02 luglio 2021

I giudici nomofilattici precisano la natura e la inoppugnabilità delle prescrizioni ex art. 318 ter del D.Lgs. n. 152 del 2006

 



Il D.Lgs. n. 152 del 2006 prevede agli artt. 318 bis e ss. una speciale causa di estinzione delle contravvenzioni previste dal medesimo decreto, sempre che le ipotesi di reato non abbiano cagionato “danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette”. In particolare, similmente a quanto avviene in tema in sede di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il contravventore, previo adempimento di specifiche prescrizioni, è ammesso a pagare una somma pari ad un quarto del massimo dell’ammenda, onde estinguere il reato.

Nel caso di specie (Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 4 dicembre 2020 – 23 giugno 2021, n. 24483), il destinatario della prescrizione aveva presentato al PM ed al GIP una memoria con cui contestava la legittimità della prescrizione impartita dai Carabinieri, chiedendone l’annullamento, o che comunque fosse concessa una proroga del termine, fino all’estensione massima consentita di sei mesi. Il Giudice tuttavia declinava la propria giurisdizione sul rilievo della natura amministrativa del procedimento scandito dal D.Lgs. n. 152 del 2006 art. 318-ter, comma 1. Nulla è dato sapere di eventuali determinazioni del Pubblico Ministero.

L’interessato interponeva allora ricorso per cassazione, considerando, per quel che qui rileva, che la prescrizione de qua è atto di polizia giudiziaria, sicché ogni doglianza va rivolta al giudice penale.

Orbene, la Cassazione confermava che la prescrizione ex art. 318 ter T.U.A. non è un provvedimento amministrativo, ma un atto tipico di polizia giudiziaria, che si sottrae all’impugnazione davanti al giudice amministrativo, restando ogni questione su di esso devoluta alla giurisdizione del giudice penale.
Nondimeno la prescrizione de qua
non è autonomamente ed immediatamente impugnabile
nemmeno davanti al giudice penale.

Al riguardo i Supremi Giudici, dopo aver richiamato il principio di tassatività dei mezzi di impugnazione, hanno rilevato che <<la possibilità di impugnare le prescrizioni impartite ai sensi del D.Lgs. n. 152 del 2006, artt. 318 e segg., consentirebbe al giudice penale di esercitare il controllo sulle condizioni dell’esercizio dell’azione penale prima ancora che l’azione stessa venga esercitata o che il pubblico ministero adotti una qualsiasi determinazione al riguardo>>. Ma si è chiosato che <<il giudice non può concorrere a disciplinare gli atti tipici della fase prodromica all’esercizio dell’azione penale addirittura dettandone i contenuti e le condizioni così stravolgendo il principio della separazione e autonomia delle funzioni, rispettivamente requirenti e giudicanti, e della titolarità esclusiva dell’azione penale in capo al pubblico ministero, scippato delle sue prerogative>>.Né a diverse conclusioni potrebbe giungersi se le prescrizioni de quibus non costituissero una condizione di procedibilità, giacché <<la loro impugnazione sarebbe assolutamente inutile perché il pubblico ministero potrebbe validamente esercitare l’azione penale senza dover attendere l’esito di una decisione che non lo vincolerebbe in alcun modo>>.

Neppure il PM, nel sistema ricostruito dalla Corte, svolge un qualche ruolo rispetto alle prescrizioni impartite ex art. 318 ter. Infatti, egli <<è totalmente estraneo al rapporto che si instaura tra il contravventore e l’organo di vigilanza o la polizia giudiziaria che impartisce le prescrizioni in totale autonomia, senza che il rappresentante della pubblica accusa possa interloquire sulle modalità e i contenuti dell’obbligo, nè sui tempi dell’adempimento>>. Tanto che <<eventuali proroghe possono essere accordate al contravventore direttamente dell’organo di vigilanza e sono comunicate al PM a soli fini informativi non allo scopo di aprire un’interlocuzione con lui>>.

Soltanto a seguito dell’azione o abdicazione dell’azione penale è prospettabile in capo al Giudice adito un <<sindacato sulla correttezza dell’operato dell’organo di vigilanza/polizia giudiziaria>>. Di talchè i Giudici nomofilattici hanno considerato che <<la prescrizione impartita ai sensi del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 318-ter, non è un provvedimento amministrativo, ma un atto tipico di polizia giudiziaria non autonomamente nè immediatamente impugnabile davanti al giudice penale, restando ogni questione devoluta al giudice penale successivamente all’esercizio dell’azione penale o alla richiesta di archiviazione>>.

L’ampia ricostruzione operata in sentenza lascia residuare alcun profili di criticità, soprattutto lì dove aliena il titolare dell’azione penale da ogni controllo su un procedimento che sembra disegnare una condizione di procedibilità. A quest’ultimo riguardo pare significativo, ex multis, che l’art. 318 sexies precluda l’esercizio dell’azione penale (ma non la richiesta di archiviazione) prima che il PM abbia notizia dell’adempimento o meno, entro i termini assegnati, della prescrizione.
Sul tema è d’uopo considerare che le
Linee Guida della Procura di Siena prevedono che il Pubblico Ministero possa dissentire dalla p.g., lì dove questa abbia ritenuto sussistere una causa ostativa all’applicabilità della procedura estintiva. Di talché l’organo inquirente potrebbe chiedere a quelli di vigilanza di provvedere agli adempimenti ex artt. 318 ter e quater. Ma soprattutto, con riguardo alla situazione vagliata dalla Corte di Cassazione, la magistratura toscana ha esplicitamente escluso la competenza del Giudice amministrativo, ritenendo che l’interessato possa soltanto <<ricorrere” al PM procedente, cui è rimessa ogni valutazione
>> al link Linee Guida.

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