Professore, al di là dei contenuti del disegno di legge costituzionale 1917 A.C., Lei è in linea di principio favorevole o contrario alla separazione delle carriere?
Sono senz’altro favorevole alla separazione delle carriere perché, in un assetto processuale imperniato sulla separazione delle funzioni, è quantomai incongrua l’idea che giudicanti e requirenti restino invece perfettamente uniti sul piano ordinamentale.
Taluni lamentano che la riforma sia estranea ai problemi della giustizia. Ma non si potrebbe obiettare che essa abbia a che fare con le garanzie processuali e quindi con la stessa nozione di giustizia?
Bisogna essere chiari. Quella sulla separazione delle carriere è una battaglia di civiltà giuridica perché un giudice non potrà mai essere o comunque apparire realmente terzo ed imparziale come impone la Costituzione – specialmente agli occhi dei cittadini che si trovano a dover entrare in contatto con il circuito giudiziario - fino a quando continuerà a condividere con una parte processuale tutto ciò che lo riguarda al di fuori del processo, dalla preparazione e partecipazione al concorso, alle attività formative, alla gestione e alla valutazione delle carriere, fino al momento cruciale del controllo disciplinare.
Guardiamo adesso al disegno di legge del Governo: si prevede l’introduzione di due CSM i cui membri saranno estratti a sorte. Tale modalità di formazione dei consigli superiori la convince?
Si tratta di una modalità che, pur mortificando il principio democratico, si presta se non altro a superare le criticità e i rischi che hanno dimostrato di annidarsi negli interstizi e nelle fragilità dell’assetto vigente.
Con specifico riguardo alla “gemmazione” del CSM è possibile che un CSM di soli requirenti galvanizzi la componente meno garantista dei pubblici ministeri?
Questa preoccupazione la trovo totalmente infondata. Per formazione culturale e per ruolo istituzionale, il pubblico ministero persegue l’interesse pubblico la cui realizzazione passa necessariamente attraverso il rigoroso rispetto delle garanzie processuali che la legge, in attuazione della Carta costituzionale, riconosce all’imputato. Su questo punto, la struttura e la composizione dell’organo di autogoverno non possono e non devono incidere in alcun modo.
Il D.d.l. prevede la separazione dei consigli, ma assegna ad un organo unitario - l’Alta Corte- la competenza disciplinare per giudicanti e requirenti, concorda con questa soluzione?
Francamente, al netto di comprensibili esigenze semplificatorie, mi sembra una soluzione disallineata rispetto allo spirito generale della novella, dal sapore sostanzialmente compromissorio.
L’art. 106 cost. riformato affida al CSM giudicante la nomina dei consiglieri di cassazione, ponendo sullo stesso piano magistrati requirenti e avvocati. Potrebbe mutare qualcosa nella cultura della Cassazione?
E’ il logico svolgimento della separazione ordinamentale delle due carriere. Quello che però auspico è che la riscrittura dell’art. 106 Cost. possa in qualche modo fare da volano per una maggiore transizione degli avvocati nei ruoli della magistratura di legittimità: come i padri costituenti avevano felicemente intuito, la Corte di Cassazione, per assolvere al meglio alla sua funzione di organo di vertice della giurisdizione, ha bisogno di poter attingere alle sensibilità di tutti gli studiosi e operatori del diritto, compresi naturalmente gli esponenti della classe forense, quali insostituibili conoscitori della dimensione umana delle norme e del peso esistenziale della giustizia.
(*) Luigi Ludovici: c.v. al link (per il c.v. clicca qui)