18 dicembre 2024

Pagare le imposte con prestiti di denaro illecito non esclude il profitto da reato.


La Corte di cassazione ha esaminato il ricorso cautelare di una società a responsabilità limitata che aveva patito il sequestro per equivalente del profitto del reato, ex art. 19 comma 2  D.lgs. 231/01 in relazione al reato presupposto di cui all'art. 25 octies del medesimo decreto. Nel caso di specie la legale rappresentante e socia unica della società aveva <<consapevolmente ricevuto somme di denaro di provenienza illecita, in difetto di alcun legame funzionale o di rapporti commerciali con l'ente che aveva eseguito i bonifici, ente pacificamente operante in violazione di norme tributarie>>.  Con tali somme l'interessata aveva finanziato la società al fine di adempiere <<alle obbligazioni tributarie (possibilità che, in difetto dell'erogazione di quelle somme, non si sarebbe potuta realizzare così assumendo sia il rischio di iniziative esecutive o di liquidazione giudiziale, sia il pericolo per la società di esser posta fuori dal mercato)>>. Per la difesa la fattispecie concreta escludeva la stessa ricorrenza di un vantaggio patrimoniale per la società, giacchè quest'ultima aveva assunto un debito nei confronti del socio finanziatore. Tale ricostruzione è stata però disattesa dalla Corte perchè attraverso il pagamento delle imposte, l'impresa aveva in sostanza schivato rischi per la sua stessa sopravvivenza. Resta dunque irrilevante, per escludere la sussistenza di un profitto da reato, la destinazione delle somme ab origine illecite.   (sentenza al link).


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