Nella vicenda che ha impegnato la Corte nomofilattica, i ricorrenti hanno interposto ricorso straordinario, ex art. 625 bis c.p.p., avverso una sentenza della terza sezione della medesima Corte che aveva dichiarato inammissibile l’originario ricorso.
Nell'impugnazione straordinaria si è prospettato, ex multis, che la sezione ordinaria, nel dichiarare inammissibile il ricorso, fosse incorsa in errore di fatto. In altri termini, ad avviso dei ricorrenti, ove all’esito dell’esame preliminare del fascicolo, lo stesso non venga rimesso all’apposita sezione per dichiararne l’inammissibilità, esso non potrà più essere dichiarato tale e quindi potrà essere al più ritenuto infondato, con conseguente rigetto. Da queste premesse, i ricorrenti concludono che la declaratoria di inammissibilità resa dalla terza sezione debba considerarsi frutto di una sorta di svista lessicale.
La Corte ha dichiarato inammissibile anche il ricorso straordinario (Cass. IV sez. n. 19291/2022- rel. Cappello, sentenza al link ). Per quel che qui interessa, i Giudici di legittimità hanno considerato che la tesi secondo cui, superato il vaglio preliminare, il ricorso non possa più essere dichiarato inammissibile è smentito dall' art. 615 comma secondo, a mente del quale, terminata la pubblica udienza, la Corte salvo che non debba procedere ex <<artt. 620, 622 e 623 …dichiara inammissibile o rigetta il ricorso>>. In ogni caso, l’assegnazione alla settima sezione atterrebbe all’organizzazione interna dell’ufficio giudiziario.
Orbene, per quanto si ritenga che nella vicenda descritta dai ricorrenti non vi fosse alcuna svista linguistica, né in ultima analisi un errore censurabile ex art. 625 bis c.p.p., la ricostruzione sistematica sottesa all’impugnazione straordinaria è sicuramente apprezzabile.
Invero superato il vaglio preliminare si instaura pacificamente un contradditorio in pubblica udienza sui motivi del ricorso e sulla loro fondatezza; ciò consente di ritenere che l'iniziale scrutinio dell'impugnazione costituisca un vaglio di ricevibilità del ricorso, superato il quale lo stesso deve ritenersi definitivamente ammissibile.
Una tale ricostruzione avrebbe significativi vantaggi.
Anzitutto in tema di rispetto delle garanzie del contraddittorio e ciò per l'evidente ragione che il procedimento innanzi alla sezione stralcio consente (o dovrebbe consentire) comunque un confronto sulle presunte ragioni di inammissibilità, mentre ciò può non avvenire innanzi alle sezioni ordinarie.
Per chiarire ciò che si vuol dire, si pensi al caso dei confini, assolutamente incerti, tra inammissibilità per manifesta infondatezza dei motivi e rigetto per (semplice) infondatezza delle censure: ove soltanto la settima sezione potesse dichiarare l’inammissibilità, la parte interessata, avvisata, ex art. 610 c.p.p., dell’<<enunciazione della causa di inammissibilità>>, potrebbe interloquire sulla stessa. Diversamente, in pubblica udienza, il ricorrente potrebbe essere “colto di sorpresa” dalla sanzione di inammissibilità e dalle correlate statuizioni economiche. E ciò a maggior ragione che i magistrati addetti allo spoglio sono componenti della sezione competente “ratione materiae” sul ricorso, di talchè la circostanza che agli stessi sfugga l’inammissibilità dell’impugnazione, induce a ritenere ancor più grave l’effetto sorpresa.
Inoltre, l’invocata ricostruzione consentirebbe di rendere più logico il sistema. Infatti non pare compatibile con la celebrazione di una pubblica udienza, in cui si affronta il merito del ricorso, una declaratoria di inammissibilità, che invece presuppone l’omessa instaurazione di un rapporto giuridico, onde il mancato decorso della prescrizione.
Infine, è stato sottolineato che gli obiettivi di risparmio di tempo ed energie della Corte risultano frustrati dalla declaratoria di inammissibilità pronunciata dalle sezioni ordinarie. (cfr. Oliviero Mazza in “Inammissibilità: sanzione o deflazione ?” Atti Convegno Roma 19-20.05.2017, a cura dell’Osservatorio Cassazione U.C.P.I.).
La ricostruzione qui privilegiata non sembra definitivamente ostacolata dagli argomenti addotti nella sentenza annotata. Infatti, gli esiti decisori della pubblica udienza, previsti dall'art. 615 c.p.p., sono modulati sulla scorta dell’originaria versione dell’art. 610 c.p.p., che prevedeva l'assegnazione dei ricorsi, anche sospettati di inammissibilità, alle sezioni ordinarie. Inoltre, la preliminare opera di selezione dei ricorsi non ha certamente una mera valenza organizzativa interna. Infatti, il vaglio preliminare e l'assegnazione alla "apposita sezione" sono esplicitamente disciplinati dall’art. 610 c.p.p.. E ciò a prescindere dalla circostanza che, ex art. 169 bis d.att., le inammissibilità in camera di consiglio dovrebbero essere pronunciate dalle singole sezioni ordinarie, con rotazione biennale, e non da una sezione all’uopo dedicata.