È stata depositata il 28 ottobre 2021 la sentenza n. 39005 delle Sezioni Unite (al link) sul divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.
Si tratta di un argomento del quale, in questo blog, ci eravamo occupati a più riprese con i seguenti contributi:
Avevamo anticipato che le soluzioni erano flessibili, come risulta dal principio di diritto affermato nella sentenza.
Ad avviso delle Sezioni Unite, infatti, due sono le alternative che si presentano al giudice della cautela:
1. "il giudice che ritenga adeguata e proporzionata la sola misura cautelare dell'obbligo di mantenere una determinata distanza dalla persona offesa (art. 282 ter c.p.p., comma 1) può limitarsi ad indicare tale distanza.
2. Nel caso in cui, al contrario, nel rispetto dei predetti principi, disponga, anche cumulativamente, le misure del divieto di avvicinamento ai luoghi da essa abitualmente frequentati e/o di mantenimento della distanza dai medesimi, deve indicarli specificamente".
Si legge in sentenza:
<<La conclusione delle Sezioni Unite di questa Corte è, allora, nel senso che, sulla scorta della lettura dell'art. 13 Cost., "le libertà" dell'art. 272 c.p.p., non vanno intese quali riferite alla sola libertà in termini "fisici", interpretazione che del resto restringerebbe le misure coercitive alle sole due più gravi, ma alla libertà personale nella più larga accezione del termine in cui rientra anche la libertà di locomozione.
Pertanto, non vi è ragione di dubitare della piena conformità della misura del divieto di avvicinamento alla persona offesa, alla pari delle altre misure diverse dagli arresti domiciliari e dalla custodia cautelare in carcere, ai principi fondamentali. Sono situazioni che trovano disciplina nell'art. 13 Cost., per cui si è in presenza di libertà che, nella cornice della rigida disciplina legale, possono essere limitate nel rispetto di una esigenza costituzionale di proporzione e gradualità che deve trovare riscontro nella "scelta" fatta con il provvedimento del giudice e nella sua motivazione.
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Per ragioni di interpretazione letterale e logico-sistematica la prescrizione del divieto di avvicinamento ai "luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa" non può prescindere dalla chiara indicazione di quali siano tali luoghi. La individuazione di tali spazi serve a garantire che la persona offesa sia libera nei suoi contesti quotidiani. In questo caso, è del tutto irrilevante che la persona offesa sia presente o meno: il divieto vale anche se all'indagato è noto che il soggetto protetto si trovi in tutt'altro posto; semplicemente, sia per la massima garanzia della vittima che per la facilità ed efficacia dei controlli, l'indagato deve sempre e comunque tenersi a distanza da tali luoghi che potranno anche essere indicati in forma indiretta, purché si raggiunga la finalità di dare certezza all'indagato sulla estensione del divieto.
La prescrizione del divieto di avvicinamento alla persona offesa impone all'indagato di non cercare il contatto con la stessa con la conseguenza che, persino in ipotesi d'incontro casuale, il soggetto, acquisita la consapevolezza della presenza della persona offesa, è tenuto ad allontanarsi, ripristinando la distanza determinata a lui imposta>>.
Torneremo presto in argomento con altri contributi.