28 maggio 2025

Disciplinare: impossibilità di cancellarsi dall'albo in pendenza giudizio disciplinare. Incostituzionale.

 

Con ordinanza del 12 luglio 2024, la Corte di cassazione, sezioni unite civili, aveva sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3, 4, 35 e 41 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 57 della legge 31 dicembre 2012, n. 247 (Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense) che, in tema di procedimento disciplinare a carico degli avvocati, dispone che «durante lo svolgimento del procedimento, dal giorno dell’invio degli atti al consiglio distrettuale di disciplina non può essere deliberata la cancellazione dall’albo». La questione era stata sollevata dalle Sezioni unite della Corte di cassazione nell’ambito di un giudizio concernente il rigetto dell’istanza di cancellazione dall’albo, avanzata da un avvocato in considerazione delle gravi patologie che gli impedivano di svolgere la professione, rigetto motivato dall’Ordine forense in ragione della pendenza di diversi procedimenti disciplinari a suo carico.

La Corte costituzionale ha ritenuto fondata la censura di costituzionalità.  

Invero, il Giudice delle leggi, ha osservato che <<il divieto di cancellazione dall’albo, pur mirando a scongiurare il rischio che, con la rinuncia all’iscrizione, l’iniziativa disciplinare possa essere vanificata, comporta che, per l’intera durata del procedimento, l’avvocato non possa esercitare i diritti e le libertà di rango costituzionale – come la libertà di revocare l’adesione al gruppo professionale, il diritto di fruire di determinate prestazioni previdenziali o assistenziali per le quali la legge richiede la cancellazione, e la libertà di intraprendere una diversa attività lavorativa – che si esplicano attraverso la fuoriuscita dalla compagine professionale o che, comunque, la presuppongono>>, con conseguente violazione dell'art. 2 della Costituzione. 

La Corte ha poi ritenuto che <<la norma in esame confligge anche con l’articolo 4 della Costituzione, in quanto incide in maniera sproporzionata sulla libertà di lavoro dell’avvocato che richieda di cancellarsi dall’albo avendo intenzione di cessare l’esercizio della professione, ed eventualmente intraprendere una diversa attività lavorativa al cui svolgimento sia di ostacolo l’appartenenza all’ordine>>. 

Inoltre, se è pur vero – ha argomentato la Corte – che <<la disciplina in questione è funzionale al proficuo esercizio dell’azione disciplinare, il quale, a sua volta, è posto a presidio di interessi che trascendono la dimensione interna della categoria professionale per attingere valori primari della persona. Non di meno, tra le misure idonee a realizzare tale, pur legittimo, fine il divieto di cancellazione dall’albo non rappresenta la meno restrittiva possibile dei diritti fondamentali in potenziale tensione, così ponendosi in contrasto anche con l’articolo 3 della Costituzione>>(sentenza al link)


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