Pubblichiamo un'interessante sentenza della Corte d'appello di Palermo, sezione prima penale che, decidendo sull'appello del Procuratore Generale avverso una pronuncia assolutoria, ribadisce le regole di giudizio in caso di (richiesto) overturning peggiorativo.
Si legge in sentenza:
“Occorre premettere che, secondo l’insegnamento della Suprema Corte, la radicale riforma, in appello, di una sentenza di assoluzione non può essere basata su valutazioni semplicemente diverse dello stesso compendio probatorio, qualificate da pari o persino minore razionalità e plausibilità rispetto a quelle sviluppate dalla sentenza di primo grado, ma deve fondarsi su elementi dotati di effettiva e scardinante efficacia persuasiva, in grado di vanificare ogni ragionevole dubbio immanente nella delineatasi situazione di conflitto valutativo delle prove: ciò in quanto il giudizio di condanna presuppone la certezza processuale della colpevolezza, mentre l’assoluzione non presuppone la certezza dell’innocenza, bensì la semplice non certezza - e, dunque, anche il dubbio ragionevole - della colpevolezza (Sez. 6, n. 20656 del 22.11.2011, De Gennaro ed altro).
In particolare, il principio secondo il quale la sentenza di condanna deve essere pronunciata soltanto “se l'imputato risulta colpevole del reato contestatogli al di là di ogni ragionevole dubbio”, [...] “presuppone comunque che, in mancanza di elementi sopravvenuti, l’eventuale rivisitazione in senso peggiorativo compiuta in appello sullo stesso materiale probatorio già acquisito in primo grado e ivi ritenuto inidoneo a giustificare una pronuncia di colpevolezza, sia sorretta da argomenti dirimenti e tali da evidenziare oggettive carenze o insufficienze della decisione assolutoria.
[...]
Ai fini della riforma in appello di una assoluzione deliberata in primo grado non è, pertanto, sufficiente la possibilità di addivenire ad una ricostruzione dei fatti connotata da uguale plausibilità rispetto a quella operata dal primo giudice
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Nella specie, a parere di questa Corte, non può dirsi [...] che il primo Giudice abbia ingiustificatamente pretermesso o inspiegabilmente sottovalutato ovvero ancora clamorosamente travisato un qualche dato di fatto risultante in atti ed oggettivamente idoneo [...] ad indirizzare, oltre ogni ragionevole dubbio, l’apprezzamento giudiziale dell’imputato verso la direzione criminosa privilegiata dalla pubblica accusa.
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Orbene, a fronte delle risultanze probatorie, non è rinvenibile alcuna incongruenza logica nel percorso argomentativo attraverso il quale il primo Giudice è giunto all’approdo della non rimproverabilità del comportamento tenuto dall’imputato
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Le circostanze segnalate nel proposto appello non si sono dunque prestate a giustificare un ribaltamento della decisione assolutoria adottata dal Giudice di primo grado [...]"
La sentenza Corte d'Appello di Palermo, I sez. penale, 6/12/2022 n. 6737 al link