02 luglio 2024

Accesso ai tabulati telefonici: può essere concesso soltanto in forza degli “obiettivi di lotta contro le forme gravi di criminalità o di prevenzione di gravi minacce alla sicurezza pubblica”

 



Rinvio pregiudiziale - Trattamento dei dati personali e tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche - Fornitori di servizi di comunicazioni elettroniche - Accesso a tali dati richiesto da un’autorità nazionale competente



La Grande Sezione della Corte di Giustizia si è pronunciata sul rinvio pregiudiziale proposto dal Gip del Tribunale di Bolzano, volto a verificare la compatibilità dell’articolo 132, comma 3, del decreto legislativo n. 196 del 2003 con l’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva n. 58 del 2002.


Nel caso portato all’attenzione della Corte, il pubblico ministero aveva richiesto al Gip l’autorizzazione ad accedere ai dati personali conservati da fornitori di servizi di comunicazione elettronica, al fine di identificare gli autori di due furti aggravati di telefoni cellulari. Tali richieste riguardavano le utenze e i codici IMEI dei dispositivi chiamati o chiamanti, i siti visitati e raggiunti, l’orario e la durata delle chiamate e delle connessioni, l’indicazione delle celle o dei ripetitori interessati nonché le utenze e i codici IMEI dei dispositivi mittenti e destinatari degli SMS o MMS.


I giudici di Lussemburgo, premesso che l’accesso agli atti di cui trattasi può essere qualificata come grave ingerenza nei diritti fondamentali garantiti dagli artt. 7 e 8 della Carta, hanno affermato che un accesso a tali tabulati può essere concesso soltanto in forza degli “obiettivi di lotta contro le forme gravi di criminalità o di prevenzione di gravi minacce alla sicurezza pubblica”, richiamando altresì la propria giurisprudenza consolidata secondo cui spetta agli Stati membri definire i reati gravi (§ 42 e 44). La Corte ha altresì precisato che gli Stati membri, in ossequio ai principi generali dell’Unione (tra i quali, il principio di proporzionalità) e nel rispetto dei diritti fondamentali garantiti dagli artt. 7, 8 e 11 della Carta, non possono “snaturare la nozione di «reato grave» e, per estensione, quella di «grave criminalità», alla luce delle condizioni sociali esistenti nello Stato membro interessato, sebbene il legislatore di tale Stato membro abbia previsto di punirli con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a tre anni, includendovi reati che manifestamente non siano gravi” (§ 50).


È stato, pertanto, affermato che l’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, deve essere interpretato nel senso che: “esso non osta a una disposizione nazionale che impone al giudice nazionale – allorché interviene in sede di controllo preventivo a seguito di una richiesta motivata di accesso a un insieme di dati relativi al traffico o di dati relativi all’ubicazione, idonei a permettere di trarre precise conclusioni sulla vita privata dell’utente di un mezzo di comunicazione elettronica, conservati dai fornitori di servizi di comunicazione elettronica, presentata da un’autorità nazionale competente nell’ambito di un’indagine penale – di autorizzare tale accesso qualora quest’ultimo sia richiesto ai fini dell’accertamento di reati puniti dal diritto nazionale con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a tre anni, purché sussistano sufficienti indizi di tali reati e detti dati siano rilevanti per l’accertamento dei fatti, a condizione, tuttavia, che tale giudice abbia la possibilità di negare detto accesso se quest’ultimo è richiesto nell’ambito di un’indagine vertente su un reato manifestamente non grave, alla luce delle condizioni sociali esistenti nello Stato membro interessato”.

La sentenza al link

01 luglio 2024

❌DA OGGI NON VALGONO PIU' LE REGOLE DELL' IMPUGNAZIONE PANDEMICA❌



Ieri ultimo giorno per la disciplina pandemica, in tema di impugnazioni, più volte prorogata. 

Si tratta di disposizioni contenute nel d.l. 28 ottobre 2020 n. 137, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176

Dunque per gli appelli proposti da domani

la richiesta di trattazione orale va formulata entro 15 dalla notifica del d.c. e non dall'udienza;

entro 15 gg. prima dell'udienza il p.g. formula le sue richieste e tutte le parti possono presentare motivi nuovi e memorie;

entro 5 gg. prima dell'udienza tutte le parti possono presentarsi memorie di replica

il provvedimento emesso in seguito alla camera di consiglio non partecipata è depositato in cancelleria e il suo deposito equivale a lettura ai fini dell'art. 545 c.p.p..

Alcune differenze, rispetto all'attuale disciplina: 

1) per come già detto, muta il termine per la richiesta di trattazione orale;

2) varia anche il termine per il deposito delle conclusioni scritte di tutte le parti e non viene prevista una scansione delle stesse. Fino ad oggi <<entro il decimo giorno precedente l'udienza, il pubblico ministero formula(va) le sue conclusioni con atto trasmesso alla cancelleria della corte di appello>>, mentre i difensori delle altre parti potevano presentare le conclusioni con atto scritto, entro il quinto giorno antecedente l'udienza. Il termine per il deposito delle conclusioni di tutte le parti finisce per coincidere con quello per proporre motivi aggiunti e istanza di concordato;

3) il termine attuale per le conclusioni delle parti private diventa il termine per le memorie di replica accordato a tutte le parti;   

4) non si prevede una qualche forma di comunicazione in capo alla cancelleria delle conclusioni del p.g. al difensore che quindi sarà onerato di verificarne il deposito;

5) non si indica una specifica forma di deposito dell'istanza (salvo ovviamente ricavarle da norme generali); 

6) il dispositivo non viene più comunicato alle parti.

Per il ricorso per Cassazione: 

a)  la richiesta di trattazione orale va formulata entro 10 giorni dalla notifica dell'avviso di fissazione dell'udienza (e non 25 gg. prima dell'udienza). Tuttavia tale previsione sembra destinata ad essere modificata da un d.l. approvato dal Consiglio dei Ministri il 24.06., secondo cui al comma 1-ter dell'art. 611, il primo periodo è sostituito dal seguente: «Le richieste di cui al comma 1-bis sono irrevocabili e sono presentate alla cancelleria dal procuratore generale o dal difensore abilitato a norma dell'articolo 613 entro il termine perentorio di venticinque giorni liberi prima dell'udienza ovvero di quindici giorni liberi prima dell’udienza nei procedimenti da trattare con le forme previste dall’articolo 127.» (comunicato del Governo al link)

Aggiornamento. Qui (al link) la Gazzetta Ufficiale di sabato 29 giugno dove è stato pubblicato il decreto legge n.89/2024 che, all’articolo 11, ha “ripristinato” i termini di 25 giorni prima dell’udienza innanzi la corte di cassazione. 

Di seguito il testo in vigore per i prossimi sessanta giorni, salva la conversione in legge:

Art. 11.

Modifiche al codice di procedura penale per l’efficienza del procedimento penale

1. All’articolo 610, comma 5, del codice di procedura penale, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) le parole «se il ricorso sarà deciso a seguito di udienza pubblica ovvero in camera di consiglio» sono sostituite dalle seguenti: «che il ricorso sarà deciso in ca- mera di consiglio, senza la presenza delle parti, salvo il disposto dell’articolo 611»;

b) dopo il primo periodo è aggiunto il seguente: «Nei procedimenti da trattare con le forme previste dall’artico- lo 127 il termine è ridotto ad almeno venti giorni prima dell’udienza.».

2. All’articolo 611 del codice di procedura penale, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1 è aggiunto, in fine, il seguente perio- do: «Nei procedimenti da trattare con le forme previste dall’articolo 127 i termini per presentare motivi nuovi e memorie sono ridotti a dieci giorni e per presentare me- morie di replica a tre giorni.»;

b) al comma 1-ter, il primo periodo è sostituito dal seguente: «Le richieste di cui al comma 1-bis sono irre- vocabili e sono presentate alla cancelleria dal procurato- re generale o dal difensore abilitato a norma dell’artico- lo 613 entro il termine perentorio di venticinque giorni liberi prima dell’udienza ovvero di quindici giorni liberi prima dell’udienza nei procedimenti da trattare con le for- me previste dall’articolo 127.»;

c) il comma 1-quinquies è abrogato.

3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano ai ricorsi proposti dopo il 30 giugno 2024.


b) entro 15 gg. prima dell'udienza il p.g. formula le sue richieste e tutte le parti possono presentare motivi nuovi e memorie (prima per le parti private il termine per proporre le sue conclusioni era pari a 5 gg. prima dell'udienza). Tuttavia tale previsione sembra destinata ad essere modificata da un d.l. approvato dal Consiglio dei Ministri il 24.06., secondo cui «nei procedimenti da trattare con le forme previste dall’articolo 127 i termini per presentare motivi nuovi e memorie sono ridotti a dieci giorni e per presentare memorie di replica a tre giorni»;

c) tutte le parti possono presentare memorie di replica fino a 5 gg. prima dell'udienza. Nondimeno, si veda sopra quanto disposto dal nuovo d.l.   

Anche, per questo mezzo di impugnazione non si prevedono oneri di comunicazione per la cancelleria e non si indicano modalità specifiche di deposito dell'istanza di trattazione orale.

Si tratta evidentemente di una disciplina di sfavore della difesa, alla quale non viene assicurato il diritto di intervenire per ultima e sulla quale graveranno nuovi oneri di accertamento (anche in considerazione del fatto che il deposito in cancelleria equivale a lettura dell'eventuale motivazione contestuale). 

Diciamolo sinceramente, la disciplina emergenziale Bonafede era meglio di quella ordinaria della Cartabia. Anche se poi la giurisprudenza spesso aveva fatto non poco per mortificare le garanzie accordate dalla previgente disciplina.

P.S. sulla scorta delle SS.UU. del 27.06.2024 per gli appelli depositati da oggi il termine a comparire è pari a 40 gg.       


❌ ATTENZIONE NOVITA' IN TEMA DI SANZIONI TRIBUTARIE PENALI ❌


L'infaticabile legislatore, con d.lvo pubblicato sulla G.U. del 28.06 ed entrato in vigore il giorno successivo, ha riformato il sistema sanzionatorio tributario, incidendo anche sul D.L. vo 74/2000, con disposizioni entrate in vigore dal 29.06.2024  (Gazzetta ufficiale al link)

28 giugno 2024

Concorso dell'extraneus nel delitto di rivelazione di segreti d'ufficio. Il caso Pier Camillo Davigo. La sentenza di appello che conferma la condanna.

 





Pubblichiamo la sentenza della Corte d'appello di Brescia, che ha confermato la condanna al noto magistrato, ormai in pensione, Pier Camillo Davigo per il caso Loggia Ungheria.

La sentenza si segnale per alcune questioni di particolare interesse relative al concorso di persone nel reato, in particolare sul concorso dell’extraneus nel reato di rivelazione di segreto d’ufficio, oltre che sulla natura del delitto.

Sulla prima questione la sentenza affronta le critiche dell'appellante, il quale ritiene post factum non punibile la condotta dell'extraneus, essendosi il delitto (già) consumato al momento della (prima) rivelazione da parte dell'intraneus. L'appellante, poi, osserva come non sia indifferente alla posizione dell'extraneus l'assoluzione dell'intraneus per mancanza dell'elemento soggettivo.

La sentenza, in conferma della pronuncia di condanna del primo grado, ha rigettato l'appello richiamandosi a noti arresti del giudice di legittimità (su tutti: Cass. pen., Sez. VI, Sent., (data ud. 17/04/2018) 23/07/2018, n. 34928) e alla natura (di pericolo) del delitto contestato.

La sentenza al link



27 giugno 2024

❌ATTENZIONE - NOVITA'❌ SS.UU. : il termine a comparire in appello di 40 giorni si applicherà SOLTANTO per gli appelli depositati dall’ 1.07.2024

 

Ci siamo più volte occupati della questione su quale siano i termini a comparire in appello (20 o 40 giorni) dando atto del radicato contrasto insorto in seno alla corte regolatrice (link).

Le Sezioni Unite, investite della questione per assicurare la funzione propria della corte di legittimità, con due ordinanze di remissione, in esito alla camera di consiglio odierna, hanno statuito che <<la disciplina dell'art. 601, comma 3, cod. proc. pen. , introdotta dall'art. 34 , comma 1, lett. g) d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 , che individua in quaranta giorni il termine a comparire in appello nel giudizio di appello, è applicabile agli atti d'impugnazione proposti a far data dal 1 luglio 2024>>. 

Pubblichiamo le informazioni provvisorie in attesa del deposito della motivazione (informazioni provvisorie nn. 9 e 10 al link).


Domicilio eletto presso il difensore: legittima la notifica a mezzo pec dell'atto destinato all'imputato

 




La terza sezione penale della Corte di cassazione ha statuito che il decreto di fissazione dell'udienza in Corte d'appello notificato tramite pec all'avvocato presso il cui studio l'imputato abbia eletto domicilio, con notifica pec effettuata sia in proprio che quale domiciliatario, non integra alcuna nullità.

E' dunque correttamente effettuata la notificazione dell'avviso di fissazione dell'udienza all'imputato che aveva eletto domicilio presso il difensore, tramite pec, a nulla rilevando eventuali discrasie nell'indicazione contenuta sul decreto di fissazione del luogo del domicilio. 

Nel sistema in vigore di notificazione tramite pec, la notificazione degli avvisi e/o decreti nei confronti dell'imputato, che ha eletto domicilio presso il difensore, è correttamente eseguita mediante inoltro di una pec all'indirizzo di questi.

Scarica la sentenza al link 

26 giugno 2024

La sentenza dell'ignaro imputato è ricorribile per cassazione prima del "ritrovamento" dell'imputato?

 






Pende alle sezioni unite e sarà decisa il prossimo 26 settembre la seguente questione:

Se la sentenza di non doversi procedere pronunciata ai sensi dell'art. 420-quater cod. proc. pen. possa essere impugnata con ricorso per cassazione anche prima della scadenza del
termine previsto dall'art. 159, ultimo comma, cod. pen.


Ricorrente: A. O.

Relatore: A. Scarcella

Data udienza: 26 settembre 2024

Riferimenti normativi: Cod proc. pen., art. 420-quater; cod. pen., art. 159.

Ordinanza di rimessione: 23056/2024 al link

25 giugno 2024

Confisca per equivalente: solidarietà o ripartizione? La questione alle sezioni unite che decideranno il 26 settembre 2024

 





Se, in caso di concorso di persone nel reato, la confisca per equivalente del relativo profitto possa essere disposta per l'intero nei confronti di ciascuno dei concorrenti, indipendentemente da quanto da ognuno percepito, ovvero se ciò possa disporsi soltanto quando non sia possibile stabilire con certezza la porzione di profitto attribuibile a ognuno oppure ancora se la confisca debba essere comunque ripartita tra i concorrenti, in base al grado di responsabilità di ciascuno o in parti eguali, secondo la disciplina civilistica delle obbligazioni solidali.


Ricorrente: MASSINI G. + altri

Relatore: P. Silvestri

Data udienza: 26 settembre 2024

Riferimenti normativi: Cod. pen., art. 110; cod. proc. pen., art. 322-ter.

Ordinanza di rimessione: 22935/2024 al link

24 giugno 2024

Mandato di arresto europeo: procedura di consegna, da parte dello Stato di emissione, in conseguenza del mutamento del titolo cautelare – Conseguenze – Indicazione.

 




La Sesta Sezione penale, in tema di mandato d’arresto europeo, ha affermato che, nel caso in cui, nelle more della procedura di consegna e antecedentemente alla celebrazione del giudizio di legittimità, intervenga la sua modifica da parte dello Stato di emissione, per effetto di mutamento del titolo cautelare in precedenza emesso, il vaglio di sussistenza dei suoi presupposti, dovendo essere svolto in prima istanza dalla Corte di appello, non può essere effettuato dalla Corte di cassazione, che, pertanto, è tenuta ad annullare senza rinvio la sentenza impugnata, con conseguente declaratoria di inefficacia del titolo cautelare medio tempore sostituito.

21 giugno 2024

E ci mancherebbe che fosse motivato! L'ABC di quel che resta del codice Vassalli ...

 



La Sesta Sezione penale ha affermato che il provvedimento emesso a norma dell’art. 554-ter, comma 3, cod. proc. pen., con cui il giudice monocratico, non sussistendo le condizioni per pronunziare sentenza di non luogo a procedere e non dovendosi definire il processo con rito alternativo, dispone la prosecuzione del giudizio dibattimentale ha natura di decreto e non di ordinanza, sicché non dev’essere necessariamente corredato da motivazione, non essendo questa espressamente richiesta dalla normativa processuale.

Scarica la sentenza al link

20 giugno 2024

Intercettazioni a carico di non indagati: la CEDU censura l'Italia.


Con una nuova sentenza pronunciata su ricorso del dr. Contrada, intercettato in un procedimento in cui non era indagato, la Corte europea ha stigmatizzato il nostro diritto per l'omessa previsione di mezzi di ricorso a tutela del terzo intercettato. Costui infatti non ha la facoltà di rivolgersi a un’autorità giudiziaria per ottenere un controllo efficace della legalità e della necessità della misura e per ottenere, se del caso, una riparazione appropriata.Tenuto conto di queste lacune, la Corte ha affermato che il diritto italiano non soddisfi il requisito relativo alla «qualità della legge» e non sia in grado di limitare l’«ingerenza» a quanto «necessario in una società democratica».  (sentenza CEDU al link)


19 giugno 2024

Q.l.c. dell'art. 442 comma 2 bis nella parte in cui non prevede la possibilità di sospendere la pena ridotta per rinuncia all'appello



Il Gip di Nola, premesso che <<nessun appiglio normativo consente al giudice dell'esecuzione, nel rideterminare la pena ex art. 442 comma 2-bis c.p.p., di «adottare i provvedimenti conseguenti», ovvero di delibare il possibile riconoscimento della sospensione condizionale della pena nei confronti del condannato, ormai destinatario di una pena infrabiennale, stante il completo silenzio del legislatore sul punto>>, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 442 comma 2-bis c.p.p. nella parte in cui non prevede che il Giudice dell'esecuzione possa concedere la sospensione condizionale della pena e la non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, ove la diminuzione automatica di pena per la mancata impugnazione della sentenza di condanna emessa in sede di giudizio abbreviato comporti l'applicazione di una pena contenuta nei limiti di legge di cui all'art. 163 c.p. e ricorrendone gli ulteriori presupposti, per violazione degli artt. 3, 27, commi 1 e 3, 111, 117 Cost. in riferimento all'art. 6 CEDU. (ordinanza al link)

18 giugno 2024

Omessa o tardiva traduzione dell'ordinanza cautelare: le SS.UU. negano le garanzie che proclamano.

Le SS.UU., investite delle conseguenze dell'omessa o tardiva traduzione dell'ordinanza cautelare personale, hanno statuito che <<l'ordinanza di custodia cautelare personale emessa nei confronti di un imputato o indagato alloglotta, ove sia già emerso che questi non conosca la lingua italiana, è affetta, in caso di mancata traduzione, da nullità ai sensi del combinato disposto degli artt. 143 e 292 cod. proc. pen. Ove, invece, non sia già emerso che l'indagato o imputato alloglotta non conosca la lingua italiana, l'ordinanza di custodia cautelare non tradotta emessa nei suoi confronti è valida fino al momento in cui risulti la mancata conoscenza di detta lingua, che comporta l'obbligo di traduzione del provvedimento in un congruo termine; la mancata traduzione determina la nullità dell'intera sequenza di atti processuali compiuti sino a quel momento, in essa compresa l'ordinanza di custodia cautelare>>.

Tuttavia, in entrambe le ipotesi le nullità si qualificano di ordine generale a regime intermedio. Ne consegue che <<il soggetto alloglotta che lamenta la violazione delle sue prerogative difensive, per effetto della mancata traduzione del provvedimento restrittivo adottato nei suoi confronti, non può semplicemente limitarsi a dolersi dell'omissione, ma, in coerenza con la natura generale a regime intermedio delle nullità, che, nella specie, vengono in rilievo, ha l'onere di indicare l'esistenza di un interesse a ricorrere, concreto, attuale e verificabile, non rilevando, in tal senso, la mera allegazione di un pregiudizio astratto o potenziale (tra le altre, Sez. 2, n. 33455 del 20/04/2023, Mortellaro, Rv. 285186 - 01; Sez. 4, n. 4789 del 19/02/1992, Sità, Rv. 189947 - 01). L'interesse a dedurre una tale patologia processuale, infatti, sussiste soltanto se ed in quanto il soggetto alloglotta abbia allegato di avere subito, in conseguenza dell'ordinanza non tradotta, un pregiudizio illegittimo». (Sentenza al link)

Se le ss.uu. hanno il merito di ripudiare l'orientamento che negava la ricorrenza di alcun vizio dell'atto, in caso di omessa o tardiva traduzione, tuttavia è criticabile l'aver onerato la parte di dimostrare un pregiudizio a seguito della violazione del diritto alla traduzione. Se, a fronte della lesione di un diritto, il soggetto leso viene gravato di oneri di deduzione e probatori si finisce per alimentare il meccanismo  lesivo. Ma in ogni caso, a volere ragionare in termini di pregiudizio, nel caso di specie pare davvero che esso sia in re ipsa. Invero la suddetta violazione impedisce al ristretto di difendersi pienamente per sottrarsi alla privazione della libertà: non pare si debba chiedere altro.

Peraltro l'adesione delle SS.UU. alla tesi secondo le nullità a regime intermedio possono essere utilmente invocate soltanto se si dimostri la ricorrenza di un'offesa (ulteriore rispetto alla violazione del paradigma legale) rischia di avere effetti a vasto raggio

Insomma, si finisce per rinnegare le garanzie che si proclamano. 

17 giugno 2024

Pena pecuniaria in sostituzione di pena detentiva? La sentenza NON è appellabile

 



Per la Corte tutte le pene sostitutive NON detentive sono inappellabili, in tal modo, con riguardo alla pena pecuniaria viene superato un precedente a SS.UU. che ineriva la ammenda sostitutiva. Per i giudici di legittimità una lettura sistematica dell'art. 593 c.p.p. consente di verificare che <<il legislatore ha inteso ampliare l'area dell'inappellabilità a tutte le pene sostitutive non detentive, confinando il regime di appellabilità alle sole pene sostitutive della semilibertà sostitutiva e della detenzione domiciliare sostitutiva, che invece incidono sulla libertà personale del condannato>>.

La sentenza n. 20573/2024 al link 


14 giugno 2024

Delitto di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente – Configurabilità nel caso di concorso pubblico per la designazione di un dirigente sanitario – Esclusione – Ragioni.

 



La Sesta Sezione penale, in tema di reati contro la pubblica amministrazione, ha affermato che non è configurabile il delitto di turbata libertà di scelta del contraente, di cui all’art. 353-bis cod. pen., nel caso di procedura di concorso pubblico per la designazione di un dirigente sanitario, non essendo sufficiente, a tal fine, il richiamo all’esistenza di una procedura di valutazione comparativa finalizzata alla designazione dello stesso, atteso che, in tal caso, la scelta non ha riguardo all’individuazione di un “contraente” per cessione di beni o all’affidamento all’esterno dell’esecuzione di un’opera o della gestione di un servizio.



13 giugno 2024

Patteggiamento cd. allargato – Disposto di cui all’art. 444, comma 1, cod. proc. pen., novellato dall’art. 25, comma 1, lett. a), n. 1, d.lgs. n. 150 del 2022 – Accordo tra le parti per escludere pene accessorie obbligatorie – Legittimità

 



La Quinta Sezione penale, in tema di patteggiamento cd. “allargato”, ha affermato che, a seguito della modifica dell’art. 444, comma 1, cod. proc. pen., introdotta dall’art. 25, comma 1, lett. a), n. 1, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, rientra nel potere negoziale delle parti anche l’esclusione di pene accessorie obbligatorie.

12 giugno 2024

La richiesta di trattazione orale contenuta nell'atto di impugnazione NON è valida

La Corte di appello di Lecce, sezione di staccata di Taranto, ha proceduto alla trattazione cartolare del giudizio di impugnazione, ritenendo inammissibile la richiesta di discussione orale contenuta nell'atto di appello.

A fronte di ciò la difesa ha dispiegato ricorso per cassazione, rilevando che non ricorre alcuna previsione di inammissibilità dell'istanza di trattazione orale proposta in seno all'atto di impugnazione e che, pur volendo ammettere che la modalità di presentazione utilizzata non fosse aderente al dettato normativo,  s'imporrebbe una lettura costituzionalmente orientata della normativa in parola che comporterebbe l'accoglimento dell'istanza. 

I Giudici di legittimità,  dopo aver riportato il dato normativo ex art. 23-bis, d.l. 137/2020, conv. in I. 176/2020 (Disposizioni per la decisione dei giudizi penali di appello nel periodo di emergenza epidemiologica da COVID-19), hanno ritenuto che il termine perentorio di quindici giorni liberi prima dell'udienza impone che l'istanza possa essere presentata SOLTANTO a seguito della fissazione dell'udienza e quindi <<non può ritenersi validamente presentata una istanza di trattazione orale contenuta nell'atto di impugnazione>>. Peraltro la domanda di trattazione orale <<deve essere presentata ... per via telematica all'indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi della corte d'appello>>. 

Pertanto, la Corte di Cassazione, pur condividendo l'argomentazione difensiva secondo cui non è prevista alcuna causa di inammissibilità della domanda di trattazione orale formulata con l'atto di appello, hanno escluso che ricorresse alcuna nullità della sentenza, poichè tale istanza non era stata validamente formulata. Non si rinviene alcuna risposta alla deduzione difensiva secondo cui una lettura costituzionalmente orientata della normativa avrebbe dovuto condurre a ritenere legittima la richiesta di discussione orale inserita nell'atto di appello.(sentenza al link) 

11 giugno 2024

MODIFICA PROGRAMMA MAP SENZA CONSENSO IMPUTATO: NULLITà


A fronte del mutamento del programma di trattamento per la MAP, (nel caso di specie degli aspetti risarcitori in favore della p.o.), ad opera del giudice, senza avere previamente accertato il consenso dell'accusato, si verifica una nullità generale a regime intermedio, ex art. 178, lett. c) (sentenza al link) 

10 giugno 2024

RASSEGNA DELLE PRONUNCE DELLA CORTE COSTITUZIONALE IN MATERIA PENALE (Marzo 2024)

 




Rassegna delle pronunce della Corte costituzionale in materia penale (Marzo 2024)


 

Rel. n. 16/2024 (al link)

SOMMARIO

 

  1. Mancata previsione dell’avviso alla persona sottoposta alle indagini della Richiesta di archiviazione per intervenuta prescrizione del reato: non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale,  sollevate in riferimento agli artt. artt. 3, 24, comma secondo, 111, commi secondo e terzo, Cost., dell’art. 411, comma 1-bis, cod. proc. pen.
  2. Riparazione del danno cagionato da reato: illegittimità costituzionale, in riferimento all’art. 3 Cost., dell’art. 35 del d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274 nella parte in cui prevede che l’imputato possa procedere alla riparazione del  danno cagionato dal reato solo prima dell’udienza di comparizione, anziché entro la dichiarazione di apertura del dibattimento.
  3. Reato di appropriazione indebita: illegittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 27 Cost., dell’art. 646, comma primo, cod. pen. nella parte in cui prevede la pena della resclusione «da due a cinque anni» anziché «fino a cinque anni».
  4. Misure a tutela del decoro di particolari luoghi: inammissibilità della questione di legittimità costituzionale, sollevata in riferimento all’art. 16 Cost., degli artt. 9, comma 1, e 10, comma 1, del d.l. 20 febbraio 2017, n. 14,  convertito, con modificazioni, nella l. 18 aprile 2017, n. 48; infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale, sollevate in riferimento agli artt. 3, 16 e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 2 del Protocollo n. 4 alla CEDU, dell’art. 10, comma 2, del d.l. n. 14 del 2017, come convertito; infondatezza della questione di legittimità costituzionale, sollevata in riferimento all’art. 3 Cost., dell’art. 9, comma 1, del d.l. n. 14 del  2017, come convertito.
  5. Omessa previsione del potere del giudice di pronunciare sentenza di non doversi procedere nel caso di morte di un congiunto cagionata per colpa dell’agente: non fondate le questioni di legittimità costituzionale, sollevate in  riferimento agli artt. artt. 3, 13 e 27, comma terzo, Cost., dell’art. 529 cod. proc. pen. 2
  6. Reddito di cittadinanza: inammissibilità della questione di legittimità costituzionale, sollevata in riferimento agli artt. 2 e 27 Cost., degli artt. 3, comma 11, e 7, commi 1 e 2, del d.l. 28 gennaio 2019, n. 4; infondatezza delle  questioni di legittimità costituzionale, sollevate in riferimento all’art. 25 e all’art. 3 Cost., dei medesimi articoli

07 giugno 2024

La MAP non è (più) consentita per lo spaccio di lieve entità. Sollevata q.l.c. degli art. 168 bis c.p. e 550 cpp


La riforma del 2023 (D.L. 123/23, convertito in legge dalla L.159/23) ha innalzato la pena prevista per la fattispecie di lieve entità di cui all'art. 73 5 co. DPR 309/90 da 4 a 5 anni. Orbene, l'art. 168 bis c.p. consente di applicare la messa alla prova soltanto ai reati puniti con una pena non superiore nel massimo ad anni 4 e a quelli per i quali il Pubblico Ministero può esercitare l'azione penale con decreto di citazione diretta a giudizio ex art. 550 c.p.p.. Tuttavia la richiamata fattispecie delittuosa non rientra (ormai) in nessuna delle due ipotesi

Il Tribunale di Padova dubita della legittimità costituzionale di tale previsione. Invero l'Autorità giudiziaria veneta ritiene che l'attuale disciplina violi il principio di uguaglianza e ragionevolezza, ex art. 3 Cost., nonché il finalismo rieducativo della pena, ex art. 27 Cost..

Al riguardo nell'ordinanza di remissione si richiama - quale tertium comparationis- la fattispecie di istigazione all'uso illecito di sostanze stupefacenti, che, sebbene a mente dell'art. 82 1 comma del medesimo DPR, sia punita con una pena più severa di quella prevista per le condotte illecite cui all'art. 73 5 co., è stata esplicitamente inserita nel catalogo dei reati per i quali l'azione penale è esercitabili nelle forme dell'art. 550 c.p.p., di talché per essa è possibile accedere alla MAP. 

L'esclusione dalla MAP comprometterebbe poi le possibilità dell'accusato di riparare alla propria condotta, riducendo il pericolo di reiterazione dell'illecito e reinserendo l'imputato nel consesso sociale.  

A fronte di ciò, il Tribunale ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 168 bis c.p., 550 c.p.p. e 73 5 co. DPR 309/90 per violazione degli artt. 3 e 27 Cost., sebbene l'unica norma di fatto oggetto di censura sia l'art. 550 c.p.p. nella parte in cui non prevede anche l'ipotesi di lieve entità ex art. 73 DPR 309/90 tra i delitti per i quali sia esercitabile l'azione penale con il decreto di citazione diretta a giudizio.(ordinanza al link)

    

05 giugno 2024

Revisione del patteggiamento: le nuove prove devono essere tali da comportare il proscioglimento 129 c.p.p.


 

La Corte di cassazione è tornata a pronunciarsi sulla revisione della sentenza di patteggiamento, ribadendo che <<la revisione della sentenza di patteggiamento, che sia stata richiesta per la sopravvenienza o la scoperta di nuove prove, comporta una valutazione di queste ultime alla luce della regola di giudizio posta per il rito alternativo, con la conseguenza che le stesse devono consistere in elementi tali da dimostrare la sussistenza di cause di proscioglimento dell'interessato secondo il parametro di giudizio dell'art. 129 cod. proc. pen., sì come applicabile nel patteggiamento (cfr., in tal senso, tra le tante, Sez. 6, n. 5238 del 29/01/2018, Notarangelo, Rv. 272129 - 01; Sez. 6, n. 10299 del 13/12/2013 (dep. 04/03/2014), K. Rv. 258997 - 01, ; Sez. 4, n. 26000 del 05/03/2013, Paoli, Rv. 255890 - 01)>>.    (sentenza al link)

04 giugno 2024

In sede di opposizione alla revoca del gratuito patrocinio in un affare penale si applicano le norme del cpp.


A fronte della mancata comparizione dell'interessato nel giudizio di opposizione ex art. 99 DPR 115/2002, instaurato a seguito della revoca del beneficio del patrocinio a spese dello Stato in un giudizio di prevenzione, il Tribunale aveva dichiarato la cancellazione della causa dal ruolo e l'estinzione del giudizio,ai sensi dell'art. 181 cod.proc.civ.

Nondimeno, interposto ricorso per cassazione, i giudici di legittimità hanno annullato il decreto del Tribunale, precisando che al giudizio instaurato ex art. 99 DPR cit., se la revoca del gratuito patrocinio riguarda un affare penale, si applicano le norme del codice di procedura penale. 

(sentenza al link) 

03 giugno 2024

Signoria di fatto e responsabilità colposa: condizioni e limiti

 





In materia di cooperazione nel delitto di omicidio colposo (evento riguardante la violazione di norme di in sicurezza in condominio), la sentenza (al link) ha statuito che la responsabilità colposa può originare da una situazione di signoria di fatto, ma occorre la prova che l'agente abbia assunto la gestione del rischio 


01 giugno 2024

31 maggio 2024

Overtime per l'impugnazione dell'assente: la giurisprudenza di merito alla prova (non superata!) delle novità Cartabia. La Cassazione pone rimedio all'errore

 




Il Tribunale di Palermo, con sentenza emessa in data 7 febbraio 2023, ha dichiarato l'imputato colpevole dei reati a lui ascritti, ritenuti avvinti dalla continuazione, e lo ha condannato alla pena sospesa di un anno e tre mesi di reclusione ed euro 200,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali. 

Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Palermo ha dichiarato inammissibile per tardività l'appello proposto dall'imputato avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Palermo, di cui ha ordinato l'esecuzione.

Presentato ricorso avverso tale sentenza è stata dedotta inosservanza dell'art. 585, comma 1-bis, cod. proc. pen. 

La Corte di appello aveva erroneamente ritenuto l'appello tardivo, in quanto era stato presentato oltre il termine di quindici giorni dal deposito della sentenza impugnata; essendo, infatti, la stessa stata emessa con motivazione contestuale in data 7 febbraio 2023, il termine decorreva dalla lettura del provvedimento per tutte le parti che sono o devono considerarsi presenti in giudizio, secondo quanto disposto dall'art. 585, comma 2, lett. b), cod. proc. pen. 

L'appello depositato telematicamente in data 3 marzo 2023 era stato ritenuto inammissibile, essendo il termine per impugnare integralmente decorso in data 22 febbraio 2023. 

Tuttavia, il ricorrente deduce che l'art. 585, comma 1-bis, cod. proc. pen., introdotto dall'art. 33, comma 1, lett. f), del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (c.d. Riforma Cartabia) e in vigore dal 30 dicembre 2022, sancisce che «[i] termini previsti dal comma 1 sono aumentati di quindici giorni per l'impugnazione del difensore dell'imputato giudicato in assenza». Posto, pertanto, che l'imputtao è stato giudicato in primo grado in absentia, il termine per appellare la sentenza di primo grado scadeva il 9 marzo 2023 e non già il 22 febbraio 2023, come sostenuto dalla Corte di appello; l'appello era, dunque, tempestivo.

Il motivo è ritenuto fondato dalla corte regolatrice.

L'art. 585, comma 1-bis, cod. proc. pen., introdotto dall'art. 33, comma 1, lett. f), del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 del 2022 sancisce che «[i] termini previsti dal comma 1 sono aumentati di quindici giorni per l'impugnazione del difensore dell'imputato giudicato in assenza». 

Il disposto dell'art. 585, comma 1-bis, cod. proc. pen. è, del resto, applicabile nel caso di specie, in quanto la sentenza di primo grado è stata emessa in data 7 febbraio 2023. L'art. 89, comma 3, del medesimo d.lgs. n. 150 del 2022, del resto, sancisce, infatti, che «Le disposizioni degli articoli 157-ter, comma 3, 581, commi 1-ter e 1- quater, e 585, comma 1-bis, del codice di procedura penale si applicano per le sole impugnazioni proposte avverso sentenze pronunciate in data successiva a quella di entrata in vigore del presente decreto» ovvero al 30 dicembre 2022. Essendo stato, dunque, l'imputato giudicato in primo grado in absentia, il termine di trenta giorni per appellare la sentenza di primo grado, decorrente dalla lettura in udienza della sentenza contestuale, secondo quanto disposto dall'art. 585, comma 2, lett. b), cod. proc. pen., scadeva il 9 marzo 2023 e non il 22 febbraio 2023, come erroneamente ritenuto dalla Corte di appello. L'appello proposto nell'interesse dell'imputato in data 3 marzo 2023 è, dunque, tempestivo. 

Scarica la sentenza della Corte di Cassazione al link.


Della questione ci eravamo occupati qui  Alcune domande sull'appello Cartabia a Filippo GIUNCHEDI.

Si era osservato:

Il nuovo termine per impugnare le sentenze rese nei confronti dell’assente è stato ampliato in favore del solo difensore. Si tratta di una svista oppure di una reale deroga al principio di cui all’art. 585 III co. c.p.p.?

La finalità di questo termine diversificato risponde alla necessità di consentire al difensore di potersi rapportare con il proprio assistito anche al fine di farsi rilasciare l’apposito mandato ad impugnare.

L’arguta domanda, ovvero se l’addenda di quindici giorni prevista per il solo difensore dell’assente prevista dal comma 1-bis dell’art. 585 c.p.p. costituisca una deroga al principio di cui al comma 3 del medesimo articolo, pone un tema che non è stato particolarmente problematizzato nei primi commenti alla integrazione effettuata dal legislatore.

A mio avviso, sarebbe erroneo applicare la disciplina prevista dal predetto comma 3 in quanto questo si riferisce alla decorrenza del termine per impugnare, mentre l’addenda prevista dal comma 1-bis attiene ai termini per proporre impugnazione. Considerato che l’assente è rappresentato dal difensore con tutte le conseguenze che ne derivano in ipotesi di difficoltà di quest’ultimo a prendere contatto con il proprio assistito – aspetto che costituisce la ratio del nuovo comma 1-bis –, in realtà la situazione che si prospetta pare quella che il legislatore non abbia considerato la possibilità per l’imputato assente di proporre autonomamente appello – questo problema non si pone per il ricorso in cassazione in ragione del tenore dell’art. 613, comma 1, c.p.p. –, concentrandosi, invece, sulla necessità per il difensore di fruire del tempo necessario per poter consultarsi con il proprio assistito in ordine all’an e al quomodo dell’impugnazione.

Ne consegue che deve ritenersi che per l’imputato assente il termine per proporre appello non fruisca della dilatazione di quindici giorni prevista dall’art. 585, comma 1-bis, c.p.p.  

30 maggio 2024

La prima sezione riapre la questione della concedibilità sospensione condizionale dopo l'estinzione reato patteggiato


 

In questi anni ci siamo più volte occupati degli effetti estintivi, sulla pena sospesa, del patteggiamento, ai fini della concessione di un'ulteriore sospensione condizionale. Dapprima abbiamo dato conto, con un post di Marco Siragusa di un indirizzo di merito della Corte di appello di Palermo (post di Marco Siragusa al link) e più recentemente di una sentenza di legittimità che riteneva che l'effetto estintivo non "azzerasse" anche la precedente concessione del beneficio (post del 23.04.2024 al link) 

Tuttavia con una sentenza ricca di spunti la prima sezione è ritornata sul tema. 

Al riguardo la Corte ha annullato con rinvio una pronuncia della Corte di appello di Catania che aveva ritenuto precluso l'accesso alla nuova sospensione condizionale, giacchè sommando la pena estinta e sospesa con quella ora irrogata, si superavano i due anni di detenzione. 

La Corte di legittimità ha però osservato che i giudici distrettuali <<hanno trascurato di considerare che, essendo stata la pena più risalente applicata su richiesta di parte, il decorso di cinque anni, a far data dall'irrevocabilità della sentenza (nel caso di specie intervenuta il 14 aprile 1993), ha determinato l'estinzione di quel reato ... . Si impone, pertanto, limitatamente alla sospensione condizionale della pena, l'annullamento della sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Catania per un nuovo giudizio sul punto>>. (sentenza al link) 

La pronuncia della Corte rileva inoltre per altri due aspetti

anzitutto nella sentenza si afferma che l' effetto estintivo si è prodotto ipso iure ed a prescindere dall'adozione di apposito provvedimento. Al riguardo segnaliamo che, più volte, la giurisprudenza amministrativa si è mostrata di diverso avviso, ritenendo che  <<l'estinzione del reato ... non è automatica per il mero decorso del tempo, ma deve essere formalizzata in una pronuncia espressa del giudice dell'esecuzione penale, che è l'unico soggetto al quale l'ordinamento attribuisce il compito di verificare la sussistenza dei presupposti e delle condizioni per la relativa declaratoria, con la conseguenza che, fino a quando non interviene tale provvedimento giurisdizionale, non può legittimamente parlarsi di "reato estinto" e il concorrente non è esonerato dalla dichiarazione dell'intervenuta condanna>> (cfr. Consiglio di Stato sez. VI, 02/01/2024, (ud. 30/11/2023, dep. 02/01/2024), n.19 nonchè Cons. Stato, sez. V, 12 dicembre 2018 n. 7025; Id., sez. III, 29 maggio 2017, n. 2548);

ancora, sebbene implicitamente, la Corte ha ritenuto che, ai fini della prescrizione,  si continui ad applicare, anche ai reati commessi dopo l'entrata in vigore della legge Orlando, il regime della legge Cirielli, così confermando l'indirizzo cui ha esplicitamente aderito la III sezione  (nostro post al link)  

 




29 maggio 2024

Termine a comparire in appello: in attesa delle sezioni unite, la IV rilancia i 40 giorni.

 

Da tempo ci occupiamo della vexata quaestio sul termine a comparire in appello. Chi segue questo blog sa bene che innanzi alla Corte di legittimità si sono registrati esiti assolutamente difformi, talora innazi alla stessa sezione, fino a che all'udienza del 05.04.2024 la seconda sezione, attraversata da un contrasto interno, ha rimesso con doppia ordinanza la questione alle sezioni unite. 

In attesa del massimo consesso di legittimità, il tema si è riproposto innanzi alla IV sezione, che già con la sentenza  n. 7104/24 si era pronunciata in favore del termine pari a 40 gg., e la sezione, all'udienza del 10.04., ha ribadito il suo orientamento (sentenza della IV al link) 

Allora aggiorniamo la nostra tabella, ovviamente rappresentando che ci potrebbbero essere ulteriori pronunce sfuggite alla nostra attenzione.

Estremi sentenza

20gg

40gg

 

Sez. IV 48056/23

 

X

 

Sez. II 49644/23

 

X

 

Sez. V 5347/24

X

 

 

Sez. III 5481/24

 

X

 

Sez. II 6010/24

X

 

 

Sez. IV 7204/24

 

X

 

Sez. II 7990/24

X

 

 

Sez. VI 12157/24

 

X

 

Sez. II 12621/24

X

 

Censura inammissibile

Sez. V 14344/24

X

 

Censura inammissibile

Sez. IV 20334/24

 

X

 

Sez. II 16364/24

 

 

Ordinanza remissione a SS.UU.

Sez. II 16365/24

 

 

Ordinanza remissione a SS.UU.

 

   

 

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