11 aprile 2025

Errore di sistema sul portale ed impugnazione tardiva: la Cassazione pone rimedio (sentenza n. 9985/25)

 




La sentenza riguarda un ricorso presentato alla Corte di Cassazione (sentenza n. 9985/2025 al link) contro una decisione della Corte di Appello di Catania. Il caso presenta due aspetti principali: i problemi tecnici legati al deposito del ricorso e la questione della rimessione in termini, oltre alla fondatezza del motivo di ricorso relativo alla riduzione della pena.

Problemi del Deposito e Rimessione in Termini

Il difensore dell’imputato aveva presentato il ricorso per Cassazione in modo telematico il 27 luglio 2024, rispettando i termini previsti. Tuttavia, il deposito è stato rifiutato dal sistema a causa di alcune incoerenze nei nomi delle parti processuali. Queste incoerenze erano dovute a un disallineamento tra i dati del procedimento di primo grado e quelli del procedimento d’appello nel portale telematico. In pratica, il sistema non riconosceva correttamente i dati, impedendo il completamento del deposito.

Il difensore ha scoperto il problema solo il 30 luglio 2024, quando ormai i termini per presentare il ricorso erano scaduti. A quel punto, ha ripresentato il ricorso il 31 luglio, chiedendo alla Corte di considerare il deposito del 27 luglio come valido, sostenendo che il problema tecnico fosse di natura oggettiva e non dipendesse dalla sua volontà o negligenza.

La Corte di Cassazione ha accolto questa richiesta, riconoscendo che il mancato rispetto del termine per impugnare era dovuto a una forza maggiore, ovvero a un problema tecnico del sistema che il difensore non poteva prevedere né risolvere tempestivamente. Di conseguenza, il ricorso presentato il 31 luglio è stato considerato valido e ammissibile.

Fondatezza del Ricorso e Riduzione della Pena

Il motivo principale del ricorso riguardava l’errata applicazione della legge da parte della Corte di Appello. In particolare, il difensore sosteneva che la Corte di Appello avesse ridotto la pena in misura inferiore a quanto previsto per il rito abbreviato. La Corte di Appello, infatti, partendo da una pena di 15 mesi di reclusione e 600 euro di multa, aveva ridotto la pena a 1 anno di reclusione e 400 euro di multa, invece di applicare una riduzione di almeno un terzo, che avrebbe portato la pena a 10 mesi di reclusione e 400 euro di multa.

La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato questo motivo, annullando la sentenza impugnata senza rinvio e rideterminando la pena detentiva in 10 mesi di reclusione, mentre la multa è rimasta invariata a 400 euro.

Conclusione

In sintesi, la Corte di Cassazione ha risolto due questioni: 

1. Ha riconosciuto che il problema tecnico nel deposito del ricorso era una forza maggiore, consentendo la rimessione in termini e considerando valido il ricorso.

2. Ha corretto l’errore della Corte di Appello nella riduzione della pena, rideterminando la pena detentiva in 10 mesi di reclusione.


10 aprile 2025

Delitto di dichiarazione infedele – Omessa indicazione dei proventi conseguiti tramite l’accredito di criptovalute, derivanti dalla cessione di opere d’arte o dell’ingegno digitali – Fumus commissi delicti – Sussistenza – Ragioni.

 


La Terza Sezione penale, in tema di finanze e tributi, ha affermato che integra il fumus del delitto di dichiarazione infedele l’omessa indicazione, nella dichiarazione dei redditi, dei proventi conseguiti tramite l’accredito di criptovalute, derivanti dalla cessione di opere d’arte o dell’ingegno digitali, incorporate in un non fungible token, nel caso in cui il valore normale dei menzionati proventi, convertiti in valuta corrente, superi le soglie di punibilità previste dal disposto di cui all’art. 4 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, costituendo l’ammontare di tale accredito reddito imponibile ai sensi degli artt. 53 e 54 d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.

Scarica la sentenza n. 8269/2025 al link

09 aprile 2025

Secretazione atti di indagine ai sensi dell’art. 329, comma 3, cod. proc. pen. e limitazioni del diritto di difesa – Eccezione di nullità ex art. 178, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. – Condizioni.

 


La Seconda Sezione penale, in tema di indagini preliminari, ha affermato che la possibilità di secretare singoli atti, attribuita al pubblico ministero dall’art. 329, comma 1, cod. proc. pen. a tutela della segretezza dell’attività investigativa in corso di svolgimento, esclude che la formazione di atti probatori in parte secretati ne comporti l’inutilizzabilità in sede di giudizio abbreviato, ferma restando la facoltà dell’imputato di eccepire la compressione del diritto di difesa derivante dalla mancata piena conoscenza degli atti secretati, ove deduca un interesse processuale meritevole di tutela.

08 aprile 2025

Associazione e reati fine: condizioni per il continuato

 La prima sezione della Corte ha affermato che << l’unicità del disegno criminoso tra il reato associativo ed i diversi reati fine è configurabile solo quando questi ultimi - oltre a rientrare nell’ambito dell’attività del sodalizio criminoso e oltre ad essere finalizzati al suo rafforzamento - siano stati programmati, almeno a grandi linee, al momento dell'ingresso nell'associazione stessa (Sez. 1, n. 1534 del 09/11/2017, Giglia, Rv. 271984 - 01; cfr. anche Sez. 1, n. 39858 del 28/04/2023, Sallaj, Rv. 285369 - 01, in tema di associazione per delinquere di stampo mafioso)>> (sentenza al link)

07 aprile 2025

Convegno sul traffico di stupefacenti, le slides del consigliere Toriello*.


Per gentile concessione del relatore, consigliere Michele Toriello, pubblichiamo le slides (al link) della sua relazione, tenuta al convegno "Il traffico di stupefacenti tra problemi teorici e nuovi orientamenti giurisprudenziali", organizzato dalla Camera penale di Trapani (locandina al link)  

* Magistrato in servizio presso l'ufficio del massimario e applicato presso la prima sezione della Corte di cassazione

04 aprile 2025

Detenzione di stupefacenti per uso personale: la Cassazione blocca l'esecuzione delle sentenze tedesche in Italia






Riconoscimento della sentenza irrevocabile di condanna ai fini della sua esecuzione in Italia – Necessario riferimento alle sole categorie di reato indicate nella lista della decisione quadro 2008/909/GAI – Sussistenza – Verifica dell’eventuale ricorrenza di un errore manifesto circa la categoria di reato indicato nel certificato dell’Autorità richiedente – Possibilità – Sussistenza – Fattispecie
L’esito in sintesi


La Sesta Sezione penale, n. 10395/2025 al link, in tema di rapporti giurisdizionali con Autorità straniere, ha affermato che la Corte di appello, nel riconoscere la sentenza irrevocabile di condanna ai fini della sua esecuzione in Italia, deve far riferimento solo alle categorie di reato indicate nella lista della decisione quadro 2008/909/GAI, indipendentemente dalla doppia punibilità del reato per cui è richiesto il riconoscimento, come previsto dall’art. 11 d.lgs. 7 settembre 2010, n. 161, che ha dato attuazione all’indicata decisione quadro, essendole, purtuttavia, consentita la verifica dell’eventuale ricorrenza di un errore manifesto circa la categoria di reato indicato nel certificato emesso dall’Autorità richiedente. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto che non rientrassero nella categoria di reato del “traffico illecito di stupefacenti”, fatta propria dalla decisione quadro 2008/909/GAI, le condotte tenute dagli autori al solo fine del consumo personale di droga).

Approfondimento
La sentenza della Corte Suprema di Cassazione, Sezione Penale, riguarda il ricorso presentato contro la decisione della Corte di Appello di Catanzaro di riconoscere ed eseguire in Italia due sentenze di condanna emesse dalle autorità giudiziarie tedesche. Le sentenze condannavano l'interessato a 1736 giorni di reclusione per reati legati alla detenzione di sostanze stupefacenti per uso personale, ai sensi dell'art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990.

Punti chiave della sentenza:

  1. Ricorso per Cassazione: Il difensore dell'interessato ha presentato ricorso, sostenendo che la Corte di Appello ha erroneamente riconosciuto le sentenze tedesche, applicando la decisione quadro 2002/584/GAI, che riguarda il "traffico di stupefacenti", mentre i reati contestati riguardavano l'acquisto di stupefacenti per uso personale, esclusi dalla nozione di traffico illecito.

  2. Decisione Quadro 2008/909/GAI: La Corte di Cassazione ha esaminato il quadro giuridico della decisione quadro 2008/909/GAI, che regola il riconoscimento reciproco delle sentenze penali nell'UE, escludendo il controllo della doppia incriminabilità per alcuni reati, tra cui il "traffico illecito di stupefacenti". Tuttavia, la detenzione per uso personale non rientra in questa categoria.

  3. Errore Manifesto: La Corte ha stabilito che l'autorità giudiziaria italiana può verificare se lo Stato di emissione (in questo caso la Germania) abbia commesso un errore manifesto nel classificare il reato di detenzione per uso personale come "traffico illecito di stupefacenti". La Corte ha ritenuto che la detenzione per uso personale non rientri nella nozione di traffico illecito, come definito dalla decisione quadro 2004/757/GAI.

  4. Armonizzazione Europea: La Corte ha sottolineato che l'Unione Europea ha armonizzato solo minimamente le norme relative al traffico illecito di stupefacenti, escludendo esplicitamente le condotte finalizzate al consumo personale. Pertanto, le sentenze tedesche non possono essere riconosciute per i reati di detenzione per uso personale.

  5. Annullamento e Rinvio: La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza della Corte di Appello di Catanzaro e ha rinviato il caso a un'altra sezione della stessa Corte per un nuovo giudizio. La Corte di Appello dovrà procedere al riconoscimento parziale delle sentenze, escludendo i reati di detenzione per uso personale, e informare le autorità tedesche per un eventuale ritiro del certificato di esecuzione.

ConclusioneLa sentenza della Corte di Cassazione ha stabilito che le condanne per detenzione di stupefacenti per uso personale non possono essere riconosciute ed eseguite in Italia in base alla decisione quadro 2008/909/GAI, poiché non rientrano nella nozione di "traffico illecito di stupefacenti". La Corte ha quindi annullato la decisione della Corte di Appello e rinviato il caso per un nuovo giudizio.

03 aprile 2025

Misure di prevenzione: la Cassazione respinge ricorso su credito professionale dopo sequestro auto – Fatture non sufficienti a provare il credito

 







Patrimoniali – Giudizio di verifica dei crediti – Crediti derivanti dall’esercizio della professione forense – Oneri gravanti in capo al richiedente l’ammissione al passivo di tali crediti – Indicazione – Ragioni.
L’esito in sintesi


La Sesta Sezione penale, (sentenza n. 10387/2025 al link) in tema di misure di prevenzione patrimoniale, ha affermato che nel caso in cui, nel procedimento incidentale di verifica, sia chiesta l’ammissione al passivo di un credito derivante dall’esercizio della professione forense, l’istante non può limitarsi ad allegare la fattura emessa, ma è tenuto a provare la concreta esistenza del proprio diritto, documentando l’effettività e la consistenza dell’attività svolta mediante parcella delle spese sostenute e delle prestazioni rese, debitamente sottoscritta e corredata del parere della competente associazione professionale, atteso che il giudizio sul punto si caratterizza per l’attribuzione al giudice di poteri officiosi di verifica funzionali a contemperare l’esigenza di tutela dei creditori con l’interesse pubblico ad evitare la surrettizia precostituzione di crediti di comodo finalizzati a far rientrare il proposto nel possesso della ricchezza di illecita provenienza.

Approfondimento

La sentenza della Corte Suprema di Cassazione, Sezione Penale, riguarda il ricorso proposto da un avvocato contro la decisione del Tribunale di Roma di rigettare la sua richiesta di ammissione di un credito professionale nello stato passivo del procedimento di prevenzione nei confronti di un suo cliente. Il credito riguardava il sequestro e la successiva restituzione di un'autovettura.

Fatti principali:

  1. Sequestro e restituzione dell'autovettura: L'autovettura era stata sequestrata e poi restituita all'avvocato.

  2. Richiesta di ammissione al passivo: L'avvocato aveva richiesto l'ammissione del suo credito professionale, parzialmente soddisfatto con il trasferimento dell'autovettura, ma il Tribunale di Roma aveva rigettato la richiesta, ritenendo che non vi fosse prova sufficiente dell'esistenza di un credito maggiore rispetto al valore dell'auto.

  3. Fatture allegate: L'avvocato aveva allegato due fatture per un totale di 18.200 euro, emesse dopo il sequestro, ma il Tribunale le aveva ritenute insufficienti a provare il credito, considerandole mere documentazioni contabili.

Argomenti del ricorrente:

  • L'avvocato sosteneva che le fatture dimostrassero l'attività da lui svolta, mai contestata, e che fossero sufficienti a provare il credito.

Considerazioni della Corte:

  1. Infondatezza del ricorso: La Corte ha ritenuto infondato il ricorso, confermando la decisione del Tribunale.

  2. Verifica dei crediti nel procedimento di prevenzione: La Corte ha ribadito che il giudice della prevenzione ha il compito di verificare l'effettività dei crediti, assicurando la tutela dei terzi e prevenendo manovre collusive per sottrarre beni al sequestro.

  3. Insufficienza delle fatture: La Corte ha concordato con il Tribunale che le fatture, da sole, non costituiscono prova sufficiente dell'esistenza e della consistenza del credito, specialmente se emesse dopo il sequestro e senza ulteriori prove delle prestazioni effettivamente svolte.

  4. Mancanza di ulteriori prove: La Corte ha evidenziato che l'avvocato non ha fornito ulteriori prove, come un parere dell'associazione professionale, per dimostrare l'esistenza e l'ammontare del credito.

Decisione finale:

  • La Corte ha rigettato il ricorso e condannato l'avvocato al pagamento delle spese processuali.

02 aprile 2025

40^ anniversario della strage mafiosa di Pizzolungo. In memoria dei gemellini Asta e della madre Barbara Rizzo

 




Ricorre oggi il 40mo anniversario della strage mafiosa di Pizzolungo, l'attentato al magistrato Carlo Palermo nel quale morirono i gemellini Salvatore e Giuseppe Asta e la madre Barbara Rizzo.

Ricordiamo la strage pubblicando l’articolo a firma di Aaron Pettinari su "Antimafiaduemila" (link).

Le sentenze di condanna ai mandanti sono definitive, giusta l’ultima pronuncia della corte di cassazione (link). Ma rimane ancora molto da accertare sulla strage e sul movente (il magistrato Carlo Palermo era arrivato a Trapani da poco più di quaranta giorni, proveniente da Trento, quando vi fu l’attentato). “Una pista del possibile movente è indicata nella sentenza con la quale sono stati condannati Totò Riina, Vincenzo Virga e Balduccio Di Maggio. […] Carlo Palermo, […] era sulle tracce di un intreccio che legava mafia, trafficanti d’armi e massoni”.


01 aprile 2025

SS.UU. n. 9788/2025: il ricorso straordinario ex art. 625-bis cod. proc. pen. deve riguardare un errore di fatto e non di valutazione giuridica

 



La sentenza n. 9788/2025 (al link) della Corte Suprema di Cassazione, Sezioni Unite Penali, ha dichiarato inammissibile il ricorso perché presentato per un motivo non consentito. 
In sintesi, il ricorso non evidenziava un errore di fatto (un errore percettivo nella lettura degli atti), ma piuttosto un errore di valutazione giuridica (un'errata interpretazione delle norme processuali), il che non rientra nei motivi ammissibili per un ricorso di questo tipo. La Corte ha ribadito che l'errore di fatto, che può essere oggetto di ricorso, consiste in un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco nella lettura degli atti interni al giudizio, e che abbia influenzato il processo formativo della volontà, portando a una decisione diversa da quella che sarebbe stata presa senza l'errore.






31 marzo 2025

MAE - RIFIUTO CONSEGNA - RADICAMENTO IN ITALIA- INDICI VALUTAZIONE

 

La Corte di cassazione ha rammentato che «in tema di mandato di arresto europeo, a seguito delle modifiche apportate all'art. 18-bis legge 22 aprile 2005, n. 69, dall'art. 18-bis dl. 13 giugno 2023, n. 69, introdotto dalla legge di conversione 10 agosto 2023, n. 103, la Corte di appello, al fine di verificare lo stabile radicamento nel territorio nazionale della persona richiesta, quale motivo di rifiuto della consegna, è tenuta, a pena di nullità, ad indicare gli specifici indici rivelatori previsti dalla norma cit. ed i relativi criteri di valutazione, sicché il mancato apprezzamento di uno di tali indici rileva come violazione di legge, soggetta al sindacato della Corte di cassazione (Sez. 6, n. 41 del 28/12/2023, dep. 2024, Bettini, Rv. 285601 - 01)>>  (sentenza al link)

28 marzo 2025

L'errore giudiziario: un'assurdità retorica? - Luigi Pasini

 




In tempi di contrapposizione sul tema della c.d. "separazione delle carriere", facciamo ricorso alla cultura e alla capacità introspettiva di Luigi Pasini, recuperando un suo scritto "storico" (documento al link).

L'autore del testo "L'errore giudiziario: un'assurdità retorica?" è il compianto avvocato Luigi Pasini, che ha presentato questa relazione al convegno tenutosi ad Erice nel 1997 presso il Centro di Cultura Scientifica Ettore Majorana.

Pasini era un avvocato penalista di grande esperienza e cultura, che ha dedicato la sua vita professionale alla difesa dei diritti dei più deboli. La sua relazione all'Ettore Majorana è un esempio della sua profonda riflessione sul tema dell'errore giudiziario, un problema che lo ha sempre appassionato e che ha affrontato con grande coraggio e lucidità.

Il suo contributo al dibattito sull'errore giudiziario è stato di fondamentale importanza, e il suo testo rimane ancora oggi una lettura preziosa per chiunque voglia approfondire questo tema.

L'autore riflette sul concetto di errore giudiziario, partendo dalla narrazione di due storie di persone condannate ingiustamente.

La prima persona ingiustamente condannata finisce per credere egli stesso alla fine alla propria colpevolezza, quasi a voler trovare una giustificazione alla pena subita. La seconda persona ingiustamente condannata, invece, continua a lottare per dimostrare la propria innocenza.

L'autore si chiede come mai, di fronte all'errore giudiziario, in un caso si reagisca in un modo, e nell'altro in un altro opposto. La risposta che si dà è che nella prima vicenda la sentenza è sbagliata ma giusta, mentre nella seconda è sbagliata e ingiusta.

L'essere umano, infatti, comprende e si ribella all'ingiustizia, ma non comprende e non si ribella all'errore. L'errore giudiziario è tale perché il giudice, pur seguendo le regole, giunge a una conclusione errata. In altre parole, giusto ed esatto non coincidono.

Il processo non è il luogo in cui si accerta la verità, ma il luogo in cui l'accusatore e l'accusato cercano di persuadere i giudici della bontà delle proprie ragioni. L'arte che si esercita nei tribunali è quella della retorica, che non si basa sulla verità, ma sulla verosimiglianza.

Il giudice può essere tratto in errore dalla bravura dei retori. Per evitare l'errore giudiziario, si sono tentate diverse strade: eliminare i giudici e affidare il giudizio a un'entità superiore, eliminare la retorica e usare la confessione come unica prova. Ma queste soluzioni portano alla perdita della libertà. L'unica strada percorribile è quella di migliorare il processo, rendendolo il più possibile impermeabile all'errore.

Qui il testo completo della relazione.

In foto, il compianto avvocato Luigi Pasini





27 marzo 2025

DEPOSITO TELEMATICO: PROBLEMI INTERPRETATIVI ED ECCEZIONI DIFENSIVE DOPO IL D.M. 27.12.2024 N. 206 a cura dell’Avv. Mattia Serpotta

 



La relazione completa al link

Abstract:

Il documento in esame offre una panoramica dettagliata sulle nuove normative riguardanti il deposito telematico nel processo penale, introdotte dal D.M. 27.12.2024 n. 206. L'autore esplora le problematiche interpretative e le eccezioni difensive emerse a seguito di queste modifiche, con un focus particolare sull'obbligatorietà del deposito telematico per determinati atti e uffici giudiziari. Viene analizzata la distinzione tra deposito telematico obbligatorio e non obbligatorio, le eccezioni alla regola generale, e le questioni interpretative relative al malfunzionamento del portale e al deposito in udienza. L'obiettivo è fornire una guida chiara per gli avvocati, aiutandoli a navigare le complessità del nuovo sistema e a evitare possibili sanzioni o eccezioni.

Sintesi del Documento:

Il documento si apre con una disamina delle difficoltà incontrate dall'avvocatura nella transizione al deposito telematico obbligatorio, evidenziando la mancanza di un adeguato periodo di sperimentazione e le conseguenti problematiche per i difensori, specialmente quelli meno avvezzi all'uso degli strumenti informatici.

Viene poi esaminato il quadro normativo di riferimento, con particolare attenzione al D.M. 206 del 2024, che ha modificato il precedente D.M. 217 del 2023 in attuazione della Riforma Cartabia. L'autore spiega come queste normative abbiano progressivamente introdotto l'obbligatorietà del deposito telematico, demandando a decreti ministeriali la selezione degli atti soggetti a tale regime.

Successivamente, il documento si concentra sulla definizione di "modalità telematica" e sull'identificazione del portale dei depositi telematici come unico mezzo di trasmissione e deposito degli atti del procedimento penale. Viene chiarita la distinzione tra deposito telematico (portale) obbligatorio, non obbligatorio, e i casi in cui il deposito telematico non è consentito.

L'autore analizza in dettaglio le ipotesi di deposito telematico obbligatorio, identificando gli uffici giudiziari e gli atti per cui è previsto l'uso esclusivo del portale. Vengono inoltre esaminate le eccezioni a tale regola generale, come i procedimenti regolati dal libro IV del codice di procedura penale e quelli relativi alle impugnazioni in materia di sequestro probatorio, per i quali è consentito l'uso alternativo del portale, della PEC o della modalità cartacea.

Il documento affronta poi le questioni interpretative relative al deposito in udienza, al perfezionamento del deposito, e al deposito della nomina e degli atti successivi in fase di indagine. Viene discussa anche la problematica del malfunzionamento del portale e le possibili soluzioni in tali casi.

Infine, l'autore esamina la questione dell'autentica con firma digitale, fornendo un'analisi delle recenti sentenze della Cassazione in materia.

In conclusione, il documento offre una guida esaustiva e approfondita sulle nuove normative in materia di deposito telematico nel processo penale, fornendo al contempo utili indicazioni pratiche per gli avvocati.

La relazione completa al link


In foto l'avv. Mattia Serpotta



26 marzo 2025

❌ ❌ REMEMBER: Il 31.03 si estende - salvo proroghe- l'obbligo di deposito al portale ❌ ❌


Il 31.03 cessa, per quanto attiene ai riti speciali menzionati nel comma 4 dell'art. 1 del medesimo D.M., la possibilità di depositare, presso le autorità menzionante nel comma 1 del DM 27.12.2024, n. 206, atti, documenti, richieste e memorie con modalità NON telematiche.

Si riporta il comma 4 del decreto.

Fermo quanto previsto dai commi 1, 2 e 3, sino al 31 marzo 2025 può avere, altresì, luogo anche con modalità non telematiche l’iscrizione da parte dei soggetti abilitati interni delle notizie di reato di cui all’articolo 335 del codice di procedura penale nonché il deposito di atti, documenti, richieste e memorie da parte dei soggetti abilitati interni ed esterni relativi al procedimento di cui al libro VI, titoli I (giudizio abbreviato n.d.e.), III (giudizio direttissimo n.d.e.) e IV (giudzio immediato n.d.e.) del codice di procedura penale.

Si riporta anche il comma 1 del provvedimento al fine di rammentare gli uffici interessati 

Salvo quanto disposto dai commi 2, 3 e 4, a decorrere dal 1° gennaio 2025, il deposito di atti, documenti, richieste e memorie da parte dei soggetti abilitati interni ed esterni ha luogo esclusivamente con modalità telematiche, ai sensi dell’articolo 111-bis del codice di procedura penale, nei seguenti uffici giudiziari penali:
a) procura della Repubblica presso il tribunale
ordinario;
b) Procura europea;
c) sezione del giudice per le indagini preliminari
del tribunale ordinario;
d) tribunale ordinario;
e) procura generale presso la corte di appello, limitatamente al procedimento di avocazione.

 

Bancoposta e raccolta risparmio: natura pubblicistica? L'addetto alle vendite è pp.uu. o i.p.s.? Decideranno le SS.UU.

 




Pende alle Sezioni Unite e sarà decisa all'udienza del 29 maggio 2025 la questione:

Se, nell'ambito delle attività di "bancoposta" svolte da Poste Italiane s.p.a., la "raccolta del risparmio postale", ossia la raccolta di fondi attraverso libretti di risparmio postale e buoni postali fruttiferi effettuata per conto della Cassa depositi e prestiti, abbia natura pubblicistica e, in caso positivo, se l'operatore di Poste Italiane s.p.a. addetto alla vendita e gestione di tali prodotti rivesta la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio. 


25 marzo 2025

Sentenza n. 9152/2025: Usura ed estorsione - La Cassazione conferma la condanna e ribadisce i limiti del giudizio di rinvio


 

Parole chiave
Giudizio di rinvio – Richiesta di riconoscimento della continuazione esterna mai dedotta in precedenza in ragione della sopravvenienza del giudicato – Inammissibilità.

Massima
La Sesta Sezione penale ha affermato che nel giudizio di rinvio non può chiedersi il riconoscimento della continuazione, che non abbia formato oggetto del precedente giudizio di appello, neanche nel caso in cui l’unicità del disegno criminoso si invochi con riguardo a delitti per i quali il giudicato si sia formato solo dopo la celebrazione del giudizio di appello, oggetto dell’annullamento con rinvio, sempreché la sentenza rescindente non abbia devoluto al giudice del rinvio la rivalutazione di punti della decisione concernenti anche la disciplina della continuazione.


Approfondimento

La sentenza n. 9152/2025 della Corte di Cassazione, depositata il 5 marzo 2025, offre un importante spunto di riflessione sui limiti del giudizio di rinvio nel processo penale. In particolare, la Corte ha ribadito che, in sede di rinvio, è preclusa la possibilità di presentare nuovi motivi di ricorso o di ampliare l'oggetto del giudizio rispetto a quanto già definito nella sentenza di annullamento con rinvio.

Il caso
La vicenda trae origine da una condanna per usura. In sede di appello, era stata chiesta l'applicazione della disciplina della continuazione con altri reati, richiesta rigettata dalla Corte territoriale. La Cassazione, investita del ricorso, aveva annullato la sentenza con rinvio limitatamente alla questione dell'aggravante di cui all'art. 644, comma 5, n. 3 cod. pen. e al bilanciamento con le attenuanti generiche. Nel giudizio di rinvio, l'imputato aveva riproposto la questione della continuazione, chiedendone il riconoscimento anche per reati oggetto di una sentenza di condanna divenuta definitiva successivamente alla sentenza di appello annullata.

La decisione
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile la richiesta, affermando che nel giudizio di rinvio non possono essere dedotte nuove questioni non esaminate nel precedente giudizio di appello, a meno che la sentenza di annullamento non abbia espressamente devoluto al giudice del rinvio la rivalutazione di punti della decisione concernenti anche la disciplina della continuazione.

I limiti del giudizio di rinvio
La pronuncia in esame ribadisce un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità, ovvero la natura di giudizio chiuso del rinvio, nel quale il giudice è vincolato ai limiti tracciati dalla sentenza di annullamento. Tale preclusione risponde all'esigenza di evitare che il giudizio di rinvio si trasformi in un'occasione per introdurre nuove questioni o per rimettere in discussione punti della decisione già definiti, con conseguente allungamento dei tempi processuali e violazione del principio di ragionevole durata del processo.

Le conseguenze
La decisione della Cassazione comporta che, nel caso di specie, l'imputato non potrà ottenere il riconoscimento della continuazione per i reati oggetto della sentenza di condanna successiva a quella di appello annullata. Tuttavia, tale preclusione non preclude la possibilità di richiedere il riconoscimento della continuazione in sede di giudizio di esecuzione.
In conclusione, la sentenza n. 9152/2025 della Corte di Cassazione, pur non affrontando direttamente il tema dei limiti del giudizio di rinvio, offre un'importante conferma della loro esistenza e della loro rilevanza nel processo penale.




24 marzo 2025

Archiviazione in presenza di prescrizione: abnorme la valutazione di colpevolezza


 



Parole chiave
Provvedimento di archiviazione non impugnabile ratione temporis ai sensi dell’art. 115-bis cod. proc. pen. che affermi la sussistenza del reato e la colpevolezza dell’indagato – Sentenza della Corte costituzionale n. 41 del 2024 – Rimedio impugnatorio esperibile – Indicazioni.

Massima 
La Sesta Sezione, in tema di impugnazioni, ha affermato che, per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 41 del 2024, il provvedimento di archiviazione per avvenuta estinzione del reato conseguente alla sua prescrizione, che contiene affermazioni sulla sussistenza dello stesso e sulla colpevolezza dell’indagato, è abnorme e, pertanto, ricorribile per cassazione, nel caso in cui ratione temporis non sia impugnabile con il rimedio previsto dall’art. 115-bis cod. proc. pen.


Approfondimento
La sentenza ha annullato il decreto di archiviazione emesso dal Tribunale di Lecce nei confronti di un magistrato, S.D., indagato per corruzione in atti giudiziari e traffico di influenze illecite. 

La Corte ha ritenuto che il decreto di archiviazione fosse viziato da "abnormità" in quanto il giudice, nel disporre l'archiviazione per intervenuta prescrizione, aveva espresso valutazioni sulla colpevolezza dell'indagato, violando il suo diritto alla presunzione di innocenza.

La vicenda trae origine dalle accuse di un imprenditore, secondo cui il magistrato avrebbe ricevuto denaro per favorire la risoluzione di alcune controversie con l'Agenzia delle Entrate. 

Il pubblico ministero aveva richiesto l'archiviazione del procedimento per intervenuta prescrizione di alcuni reati e per mancanza di riscontri oggettivi per altri. 

Il GIP aveva accolto la richiesta, archiviando il caso.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha accolto il ricorso dell'indagato, ritenendo che il decreto di archiviazione fosse abnorme in quanto conteneva valutazioni sulla colpevolezza dell'indagato, pur in presenza della prescrizione. 

La Corte ha, quindi, annullato il decreto e rinviato gli atti al Tribunale di Lecce per una nuova valutazione.

22 marzo 2025

3 aprile 2025, ore 14:45 Polo Universitario di Trapani - Convegno e assegnazione del Premio Peppe Corso terza edizione

 



Convegno: 3 aprile 2025, ore 14:45, con successiva assegnazione del premio in ricordo di Giuseppe Corso, al Polo Universitario di Trapani.


Polo universitario di Trapani

Aula prof. Giovanni Tranchina


SALUTI ISTITUZIONALI

Dott.ssa Alessandra Camassa, Presidente del Tribunale di Trapani

Avv. Agatino Scaringi, Presidente della Camera Penale di Trapani

Avv. Salvatore Longo, Presidente del Coa di Trapani


PRIMA SESSIONE

Ore 15:00

IL TRAFFICO DI STUPEFACENTI TRA PROBLEMI TEORICI E NUOVI ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI


Ne discutono:

Prof.ssa Licia Siracusa, Università degli Studi di Palermo

Dott. Michele Toriello, Consigliere della Corte di Cassazione


SECONDA SESSIONE

Ore 17:30


PREMIO AVVOCATO GIUSEPPE CORSO TERZA EDIZIONE


I componenti della commissione:

Avv. Francesco Petrelli

Avv. Marco Siragusa

Dott.ssa Daniela Troja

Dott.ssa Lucia Fontana

Avv. Salvatore Longo

Avv. Daniele Livreri


Assegnazione del premio al vincitore:

Avv. Enrico Bordignon, del Foro di Vicenza

Il convegno è accreditato con n. 3 crediti formativi giusta delibera del COA Trapani.

21 marzo 2025

🔴NOVITÀ🔴Durata delle intercettazioni: approvata la proposta Zanettin. Rimaniamo in attesa della giurisprudenza.


 

Approvata in via definitiva, ma non ancora pubblicata, la proposta di legge c.d. Zanettin in tema di durata delle intercettazioni(testo al link) 

La novella integra il comma 3 dell’articolo 267 del codice di procedura penale, prevedendo che le intercettazioni non possano avere una durata complessiva superiore a 45 giorni, salvo che l’assoluta indispensabilità delle operazioni per una durata superiore sia giustificata dall’emergere di elementi specifici e concreti, che devono essere oggetto di espressa motivazione.

Soltanto la giurisprudenza ci dirà se la modifica avrà un qualche sostanziale effetto sull'uso delle intercettazioni.   

La modifica non riguarda  l’articolo 13 del decreto-legge n. 152 del 1991, anch'esso novellato, ma soltanto al fine di precisare che il limite di durata complessiva delle operazioni di intercettazione non trova applicazione alle fattispecie di cui al primo comma del medesimo articolo 13.

Personali – Divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa – Non fattibilità tecnica delle particolari modalità di controllo di cui all’art. 275-bis cod. proc. pen. – Sentenza della Corte costituzionale n. 173 del 2024 – Automatica applicazione di misura più afflittiva – Legittimità – Esclusione – Conseguenze.




La Quinta Sezione penale, in tema di misure cautelari personali, ha affermato che, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 173 del 2024, è illegittimo il provvedimento con cui il giudice, che ha applicato la misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, con adozione delle particolari modalità di controllo previste dall’art. 275-bis cod. proc. pen., disponga automaticamente una misura più afflittiva, ove sia accertata la non fattibilità tecnica delle anzidette modalità di controllo, dovendo, piuttosto, rivalutare la fattispecie concreta e, pertanto, aggravare od attenuare la misura, in conformità alle regole generali di adeguatezza e proporzionalità.

20 marzo 2025

Udienza predibattimentale e omessa previsione dei poteri di integrazione istruttoria: il Tribunale di Siena solleva questione di legittimità costituzionale

Il Tribunale di Siena, ritenendo manifestamente irragionevole la ratio dell’omessa previsione di un potere d’integrazione probatoria in capo al giudice dell’udienza di comparizione predibattimentale, individuata dal legislatore delegato nel carattere di «più snello» del «vaglio preliminare» affidato a tale giudice rispetto a quello «previsto dagli articoli 416 ss. c.p.p., circa la fondatezza e la completezza dell’azione penale» (così la relazione illustrativa del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, pubblicata in Gazzetta Ufficiale, serie generale n. 245 del 19 ottobre 2022 , supplemento straordinario n. 5), ha sollevato qlc  <<in riferimento agli articoli 3, primo e secondo comma, 111, secondo comma, 112 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’articolo 6, primo paragrafo, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848 – questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 554-ter cod. proc. pen., introdotto dall’articolo 32, primo comma, lettera d) d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, nella parte in cui non prevede che si applica, in quanto compatibile, la disposizione di cui all’articolo 422 cod. proc. pen., ovvero, in via subordinata, nella parte in cui non prevede che il giudice possa disporre, anche d’ufficio, l’assunzione delle prove dalle quali appare evidente la decisività ai fini della sentenza di non luogo a procedere>>.(ordinanza al link)

19 marzo 2025

🔴NOVITÀ🔴: le Sezioni Unite annullano il rigetto dell’incidente probatorio per protezione vittime vulnerabili - Sent. n. 18869/2025, depositata il 18 marzo 2025

 



Se e a quali condizioni sia abnorme il provvedimento di rigetto della richiesta di incidente probatorio avente ad oggetto la testimonianza della persona offesa di uno dei reati compresi nell'elenco di cui all'art. 392, comma 1-bis, primo periodo, cod. proc. pen


Decisione

E' viziato da abnormità ed é, quindi, ricorribile per cassazione il provvedimento con il quale il giudice rigetti la richiesta di incidente probatorio, avente ad oggetto la testimonianza della persona offesa di uno dei reati compresi nell'elenco di cui all'art. 392, comma 1-bis, primo periodo, cod. proc. pen., motivato con riferimento alla non vulnerabilità della persona offesa e alla rinviabilità della prova, trattandosi di presupposti presunti per legge.

Approfondimento

La sentenza Cass. Pen. SS. UU. n. 10869/2025 (al link), depositata ieri  18/3/2025, riguarda un ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Termini Imerese. La sentenza si concentra sulla questione della legittimità del rigetto di una richiesta di incidente probatorio per l'assunzione della testimonianza di una persona offesa in un caso di maltrattamenti in famiglia.

  1. Contesto del caso:

    • Il Procuratore della Repubblica ha richiesto un incidente probatorio per assumere la testimonianza di G.A., compagna convivente dell'indagato D.L.G., accusato di maltrattamenti in famiglia (art. 572 cod. pen.).

    • La richiesta è stata motivata dalla necessità di evitare un "trauma da processo" per la vittima, considerata vulnerabile a causa delle violenze subite e del recente parto.


  2. Decisione del Giudice per le Indagini Preliminari:

    Il GIP ha rigettato la richiesta, sostenendo che la vittima non fosse in condizioni di vulnerabilità, basandosi su fattori come la sua maggiore età, le precedenti denunce presentate, e le dichiarazioni del padre della vittima.


  3. Ricorso alla Corte di Cassazione:

    • Il Procuratore della Repubblica ha presentato ricorso, sostenendo che il rigetto della richiesta violava la legge, in particolare l'art. 392, comma 1-bis, del codice di procedura penale, che prevede l'anticipazione della testimonianza per evitare la "vittimizzazione secondaria" della vittima.


  4. Questioni giuridiche:

    • La Corte si è trovata di fronte a due orientamenti giurisprudenziali contrastanti:

      • Primo orientamento: Il giudice ha discrezionalità nel decidere se ammettere l'incidente probatorio, anche nei casi previsti dall'art. 392, comma 1-bis.

      • Secondo orientamento: Il giudice è obbligato ad ammettere l'incidente probatorio quando la richiesta riguarda una persona offesa vulnerabile, come previsto dall'art. 392, comma 1-bis.


  5. Decisione della Corte:

    • La Corte ha aderito al secondo orientamento, sostenendo che l'art. 392, comma 1-bis, prevede una presunzione di vulnerabilità per le vittime di determinati reati, tra cui i maltrattamenti in famiglia.

    • La Corte ha ritenuto che il rigetto della richiesta di incidente probatorio, basato su considerazioni sulla vulnerabilità della vittima, sia viziato da "abnormità strutturale" e quindi impugnabile per cassazione.

    • La sentenza ha annullato l'ordinanza del GIP senza rinvio, ordinando la trasmissione degli atti al GIP per l'ulteriore corso del procedimento.


  6. Principio di diritto stabilito:

    • La Corte ha stabilito che è viziato da abnormità e quindi ricorribile per cassazione il provvedimento con cui il giudice rigetta la richiesta di incidente probatorio per la testimonianza di una persona offesa di uno dei reati elencati nell'art. 392, comma 1-bis, motivato con riferimento alla insussistenza della vulnerabilità della persona offesa o della non rinviabilità della prova, trattandosi di presupposti la cui esistenza è presunta per legge.




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