Rispetto al danneggiamento di “cose esistenti in uffici o stabilimenti pubblici", la Corte di legittimità ha precisato che solo nel caso in cui il fatto sia commesso su cose esposte per necessità o consuetudine alla pubblica fede è stata prevista la punibilità a querela, mentre il delitto rimane punibile d’ufficio nelle altre ipotesi previste dall’art. 625 n. 7 cod. pen., compreso quindi l’ipotesi in cui il fatto sia stato commesso su cose destinate a pubblico servizio o pubblica utilità.(sentenza al link)
20 giugno 2025
19 giugno 2025
Scambio elettorale politico-mafioso – Qualità effettiva di candidato alle elezioni del soggetto agente – Necessità – Esclusione – Ragioni.
18 giugno 2025
Riforma Zanettin, la Procura di Monza ne riduce la portata.
Abbiamo già dato conto della c.d. Legge Zanettin, volta a contenere i tempi delle intercettazioni per i reati non oggetto della disciplina speciale, non senza una punta di scetticismo sulla concreta applicazione che ne avrebbe fatto la magistratura (nostro post al link)
Ricordiamo che la novella ha integrato il comma 3 dell’articolo 267 del codice di procedura penale, prevedendo che le intercettazioni non possano avere una durata complessiva superiore a 45 giorni, salvo che l’assoluta indispensabilità delle operazioni per una durata superiore sia giustificata dall’emergere di elementi specifici e concreti, che devono essere oggetto di espressa motivazione. La modifica non ha riguardato l’articolo 13 del decreto-legge n. 152 del 1991, anch'esso novellato, ma soltanto al fine di precisare che il limite di durata complessiva delle operazioni di intercettazione non trova applicazione alle fattispecie di cui al primo comma del medesimo articolo 13.
Ciò rammentato, diamo conto di un'interpretazione, consacrata in una circolare della Procura di Monza, secondo cui il dictum legislativo ("le intercettazioni non possono avere una durata complessiva superiore a quarantacinque giorni"), deve riferirsi ai singoli target e non alla persona sottoposta al controllo(Circolare al link).
E' evidente che, considerando il numero di possibili comunicazioni intercettabili (ambientali, telefoniche, telematiche), una tale soluzione non riduce il tempo della compressione della segretezza delle comunicazioni.
17 giugno 2025
Potere querelatorio amministratore di condominio
La Corte di legittimità ha precisato che <<l'amministratore di condominio, in ordine alle proprie attribuzioni, come definite dall'art. 1130 cod. civ., è legittimato a sporgere querela in relazione ad un reato commesso in danno del patrimonio comune senza necessità di autorizzazione o ratifica dell'assemblea, in ragione della detenzione qualificata rispetto alle risorse economiche del condominio e della necessità di assicurare il corretto espletamento dei servizi comuni (Sez. 5, n. 33813 del 26/05/2023, Breda, Rv. 284991, in fattispecie di furto di acqua, commesso con violenza sulle cose dai locatari di un appartamento mediante allaccio abusivo all'impianto condominiale)>>.(provvedimento al link)
16 giugno 2025
Condizioni ostative alla RID. La Corte precisa la nozione di frequentazioni ambigue
La IV sezione della Corte di legittimità ha dato sèguito all'arresto nomofilattico secondo cui <<la frequentazione ambigua di soggetti coinvolti in traffici illeciti si presta oggettivamente ad essere interpretata come indizio di complicità e può, dunque, integrare la colpa grave ostativa al diritto alla riparazione (Sez. 4, n. 574 del 05/12/2024, dep. 2025, Maniscalco; Rv. 287302; Sez. 4, n. 850 del 28/09/2021, dep. 2022, Denaro Rv. 282565; Sez. 4, n. 53361 del 21/11/2018, Puro Rv. 274498)>>. Nondimeno, la Corte ha precisato che <<dall'esame delle pronunce in cui il principio è stato affermato deve peraltro anche trarsi il limite all'applicazione del medesimo principio; se, infatti, in linea astratta, la frequentazione di persone coinvolte in attività illecite è condotta idonea a concretare il comportamento ostativo al diritto alla riparazione, deve però anche chiarirsi che non tutte le frequentazioni sono tali da integrare la colpa ma solo quelle che (secondo il tenore letterale dell'art.314 cod. proc. pen., a mente del quale rileva il comportamento che, per dolo o colpa grave, abbia dato o concorso a dare causa alla custodia cautelare subita) siano da porre in relazione, quanto meno, di concausalità con il provvedimento restrittivo adottato (Sez. 4, n. 1921 del 20/12/2013, dep. 2014, Mannino, Rv. 25848601)>>. Di talchè- hanno poi chiosato i giudici regolatori- <<al giudice della riparazione spetta, dunque, il compito di rilevare il tipo e la qualità di dette frequentazioni, con lo scopo di evidenziare l'incidenza del comportamento tenuto sulla determinazione della detenzione (Sez. 4, n. 7956 del 20/10/2020, dep. 2021, Abbruzzese, Rv. 280547; Sez. 3, n. 39199 del 01/07/2014, Pistorio, Rv. 260397; Sez. 4, n. 34656 del 03/06/2010, Davoli, Rv. 248074; Sez. 4, n. 8163 del 12/12/2001, Pavone, Rv. 2209840)>>. (provvedimento al link)
13 giugno 2025
Furto – Aggravante dell’essere stato commesso il fatto su cose destinate a pubblica utilità – Sottrazione del danaro contenuto nella colonnina dei pagamenti self service di un distributore di carburanti – Configurabilità della circostanza – Sussistenza – Ragioni
12 giugno 2025
Concorso circostanze ad effetto speciale e recidiva, illegittimo l'art. 63 c.p.
La Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 63, terzo comma, cod. pen., nella parte in cui non prevede che «Quando concorrono una circostanza per cui la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato o una circostanza ad effetto speciale e la recidiva di cui all'art. 99, primo comma, cod. pen., si applica soltanto la pena stabilita per la circostanza piu' grave, ma il giudice puo' aumentarla». (sentenza al link)
11 giugno 2025
Interesse ad impugnare il differimento facoltativo della pena: NON sussiste
Secondo la Corte di legittimità non può ritenersi sussistente l’interesse concreto e attuale a ricorrere avverso la concessione del beneficio del differimento dell’esecuzione della pena,sebbene l'interessato abbia richiesto la detenzione domiciliare. E ciò perchè dall’eventuale accoglimento dell'impugnazione deriverebbe una condizione restrittiva deteriore, stante che l'impugnante da libero, diventerebbe sottoposto alla detenzione domiciliare (sentenza al link)
10 giugno 2025
❌Da oggi in vigore la legge di conversione del d.l. sicurezza❌
Il 09.06. è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la legge di conversione del d.l. sicurezza, con entrata in vigore da oggi (Gazzetta al link).
A pag. 52 della Gazzetta si rinviene il testo del d.l. convertito (testo al link)
Pena pecuniaria sospesa ex officio, si può impugnare ?
La settima sezione della Corte di legittimità, con riguardo al tema in epigrafe, ha considerato che:
- l'imputato condannato alla pena pecuniaria della multa, che sia stata condizionalmente sospesa senza sua richiesta, ha interesse ad impugnare la relativa statuizione non motivata in punto di utilità della sospensione condizionale della pena, onde ottenere la revoca del beneficio da cui derivi la lesione di un interesse giuridico qualificato (cfr. Sez. 5, n. 14195 del 27/01/2015, D.U., Rv. 264074 - 01);
dunque, è ammissibile l'impugnazione avverso una sentenza di condanna a pena pecuniaria condizionalmente sospesa d'ufficio, purché l'impugnante alleghi e, se necessario, documenti un interesse giuridicamente apprezzabile correlato alla funzione stessa della sospensione condizionale, consistente nella "individualizzazione" della pena e nella sua finalizzazione alla reintegrazione sociale del condannato, e non si risolva nella prospettazione di motivi di mera opportunità (cfr. Sez. U., n. 6563 del 16/03/1994, Rusconi, Rv. 197535; Sez. 1, n. 35315 del 25/03/2022, Terranova, Rv. 283475 - 01; Sez. 1, n. 43217 del 09/02/2018, Carrieri, Rv. 274410 - 01);
inoltre, la rinuncia al beneficio della sospensione condizionale della pena, in quanto atto personalissimo idoneo ad incidere sul profilo sanzionatorio, può essere validamente proposta solo dall'imputato e non anche dal suo difensore privo di specifica procura speciale (cfr. Sez. 6, n. 644 del 20/12/2016, dep. 2017, Fois, Rv. 268811 - 01; Sez. 3, n. 11104 del 30/01/2014, Ercolini, Rv. 258701 - 01) (ordinanza al link)
Antecedentemente la terzia sezione aveva richiamato una risalente decisione delle sezioni unite <<che, componendo un precedente contrasto di giurisprudenza, ha affermato come la sospensione condizionale non può risolversi in un pregiudizio per l'imputato in termini di compromissione del carattere personalistico e rieducativo della pena; l'interesse all'impugnazione, condizionante l'ammissibilità del ricorso, si configura pertanto tutte le volte in cui il provvedimento di, concessione del beneficio sia idoneo a produrre in concreto la lesione della sfera giuridica dell'impugnante e la sua eliminazione consenta il conseguimento di una situazione giuridica più vantaggiosa. Il pregiudizio addotto dall'interessato, tuttavia, in tanto è rilevante in quanto non attenga a valutazioni meramente soggettive di opportunità e di ordine pratico, ma concerna interessi giuridicamente apprezzabili poiché correlati alla funzione stessa della sospensione condizionale, consistente nella "individualizzazione" della pena e nella sua finalizzazione alla reintegrazione sociale del condannato» (Sez. U, n. 6563 del 16/03/1994, Rusconi, Rv. 197535, la quale, in applicazione del principio, ha escluso che possa assumere rilevanza giuridica la mera opportunità, prospettata dal ricorrente, di riservare il beneficio per eventuali condanne a pene più gravi, perché valutazione di opportunità del tutto soggettiva e per giunta eventuale, e comunque in contraddizione con la prognosi di non reiterazione criminale, e quindi di ravvedimento, imposta dall'art. 164, comma primo, cod. pen. per la concessione del beneficio medesimo)>> (sentenza al link)
09 giugno 2025
La sentenza delle Sezioni Unite sulla sospensione della prescrizione tra riforma Orlando e Bonafede
Riportiamo adesso con il commento che segue la sentenza delle sezioni unite.
Qui la sentenza sezioni unite n. 20989/2025
Contesto del Caso
Imputato: Angelo Polichetti, accusato di porto ingiustificato di coltello (art. 4 L. 110/1975) a Bitonto il 17 agosto 2017.
Procedura:
Primo grado (Tribunale di Bari, 1/2/2021): Condanna a 4 mesi di arresto + 750€ ammenda.
Appello (Corte di Bari, 1/2/2024): Dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione, ritenendo decaduta la sospensione dei termini introdotta dalla L. 103/2017.
Ricorso in Cassazione: Procuratore generale di Bari chiede l’annullamento, sostenendo l’applicabilità della sospensione per i reati 2017-2019.
Questione Giuridica Centrale
Se la disciplina della sospensione della prescrizione (art. 159 c.p., comma 2-4, introdotta dalla L. 103/2017) sia stata totalmente abrogata dalla L. 134/2021 o se sopravviva per i reati commessi tra il 3 agosto 2017 e il 31 dicembre 2019.
Evoluzione Normativa Analizzata
L. 103/2017 ("Riforma Orlando"):
Sospensione prescrizione per max 1 anno e 6 mesi dopo sentenze di condanna di I/II grado.
Applicabile solo ai reati commessi dal 3/8/2017.
L. 3/2019:
Modifica l’art. 159 c.p.: sospensione sine die dalla sentenza di I grado fino alla definitività.
Entrata in vigore differita al 1/1/2020 (solo per reati successivi).
L. 134/2021:
Abroga i commi 2 e 4 dell’art. 159 c.p. (nella versione L. 3/2019).
Introduce:
Art. 161-bis c.p.: Cessazione definitiva prescrizione alla sentenza di I grado.
Art. 344-bis c.p.p.: Improcedibilità per superamento termini nei giudizi d’impugnazione (solo per reati commessi dal 1/1/2020).
Orientamenti Giurisprudenziali a Confronto
Tesi Minoritaria (abrogazione retroattiva):
La L. 134/2021 abroga in toto la sospensione della L. 103/2017 → si applica il regime più favorevole della L. 251/2005 (nessuna sospensione).
Fondamento: principio di retroattività della lex mitior (art. 2 c.p.).
Tesi Maggioritaria (vigenza limitata al periodo 2017-2019):
Le modifiche della L. 3/2019 e L. 134/2021 operano solo per reati commessi dal 1/1/2020.
La L. 103/2017 resta applicabile ai reati 2017-2019, essendo più favorevole (sospensione limitata vs. cessazione definitiva).
Principali Argomentazioni delle Sezioni Unite
Natura Sostanziale della Prescrizione:
Estingue il reato (non l’azione penale), soggetta al principio di retroattività della legge più favorevole (art. 2 c.p.).
Coesistenza di Regimi Temporali:
2017-2019: L. 103/2017 (sospensione limitata a 1 anno e 6 mesi per grado).
Dal 2020: L. 134/2021 (cessazione a I grado + improcedibilità in appello).
Abrogazione della L. 103/2017?:
NO: La L. 134/2021 ha abrogato solo la versione dell’art. 159 c.p. *modificata dalla L. 3/2019* (vigente dal 2020), non quella originaria del 2017.
Ragionevolezza del Sistema:
La limitazione temporale della L. 134/2021 (solo reati 2020+) è giustificata da:
Esigenze organizzative degli uffici giudiziari.
Coordinamento con la riforma del 2019.
Tutela degli interessi delle parti (es. vittime).
Decisione Finale
Principio di Diritto Affermato:
*"La disciplina della sospensione della prescrizione di cui alla L. 103/2017 si applica ai reati commessi dal 3/8/2017 al 31/12/2019. Per i reati dal 1/1/2020 si applica la L. 134/2021."*
Esito del Ricorso:
Inammissibile per sopravvenuta prescrizione (maturata dopo la sentenza d’appello, ma per effetto del regime L. 103/2017).
Confermata l’estinzione del reato, ma su basi giuridiche diverse da quelle della Corte di Bari.
Punti Chiave della Motivazione
Calcolo Prescrizione nel Caso Concreto:
Sospensione di 1 anno e 6 mesi decorrente dal termine di deposito motivazione sentenza I grado (1/2/2021).
Termine massimo: 5 anni (contravvenzione) + sospensione COVID (64 gg nel 2020).
Prescrizione maturata il 21 aprile 2024 (dopo la sentenza d’appello).
Rilevanza Sistematica:
Chiarificazione del quadro normativo frammentato, evitando "reviviscenze" di leggi precedenti.
Salvaguardia del favor rei attraverso una lettura coerente delle riforme.
Conclusione: La sentenza definisce un riparto temporale netto tra i regimi di prescrizione, respingendo la retroattività delle modifiche peggiorative e valorizzando la natura sostanziale dell’istituto.
06 giugno 2025
PERMESSI DETENUTO PER PERICOLO DI VITA DI UN FAMILIARE O CONVIVENTE: INCOSTITUZIONALE IL TERMINE PER IL RECLAMO
La Corte costituzionale ha dichiarato l'incostituzionalità dell'art. 30 bis o.p. nella parte in cui prevede che il provvedimento relativo ai permessi di cui all’art. 30 o.p., per il caso di imminente pericolo di vita di un familiare o di un convivente, è soggetto a reclamo, da parte del detenuto, entro ventiquattro ore dalla sua comunicazione, anziché entro quindici giorni (pronuncia al link).
05 giugno 2025
RID (riparazione per ingiusta detenzione) e misure sicurezza: indennizzabile la privazione della libertà personale
04 giugno 2025
Circostanze – Mancata contestazione di un’aggravante – Restituzione degli atti al pubblico ministero – Possibilità – Esclusione – Ragioni – Riconoscimento dell’aggravante non contestata – Possibilità - Esclusione - Ragioni - Conseguenze - Indicazione.
03 giugno 2025
LPU SOSTITUTIVO: LA LIBERAZIONE ANTICIPATA è APPLICABILE ? E CHI E' COMPETENTE A DECIDERE ?
Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torino, quale giudice dell’esecuzione, concedeva all'espiando quarantacinque giorni di liberazione anticipata, in relazione alla pena della reclusione applicatagli, con sentenza ex art. 444 cod. proc. pen., sostituita con la pena dei lavori di pubblica utilità.
Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Torino interponeva ricorso per cassazione avverso la citata ordinanza, denunciando violazione di legge, sotto plurimi profili. Un primo profilo lamentava la incompetenza funzionale del Giudice dell’esecuzione ad applicare un istituto, la liberazione anticipata, che l’art. 69, comma 8, ord. pen., attribuisce esclusivamente al Tribunale di sorveglianza. Sotto altro aspetto, la parte pubblica evidenziava come il G.E. abbia applicato un istituto previsto per la pena detentiva, sulla base di una erronea equiparazione alla stessa del lavoro di pubblica utilità, fondata sull’errata lettura dell’art. 76 legge 689 del 1981; quest’ultima norma, infatti, non prevede l’applicazione automatica alle pene sostitutive di tutte le norme dell’ordinamento penitenziario, ma solo di quelle «compatibili». Osservava, tuttavia, il P.M. come «ben difficilmente» possa ritenersi compatibile con la liberazione anticipata il lavoro di pubblica utilità, la cui equiparazione alla pena detentiva ex art. 57 legge 689 del 1981 è effettuata esclusivamente ai fini del computo della pena.
La Corte di cassazione, inverstita del superiore ricorso, ha anziutto scrutinato il secondo motivo di censura, logicamente prioritario a quello sulla competenza a decidere sull'istanza.
Al rigaurdo la Corte di legittimità ha precisato che <<l’evoluzione normativa e sistematica consente ... di affermare che la natura detentiva della misura in espiazione non è più un discrimine per la concessione del benefici, dal momento che, per poter beneficiare della libertà anticipata, non è richiesto che la detenzione sia in atto e comporti la carcerazione all’interno di istituto penitenziario, essendo piuttosto preteso il mancato esaurimento del rapporto di esecuzione penale in corso, sulla cui protrazione temporale l’istituto vada ad incidere in senso favorevole al condannato, anticipandone la cessazione>>.
Ciò premesso, la Corte ha poi considerato che la più ampia e possibile equiparazione tra condannati in espiazione di pena sostitutive e condannati in espiazione di pena detentiva attraverso misure alternative alla detenzione, per come emerge dalle norme interessate, fa ritenere che non sussiatno motivi di incompatibilità tra il LPU e la liberazione anticipata. concludendo che <<l’istituto della liberazione anticipata di cui all’art. 54 ord. pen., in forza del combinato disposto di cui agli artt. 57 e 76 legge 689 del 1981, 47 comma 12-bis e 54 ord. pen., è applicabile alla pena sostitutiva dei lavori di pubblica utilità>>.
Per ciò che attiene al tema della competenza, i giudici nomofilattici hanno ritenuto <<il dato normativo inequivoco: ai sensi dell’art. 69-bis, della legge 26 luglio 1975, n. 354 come sostituito, da ultimo, dal d.l. 4 luglio 2024, n. 92 conv. in l. 8 agosto 2024, n. 112 (in epoca successiva, quindi, all’entrata in vigore del d.lgs. 150 del 2022), la competenza funzionale a decidere in ordine alla concessione della liberazione anticipata spetta al magistrato di sorveglianza (art. 69 bis cit, comma 4: «Il provvedimento che concede o nega il riconoscimento del beneficio è adottato dal magistrato di sorveglianza»), che decide con ordinanza reclamabile al Tribunale di sorveglianza (art. 69-bis cit., comma 5: «Avverso l’ordinanza di cui al comma 4 il difensore, l’interessato e il pubblico ministero possono, entro dieci giorni dalla comunicazione o notificazione, proporre reclamo al tribunale di sorveglianza competente per territorio»)>> (sentenza al link).
30 maggio 2025
❌ GRATUITO PATROCINIO- ESTRAZIONE COPIE- IL DIFENSORE DEVE DICHIARARE CHE GLI SERVONO PER LA DIFESA❌
Il Presidente della Corte d’appello di Catanzaro trasmetteva al Mnistero il quesito del Tribunale di Cosenza volto a chiarire se “ai fini del rilascio in forma gratuita delle copie degli atti processuali penali in ipotesi di patrocinio a spese dello Stato, le dichiarazioni che le copie sono necessarie per l’esercizio della difesa, ai sensi dell’art. 107 d.P.R. n. 115 del 2002, debba essere effettuata da chiunque le richieda e, quindi anche da parte dei difensori oppure soltanto dalla parte ammessa al patrocinio”
Al rigaurdo il Tribunale rappresentava che:
- l’art. 107, comma 2, del d.P.R. n. 115 del 2002 stabilisce che “sono spese gratuite le copie degli atti processuali, quando sono necessarie per l’esercizio della difesa”;
- sulla base della lettera della norma, la gratuità del rilascio è subordinata alla specificazione che occorrono per l’esercizio della difesa”;
- in occasione dell’ispezione ordinaria del luglio 2024 aveva ricevuto l’indicazione che nel modulo di rilascio delle copie fosse specificato dall’istante che le stesse “occorrono per l’esercizio della difesa".
Il Presidente della Corte distrettuale nel rimettere il quesito, esprimeva il proprio parere rappresentando che:
- è necessaria l’attestazione sulle finalità del rilascio di copie ove richiesto dalle parti private (potendo l’istanza essere determinata da diverse ragioni);
- quando essa promani dal difensore la richiesta di attestazione delle finalità di rilascio si appalesa eccessivo omissis la detta attestazione dovrebbe considerarsi tacita per tutte le richieste provenienti dai difensori in relazione ai procedimenti pendenti, nei quali i medesimi risultano difensori;
- nel caso in cui il procedimento risulti definito con attestazione di irrevocabilità della sentenza, il difensore dovrebbe specificare le motivazioni della richiesta ai sensi dell’art. 107 d.P.R. n. 115 del 2002 apparendo possibile una richiesta per finalità diverse da quelle meramente difensive.
Il parere espresso dalla Corte distrettuale risulta pacificamente condivisibile.
Ma la Direzione Generale degli Affari Interni del Ministero si è mostrata di diverso avviso.
Invero, la Direzione generale ha richiamato una sua precedente nota, rilasciata in risposta ad una richiesta di chiarimenti in merito alla gratuità del rilascio delle copie degli atti processuali a favore della parte ammessa a patrocinio a spese dello Stato ed al suo difensore nel processo penale, in cui si affermava che: “... il cancelliere è tenuto a rilasciare gratuitamente le copie richieste dal difensore, tutte le volte in cui l'interessato- che se ne assume la responsabilità-dichiari che l'atto richiesto è necessario per l'esercizio della difesa".
A tal punto, il Dipartimento ha ribadito l’obbligatorietà dell’osservanza della disposizione impartita con la nota richiamata, significando altresì che <<la dichiarazione, che l’atto è domandato per l’esercizio del diritto di difesa, dovrà essere resa dall’interessato indipendentemente dalla qualifica rivestita (parte o difensore)>>.
A fugare ogni dubbio valga il sommario della risposta: <<affinché siano rilasciate in forma gratuita le copie degli atti processuali penali nel caso di patrocinio a spese dello Stato è necessario che l’interessato- sia esso la parte ovvero il difensore- dichiari che gli atti richiesti siano necessari per l’esercizio del diritto alla difesa>>.(la risposta ministeriale al link)
Onestamente, per come rilevato dal Presidnete della Corte di appello di Catanzaro, l'onere imposto sembra un inutile aggravio burocratico: il difensore che chiede copie del procedimento in cui svolge il suo mandato lo fa evidentemente per finalità difensive. A voler ritenere che vi possano essere ulteriori e secondarie necessità, esse restano recessive. De hoc satis.
Svolgimento di attività investigativa da parte della Procura presso il Tribunale distrettuale nel cui ambito ha sede il giudice competente per uno dei reati di cui all’art. 51, comma 3-bis, cod. proc. pen. – Riferibilità dell’attività investigativa a taluni soltanto degli indagati – Sussistenza – Radicamento della competenza in capo al giudice distrettuale ex art. 328, comma 1-bis, cod. proc. pen. anche nei confronti di altri indagati estranei ai reati indicati – Condizioni.
Contesto
I ricorrenti hanno presentato ricorso per cassazione contro una sentenza della Corte di Appello di Cagliari (16 luglio 2019), che aveva parzialmente confermato e modificato una precedente condanna per reati associativi, tentate rapine e traffico di stupefacenti. La sentenza della Corte d'Appello aveva ridotto la pena per Vittorio Fogu, ma confermato le condanne per Mereu e Sanna.
Motivi di Ricorso e Decisione della Corte
La Corte di Cassazione ha esaminato i ricorsi, rigettandoli in parte per inammissibilità e in parte per infondatezza. Di seguito i punti principali:
Competenza Territoriale del G.U.P. di Cagliari
I ricorrenti contestavano la competenza del Tribunale di Cagliari, sostenendo che i reati non fossero connessi a quelli di competenza distrettuale (art. 51 comma 3-bis c.p.p.).
Decisione: La Corte ha confermato la competenza di Cagliari, poiché le indagini avevano rivelato un nesso tra l’associazione per delinquere (art. 416 c.p.) e il traffico di stupefacenti (art. 74 D.P.R. 309/90), giustificando la deroga alle regole ordinarie di competenza (art. 328 c.p.p.).
Utilizzabilità delle Intercettazioni
I ricorrenti eccepivano l’inutilizzabilità delle intercettazioni superanti i 15 giorni senza autorizzazione specifica (art. 13 D.L. 152/1991).
Decisione: La Corte ha ritenuto le intercettazioni valide, poiché il reato associativo (art. 416 c.p.) rientra tra quelli per cui è ammessa la proroga, e la scelta del rito abbreviato precludeva tale eccezione.
Configurabilità del Tentativo di Rapina
Sanna e Mereu contestavano la qualificazione dei reati come "tentativi" anziché "desistenze volontarie".
Decisione: La Corte ha confermato la sussistenza del tentativo, evidenziando gli atti preparatori (sopralluoghi, organizzazione di armi e mezzi) che dimostravano l’intenzione criminosa.
Violazione del Diritto di Difesa (Sanna)
Sanna lamentava di non aver avuto accesso a tutte le trascrizioni delle intercettazioni.
Decisione: La Corte ha rigettato l’eccezione, poiché la difesa aveva potuto ascoltare integralmente le registrazioni e richiedere specifiche integrazioni.
Travisamento delle Prove
I ricorrenti denunciavano un’errata valutazione delle prove, tra cui l’attribuzione del soprannome "Toreddu" a Sanna.
Decisione: La Corte ha ritenuto la motivazione dei giudici di merito congrua e non viziata da illogicità.
Partecipazione all’Associazione a Delinquere
Mereu e Fogu contestavano il loro coinvolgimento nell’associazione, sostenendo ruoli marginali.
Decisione: La Corte ha confermato le condanne, evidenziando la stabilità dei legami associativi e il contributo attivo dei ricorrenti (es. ospitalità nell’ovile di Sanna per riunioni).
Mancata Concessione di Attenuanti Generiche
Mereu criticava l’eccessiva severità della pena.
Decisione: La Corte ha ritenuto legittimo il rigetto delle attenuanti, data la gravità dei reati e i precedenti penali.
Dispositivo Finale
La Corte Suprema di Cassazione ha rigettato tutti i ricorsi, confermando le condanne e condannando i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Punti Chiave
Competenza: Confermata la deroga alla competenza ordinaria per i reati di criminalità organizzata.
Prove: Le intercettazioni sono state ritenute valide e decisive per la condanna.
Ruoli nell’Associazione: Anche contributi apparentemente marginali sono stati considerati rilevanti per la partecipazione al sodalizio criminoso.
Controllo di Legittimità: La Corte ha ribadito di non poter sostituirsi ai giudici di merito nella valutazione delle prove, salvo vizi manifesti.
29 maggio 2025
Mancato pagamento pena pecuniaria- conversione in semilibertà- sospetta incostituzionalità.
Il Tribunale di Bologna ha promosso incidente di costituzionalità dell'art. 660 c.p.p. e dell'art. 102 l. 689/81, per violazione degli artt. 3, 13 e 27 cost., nella parte in cui prevedono che il mancato pagamento della pena pecuniaria entro il termine di 90 giorni dall'intimazione “comporta la conversione nella semilibertà sostitutiva”, invece di stabilire che il mancato pagamento “comporta la conversione nella detenzione domiciliare sostitutiva” (ordinanza al link)
28 maggio 2025
Disciplinare: impossibilità di cancellarsi dall'albo in pendenza giudizio disciplinare. Incostituzionale.
Con ordinanza del 12 luglio 2024, la Corte di cassazione, sezioni unite civili, aveva sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3, 4, 35 e 41 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 57 della legge 31 dicembre 2012, n. 247 (Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense) che, in tema di procedimento disciplinare a carico degli avvocati, dispone che «durante lo svolgimento del procedimento, dal giorno dell’invio degli atti al consiglio distrettuale di disciplina non può essere deliberata la cancellazione dall’albo». La questione era stata sollevata dalle Sezioni unite della Corte di cassazione nell’ambito di un giudizio concernente il rigetto dell’istanza di cancellazione dall’albo, avanzata da un avvocato in considerazione delle gravi patologie che gli impedivano di svolgere la professione, rigetto motivato dall’Ordine forense in ragione della pendenza di diversi procedimenti disciplinari a suo carico.
La Corte costituzionale ha ritenuto fondata la censura di costituzionalità.
Invero, il Giudice delle leggi, ha osservato che <<il divieto di cancellazione dall’albo, pur mirando a scongiurare il rischio che, con la rinuncia all’iscrizione, l’iniziativa disciplinare possa essere vanificata, comporta che, per l’intera durata del procedimento, l’avvocato non possa esercitare i diritti e le libertà di rango costituzionale – come la libertà di revocare l’adesione al gruppo professionale, il diritto di fruire di determinate prestazioni previdenziali o assistenziali per le quali la legge richiede la cancellazione, e la libertà di intraprendere una diversa attività lavorativa – che si esplicano attraverso la fuoriuscita dalla compagine professionale o che, comunque, la presuppongono>>, con conseguente violazione dell'art. 2 della Costituzione.
La Corte ha poi ritenuto che <<la norma in esame confligge anche con l’articolo 4 della Costituzione, in quanto incide in maniera sproporzionata sulla libertà di lavoro dell’avvocato che richieda di cancellarsi dall’albo avendo intenzione di cessare l’esercizio della professione, ed eventualmente intraprendere una diversa attività lavorativa al cui svolgimento sia di ostacolo l’appartenenza all’ordine>>.
Inoltre, se è pur vero – ha argomentato la Corte – che <<la disciplina in questione è funzionale al proficuo esercizio dell’azione disciplinare, il quale, a sua volta, è posto a presidio di interessi che trascendono la dimensione interna della categoria professionale per attingere valori primari della persona. Non di meno, tra le misure idonee a realizzare tale, pur legittimo, fine il divieto di cancellazione dall’albo non rappresenta la meno restrittiva possibile dei diritti fondamentali in potenziale tensione, così ponendosi in contrasto anche con l’articolo 3 della Costituzione>>(sentenza al link).
27 maggio 2025
Maltrattamenti in famiglia. La Corte dichiara illegittima l'obbligatorietà della sospensione responsabilità genitoriale
A fronte del disposto dell’articolo 34, secondo comma, del codice penale, secondo cui,
in caso di condanna per delitti commessi con abuso della responsabilità genitoriale, è
automaticamente applicata anche la pena accessoria della sospensione
dall’esercizio della responsabilità genitoriale, per un periodo di tempo pari al doppio
della pena inflitta, la Corte costituzionale ha rilevato l'illegittima della previsione codicistica <<nella parte in cui non consente al giudice di valutare in concreto se – a seguito della
condanna per il delitto di maltrattamenti in famiglia commesso, in presenza o a danno
di minori, con abuso della responsabilità genitoriale (articolo 572, secondo comma,
del codice penale) – corrisponda all’interesse del minore applicare anche la pena
della sospensione dall’esercizio della responsabilità genitoriale>>(sentenza al link).
26 maggio 2025
Espulsione straniero detentuto. NESSUN AUTOMATISMO.
Il Tribunale di Sorveglianza di Palermo aveva sollevato qlc. dell'art. 16, comma 5, del t.u. immigrazione, ritenendo che, salvo il ricorrere di talune condizioni ostative all'espulsione previste dal medesimo articolo, l'enunciato normativo preveda un automatismo espulsivo dello straniero detenuto, privo di un titolo abilitante al soggiorno in Italia.
La Corte Costituzionale dopo aver rammentato che <<i presupposti per l’espulsione previsti dall’art. 16, comma 5, t.u. immigrazione sono cinque: a) lo stato detentivo; b) la durata della pena residua non superiore a due anni; c) l’identificazione certa del soggetto, tanto che, ai sensi del comma 6 del medesimo art. 16, non può procedersi all’espulsione di straniero non identificato; d) il fatto che la pena in corso di espiazione non sia stata irrogata per i delitti previsti dall’art. 12, commi 1, 3, 3-bis e 3-ter dello stesso testo unico, ovvero per uno o più delitti previsti dall’art. 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, fatta eccezione per quelli consumati o tentati di cui agli artt. 628, terzo comma, e 629, secondo comma, del codice penale; e) infine, l’irregolarità del soggiorno, dovendo lo straniero trovarsi in una delle condizioni previste dall’art. 13, comma 2, t.u. immigrazione, che legittimano l’espulsione amministrativa>>, ha precisato che NON sussiste alcun automatismo espulsivo, dovendo il magistrato di sorveglianza procedere a una ponderazione di interessi quanto agli effetti dell’eventuale espulsione sulle condizioni personali e familiari della persona interessata, la quale, giova ribadirlo, si trova in una condizione che ne imporrebbe, comunque, l’espulsione una volta espiata la pena.
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