Il D.Lgs. n. 152 del 2006 prevede agli artt. 318 bis e ss. una speciale causa
di estinzione delle contravvenzioni previste dal medesimo decreto, sempre che
le ipotesi di reato non abbiano cagionato “danno o pericolo concreto e
attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche
protette”. In particolare, similmente a quanto avviene in tema in sede di
prevenzione degli infortuni sul lavoro, il contravventore, previo adempimento
di specifiche prescrizioni, è ammesso a pagare una somma pari ad un quarto del
massimo dell’ammenda, onde estinguere il reato.
Nel caso di specie (Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 4 dicembre 2020 – 23 giugno 2021, n. 24483), il destinatario della prescrizione aveva presentato al PM ed al GIP una memoria con cui contestava la legittimità della prescrizione impartita dai Carabinieri, chiedendone l’annullamento, o che comunque fosse concessa una proroga del termine, fino all’estensione massima consentita di sei mesi. Il Giudice tuttavia declinava la propria giurisdizione sul rilievo della natura amministrativa del procedimento scandito dal D.Lgs. n. 152 del 2006 art. 318-ter, comma 1. Nulla è dato sapere di eventuali determinazioni del Pubblico Ministero.
L’interessato interponeva allora ricorso per cassazione, considerando, per
quel che qui rileva, che la prescrizione de qua è atto di polizia
giudiziaria, sicché ogni doglianza va rivolta al giudice penale.
Orbene, la Cassazione confermava che la prescrizione ex art. 318 ter T.U.A. non
è un provvedimento amministrativo, ma un atto tipico di polizia giudiziaria, che si sottrae
all’impugnazione davanti al giudice amministrativo, restando ogni questione su
di esso devoluta alla giurisdizione del giudice penale.
Nondimeno la prescrizione de qua non è autonomamente
ed immediatamente impugnabile nemmeno davanti al giudice
penale.
Al riguardo i Supremi Giudici, dopo aver richiamato il
principio di tassatività dei mezzi di impugnazione, hanno rilevato
che <<la possibilità di impugnare le prescrizioni impartite ai sensi del D.Lgs.
n. 152 del 2006, artt. 318 e segg., consentirebbe al giudice penale di
esercitare il controllo sulle condizioni dell’esercizio dell’azione penale
prima ancora che l’azione stessa venga esercitata o che il pubblico
ministero adotti una qualsiasi determinazione al riguardo>>. Ma si è chiosato che <<il giudice non può concorrere a
disciplinare gli atti tipici della fase prodromica all’esercizio dell’azione
penale addirittura dettandone i contenuti e le condizioni così stravolgendo il
principio della separazione e autonomia delle funzioni, rispettivamente
requirenti e giudicanti, e della titolarità esclusiva dell’azione penale in
capo al pubblico ministero, scippato delle sue prerogative>>.Né a
diverse conclusioni potrebbe giungersi se le prescrizioni de quibus non
costituissero una condizione di procedibilità, giacché <<la loro
impugnazione sarebbe assolutamente inutile perché il pubblico ministero
potrebbe validamente esercitare l’azione penale senza dover attendere l’esito
di una decisione che non lo vincolerebbe in alcun modo>>.
Neppure il PM, nel sistema ricostruito dalla Corte, svolge un qualche ruolo
rispetto alle prescrizioni impartite ex art. 318 ter. Infatti, egli <<è totalmente estraneo
al rapporto che si instaura tra il contravventore e l’organo di vigilanza
o la polizia giudiziaria che impartisce le prescrizioni in totale autonomia, senza
che il rappresentante della pubblica accusa possa interloquire sulle modalità e
i contenuti dell’obbligo, nè sui tempi dell’adempimento>>. Tanto che <<eventuali
proroghe possono essere accordate al contravventore direttamente dell’organo di
vigilanza e sono comunicate al PM a soli fini informativi non allo scopo di
aprire un’interlocuzione con lui>>.
Soltanto a seguito dell’azione o abdicazione dell’azione penale è
prospettabile in capo al Giudice adito un <<sindacato sulla
correttezza dell’operato dell’organo di vigilanza/polizia giudiziaria>>. Di talchè i
Giudici nomofilattici hanno considerato che <<la prescrizione
impartita ai sensi del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 318-ter, non è un
provvedimento amministrativo, ma un atto tipico di polizia
giudiziaria non autonomamente nè immediatamente impugnabile davanti al giudice
penale, restando ogni questione devoluta al giudice penale successivamente
all’esercizio dell’azione penale o alla richiesta di archiviazione>>.
L’ampia ricostruzione operata in sentenza lascia residuare alcun profili di criticità, soprattutto lì dove aliena il titolare
dell’azione penale da ogni controllo su un procedimento che sembra disegnare una
condizione di procedibilità. A quest’ultimo riguardo pare significativo, ex
multis, che l’art. 318 sexies precluda l’esercizio dell’azione penale (ma
non la richiesta di archiviazione) prima che il PM abbia notizia dell’adempimento
o meno, entro i termini assegnati, della prescrizione.
Sul tema è d’uopo considerare che le Linee Guida della Procura di Siena prevedono che il Pubblico
Ministero possa dissentire dalla p.g., lì dove questa abbia ritenuto sussistere
una causa ostativa all’applicabilità della procedura estintiva. Di talché l’organo
inquirente potrebbe chiedere a quelli di vigilanza di provvedere agli
adempimenti ex artt. 318 ter e quater. Ma soprattutto, con riguardo alla situazione
vagliata dalla Corte di Cassazione, la magistratura toscana ha esplicitamente escluso
la competenza del Giudice amministrativo, ritenendo che l’interessato possa
soltanto <<ricorrere” al PM procedente, cui è rimessa ogni valutazione>> al link Linee Guida.