02 dicembre 2020

Sulla tempestività della impugnazione spedita a mezzo raccomandata - di Ciro Iorio (*)


Con una recente sentenza la Corte di Cassazione ha affrontato la questione relativa alla tempestività del ricorso in relazione alla modalità di presentazione dello stesso, affermando il seguente principio di diritto: “nel caso di ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello spedito a mezzo di raccomandata direttamente alla Corte di cassazione, e quindi in violazione delle modalità di presentazione dell'impugnazione previste dall'art. 582, comma 2, cod. pen., il ricorso si considera proposto nel momento in cui perviene alla cancelleria della Corte di cassazione, non trovando applicazione il disposto dell'art. 583, comma 2, cod. proc. pen”. (Cfr. Cass. 32740 del 24 novembre 2020).

È noto come le parti e i difensori possano proporre l'impugnazione con atto da trasmettersi a mezzo di raccomandata alla cancelleria indicata nell'articolo 582 comma 1", ossia alla "cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato".

Ove siano rispettate tali formalità trova applicazione l'art. 583, comma 2, a tenore del quale "l'impugnazione si considera proposta nella data di spedizione della raccomandata".

Nel caso, invece, di ricorso spedito direttamente alla corte di Cassazione, e non alla cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato, si ritengono violate le modalità di presentazione e di spedizione dell’impugnazione che sono tassative e inderogabili.

Di conseguenza, non essendo state rispettare le formalità prescritte dall'art. 582 cod. proc. pen., non trova applicazione il compia 2 dell'art. 583 cod. proc. pen. - che fa retroagire alla data di spedizione della raccomandata il momento in cui l'impugnazione si considera proposta - ma occorre considerare il momento in cui il ricorso è pervenuto alla Corte di cassazione.

La sentenza appare interessante anche perché offre spunti per approfondire le modalità attraverso le quali può essere validamente presentata una impugnazione, non necessariamente con riferimento alla sua tempestività.

Infatti la sentenza in commento, richiamando un altro orientamento giurisprudenziale di legittimità, ribadisce come le modalità di presentazione e di spedizione della impugnazione siano tassative ed inderogabili.

Tali rilievi appaiono di notevole importanza ove si considerino i recenti interventi normativi d’urgenza posti in essere per fronteggiare l’emergenza epidemiologica Covid-19.

In tal senso i commi 4 e 5 dell’art. 24 decreto-legge 28 ottobre 2020 n. 137 così prevedono: “Per tutti gli atti, documenti e istanze comunque denominati diversi da quelli indicati nei commi 1 e 2, fino alla scadenza del termine di cui all'articolo 1 del decreto legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35, è consentito il deposito con valore legale mediante posta elettronica certificata inserita nel Registro generale degli indirizzi di posta elettronica certificata di cui all'art. 7 del decreto del Ministro della giustizia 21 febbraio 2011, n. 44”.

Nonostante la portata innovativa della normativa di recente introduzione, la Cassazione ha ribadito l’inammissibilità delle impugnazioni a mezzo pec, confermando analoghi e più risalenti indirizzi giurisprudenziali (Cfr. Cass. 32566/2020. Ce ne siamo occupati su questo Blog al link 👉 "Gli strali della Cassazione su PEC ed impugnazioni. Osservazioni ad una prima lettura della nota sentenza Cass. pen. Sez. I, n. 32566 del 3.11.2020 -dep. 19.11.2020 - con il commento del dott. Lorenzo Jannelli).

Invero, la S.C. già in passato ha già puntualizzato che «È inammissibile l'opposizione a decreto penale di condanna presentata a mezzo di Posta Elettronica Certificata, trattandosi di modalità non consentita dalla legge, stante il principio di tassatività ed inderogabilità delle forme per la presentazione delle impugnazioni» (Sez. 3, n. 50923 dell'11/07/2017, Giacinti, Rv. 272095-01; in conformità, da ultimo, Sez. 4, n. 21056 del 23/01/2018, D'Angelo, Rv. 272740-01, che in motivazione, alle pp. 2-6, ricostruisce puntualmente lo "stato dell'arte" circa il possibile impiego della posta elettronica in materia penale). 

Inoltre, la Cassazione in altra pronuncia ha ribadito che «è inammissibile il ricorso per cassazione avverso il provvedimento di revoca dell'ammissione al gratuito patrocinio proposto mediante l'uso della posta elettronica certificata (PEC), in quanto le modalità di presentazione e di spedizione dell'impugnazione, disciplinate dall'art. 583 cod. proc. pen., sono tassative ed inderogabili e nessuna norma prevede la trasmissione mediante l'uso della PEC» (Sez. 4, n. 18823 del 30/03/2016, Mandato, Rv. 266931-01). 

Recentemente si è pure precisato che neppure l'impugnazione cautelare a mezzo posta elettronica certificata è possibile: «è inammissibile l'impugnazione cautelare proposta dall'indagato mediante l'uso della posta elettronica certificata (c. d. PEC), in quanto le modalità di presentazione e di spedizione dell'impugnazione, disciplinate dall'art. 583 cod. proc. pen. - espressamente richiamato dall'art. 309, comma 4, che, a sua volta, è richiamato dall'art. 310, comma 2, cod. proc. pen. - sono tassative e non ammettono equipollenti, stabilendo soltanto la possibilità di spedizione dell'atto mediante lettera raccomandata o telegramma, al fine di garantire l'autenticità della provenienza e la ricezione dell'atto, mentre nessuna norma prevede la trasmissione mediante l'uso della PEC. (In motivazione la Corte ha evidenziato che tali previsioni processuali costituiscono le specifiche disposizioni normative che rendono inapplicabile il d.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68, regolamento per l'utilizzo della posta elettronica certificata, ai sensi dell'art. 16 del medesimo decreto)» (Sez. 3, n. 38411 del 13/04/2018, B., Rv. 276698-01). 

Stessa argomentazione la Cassazione ha in passato articolato per la presentazione di memorie: «È inammissibile la presentazione di memorie, in sede di legittimità, mediante l'uso della posta elettronica certificata (PEC) )» (In motivazione, la S. C. ha precisato che non è estesa al giudizio penale in cassazione la facoltà di deposito telematico - prevista per il giudizio civile di legittimità ai sensi del D.L. n. 179 del 2012, convertito con modifiche in legge n. 221 del 2012 - di istanze non aventi immediata incidenza sul processo quali, a titolo esemplificativo, richieste di sollecita fissazione o riunione di ricorsi, di differimento della trattazione, di assegnazione alle Sezioni Unite) (Cfr. Sez. 3, n. 48584 del 20/09/2016, Cacciatore, Rv. 268192-01). 

Tutte le pronunzie richiamate sono state adottate in relazione ad impugnazioni delle parti private

Passando alle iniziative impugnatorie della Parte pubblica, si rinviene una decisione della S.C. che ha dichiarato inammissibile l'impugnazione cautelare proposta dal P. M. mediante l'uso della posta elettronica certificata (c. d. PEC), in quanto le modalità di presentazione e di spedizione dell'impugnazione, disciplinate dall'art. 583 cod. proc. pen. - esplicitamente indicato dall'art. 309, comma quarto, a sua volta richiamato dall'art. 310, comma secondo, cod. proc. pen. - e applicabili anche al pubblico ministero sono tassative e non ammettono equipollenti, stabilendo soltanto la possibilità di spedizione dell'atto mediante lettera raccomandata o telegramma, al fine di garantire l'autenticità della provenienza e la ricezione dell'atto, mentre nessuna norma prevede la trasmissione mediante l'uso della PEC» (Sez. 5, n. 24332 del 05/03/2015, Pmt in proc. Alamaru e altri, Rv. 263900-01). 

Ancora si è affermato quanto segue: «Osserva [...] il Collegio che, costituisce espressione di un orientamento ermeneutico incontroverso, il principio secondo cui, nei procedimenti penali instaurati davanti alla Corte di cassazione, non è consentita la presentazione di atti di impugnazione mediante posta elettronica certificata (Sez. 3, n. 6833 del 26/10/2016, dep. 2017, Manzi, Rv. 269197; Sez. 3, n. 48584 del 20/09/2016, Cacciatore, Rv. 268162). 

Nel giudizio penale davanti alla Corte di cassazione non è pertanto consentito il deposito degli atti di impugnazione mediante posta elettronica certificata, non essendo permessa la presentazione dei ricorsi con modalità diverse da quelle previste a pena di inammissibilità, in assenza di norme derogatorie o che comunque lo consentano espressamente» (Sez. 1, n. 15546 del 06/03/2018, P.G. L'Aquila in proc. Ricci ed altri).

(*) Ciro Iorio: è avvocato del Foro di Napoli Nord in Aversa. Autore di oltre cinquanta pubblicazioni giuridiche in tema di diritto e procedura penale edite dal portale tematico di Giuffrè Editore “ilPenalista.it”, dalle Case Editrici Dike Giuridica, Nuova Giuridica e dalla rivista Gazzetta Forense. Ha dato alle stampe per la Rivista “Diritto e Giurisprudenza Commentata”, edita da Dike Giuridica, due pubblicazioni sul nesso di causalità e sui rapporti tra i delitti di riciclaggio, ricettazione e associazione a delinquere. E’ Autore di diversi contributi di diritto penale sostanziale e processuale in opere monografiche, edite da Dike Giuridica, tra cui la Legge Anticorruzione, con prefazione del Prof. Franco Coppi, il Femminicidio, La Depenalizzazione, La nuova legge anticorruzione, c.d. spazzacorrotti, Confische penali


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