nell’anno ‘zero’ della riforma cartabia sui cui il Governo ripone tante aspettative per assicurare una migliore efficienza della Giustizia penale, gli operatori del diritto non hanno mancato e non mancano di muovere alcune preoccupazioni di cui solo la pratica applicazione della nuova disciplina dimostrerà (lo si spera) la infondatezza.
In particolare in questo breve scritto ci si vuole soffermare sulla disciplina delle notifiche all’imputato ‘libero’, mentre, come è noto, la legge delega 27 settembre 2021 n. 134 rimane silente in relazione alle notifiche a soggetti diversi dall’imputato.
Ebbene, la legge delega prevede che la prima notificazione (con la quale l’imputato prende cognizione del procedimento) e quella dell’atto che ne dispone la citazione a giudizio dovranno essere effettuate personalmente all’imputato non detenuto o internato, tramite consegna a mani o con altre modalità comunque idonee a garantire che lo stesso venga a conoscenza della data e del luogo del processo e del fatto che la decisione potrà essere presa anche in sua assenza, mentre per gli atti successivi la delega prevede la notifica al difensore, sul quale graverà l’onere di informare il proprio assistito, così diventando, di fatto, un domiciliatario ex lege di quest’ultimo.
L’art. 1 comma 6 L. n. 134/2021 pone un adempimento preliminare per l’imputato non detenuto o non internato, in quanto istituisce l’obbligo per quest’ultimo, fin dal primo contatto con l’autorità procedente, di indicare anche i recapiti telefonici e telematici di cui egli dispone.
Ma soprattuto la delega prevede una modifica dell’art. 161 c.p.p. in modo tale da consentire all’imputato non detenuto o internato di dichiarare domicilio ai fini delle notificazioni anche presso un proprio recapito telematico.
Ora, muovendo dal mio osservatorio di giudice monocrativo, sovviene qualche dubbio circa la applicazione pratica di tale sistema di notifica telematica, ove è evidente che il riferimento sia a un indirizzo di posta elettronica e certificata. E invero, a tutt’oggi riscontro che il livello di alfabetizzazione e, a ancor più, di informatizzazione di molti imputati è alquanto carente (soprattutto ove si tratti di soggetti in età avanzata). Ma non solo: laddove si tratti di imputati nullatenenti e nullafacenti, riesce difficile immaginare che siano forniti di sistemi telematici.
Anche il recapito telefonico mi lascia alquanto perplessa, considerato che, ben potendo l’intestario di un apparecchio di telefonia mobile essere diverso dal suo effettivo utlizzatore, non si avrebbe alcuna certezza che la notifica sia stata fatta al reale destinatario.
Appare quindi evidente che la citazione a mani proprie è quella che più di ogni altra offre garanzie in ordine alla effettiva conoscenza dell’atto da parte del destinanatario.
E tuttavia, come nel passato, anche tale sistema non si sottrae ad alcune critiche, laddove le schede dl lettura del nuovo testo indicano la notifica a soggetti titolati, ad esempio il familiare convivente, che però ben potrebbe non avvertire mai l’interessato dell’avvenuta notifica o trasformarsi in un espediente, da parte dell’imputato, per sostenere pretestuosamente di non essere mai stato informato del procedimento a suo carico.
Per quanto riguarda gli ‘atti successivi’, la notifica a mezzo del difensore sottintende che l’imputato abbia l’onere di indicare al difensore un recapito idoneo ove effettuare le comunicazioni, che potrà essere anche telematico o telefonico e abbia altresì l’onere di informare il difensore di ongi eventuale mutamento di tale recapito.
Si viene quindi a gravare il difensore del delicato compito di assicurare la effettività delle notificazioni in materia penale, così sottraendo tempo ed energie tempo ad attività più importanti in favore del suo assistito, quali, ad es., lo studio del processo o la ricerca di prove a discolpa.
E’ pur vero che la riforma ha previsto una deroga prevedendo che non costituisce inadempimento degli obblighi defensionali la omessa o ritardata comunicazione all’assistito, imputabile al fatto di quest’ultimo. E tuttavia tale deroga apre alla allegazione di circostanze impeditive che necessariamente dovranno essere valutate in concreto dal giudice, cosi’ lasciando margine alla discrezionalità di quest’ultimo di verificare se un effettivo e concreto ritardo sia addebitabile all’imputato, che ben potrebbe essere mosso solo da intenti dilatori.
La questione non è di poco conto se si pensa che in caso di rinvio del processo per difetto di notifica all’imputato, non è prevista alcuna sospensione dei termini di prescrizione del reato, con la conseguenza che tale adempimento ben può prestarsi a diventare un mezzo per allontanare nel tempo la sentenza definitiva.
Si impone pertanto, a mio modesto avviso, una riflessione sull’intero sistema delle notifiche, così da ridurre gli atti processuali soggetti a necessaria notifica all’imputato e/o al suo difensore. Si pensi all’avviso di conclusione delle indagini preliminari e al primo atto in cui la persona indagata assume la qualità di imputato, mentre potrebbe rimanere onere ed esclusivo interesse di quest’ultimo seguire le successive fasi del processo a suo carico, così scongiurando che le garanzie difensive pregiudiuchino la speditezza del processo
Occorre dunque un illuminismo temperato in cui calare la “scienza dei codici” nelle concrete difficoltà della vita giudiziaria.
(*) Daniela Vascellaro: Laureata con lode all'Università di Pavia, ha svolto il periodo di uditorato nel distretto della Corte di Appello di Milano.