L'imputato è stato assolto in primo grado dal delitto di indebito utilizzo di uno strumento di pagamento intestato ad altri con la motivazione che l'uso era stato autorizzato dal titolare (consenso dell'avente diritto, art. 50 cod. pen.).
La sentenza è stata ribaltata in senso peggiorativo dalla Corte d'appello di Trieste, che ha escluso l'operatività della scriminante.
Se ne duole l'imputato, che ricorre per la cassazione del titolo.
La Corte di Cassazione, seconda sezione penale, (sentenza n. 18609/2021, dep. 12 maggio 2021) rigetta il ricorso.
Si osserva in sentenza che <<la
corretta lettura della norma incriminatrice prevista dall’art. 55, comma 9 d. lgs. 231/2007, oggi trasfusa nell’art. 493 ter cod. pen.
porta a escludere l’operatività dell’istituto del consenso dell’avente
diritto ex art. 50 cod. pen., rispetto all’uso da parte di terzi dello
strumento di pagamento o prelievo, quand’anche in qualche misura
delegati dal titolare della carta di credito. La causa di
giustificazione disciplinata dall'art. 50 cod. pen., infatti, richiede che il bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice rientri nella
categoria dei diritti disponibili, rispetto ai quali il titolare del
diritto sia in grado di rinunziarvi; diversamente, se si verte in ipotesi
di diritti che proteggono beni di interesse collettivo, la causa di
giustificazione non potrà operare>>.
In sentenza si segnala che la norma tutela non solo il patrimonio ma anche la sicurezza pubblica delle transazioni e la fiducia che i consociati ripongono nell'utilizzo dei mezzi di pagamento (cfr. la collocazione topografica della norma codicistica nell'ambito dei delitti di falso).
Per l'effetto, il giudice di legittimità ha escluso che nel caso di specie potesse invocarsi l'esimente del consenso dell'avente diritto.
Rimane però che l'utilizzo era stato assentito e, come pure si osserva in sentenza, è frequente che il titolare di una carta di credito o di un PAGO bancomat autorizzi l'uso dello strumento di pagamento a terzi.
In questi casi, ad avviso dei giudici di legittimità, occorre verificare che <<il terzo utilizzatore dello strumento di pagamento ... agisce solo nell'interesse del titolare, eseguendo materialmente le operazioni consentite con l'uso della carta di credito, su disposizione del titolare legittimo>>.
Tutto condivisibile. Fa però un certo effetto leggere che il patrimonio (id est: l'utilizzo dello strumento di pagamento) non rientri tra i diritti disponibili, e forse è il caso di pensare ad un aggiornamento della collocazione topografica della norma e dei beni giuridici da essa tutelati .