11 gennaio 2022

La riforma allungherà i tempi del processo? I segnali ci sono tutti - di Daniele Livreri





Nel corso del webnair di questa Camera Penale dedicato alla Riforma c.d. Cartabia avevamo paventato il rischio che la novella andasse incontro ad un'eterogenesi dei fini: il combinato della prescrizione sostanziale, destinata a cessare con il primo grado di giudizio, con quella processuale, che opererà nei giudizi di impugnazione, verosimilmente finirà per allungare i tempi del processo.

Il Giudice di primo grado organizzerà il suo calendario dei lavori sapendo di potere usufruire dell'intero termine della prescrizione sostanziale, mentre il Giudice dell'impugnazione godrà non soltanto dei termini previsti dalla legge per decidere la questione, ma anche di proroghe e sospensioni. 

Il tema che qui si prospetta interseca all'evidenza quello della inammissibilità del gravame: se infatti, nonostante la pendenza del procedimento di impugnazione oltre i termini di cui all'art. 344 bis c.p.p., la sanzione processuale impedisse la declaratoria di improcedibilità, si assisterebbe ad una dilatazione dei tempi senza alcuna conseguenza.

Al riguardo si registra una prima ordinanza della settima sezione della Corte di Cassazione (n. 43883 del 26.11.2021, ordinanza al link), a mente della quale <<il principio ... di ragionevole durata dei processi non può derogare alle regole che presiedono all'introduzione dei giudizi di impugnazione>>, secondo cui <<la proposizione di un ricorso inammissibile ... non consente la costituzione di valido avvio della corrispondente fase processuale e determina la formazione del giudicato sostanziale, con la conseguenza che il giudice dell'impugnazione, in quanto non investito del potere di cognizione e decisione sul merito del processo, non può rilevare eventuali cause di non punibilità a norma dell'art. 129 c.p.p. (Sez. U, 12602 del 17/12/2015, Ricci; Sez. U, Sentenza n. 23428 del 22/03/2005, Bracale; Sez. U n. 32 del 22/11/2000, De Luca; Sez. U, n. 15 del 30/06/1999, Piepoli; Sez. U, n. 21 del 11/11/1994, Cresci)>>.

<<I suddetti principi- ad avviso della Corte- sebbene riferiti alla prescrizione, sono estensibili all'istituto della "improcedibilità", in quanto la ratio della nuova normativa, certamente finalizzata a garantire la ragionevole durata del processo, implica che tale correlazione teleologica è solo tendenziale, non potendo prestarsi a forme di strumentalizzazione realizzabili attraverso la proposizione di ricorsi inammissibili (si veda quanto precisato in motivazione, in tema di prescrizione, sull'uso pretestuoso dei ricorsi inammissibili da Sez. un., 26 febbraio 2015, Jazouli)>>.

Tuttavia ad avviso di chi scrive l'equiparazione delle due forme di prescrizione, a fronte dell'inammissibilità del ricorso, non è così pacifica e ciò perchè la ratio della novella è volta ad ottenere un giudicato FORMALE entro i tempi delineati dal legislatore, rimanendo irrilevante il c.d. giudicato SOSTANZIALE, invocato dall'ordinanza della settima sezione. Ad opinare diversamente si rischia di frustare del tutto l'intento acceleratorio (e statistico) della riforma. 

In altri termini ciò di cui si dubita è che a fronte della novella si possa ancora affermare l'irrilevanza del trascorrere del tempo dopo la sentenza impugnata: violato il canone costituzionale della ragionevole durata processuale, la maturata improcedibilità dovrebbe impedire ogni ulteriore valutazione, anche in termini di inammissibilità del ricorso  

Ma al di là della fondatezza della superiore equivalenza, riconosciuta invero da Autori che hanno manifestato valutazioni assai diverse sull'improcedibilità, ciò che colpisce è l'esplicito carattere di politica giudiziaria della decisioneInfatti, i Supremi Giudici non si limitano a ricostruire dogmaticamente le conseguenze dell'inammissibilità sulla improcedibilità, ma operano una chiara rivendicazione del loro agire al fine di evitare strumentalizzazioni del diritto a ricorrere. 

Ma al riguardo non può sottacersi che la decisione della Corte si inserisce in un sistema in cui l'inammissibilità appare tutt'altro che prevedibile e dai confini certi e in cui non è dato guardare con sufficiente tranquillità all'estensione della stessa in appello. 

Tutto ciò rappresenta un ulteriore elemento che fa dubitare della reale capacità della prescrizione processuale, così come congegnata, a realizzare gli obiettivi di riduzione dei tempi processuali. 

Ma la Corte è già "in armi" per scongiurare qualsiasi velleità dei suoi assedianti e rimarrà indifferente ad altri obiettivi.    

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