16 maggio 2024

Saluto romano e principio di offensività: il commento di Mari Miceli alla sentenza delle sezioni unite

 



Avevamo già dato notizia della decisione delle sezioni unite (al link) relativamente alla questione della rilevanza penale del c.d. "Saluto romano".
Con la sentenza n. 16153 , depositata il 17 aprile 2024 (al link), le sezioni unite hanno affermato il seguente principio di diritto: «la condotta, tenuta nel corso di una pubblica riunione, consistente nella risposta
alla ‘chiamata del presente’ e nel cosiddetto ‘saluto romano’ integra il delitto previsto dall’art. 5 legge 20 giugno 1952, n. 645, ove, avuto riguardo alle circostanze del caso, sia idonea ad attingere il concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista, vietata dalla XII disp. trans. fin. Cost; tale condotta può integrare anche il delitto, di pericolo presunto, previsto dall’art. 2, comma 1, d.I. n. 122 del 26 aprile 1993, convertito dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, ove, tenuto conto del significativo contesto fattuale complessivo, la stessa sia espressiva di manifestazione propria o usuale delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi di cui all’art. 604-bis, secondo comma, cod. pen.(già art. 3 legge 13 ottobre 1975, n. 654)».
La decisione sopra menzionata appare in linea con il principio di necessaria offensività della condotta, quale corollario del principio di sussidiarietà e di legalità. Tale principio non trova una espressa formulazione all’interno della Carta costituzionale ma può essere ricavato dalla lettura
degli artt. 25 e 27 Cost..
Del resto il richiamo al principio di legalità di cui all’art. 25 della Costituzione, basta a rilevare come nessuno possa essere punito per un fatto che non sia previsto dalla legge come reato, nonché come il reato previsto dalla norma penale individui una soglia di rilevanza non solo a protezione del bene giuridico
protetto ma anche nell’individuazione dell’azione idonea a lederlo.
Proprio in ragione dei principi appena espressi, può essere rintracciata la ratio del principio di offensività anche in riferimento ai reati di mera condotta e dei reati di pericolo astratto e presunto, così come espresso dal Supremo Collegio.
In merito, vi è da precisare che i reati di pericolo astratto e presunto sono stati oggetto di ampio dibattito in dottrina, soprattutto in merito ad un anticipazione della tutela del bene giuridico e della relativa applicazione all’eventuale reo della sanzione penale.
Per quanto attiene ai reati di pericolo astratto e presunto è bene precisare che la dottrina pone una differenza tra pericolo astratto e concreto, arrivando a discutere di reati di “pericolo di pericolo”.
La giurisprudenza si è spinta ancora oltre al fine di determinare proprio i limiti della soglia dell’offensività della condotta, ponendo l’accento proprio sulle caratteristiche e i mezzi per i quali la stessa risulti lesiva
dei beni giuridici protetti dalle norme prese in considerazione.
Tali elementi non devono apparire superflui, poiché, proprio in ragione dell’anticipazione della soglia di punibilità dei reati di pericolo astratto e presunto, gli elementi a cui l’interprete deve guardare al fine di verificare l’effettiva lesione del bene giuridico non possono che essere tecnici e concreti.
Tali elementi risultano essere fondamentali per superare la soglia di messa in pericolo del bene giuridico protetto dalla norma, e al fine di verificare l’effettiva offensività della condotta.
In conclusione, il principio di offensività trova espressione quale corollario del principio di legalità ma anche della teoria del bene giuridico.
Tale principio però, non può essere inteso come un “principio di precauzione”, nonostante questo venga richiamato dal Trattato istitutivo della Comunità europea, poiché rischierebbe di anticipare eccessivamente la tutela della soglia della punibilità.
Il principio di precauzione può trovare una propria autonomia, soltanto nella società c.d. del “rischio”, ovvero, qualora ci si trovi dinnanzi a situazione di incertezza della prova.

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