06 aprile 2022

Un caso limite scrutinato dalla Corte riapre il tema: che fare del giudizio abbreviato? di Daniele Livreri

 


Nel corso del webinar del 14.12.2021 avevamo rilevato come la riforma c.d. Cartabia avesse puntato assai poco sui riti alternativi. In particolare avevamo rilevato che il giudizio abbreviato sia incontrollabile in termini di pena, posto che in un sistema a forbice edittale ampia la riduzione di pena di un terzo non consente di prevedere l'eventuale pena, potendo il quantum sanzionatorio da ridurre variare parecchio. E ciò a tacere delle amplissime oscillazioni che possono verificarsi in caso di continuazione. Significativo risulta uno studio di qualche anno fa della DGSTAT da cui risultava che in tema di stalking i condannati all'esito del giudizio abbreviato riportavano condanne mediamente più elevate rispetto ai condannati in ordinario (studio al link).  

Con riguardo ad altro profilo si ritiene che una reale prospettiva deflattiva debba indurre legislatore e giurisprudenza a rimeditare la possibilità di mutare il quadro probatorio sulla cui scorta la difesa ha richiesto di definire il processo nelle forme di cui all'art. 438 c.p.p.. 

Il caso scrutinato dalla sentenza n. 8136/2022 della Corte regolatrice (sentenza al link)  offre il destro per una riflessione, limitata alla natura di questo blog, al riguardo.

Per quel che si coglie dal primo motivo di impugnazione, per come riportato in sentenza,   all'udienza del 20/10/2017, il Giudice dell'udienza preliminare, all'esito del deposito dei risultati delle investigazioni difensive, ammetteva e disponeva il giudizio abbreviato. 

Il pubblico ministero non chiedeva termine ex art. 438, comma 4, cod. proc. pen. per lo svolgimento di indagini suppletive limitatamente ai temi introdotti dalla difesa riservandosi, all'udienza del 06/04/2018, di depositare memoria scritta. 

Alla successiva udienza del 22/06/2018, il pubblico ministero rassegnava le proprie conclusioni. 

Alla successiva udienza del 07/09/2018, la difesa del ricorrente procedeva alla discussione finale e il processo veniva rinviato all'udienza del 24/09/2018 per le arringhe dei difensori degli altri imputati. 

Tuttavia in detta sede, il pubblico ministero, in relazione alla posizione del ricorrente, chiedeva l'acquisizione di un'annotazione di polizia giudiziaria, corredata da documentazione allegata e datata 19/09/2018, giorno successivo all'arringa difensiva

In assenza del consenso della difesa, il requirente chiedeva l'acquisizione degli atti a norma dell'art. 441, comma 5, c.p.p..

Il giudice, in forza dell'invocata norma, disponeva in conformità.
 

Già con i motivi di appello, la difesa del ricorrente <<eccepiva l'inutilizzabilità della documentazione avanzata dal pubblico ministero per la sua tardività non sanabile attraverso l'esercizio dei poteri di integrazione officiosi del giudice>>, al riguardo si rappresentava che <<l'acquisizione avesse di fatto aggirato la disposizione dell'art. 438, comma 4, cod.proc. pen. pregiudicando il diritto dell'imputato di revocare la scelta del rito deflattivo ed evidenziando che il pubblico ministero aveva svolto l'attività suppletiva in modo irrituale, addirittura dopo la discussione finale della difesa, con atti formatisi successivamente alla richiesta (e all'ammissione) dell'imputato al rito

abbreviato>>.

La difesa soggiungeva che <<diversamente opinando si potrebbero delineare profili di incostituzionalità dell'art. 441, comma 5, cod. proc. pen. in relazione agli artt. 3 e 24 Cost. nella parte in cui non prevede, al pari dell'art. 438, comma 4, cod. proc. pen., il diritto dell'imputato di revoca della scelta del rito abbreviato>>.  

La Corte ha tuttavia ritenuto il motivo manifestamente infondato, rilevando che il ricorrente non si confronta con la motivazione della sentenza dei giudici distrettuali, i quali hanno richiamato la tralaticia lezione di legittimità, secondo cui <<in tema di giudizio abbreviato condizionato, il potere di integrazione probatoria "ex officio" attribuito al giudice dall'art. 441, comma 5, cod. proc. pen. è preordinato alla tutela dei valori costituzionali che devono presiedere, anche nei giudizi a prova contratta, all'esercizio della funzione giurisdizionale e risponde, pertanto, alle medesime finalità cui è preordinato il
potere previsto dall'art. 507 cod. proc. pen. in dibattimento>>. 

Ciò premesso, la Corte ha poi ampiamente sviluppato il tema secondo cui la richiesta di giudizio abbreviato non neutralizza i poteri officiosi del giudice cristallizzando, una volta ammesso il rito, il materiale processuale. 

Anzi l'integrazione probatoria officiosa costituisce, ad avviso della Corte,  l'unica forma di bilanciamento rispetto all’inevitabilità del giudizio abbreviato, rimesso alla scelta unilaterale dell'imputato.

Con specifico riguardo <<alla fattispecie in esame - la Corte ha osservato- non può in alcun modo ritenersi precluso al giudice dell'abbreviato acquisire, in via autonoma o su richiesta di parte, un'annotazione di polizia giudiziaria, venuta in essere dopo l'ammissione al rito abbreviato e la discussione del pubblico ministero e finalizzata a chiarire un tema decisivo della res judicanda. Su queste basi, appare del tutto assertiva la denunciata violazione del contraddittorio e dei diritti della difesa, dal momento che l'acquisizione è avvenuta in udienza, sicché nulla ha impedito all'imputato e alla sua difesa di esporre le proprie ragioni sull'irrilevanza dei contenuti dell'atto/documento, attraverso la semplice replica orale in discussione ovvero la richiesta di ammissione a prova contraria ex art. 495, comma 2, cod.>>.

Tuttavia sembra che la Corte non si confronti con la specificità del caso e invero neppure con la riforma del 2017 in tema di giudizio abbreviato, per come rilevato dalla difesa.

In altri termini la riforma Orlando, risolvendo un annoso dibattito giurisprudenziale, ha riconosciuto, ispirandosi al principio della parità delle armi, al PM la possibilità di un'indagine suppletiva, a fronte dell'abbreviato condizionato susseguente alla produzione dei risultati delle indagini difensive. Epperò all'esito delle indagini suppletive, forse a fronte della stessa richiesta di un termine per svolgerle, l'imputato ha diritto a revocare il rito.

Dalla lettera della riforma sembra emergere un'idea coerente con il carattere di un rito allo stato degli atti: l'imputato rinuncia alle garanzie del dibattimento a fronte di un giudizio che si celebrerà sulla scorta di atti noti, per lo più raccolti dalla p.g., ma se il materiale cambia egli riacquista il suo potere di scelta. 

Nel caso di specie una sorta di lettura onnivora dei poteri officiosi del Giudice ha condotto la Corte a non porre mente alla violazione dell'art. 438 IV co c.p.p.. Il PM aveva ricusato il termine per procedere a nuove indagini e il processo aveva proseguito il suo corso sino alla discussione di entrambe le parti, soltanto successivamente il PM aveva prodotto una nuova annotazione di p.g. con documenti. In sostanza ove si fosse applicato l'art. 438 IV co. c.p.p. l'imputato avrebbe avuto il diritto di rivalutare la sua scelta di rito, invece la violazione della norma ha comportato il sacrificio del diritto di difesa che si estrinseca nella scelta dei riti. Ci pare che correttamente la difesa abbia invocato, senza risposta, una questione di legittimità costituzionale. 

Ma soprattutto sullo sfondo vi è un tema: il giudizio abbreviato è la grande alternativa al dibattimento? E' il rito cui riservare la gran parte dei processi, contemperando una valutazione piena e il risparmio del tempo processuale ? Se così è, allora gli orientamenti giurisprudenziali devono ridurre le incertezze sulla piattaforma probatoria e non incrementarle, vieppiù che gli interventi volti ad arricchire gli atti al fascicolo mal si conciliano con indagini in cui dovrebbe essere intervenuta <<la completa individuazione dei mezzi di prova ... necessaria, ..., per consentire al pubblico ministero di esercitare le varie opzioni possibili (tra cui la richiesta di giudizio immediato, "saltando" l'udienza preliminare) e per indurre l'imputato ad accettare i riti alternativi...>> (Corte cost. 88/1991).


Ultima pubblicazione

Correlazione tra imputazione contestata e sentenza e il mutamento del fatto nel delitto di bancarotta fraudolenta

  In tema di correlazione tra imputazione contestata e sentenza, per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suo...

I più letti di sempre