Il Tribunale di Sorveglianza di Palermo aveva sollevato qlc. dell'art. 16, comma 5, del t.u. immigrazione, ritenendo che, salvo il ricorrere di talune condizioni ostative all'espulsione previste dal medesimo articolo, l'enunciato normativo preveda un automatismo espulsivo dello straniero detenuto, privo di un titolo abilitante al soggiorno in Italia.
La Corte Costituzionale dopo aver rammentato che <<i presupposti per l’espulsione previsti dall’art. 16, comma 5, t.u. immigrazione sono cinque: a) lo stato detentivo; b) la durata della pena residua non superiore a due anni; c) l’identificazione certa del soggetto, tanto che, ai sensi del comma 6 del medesimo art. 16, non può procedersi all’espulsione di straniero non identificato; d) il fatto che la pena in corso di espiazione non sia stata irrogata per i delitti previsti dall’art. 12, commi 1, 3, 3-bis e 3-ter dello stesso testo unico, ovvero per uno o più delitti previsti dall’art. 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, fatta eccezione per quelli consumati o tentati di cui agli artt. 628, terzo comma, e 629, secondo comma, del codice penale; e) infine, l’irregolarità del soggiorno, dovendo lo straniero trovarsi in una delle condizioni previste dall’art. 13, comma 2, t.u. immigrazione, che legittimano l’espulsione amministrativa>>, ha precisato che NON sussiste alcun automatismo espulsivo, dovendo il magistrato di sorveglianza procedere a una ponderazione di interessi quanto agli effetti dell’eventuale espulsione sulle condizioni personali e familiari della persona interessata, la quale, giova ribadirlo, si trova in una condizione che ne imporrebbe, comunque, l’espulsione una volta espiata la pena.