Il legislatore, nel tentativo di superare definitivamente il millenario istituto della contumacia, ha introdotto con la riforma del 2014, una nuova disciplina del procedimento nei confronti dell’assente costruita sulla base di rimedi di carattere preventivo e restitutorio (sul tema, ex plurimis, sulla l. 28 aprile 2014, n. 69, Vigoni (a cura di), Il giudizio in assenza dell’imputato, Giappichelli, 2014, nonché, più di recente, Rombi, Il diritto alla presenza processuale. Garanzie, limiti, rimedi, Cedam, 2020).
I primi mirano ad evitare sin dal principio l’instaurazione del processo, qualora non si abbia la certezza che l’imputato è a conoscenza dell’accusa e del procedimento incardinato a suo carico, e si concentrano nelle previsioni contenute negli artt. 420-bis, 420-quater e 420-quinquies del codice di rito.
In estrema sintesi, alla luce dei criteri indicati nell’art. 420-bis, il giudice deve valutare se l’imputato non comparso in udienza sia effettivamente a conoscenza del procedimento; diversamente, dovrà disporre delle nuove ricerche attraverso la polizia giudiziaria e, qualora anche tale approfondimento si rivelasse infruttuoso, sospendere il processo per irreperibilità dell’imputato, disponendo, poi, a cadenze prefissate, delle nuove ricerche. I secondi, invece, intervengono successivamente, nell’ipotesi in cui non abbiano funzionato i primi, e si estendono fino a consentire l’esperimento dell’impugnazione straordinaria regolata ora dall’art. 629-bis c.p.p. (sulla conformazione di tale istituto, dopo la modifica ad opera della l. 23 giugno 2017, n. 103, Spagnolo, La rinnovata fisionomia della rescissione del giudicato, in Bargis - Belluta, La riforma delle impugnazioni tra carenze sistematiche e incertezze applicative, Giappichelli, 2018, p.141). In questo caso, tuttavia, l’interessato - imputato o condannato - dovrà vincere la presunzione di conoscenza che discende dal compimento degli atti contemplati dall’art. 420-bis, provando di non aver avuto conoscenza del processo per cause non riconducibili a un suo atteggiamento colposo.
L’ordinanza in rassegna, quindi, interviene nel delicato passaggio procedurale che prelude alla verifica circa i presupposti per la procedibilità in assenza, valorizzando il dato fondamentale dell’elezione di domicilio [ne abbiamo scritto su questo blog vedi il link].
Si tratta di uno snodo cruciale poiché, come si è accennato, il vaglio positivo circa la conoscenza del procedimento pone a carico dell’imputato un onere particolarmente arduo da assolvere dal punto di vista probatorio nei momenti successivi al fine ottenere una nuova celebrazione del processo (sulla giustificazione di tale impostazione, Cass., sez. un., 17 luglio 2014, n. 36484, in Dir. pen. e proc., 2015, p. 291, con nota critica di Alonzi, Le sezioni unite sulla rescissione del giudicato).
In questo frangente, a ben vedere, l’adempimento disciplinato dagli artt. 161 e 162 c.p.p. assume rilievo in una duplice prospettiva.
Per un verso, infatti, indirizza il procedimento notificatorio, indicando il luogo o la persona presso la quale recapitare gli atti indirizzati all’imputato, precludendo il ricorso ad altre modalità (ad esempio, l’art. 157, comma 8-bis, c.p.p.). Come evidenzia il giudice, la puntuale esecuzione della notifica è presupposto di validità della procedura e comporta la regressione del procedimento qualora non sia stata compiuta correttamente. Sul punto, l’ordinanza segue gli insegnamenti impartiti dalla Suprema Corte a Sezioni unite: si deve a Cass., Sez. un., 27 ottobre 2004, n. 119, Palumbo, in Cass. pen. 2005, 148, con nota di VESSICHELLI, Sul regime delle nullità della notificazione all'imputato dell'atto di citazione, l’individuazione delle condizioni in presenza delle quali la patologia che affligge l’atto è assoluta e insanabile, mentre a Cass., sez. un., 24 novembre 2016, n. 7697, Amato, in Foro it., 2017, p. II, c. 434, si deve la declinazione di tale principio nel segmento introduttivo dell’udienza preliminare (in realtà, il principio era già stato enunciato da Cass., sez. un., 9 luglio 2003, n. 35358, Ferrara, in Giur. it., 2004, p. 2386, con nota di ANSELMI, L'indefettibile ruolo dell'avviso per l'udienza preliminare, ma l’insorgere repentino di un contrasto aveva imposto un nuovo intervento delle Sezioni unite).
Per altro verso, invece, l’elezione di domicilio consegna al giudice un elemento attraverso il quale, dopo l’imprescindibile verifica circa la ritualità della notifica, compiere il giudizio circa la conoscenza del processo.
Anche sul punto, sono recentemente intervenute le Sezioni unite (Cass., sez. un., 28 novembre 2019, n. 23948, sentenza al 👉link). Tale decisione, pur concernendo la peculiare ipotesi di elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio avvenuta prima della novella che ha introdotto il comma 4-bis nel testo dell’art. 162 c.p.p., ha dettato regole generali anche per l’interpretazione dell’art. 420-bis c.p.p., soprattutto laddove ha stabilito che il processo in assenza è ammesso solo quando sia raggiunta la certezza della conoscenza da parte dell’imputato e che, a tal fine, non sono consentite letture della norma che, poggiando su meccanismi presuntivi, assimilino l’attuale regime codicistico a quello previgente. Come dire che la regolarità della notifica e l’avvenuta elezione di domicilio - al pari degli altri criteri dettati dal legislatore - non consentono in via automatica di procedere reo absente.
Ciò posto, appare assolutamente problematica la declinazione di tali principi nel caso di notifiche eseguite nel periodo di emergenza ai sensi dell’art. 83, commi 13 e 14, d.l. 17 marzo 2018, n. 20, conv. con modif. dalla l. 24 aprile 2020, n. 27. La previsione, infatti, può divenire particolarmente problematica qualora sia interpretata come una provvisoria disattivazione delle modalità di notifica diverse dalla consegna al difensore.
Una simile lettura, infatti, rischia di compromettere l’effettiva conoscenza del processo qualora la notifica riguardi l’atto introduttivo del processo.
A prescindere dalle concrete valutazioni in fatto che riguardano il caso di specie, l’ordinanza in rassegna ha elaborato una lettura delle norme particolarmente attenta nei riguardi delle garanzie difensive, soprattutto laddove esclude che l’avviso di fissazione dell’udienza preliminare possa essere notificato al difensore di fiducia e, parallelamente, ritiene che il vizio della procedura di notifica integri una nullità assoluta.
Si tratta, invero, di accorgimenti interpretativi che assumono una particolare importanza alla luce della necessità di garantire che l’imputato, indipendentemente dal dato formale della ritualità della notifica, sia effettivamente a conoscenza del procedimento a suo carico.
(*) Guido Colaiacovo: è Avvocato del Foro di Sulmona e Dottore di ricerca in Diritto e Procedura penale, nel 2014 presso la Sapienza - Università di Roma, e l'abilitazione scientifica nazionale per le funzioni di professore di seconda fascia, nel 2020.
Attualmente è Ricercatore di diritto processuale penale nell'Università degli Studi di Foggia, Dipartimento di Giurisprudenza, ed è titolare di contratto di docenza integrativa presso la Luiss Guido Carli e la Lumsa di Roma.
È stato assegnista di ricerca e docente presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali della Sapienza, e presso la stessa Università collabora con la cattedra di diritto processuale penale del Professor Glauco Giostra.
È autore di articoli, note a sentenza e altri contributi in opere collettanee.
Nel 2015 ha pubblicato la monografia “Il latitante”, edita da Cedam, nella collana «Problemi attuali della giustizia penale», e, nel 2019, sempre nella medesima collana, la monografia «Il sistema delle misure cautelari nel mandato d’arresto europeo. La tutela della libertà personale nella procedura di consegna», nuova edizione aggiornata della precedente «Il sistema delle misure cautelari nel mandato d’arresto europeo» pubblicata nel 2018.