13 dicembre 2020

Il Disegno di legge del Ministro Bonafede: le riflessioni di Daniele Livreri


Qualche giorno fa un collega mi diceva che ormai la domenica scruta il tempo e se vede il cielo uggioso si aspetta un mio contributo più o meno delirante – in realtà lui è stato più cortese - su questo blog. Non accennando il tempo atmosferico a mutare continuo a scrivere. 

Ho scelto come passatempo l’amena lettura del disegno di legge presentato dal Ministro Bonafede per la  “Delega al Governo per l’efficienza del processo penale e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari pendenti presso le corti d’appello”.  Già il titolo non mi pare ben formulato: perché l’obiettivo della celere definizione dovrebbe riguardare il solo processo di secondo grado? 

Ma in ogni caso, intraprendo la lettura della presentazione del Disegno di legge, rimanendo ben presto sorpreso dalla descrizione della riforma in tema di regole di giudizio per l’esercizio dell’azione penale e di adozione del decreto che dispone il giudizio. 

Questa la frase che mi colpisce: <<non sarà più richiesta la sola sostenibilità dell’accusa in giudizio quale parametro per l’esercizio dell’azione penale o per il rinvio a giudizio, ma occorrerà che il pubblico ministero e il giudice dell’udienza preliminare siano in grado di prevedere che il giudizio dibattimentale si concluda con una sentenza di condanna del responsabile. Attraverso la formulazione di tali stringenti regole di giudizio si intende evitare inutili esperienze processuali destinate sin dall’origine ad avere esiti assolutori scontati>>.

Francamente mi pare che se questo è l’animus sotteso alla novella è meglio lasciar perdere, almeno per questa parte della riforma. 

In sostanza, nell’intento di deflazionare il numero di processi, dovremmo anzitutto trasformare l’imputato in un presunto colpevole, perché mi pare che di questo si tratti, ove il rinvio a giudizio sia emesso a seguito di un giudizio prognostico di condanna e non di mera valutazione sulla sostenibilità dell’accusa. 

Non poco mi stupisce poi che un Giudice sia chiamato a operare una prognosi sull’esito del giudizio a prescindere dalle prove offerte dalla difesa o anche dalla sola acquisizione delle prove in contraddittorio.   

Proviamo inoltre ad immaginare cosa significherebbe per l’imputato l’esercizio dell’azione penale o peggio ancora il rinvio a giudizio in un processo che riscuota un qualche interesse mediatico. Ed ancora siamo sicuri che tutto ciò non possa avere seri riflessi lavorativi o amministrativi per il rinviato a giudizio?       

Peraltro, il giudizio prognostico di condanna, salvo una mia cattiva lettura, sarebbe immotivato e forse è anche giusto, se il rinvio a giudizio resta un mero atto di impulso processuale. Ma in tal modo l’imputato non potrebbe neppure capire sulla scorta di quale ragionamento egli è diventato un “colpevole che cammina”.  

Mi pare poi che anche oggi se l’esito assolutorio appare scontato, il Pubblico Ministero e il Giudice abbiano strumenti per evitare che il procedimento prosegua.

A fronte di tutto ciò non credo neppure che la invocata riforma possa deflazionare il carico processuale: davvero qualcuno pensa che, a numeri invariati, si possa pretendere che il PM e il GUP possano condurre il giudizio richiesto nel disegno di legge del Ministro? Ma, sul piano delle garanzie, questo è davvero l’ultimo degli argomenti.    

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