21 gennaio 2025

LA CEDU CI CONDANNA PER IL TRATTAMENTO DI UN DETENUTO CON DISTURBI PSICHIATRICI, MA LA CRISI é SISTEMICA


 

La Corte EDU ha condannato l'Italia per la violazione dell'art. 3 della Convenzione che proibisce la tortura e trattamenti inumani e degradanti. Nel caso di specie la condanna del nostro paese è scaturita dalla mancata prova di aver fornito adeguati trattamenti ad un detenuto affetto da una severa depressione con disturbo della personalità e che aveva tentato più volte, durante la detenzione, di suicidarsi (testo sentenza CEDU in inglese al link).    La Corte europera ha peraltro rilevato il significativo ritardo con cui si è proceduto all'osservazione psichiatrica del ricorrente, nonostante costui avesse già tentanto il suicidio, e il lungo periodo di tempo per valutare la sua domanda tesa ad ottenere la detenzione domiciliare. 

Poco tempo prima (sentenza Cramesteter vs. Italy, del 06.06.2024, application n. 19358/17) la Corte aveva rilevato come  violi il divieto di detenzione senza base legale (art. 5, comma 1, CEDU) il trattenimento di soggetto non imputabile, dichiarato socialmente pericoloso e destinatario di misura di sicurezza, prima in un ospedale psichiatrico giudiziario (OPG) e poi una residenza per l’esecuzione di misure di sicurezza (REMS), laddove ecceda i limiti temporali previsti da una legge, ancorché questa entri in vigore dopo la pronunzia che ha disposto la misura di sicurezza. Nella medesima pronuncia si è rilevato come violi il diritto alla riparazione per l’ingiusta detenzione (art. 5, comma 5, CEDU), la mancata riparazione per il caso di detenzione illegittima, dovuta al trattenimento di soggetto non imputabile, prima in un ospedale psichiatrico giudiziario (OPG) e poi una residenza per l’esecuzione di misure di sicurezza (REMS) (documento Camera dei deputati al link).  

Al di là della pronunce della Corte EDU, va ricordato che nel 2022 la Corte costituzionale con la sentenza n. 22/2022 ha ammonito il legislatore sulla urgente necessità di una complessiva riforma di sistema  che assicuri un'adeguata base legislativa alla misura di sicurezza, rilevando peraltro, in sede istuttoria, gravi disfunzioni in termini di tempi  per i ricoveri nelle Residenze  (pronuncia Corte al link). Da quella pronuncia inoltre emergeva, in modo assai sorprendente, financo il disallineamento dei dati, in possesso rispettivamente del DAP e della  Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, in ordine alle persone in lista d'attesa per il ricovero nelle REMS (par. 5.3 "Ritenuto in fatto").

A ormai tre anni di distanza, non ci risulta che sul piano legislativo qualcosa sia mutato, anzi l'Accordo Governo e Regioni del successivo novembre 2022 potrebbe avere perfino accentuato i rilievi del Giudice delle leggi (Accordo al link).


20 gennaio 2025

La circolare operativa del ministero sembra confermare la possibilità di produrre in udienza.

A seguito del DM 206 del 27.12.2024, alcuni giudici hanno ritenuto preclusa la possibilità di produrre documenti in udienza. Abbiamo già avversato tale interpretazione, anche facendo riferimento ad una prima circolare ministeriale, adesso crediamo di trovare conferma alla nostra tesi anche nella circolare operativa del 13.01.2025, diramata dal ministero. Infatti, in detto documento <<si segnala che la funzione “Carica documenti e atti delle parti o degli ausiliari” consente di acquisire al fascicolo i documenti prodotti in udienza da tutte le parti processuali>> (circolare operativa al link).

Evidente il riferimento alla permanenza delle produzioni d'udienza.

Dunque, ribadiamo il nostro avviso: il deposito telematico ha soltanto sostituito quello in cancelleria. Diversamente, allo stato della normativa primaria, le attività di udienza rimangono quelle ante vigenti.  

17 gennaio 2025

La faccenda telematica disvela la battaglia politica della magistratura contro le riforme - di Marco Siragusa






Ci siamo occupati in un altro post (al link) del rischio che la disciplina del deposito telematico possa comportare un altro modello processuale, attecchendo su un terreno già fertile. 

Al riguardo vogliamo svolgere un’ultima considerazione “tecnica” ed “informatica” di natura politica: in Costituzione (art.111) è scritto che “Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale”.

In attuazione della Costituzione, il Governo intende rendere indipendente il giudice dal suo collega (pubblico ministero), mantenendo le sacrosante prerogative di indipendenza e imparzialità del magistrato inquirente (doppio CSM etc.). La riforma attua la Costituzione e supera la legge fascista sull’ordinamento giudiziario, mantenuta in virtù del compromesso storico e della preoccupazione della DC e del PCI che chi tra essi avesse vinto le elezioni avrebbe potuto utilizzare la magistratura contro l’avversario politico.

Contro la riforma, il potere giudiziario, conscio di perdere il terreno conquistato nel recente passato in alterazione degli equilibri democratici tra poteri dello Stato, ha alzato gli scudi, con anticipazioni - queste sì politiche e ai limiti della legittimità - di scioperi, di campagne mediatiche sugli organi di stampa “amici”, di propaganda attraverso agenzie di comunicazione e finanche di un referendum, una volta approvata la riforma. La gran cassa della propaganda è arrivata al paradosso di difendere una legge fascista in vigore contro l’attuazione della Costituzione repubblicana, la “più bella del mondo” e alla quale, chi anticipa scioperi, ha giurato fedeltà. 

Ora - vi domanderete - cosa c’entra il tema della separazione delle carriere con la faccenda telematica?

C’entra, eccome!

Con provvedimenti palesemente eccentrici, frutto di una interpretazione della legge non rispondente alla realtà dei fatti, molti dirigenti di uffici giudiziari hanno sospeso i nuovi obblighi “telematici” entrati in vigore, per volontà politica, il 31 dicembre 2024. Lo hanno fatto unilateralmente e con riferimento agli obblighi dei soggetti definiti “interni”, cioè i dipendenti ministeriali (magistrati e loro ausiliari). Gli altri soggetti, gli avvocati e i cittadini che essi rappresentano, sono esclusi. Il che, come intende anche il profano, rende esplicito il problema: se il sistema telematico mal funziona, è un problema che il cittadino venga abbandonato a se stesso, mentre il dipendente pubblico si auto esoneri. Che se invece fosse falsa l’affermazione che il sistema mal funziona, sarebbe ancora peggio: la burocrazia e il potere giudiziario si pongono di traverso alla volontà politica (secondo la più classica delle sindromi da Marchese del Grillo).

Noi abbiamo il sospetto che la faccenda telematica venga utilizzata come “cavallo di Troia” per avversare questo Governo e la sua annunciata riforma sulla separazione delle carriere. E, non a caso, da parte della magistratura, sulla faccenda telematica, si cerca una collaborazione con l’Avvocatura che da quattro anni è stata lasciata sola in balia del telematico, senza che abbia mai trovato reciprocità alle richieste di collaborazione rivolte fin qui alla magistratura. Lasciata sola con un sistema all’epoca autenticamente mal funzionate e con i correlativi obblighi di dotarsi di beni strumentali (con costi relativi) e di comprendere il funzionamento dei nuovi sistemi telematici. Non ci risulta che ci sia stata “clemenza” e collaborazione neppure in alcuni provvedimenti giudiziari e (qui) abbiamo citato il caso più allarmante. Insomma, questa tardiva e utilitaristica richiesta di collaborazione suona sospetta e forse nasconde un fine politico (timeo danaos et dona ferentes).

In ogni caso, come stiano effettivamente le cose sarà il tempo a dirlo, ma con certezza il Re è nudo. 

Infatti, come tutti cominciano a comprendere esistono due “telematici”.

Il telematico degli “esterni”, cioè dei cittadini nel cui nome la giustizia è amministrata e dei loro avvocati, che è un sistema one way: consente solo di depositare e impedisce di accedere e consultare gli atti del fascicolo da remoto.

Il telematico degli “interni”, la App.2.0 che consente invece sia di depositare sia di consultare.

È chiaro il problema?

Vi pare un sistema che assicura la parità delle parti quello che consente al magistrato dell’accusa di depositare e consultare mentre tale possibilità è preclusa al cittadino e al suo avvocato? Vi pare legittimo che una parte depositi atti fuori udienza, senza contraddittorio? E che si tratti di atti non agevolmente consultabili dalle altre parti e non cestinabili dal sistema informatico? Non ci pare di aver letto una sola parola al riguardo negli eccentrici provvedimenti di auto sospensione dei dirigenti dei uffici giudiziari.

La vicenda telematica è dunque la cartina di tornasole della necessità di separare il soggetto terzo (il giudice) da una parte che è anche telematicamente avvantaggiata (interna e collega del giudice, il PM) rispetto alle altre parti (esterne, i cittadini nel cui nome la giustizia è amministrata).

La vicenda telematica mette a nudo la insopportabile visione proprietaria della giustizia che in questo recente passato abbiamo vissuto, con le modifiche procedurali pandemiche che hanno “buttato fuori” dai palazzi di giustizia gli “esterni”, dei quali essi sono invece titolari. 

Quel che accade, poi, dimostra lo squilibrio del sistema, del quale s’impone la riforma.

Le eccentriche auto sospensioni “della” legge e “dalla” legge, gli annunci di scioperi e le altre amenità, non sono altro che i colpi di coda di un potere dello Stato che cerca di opporsi al riequilibrio e al contenimento degli spazi che, per inefficienza del potere legislativo, ha occupato negli ultimi trent’anni; spazi dai quali non intende ritirarsi nonostante sia evidente la alterazione degli equilibri. 

Intanto, è di ieri la notizia del primo via libera al ddl di riforma.



16 gennaio 2025

La tecnica dei depositi come strumento di mutamento del processo ?


 

A seguito del DM 206 del 27.12.2024, ci siamo occupati più volte del processo telematico, concentrando la nostra attenzione su aspetti tecnici. Ciò è ovvio, poichè l'Avvocato è chiamato ogni giorno a confrontarsi con problemi pratici. 

Ma tale doverosa analisi non deve distogliere la nostra attenzione da un punto fondamentale: il deposito telematico, peraltro disciplinato per lo più da fonti secondarie, non può alterare il modello processuale. 

In altri termini, bisogna evitare che tale forma di deposito finisca per inverare quella cultura, già manifestatasi rispetto alle impugnazioni, che svuota di contenuto l'udienza. 

In questi primi giorni di applicazione e interpretazione del DM 206, cogliamo segnali in tal senso. Così ad esempio in diversi circondari - per come risulta anche da "Il Sole 24 ore" del 09.01. -  taluni giudici hanno denegato la possibilità di costituirsi parte civile in udienza, talora rinviando al fine di consentire il deposito telematico dell'atto. Analoghe questioni sarebbero sorte, per quanto abbiamo appreso, anche rispetto alle produzioni documentali o ad istanze varie (come quella di richiesta di messa alla prova).

Su un punto vorremmo essere chiari: la lettura del codice di procedura penale non autorizza tali interpretazioni. Le norme di parte dinamica che fanno riferimento a depositi in udienza non sono state abrogate ed esse si pongono quali norme speciali rispetto all'art. 111 bis c.p.p.. Piuttosto, quelle disposizioni, quali l'art. 482 c.p.p., hanno suscitato dubbi se sia possibile provvedere al deposito di memorie fuori udienza (cfr. Cass. pen. sez.II 20.05.2008 n. 25525). 

Le interpretazioni di altro segno ci pare attecchiscano su un humus fertile allo sviluppo di altro modello processuale, ma questo non è ancora avvenuto, nè può avvenire sulla scorta di una normazione secondaria come il DM del 27 dicembre.

15 gennaio 2025

Il potere di autentica del difensore mediante firma digitale - di Mattia Serpotta

 



Segnaliamo le due sentenze linkate più sotto, che rispondono a un dubbio di molti difensori: se sia possibile l’autentica mediante sottoscrizione digitale, invece di quella grafica, e ciò anche quando la firma dell’assistito non sia apposta in sua presenza. 


La necessità di autentica differita si pone, ad esempio, nei casi di procura speciale, ex art. 122 c.p.p., di delega al deposito della querela, ex art. 337 c.p.p., o di dichiarazione o elezione del domicilio, ex art. 162 c.p.p., quando l’atto è trasmesso dall’assistito al difensore con un mezzo telematico ‒ PEC, mail, WhatsApp ‒ e quindi in copia, oppure in originale tramite posta.


La prima sentenza è della VI Sezione penale, n. 42391 del 2024. La Cassazione ha precisato che:

‒ “la legge non prescrive né che la firma venga apposta in presenza del difensore (che può autenticarla perché la conosce e la riconosce o perché è aliunde certo della sua riferibilità), né che l’atto debba pervenire al difensore con determinate modalità, piuttosto che con altre che ne veicolino solo la copia”.

‒ è correttamente autenticata la procura speciale contenente la contestuale elezione di domicilio, laddove l’atto contenente la sottoscrizione dell’assistito sia firmato soltanto digitalmente. 

La sentenza cass. pen., sez. VI n. 42391/2024 la trovate qui. 



Aggiungiamo che lo stesso comma 2 bis dell’art. 122 c.p.p., oggi entrato certamente in vigore, prevede espressamente che il difensore possa autenticare la “copia informatica” della procura speciale mediante firma digitale.


La seconda sentenza è della Sezione IV, n. 44984 del 2024. La Cassazione ha precisato che: 

‒ il difensore nominato in querela e incaricato al deposito può attestare la veridicità della firma apposta dal querelante, ex art. 39 disp. att. cod. proc., anche mediante apposizione di firma digitale.


La sentenza cass. pen. sez. 4 n. 44984/2024 la trovate qui.



 

14 gennaio 2025

❌Attenzione❌ Le caselle PEC depositoattipenali: una sentenza della cassazione cambia il pacifico orientamento e forza l’interpretazione del dato letterale della norma



Le caselle PEC depositoattipenali, che continuano ad utilizzarsi per i depositi presso la Corte d’appello sino al 31.12.2025 (qui il vademecum) sono fonte di rischio e, laddove possibile, anche per la Corte d’appello, secondo l’interpretazione che forniamo nel vademecum, è meglio utilizzare il portale.

Tuttavia, se ritenete di utilizzare la pec, prestate attenzione a questa sentenza che stravolge il pacifico orientamento del giudice di legittimità. L’avvertenza è: inviate a tutti gli indirizzi pec assegnati dal DGSIA!

Vi segnaliamo infatti la sentenza n. 47557/2024, al link e in foto in calce, perché è la dimostrazione plastica di come una norma - assolutamente chiara in italiano - possa essere interpretata, persino dalla Cassazione, ben oltre i suoi confini e in contrasto con tutte le precedenti sentenze (qui la sentenza 654/2025, sempre della prima sezione, conforme al consolidato e diverso orientamento), solo perché non se ne comprende il significato sul piano giuridico e sistematico. 

Il caso è questo: il difensore deposita il ricorso in Cassazione a mezzo PEC, inviandolo all'indirizzo 'depositoattipenali' assegnato alla sezione della Corte d'appello che ha emesso la decisione. 

La cancelleria, ricevuta la PEC, non trasmette l'atto all'ufficio impugnazioni: probabilmente, perché ritiene di non essere competente a riceverla.

In quella Corte, infatti, il Presidente ha, con un provvedimento di carattere organizzativo interno, assegnato all'ufficio impugnazioni - attenti qui - una casella depositoattipenali diversa da quella attribuita alla sezione della Corte. La 3 per il primo, la 2 per la seconda. 

Investita della questione, la Cassazione, superando il proprio orientamento pacifico per il quale - semplifico - è sufficiente che il difensore invii la PEC a uno qualsiasi delle caselle assegnate dal D.G.S.I.A. a quell'ufficio, essendo irrilevante la ripartizione interna decisa dal suo Dirigente, fa dire una cosa alla norma che la norma non dice. 

Secondo la Corte, l'articolo 87 richiede infatti, a pena di inammissibilità, che l'atto di impugnazione venga inviato a quello specifico indirizzo depositoattipenali assegnato "dal D.G.S.I.A" all'ufficio impugnazioni e, se diverso, non a quello attribuito alla sezione che ha emesso il provvedimento. 

La norma però non dice questo. La norma dice che l'atto di impugnazione è inammissibile se  inviato a un indirizzo "diverso da quelli assegnati con provvedimento del D.G.S.I.A. all'ufficio". Questo è il significato in italiano. 

Il significato giuridico è che la inammissibilità consegue solo all'invio a un indirizzo che non rientra tra quelli previsti dal D.G.S.I.A.: cioè a una PEC diversa da quelle depositoattipenali (es. cortedappellodipaperino@giustiziacert.it)

La norma si interpreta necessariamente così, qui è l'errore ancora più grave, perché il provvedimento del D.G.S.I.A. che nel 2020 istituì le caselle depositoattipenali, contrariamente a quello che si legge testualmente nella sentenza, non ha stabilito alcuna assegnazione interna - la n. 2 alla sezione, la n. 3 all'ufficio impugnazioni -,  demandandola invece al Dirigente dell'ufficio.

È la prima sentenza della Cassazione in questo senso, tutte le altre sono di segno contrario. Però, per il futuro, se dovete depositare una impugnazione a mezzo PEC, suggerisco di inviarla a tutte le PEC assegnate all'ufficio.

Nel frattempo, la decisione impugnata è diventata definitiva, una persona è andata in carcere e il funzionario della cancelleria che ha omesso di trasmettere l'atto ai colleghi dell'ufficio impugnazioni, al 23 del mese, riceverà ancora il suo stipendio.







13 gennaio 2025

In morte del contraddittorio. In sede di esecuzione il contenuto della causa petendi è irrilevante

 

La prima sezione di legittimità ha ritenuto che in sede di incidente di esecuzione <<la richiesta di intervento rivolta dal Pubblico ministero, nonché dall’interessato o dal difensore, debba presentare la connotazione tipica della domanda giudiziale, articolandosi compiutamente nelle sue componenti essenziali del "petitum" e della "causa petendi". Solo il primo di tali profili, però, vincola il giudice, in quanto delimita il perimetro decisorio allo stesso demandato, risultando ogni deviazione dallo stesso foriero di un possibile vulnus, al principio della integrità del contraddittorio, nonché potenzialmente lesiva del diritto di difesa. Una volta che resti fermo il petitum, però, la cognizione devoluta al giudice dell’esecuzione presenta un carattere non vincolato, rimanendo essa aperta alla considerazione e valorizzazione di ragioni ulteriori, rispetto a quelle oggetto di specifica prospettazione di parte>>.

Nel caso di specie, il pubblico ministero aveva invocato la revoca della sospensione condizionale poichè l'interessata aveva già goduto del beneficio anteriormente alla condanna, per cui si chiedeva la revoca della sospensione. La difesa avversava tale ricostruzione. Il Giudice dell'esecuzione accoglieva la richiesta del pubblico ministero, ma sulla scorta di considerazioni del tutto differenti, rispetto alle ragioni poste a fondamento della richiesta.    (sentenza al link)

L'interessata interponeva ricorso avverso l'ordinanza di revoca, adducendo la violazione del diritto di difesa, sub specie di quello al contraddittorio. Il procuratore generale presso la Corte di legittimità, conveniva con la ricorrente, considerando che <<il procedimento di esecuzione, salvo che per l’applicazione dell'amnistia o dell’indulto, esige per il suo inizio l’impulso di parte, laddove per impulso si deve intendere l’integrale corrispondenza, tra quanto dedotto e quanto oggetto di decisione ad opera del giudice dell’esecuzione>>.

Tuttavia, la Corte di Cassazione ha diversamente opinato, ritenendo che il giudice possa decidere sulla scorta di circostanze non sottoposte al confronto tra le parti.

Giova, peraltro, considerare che la sentenza, pur menzionando un contrario precedente di altra sezione risalente al 1993, ha ignorato un coevo arresto della medesima prima sezione, secondo cui la ratio della previsione dell'art. 666, comma 1, cod. proc. pen. risulta compromessa ove il giudice dell'esecuzione, ricevuta una determinata richiesta, <<l'accogliesse per un motivo diverso da quello dedotto dal richiedente, così di fatto sostituendo la sua iniziativa d'ufficio a quella di parte>> (provvedimento al link).       

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