo aveva segnalato al giudice che, altrettanto solertemente, aveva dichiarato l'inammissibilita dell'appello.
E' dovuta intervenire la Corte di Cassazione per ricordare che:
<< ... il Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Catania dichiarava inammissibile l'appello per ritenuta mancanza della sottoscrizione dell'atto, presentato telematicamente nell'interesse di Giuseppe Di Bella, avverso il provvedimento di proroga della misura di sicurezza emesso dal Magistrato di sorveglianza di Catania.
2. Giuseppe Di Bella ricorre per cassazione, tramite rituale ministero difensivo, affidandosi a un unico motivo. Con tale motivo, il difensore dell'interessato denuncia la violazione di legge in relazione all'art. 24, comma 6-sexies, lett. a), d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, avuto riguardo alla ritenuta mancanza di sottoscrizione digitale dell'atto che, invece, sarebbe stata regolarmente apposta come verificabile dal nome del documento trasmesso telematicamente in formato *.pdf nativo avente il suffisso certificativo dell'estensione informatica del file quale *.p7m, legalmente sottoscritto in formato digitale mediante sistema Cades-bes come risultante dal relativo certificato rilasciato da ente legalmente riconosciuto in modo conforme alla deliberazione CNIPA 21 maggio 2009, n. 45.
3. Il Procuratore generale, intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto l'annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato, quindi, meritevole di un accoglimento.
2. Dall'esame dell'atto impugnato emerge che l'inammissibilità è stata fondata sulla ritenuta mancanza della firma digitale "(o anche di firma autografa)", richiamati gli artt. 24, comma 6-sexies, lett. a), e 3, comma 1, d.l. n. 137 del 2020, nonché il provvedimento del 9 novembre 2020 della Direzione generale dei sistemi informativi e automatizzati. Il messaggio d'invio dell'atto di appello, trasmesso via PEC dall'Avv. Noè all'ufficio preposto alla ricezione degli atti e allegato al ricorso, indica la presenza di un allegato di tipo pdf.p7m. Tale tipo di documento individua i file nativi pdf, recanti firma digitale. L'affermazione del Tribunale di sorveglianza è smentita dalla documentazione allegata al ricorso da parte del difensore, il quale ha dimostrato non solo la natura del file (pdf nativo con sottoscrizione digitale), ma anche l'attendibilità e la validità del certificato della firma in formato Cades-bes. Come correttamente rilevato dal Procuratore generale, solo l'atto - depositato telematicamente - quando risulti privo di firma digitale può essere considerato inammissibile ai sensi dell'art. 24, comma 6-sexies lett. a), legge n. 176 del 2020, non potendosi, in omaggio al principio di tassatività, applicare la sanzione processuale prevista per tale omissione a un'ipotesi non prevista dalla legge, quale è l'atto con firma digitale non riconosciuta. Diversamente, come già affermato da questa Corte con Sez. 4, n. 43976 del 26/09/2023, Rv. 285483, al fine della verifica della sussistenza della firma digitale su un atto di impugnazione, non si richiedono accertamenti ulteriori nel caso in cui risulta che il "file" abbia estensione "pdf.p7m", posto che questa è, di per sé, probante dell'avvenuta firma digitale. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto ammissibile il ricorso, documentato da file avente detta estensione, trasmesso dal difensore a mezzo PEC).
3. Sulla base delle precedenti considerazioni deriva l'annullamento dell'ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Catania.
P.Q.M. annulla il provvedimento impugnato con rinvio ... >>.
La sentenza sembra accordare prevalenza alla firma digitale in CAdES, ma noi abbiamo buona memoria e ricordiamo il caso del collega romano che si vide dichiarare la inammissibilità dell'appello, spedito in CAdES, che la cancelleria non era riuscita ad aprire, pregando il difensore di re-inviarlo in formato PAdES (l'invio era avvenuto tardivamente e l'impugnazione era stata dichiarata inammissibile).
Continuiamo dunque a suggerire il PAdES per l'invio di atti con firma digitale: è più semplice da aprire; è sostanzialmente un pdf e ... reca la coccardina tanto cara ai nostalgici della ceralacca.
Va detto, infine, che l’utilizzo del portale pone al riparo dalle conseguenze qui esaminate: è il sistema che riconosce l’atto firmato digitalmente, quale che sia il formato prescelto dal depositante.