Il
Gip fissava l'udienza per l'ammissione del rito e ivi respingeva le censure
difensive in ordine alla utilizzabilità dell'accertamento tecnico (dirimente in
punto di responsabilità degli imputati) nonché la richiesta di concessione
di un termine per valutare la revoca della opzione in favore del rito
alternativo.
Dalla
lettura della sentenza emerge che i giudici territoriali avevano ritenuto sia
la conoscibilità della relazione in capo agli imputati all'atto di richiedere
il rito, sia la circostanza che comunque la difesa sapeva che era stata
commissionata la consulenza e che quindi, scegliendo il giudizio abbreviato, ne
aveva comunque accettato gli esiti.
I
giudici di legittimità hanno disatteso l'uno e l'altro argomento, rilevando in
particolare che la piattaforma probatoria al momento dell'istanza di rito
alternativo NON coincideva con quella presente al momento dell'incardinarsi del
rito e che la conoscenza di un atto dirimente ai fini della valutazione di
responsabilità dell'imputato riveste <<valenza decisiva ai fini
dell'esercizio di una scelta consapevole che egli è tenuto a fare in ottica
difensiva>> (sentenza
al link)
La
sentenza esprime un principio senz'altro condivisibile e meritevole di una più
ampia riflessione: in questo blog abbiamo già manifestato le nostre perplessità
sulla possibilità di mutare gli incartamenti sulla cui scorta l'imputato ha
scelto di essere giudicato (allo stato degli atti), dovendosi
prevedere che il sacrificio assunto dall'accusato in termini di contraddittorio
possa essere revocato se il quadro probatorio muti.