30 novembre 2022

Confisca di prevenzione prova nuova: la sentenza n. 43668/2022 delle Sezioni Unite





Le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno affermato che, in tema di confisca di prevenzione, la prova nuova, rilevante ai fini della revocazione della misura ai sensi dell’art. 28 del d.lgs. 6 settembre 2001, n. 159, è sia quella sopravvenuta alla conclusione del procedimento di prevenzione, essendosi formata dopo di essa, sia quella preesistente ma incolpevolmente scoperta dopo che la misura è divenuta definitiva, mentre non lo è quella deducibile e non dedotta nell’ambito del suddetto procedimento, salvo che l’interessato dimostri l’impossibilità di tempestiva deduzione per forza maggiore.

28 novembre 2022

Ciclo di incontri di studi sulla Riforma Cartabia - I^ incontro sul tema: L'assenza nel processo Cartabia





L’ASSENZA NEL PROCESSO CARTABIA

Mercoledì 21 Dicembre 2022, ore 15:30 - 

Polo Universitario di Trapani - aula magna “Prof. G. Tranchina”




Saluti
Avv. Vito Galluffo, Presidente COA Trapani
Avv. Marco Siragusa, Presidente CP Trapani

Ne discutono
Prof.ssa Annalisa Mangiaracina, Università degli Studi di Palermo
Dott.ssa Diana Bottillo, Giudice Tribunale di Napoli

Modera
Avv. Daniele Livreri, Foro di Palermo e responsabile di Foro e Giurisprudenza della CP di Trapani





Evento accreditato giusta convenzione CP e COA Trapani per n. 3 crediti formativi per gli avvocati.

Evento accreditato con n. 1 CFU per gli studenti universitari


Recidiva reiterata: è necessaria la precedente dichiarazione di recidiva semplice di un giudicato? La questione all'esame delle Sezioni Unite

 



La quinta sezione penale della Corte di Cassazione, con l'ordinanza al link, ha rimesso alle Sezioni Unite il seguente quesito di diritto: 
Se, ai fini del riconoscimento della recidiva reiterata, sia necessaria una precedente dichiarazione di recidiva semplice contenuta in una sentenza irrevocabile di condanna, ovvero sia sufficiente che, al momento della consumazione del reato, l’imputato risulti gravato da più condanne definitive per reati che manifestino una sua maggiore pericolosità sociale”.

L'udienza delle Sezione Unite è calendata per il 30 marzo 2023. Relatore della questione è il Cons. C. Zaza.

25 novembre 2022

Riforma Cartabia: la Relazione dell'Ufficio del Massimario sulla disciplina transitoria e sulle prime questioni di diritto intertemporale

 


Pubblichiamo la Relazione dell'ufficio del Massimario e del Ruolo sulla novità normativa relativa alla disciplina transitoria e alle prime questioni di diritto intertemporale del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 (Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l’efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari – cd. Riforma Cartabia), come modificato dall’art. 6 del decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162


La relazione al link


CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

UFFICIO DEL MASSIMARIO E DEL RUOLO


Servizio Penale


Relazione su novità normativa


Disciplina transitoria e prime questioni di diritto intertemporale del decreto

legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 (Attuazione della legge 27 settembre 2021,

n. 134, recante delega al Governo per l’efficienza del processo penale, nonché in

materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei

procedimenti giudiziari – cd. Riforma Cartabia), come modificato dall’art. 6 del

decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162

23 novembre 2022

Superbonus 110% e FOI: per la Cassazione sussiste il delitto

 


La Terza Sezione penale ha affermato che integra il “fumus” del delitto di emissione di fatture od altri documenti per operazioni inesistenti la condotta di chi, avendo monetizzato il credito derivante dalla realizzazione di opere suscettibili di fruire dell’agevolazione fiscale del cd. “superbonus 110%” mediante la sua cessione o lo “sconto in fattura” ex art. 121 d.l. 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, nella legge 17 luglio 2020, n. 77, effettui la fatturazione “in acconto” di spese relative a opere non ultimate o per le quali non sia stato emesso, da un tecnico abilitato, uno “stato di avanzamento lavori” attestante l’esecuzione di una porzione dell’intervento “agevolabile” e la congruità delle spese per esso sostenute, posto che l’emissione di tali fatture mira a simulare l’esistenza di spese in concreto non ancora sopportate e a creare fittiziamente il presupposto costitutivo del diritto alla detrazione.

22 novembre 2022

Prescrizione prima della sentenza di primo grado: via anche le statuizioni civili. Le SSUU del 2022

 



Le Sezioni Unite hanno affermato che il giudice di appello che, nel pronunciare declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, pervenga alla conclusione – sia sulla base della semplice “constatazione” di un errore nel quale il giudice di primo grado sia incorso, sia per effetto di “valutazioni” difformi – che la causa estintiva è maturata prima della sentenza di primo grado, deve revocare le statuizioni civili in essa contenute. (Fattispecie in cui la Corte di appello, riconosciute le attenuanti prevalenti sulle aggravanti, aveva dichiarato il reato estinto per prescrizione maturata in data antecedente alla decisione di condanna pronunciata dal Tribunale, revocando le statuizioni civili).

21 novembre 2022

La circolare ministeriale sull'udienza di comparizione predibattimentale nel processo "Cartabia"

 


 

Dopo le due precedenti pubblicazioni, oggi inseriamo apposito link alla circolare ministeriale del 20 ottobre 2022 inerente l'udienza di comparizione predibattimentale a seguito di citazione diretta nel processo "Cartabia".


(Circolare al link)

18 novembre 2022

No alla riparazione per la detenzione senza proscioglimento nel merito per tutti i capi


La Corte di cassazione (Sez. 4 sentenza num. 42284/2022) ha affermato <<il principio in base al quale, in materia di riparazione per l'ingiusta detenzione, ove il provvedimento restrittivo della libertà sia fondato su più contestazioni, il proscioglimento con formula non di merito anche da una sola di queste - sempreché autonomamente idonea a legittimare la compressione della libertà - impedisce il sorgere del diritto, irrilevante risultando il pieno proscioglimento dalle altre imputazioni (Sez. 4, n. 5621 del 16/10/2013, dep. 2014, Colucci, Rv. 258607; Sez. 4, Sentenza n. 29623 del 14/10/2020, Russo, Rv. 279713)>>.

(sentenza al link)

17 novembre 2022

Ma dal 30.12.2022 al 31.12.2023 l'Avvocato come depositerà gli atti ?




La Riforma annovera tra i suoi obiettivi l'abbandono del deposito cartaceo in favore di quello telematico, tanto che il novello art. 111 bis c.p.p. prevede esplicitamente che <<salvo quanto previsto dall’articolo 175-bis (inerente il malfunzionamento dei sistemi informatici) , in ogni stato e grado del procedimento, il deposito di atti, documenti, richieste, memorie ha luogo esclusivamente con modalità telematiche, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione degli atti e dei documenti informatici>>. Nondimeno l'obbligo di deposito telematico è talora derogato da specifiche norme in favore delle parti private, così, in tema di impugnazioni, il novello comma 1-bis dell'art. 582 c.p.p. dispone che: «le parti private possono presentare l’atto con le modalità di cui al comma 1 oppure personalmente, anche a mezzo di incaricato, nella cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato>>.

Tuttavia il legislatore ha preso atto della necessità di un periodo di transizione durante il quale adottare i regolamenti tecnici del caso e comunque consentire un adeguamento tecnico organizzativo. All'uopo il d.l.vo 150/2022 ha individuato il 31.12.2023 quale termine per l'adozione dei regolamenti, dettando una serie di norme transitorie (cfr. art. 87 d.l.vo 150/2022).

In particolare, il legislatore ha indicato una serie di norme che continueranno ad applicarsi sino al 15 esimo giorno successivo alla pubblicazione dei regolamenti prima indicati (salva diversa previsione regolamentare), disponendo per converso il differimento di altre norme introdotte dalla riforma. 

Orbene, cercando di operare una sintesi che possa orientare il pratico del diritto nell'anno di transizione e comunque rimettendolo alla diretta lettura della norma, pare di poter dire che:

- si potrà continuare ad utilizzare, per il deposito degli atti già previsti, il portale di cui al d.l. 137/2020 e ai successivi decreti ministeriali. Invero l'art.87 d.l.vo 150 prevede che <<fino al quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione dei regolamenti di cui ai commi 1 e 3, ovvero fino al diverso termine previsto dal regolamento di cui al comma 3 per gli uffici giudiziari e le tipologie di atti in esso indicati, continuano ad applicarsi le disposizioni ...  dell’articolo 24, commi 1, 2 e 3, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176>>. Come si vede non vengono esplicitamente richiamati gli ulteriori decreti ministeriali che hanno ampliato il novero di atti depositabili a mezzo portale (rispetto alla originaria ipotesi degli atti ex art. 415 bis c.p.p.) e tuttavia, posto che il comma 2 dell'art. 24 d.l. 137/2020, che ha facoltizzato il Ministero ad adottare i decreti de quibus, è oggetto di esplicito richiamo, si deve ritenere che, nell'anno di transizione, anche per gli ulteriori atti indicati dai decreti ministeriali sia utilizzabile il portale. Tale soluzione risulta recepita, sebbene incidenter tantum, anche dall'Ufficio del massimario della Cassazione nella sua relazione sulla disciplina transitoria; 

- NON si potrà più ricorrere alle pec per depositare alcunché, posto che il 4 comma dell'art. 24 del decreto legge 18 dicembre 2020, a mente del quale era consentito il ricorso alle pec, non è stato richiamato dalla norma transitoria, né risulta altrimenti prorogato;

- gli atti non depositabili sul portale potranno essere depositati in cancelleria, ma vi saranno da subito alcune limitazioni. Ad esempio NON potrà più ricorrersi al deposito delle impugnazioni fuori sede, ex art. 582 2 co. c.p.p., e ciò giacché tale enunciato normativo è abolito (art. 98 D.L.vo "Cartabia") e l'ultrattività dell'art. 582, ex art. 87 4 co. D.L.vo "Cartabia", riguarda il solo primo comma (cioè la possibilità di depositare in cancelleria). Al riguardo però si noti che il novello art. 461 c.p.p. continua a prevedere che l'opponente possa proporre l'opposizione nella cancelleria del tribunale o del giudice di pace ove si trova. Se tale diversa soluzione è frutto di una consapevole scelta, v'è da ritenere che il d.l.vo "Cartabia" sia pervaso da un chiaro sfavore nei confronti di appelli e ricorsi per cassazione. 

    

16 novembre 2022

La circolare ministeriale sulle indagini preliminari nel processo "Cartabia"

 


Col post di sabato scorso abbiamo dato conto della circolare ministeriale sull'assenza nel processo "Cartabia", oggi pubblichiamo la circolare 26 ottobre 2022 inerente le indagini preliminari.

(Circolare al link)

15 novembre 2022

i più letti del mese di ottobre 2022

I dieci contributi più letti nel mese di ottobre 2022 

con i link di collegamento

Foro e Giurisprudenza - Camera Penale di Trapani




14 novembre 2022

Le inammissibilità che verranno.


La riforma conferma l'impostazione di fondo che da diversi lustri anima la giurisprudenza e il legislatore: ridurre il numero di impugnazioni, agendo sulla leva dell'inammissibilità.

Al riguardo la novella è intervenuta sull'art. 581 c.p.p. introducendo tre nuove ipotesi di inammissibilità, sub commi 1-bis, 1-ter e 1-quater.

Questo il testo novellato.

Art. 581 Forma dell'impugnazione

1. L’impugnazione si propone con atto scritto nel quale sono indicati il provvedimento impugnato, la data del medesimo e il giudice che lo ha emesso, con l’enunciazione specifica, a pena di inammissibilità:

a) dei capi o dei punti della decisione ai quali si riferisce l’impugnazione;

b) delle prove delle quali si deduce l’inesistenza, l’omessa assunzione o l’omessa o erronea

valutazione;

c) delle richieste, anche istruttorie;

d) dei motivi, con l’indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta.

1-bis. L’appello è inammissibile per mancanza di specificità dei motivi quando, per ogni richiestanon sono enunciati in forma puntuale ed esplicita i rilievi critici in relazione alle ragioni di fatto o di diritto espresse nel provvedimento impugnato, con riferimento ai capi e punti della decisione ai quali si riferisce l’impugnazione.

1-ter. Con l’atto d’impugnazione delle parti private e dei difensori è depositata, a pena d’inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio.

1-quater. Nel caso di imputato rispetto al quale si è proceduto in assenza, con l’atto d’impugnazione del difensore è depositato, a pena d’inammissibilità, specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio>>.     

L'intervento normativo suscita diverse perplessità. 

Anzitutto v'è da chiedersi se, nonostante la loro collocazione nel titolo dedicato alle impugnazioni in generale, i nuovi enunciati normativi non riguardino in realtà esclusivamente l'appello

Di ciò non può dubitarsi con riferimento all'ipotesi di cui al comma 1 bis, per via dello stesso tenore letterale dell'enunciato normativo, ma invero altrettanto deve ritenersi con riguardo all'ipotesi sub 1-ter, posto che la  norma prevede l'elezione o la dichiarazione di domicilio al fine esclusivo della notifica del decreto di citazione a giudizio e quindi dell'atto introduttivo dell'appello. In ogni caso, non avrebbe alcun senso ritenere che la norma possa riferirsi anche al giudizio di cassazione, per la semplice ragione che, per tale giudizio, l'imputato non ha diritto alla notifica dell'avviso di fissazione dell'udienza. Né vale obiettare che la previsione normativa potrebbe applicarsi per il caso in cui il ricorrente sia assistito da un difensore d'ufficio, considerando che per la giurisprudenza di legittimità in tal caso anche l'imputato deve essere destinatario dell'avviso di fissazione dell'udienza (Cassazione penale sez. V  28 maggio 2010 n. 29763): infatti il nuovo art. 161 c.p.p. prevede che tutti gli avvisi diversi da quelli esplicitamente indicati nella stessa norma debbano essere notificati presso il difensore, anche se d'ufficio. 

In sintesi non avrebbe senso prevedere che l'imputato indichi, peraltro a pena di inammissibilità, un domicilio al fine di una notifica di cui non è destinatario. 

Per ciò che attiene alla previsione di cui al comma 1 quater forse si potrebbe ritenere che la disposizione conservi una sua operatività anche per il giudizio di cassazione, nei limiti in cui si voglia che l'imputato, rimasto assente nel giudizio di appello, manifesti esplicitamente la sua volontà che la sentenza distrettuale sia impugnata.

In ogni caso pare che anche l'imputato che abbia già eletto o dichiarato domicilio per l'udienza preliminare o per il primo grado di giudizio debba nuovamente provvedere all'elezione o dichiarazione in vista dell'impugnazione. In tal senso sembra soccorrere anche la disposizione dell'art. 157 ter u.c., secondo cui <<in caso di impugnazione proposta dall'imputato o nel suo interesse, la notificazione dell'atto di citazione a giudizio nei suoi confronti è sempre eseguita presso il domicilio dichiarato o eletto, ai sensi dell’articolo 581, commi 1-ter e 1quater>>. Tuttavia v'è da chiedersi se in caso di annullamento con rinvio pronunciato dalla Corte di cassazione in favore del primo giudice riviva la precedente dichiarazione, posto che l'elezione ex art. 581 è operata ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio.

Nel complesso, per come rilevato, l'intento del legislatore sembra quello di scoraggiare o comunque complicare l'utilizzo delle impugnazioni e così però si <<rischia di coincidere pericolosamente con una limitazione del diritto al controllo sulla decisione giudiziale>> (così N. Cascini, in "La Riforma Cartabia", a cura di G. Spangher, ed. Pacini). Ciò a maggior ragione in caso di difesa di ufficio in cui l'assenza di contatti tra l'imputato e il difensore difficilmente potrà essere rimediata dalla prevista proroga di quindici giorni in favore del difensore dell'assente per proporre impugnazione (art. 585 1 bis). Né tantomeno la prospettata lesione può dirsi bilanciata dai rimedi post iudicatum, a muovere dall'avviso al condannato giudicato in assenza che, ove ne ricorrano le condizioni, potrà richiedere la restituzione in termini o la rescissione del giudicato (cfr. art. 656 c.p.p.) e ciò sebbene la relazione ministeriale sembri mostrare un diverso avviso, lì dove esplicitamente afferma che <<si è ovviamente estesa l’applicazione delle disposizioni dell’articolo 175 del codice di procedura penale, come modificato dal presente decreto, che hanno introdotto (a compensazione del maggior onere previsto per impugnare) il diritto ad una impugnazione tardiva>>.     

Sul tema si segnala come non siano mancate sin da subito prese di posizioni di forte stigmatizzazione della norma, invitando i difensori non muniti, senza colpa, di mandato ad impugnare a proporre comunque appello, eccependo apposita questione di legittimità costituzionale per violazione delle norme internazionali che assicurano un doppio esame di merito (cfr. F. Maisano, Prime note critiche sull'appello inammissibile, in Giurisprudenza penale).

Con apposita norma transitoria (art. 89 D.l.vo) si è previsto che i commi 1-ter e 1-quater si applichino soltanto alle impugnazioni proposte avverso sentenze pronunciate dopo l'entrata in vigore della riforma.  

Delicate questioni, anche di ordine sistematico, pone la nuova previsione di cui al comma 1 bis, in ordine alla inammissibilità per aspecificità dei motivi.  

Ovviamente, in questa sede, il tema può essere affrontato in modo cursorio, rinviando ad approfonditi contributi (P. Ferrua, in "La Giustizia Penale", 2022, in corso di pubblicazione):

- l'appello "slitta" verso un giudizio sulla sentenza più che sulla imputazione;

- il requisito, previsto a pena di inammissibilità, della enunciazione in forma puntuale ed esplicita dei rilievi critici alla sentenza rischia di un aprire a declaratorie di inammissibilità sul merito dell'appello (per F. Maisano, Prime note critiche sull'appello inammissibile, in Giurisprudenza penale,<<usare la clava dell’inammissibilità se i motivi non sono sufficientemente persuasivi è una inaccettabile e pericolosissima fuga dal giudizio di merito che è tipico del grado>>)

-  il riferimento ad ogni richiesta potrebbe agevolare impieghi frazionati della inammissibilità, riferita non più ad un atto unitario (l'impugnazione) ma al singolo motivo e alle conseguenti richieste, con immaginabili ricadute in tema di prescrizione. La tesi dell'impiego frazionato della inammissibilità è esplicitamente adottata nel documento sull'appello elaborato dall'Ufficio studi della Corte di appello di Milano.   

Non sono previste disposizioni transitorie per tale causa di inammissibilità. Si ritiene però che essa non possa applicarsi ai giudizi in corso, ma soltanto agli appelli proposti successivamente alla entrata in vigore della riforma. Tuttavia, non sono mancate prese di posizioni di segno contrario, le quali hanno fatto leva sulla natura meramente esplicativa della novella rispetto alla previsione contenuta nel comma 1 lett. d) del medesimo articolo 581 (ci si riferisce segnatamente al testo elaborato dall'Ufficio studi della Corte di appello di Milano)     

Dall'esame complessivo delle norme può ritenersi che il legislatore, consapevole di un uso teleologico, cui si è assistito negli anni nel giudizio in cassazione, della inammissibilità e forse anche considerando il suo possibile impiego in relazione alla improcedibilità (si vedano in tal senso le osservazioni dispiegate da P. Ferrua nel corso del nostro webinar sulla "Inammissibilità innanzi alla Corte di Cassazione") ben avrebbe potuto essere più guardingo nel ricorrervi. Ma forse la riforma, concepita con l'obbligo di ridurre i tempi della giustizia, ha visto proprio in quella discutibile esperienza un modello.

 


    

              

12 novembre 2022

La Circolare Ministeriale sull'assenza nel processo Cartabia

 

 

Il Ministero della Giustizia, volendo <<accompagnare gli uffici giudiziari nella fase, sicuramente molto impegnativa, di avvio dell’attuazione concreta della riforma>>, ha  predisposto <<un corredo di circolari tematiche che– con uno stile espositivo volutamente sintetico e graficamente orientato sui punti fondamentali- possano costituire (unitamente alla relazione illustrativa e ad altre fonti di approfondimento) una sorta di “manuale d’uso” delle novità della riforma ed un primo orientamento rispetto alle discendenti problematiche di gestione>>.

Oggi pubblichiamo la circolare ministeriale del 21.10.2022 inerente  il processo in assenza secondo "Cartabia".  

Per come indicato dallo stesso atto amministrativo, la cirolare è ripratita in tre sezioni: 

<<Una sezione prima (“Le norme e le disposizioni collegate”) che riporta il testo della riforma, per la parte contenutisticamente d’interesse, con evidenziazione in grassetto delle parti o degli articoli novellati o di nuova introduzione. Si è ritenuto in tal caso che questa formula grafica potesse essere di maggiore e più rapida fruizione rispetto al cd. “testo a fronte”.

Una sezione seconda (“Scheda di sintesi sulla novella normativa) in cui si offre una fotografia essenziale della novella processuale, con a margine l’indicazione per rinvio agli approfondimenti rintracciabili nel testo della relazione illustrativa del decreto.

Una sezione terza (“Segnalazioni organizzative”) le cui finalità sono quelle di evidenziare gli opportuni passaggi organizzativi per l’attuazione della riforma, anche attraverso una lettura sistematica delle disposizioni coinvolte, e di sottoporre alle valutazioni dei capi degli uffici eventuali strategie d’intervento>>.

(circolare al link) 

 

 

11 novembre 2022

Eco bonus 110% e truffa: possibile il sequestro dei crediti dei terzi

 



La Terza Sezione penale ha affermato che: - sono suscettibili di sequestro preventivo impeditivo, in relazione al delitto di truffa aggravata ai danni dello Stato, i crediti dei terzi cessionari, di cui all’art. 121, comma 1, lett. b), d.l. 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 (oggetto del cd. “superbonus” 110%), posto che gli stessi, derivando dal diritto alla detrazione di imposta spettante al committente delle opere, costituiscono cose pertinenti al reato; - non rileva la condizione soggettiva di detti terzi, in conformità alle norme processualpenalistiche, che non risultano derogate dalla disciplina in oggetto.

10 novembre 2022

Dalle SS.UU. civili spunti per uno statuto dell'inammissibilità in Cassazione.


Le sezioni uniti civili (num. 29862 Anno 2022), adite da un ricorso in materia tributaria, che, sulla scorta di una recente e innovativa pronuncia delle sezioni semplici, invocava l'inammissibilità di domande limitate ab origine al solo an debautur, hanno offerto importanti spunti per quello che può costituire uno statuto dell'inammissibilità.        

Le SS.UU. hanno anzitutto osservato come la giurisprudenza comunitaria richiami tra i  "principi fondanti dell'Unione Europea" quello di certezza del diritto. In campo processuale- ad avviso della Corte di Cassazione-  tale principio è stato ripreso e sviluppato dalla Corte EDU, la quale ne ha tratto il corollario secondo cui <<è impedito ai giudici degli Stati membri interpretare le norme processuali in modo che conducano all'inammissibilità d'una domanda giudiziale, quando tali interpretazioni siano "troppo formalistiche", adottate "a sorpresa" e niente affatto chiare ed univoche (Corte EDU, sez. I, 15.9.2016, Trevisanato c. Italia, in causa n. 32610/07, §§ 42-44; Corte EDU, sez. II, 18.10.2016, Miessen c. Belgio, in causa n. 31517/12, §§ 71-73)>>.

In particolare, hanno chiosato le Sezioni Unite, <<la Corte di Strasburgo ha ritenuto che costituisce violazione dell'art. 6 CEDU l'adozione d'una interpretazione della norma processuale che comporti per l'individuo la perdita della possibilità di adire un Tribunale, senza che tale effetto potesse essere previsto ex ante (ex multis, Corte EDU, 20 dicembre 2016, Ljaskaj c. Croazia, in causa n. 58630/11); che la legge processuale "deve essere accessibile ai giustiziabili e da loro prevedibile quanto agli effetti" (Corte EDU 27.1.2017, Paradiso e Campanelli c. Italia, in causa n. 25358/12, § 169); che ogni soggetto deve essere in grado di prevedere le conseguenze che possono derivare da un determinato atto (così Corte EDU 7.6.2012, Centro Europa 7 s.r.l. e Di Stefano c. Italia, in causa n. 38433/09, § 140; nello stesso senso Corte EDU 17.5.2016, Karécsony ed al. c. Ungheria, in cause nn. 42641/13 e 44357/13); che non possono imporsi cause di inammissibilità non previste dalla legge, se non indispensabili (Corte EDU, sez. I, 24.4.2008, Kemp c. Lussemburgo, in causa n. 17140/05); che, infine, i giudizi degli Stati membri devono osservare per quanto possibile orientamenti stabili, sicché non è loro consentito esercitare nel corso del tempo le loro competenze in modo da ledere imprevedibilmente situazioni e rapporti giuridici soggettivi (Corte giust. UE, 15 Febbraio 1986, Duff, in causa C-63/93)>>.  

Alla luce di tali princìpi, il massimo consesso civile della Corte regolatrice ha concluso che la regola di diritto invocata dalla ricorrente ("non è ammissibile una domanda ab origine limitata all'an debeatur") non può essere seguita perché non espressamente prevista dalla legge, imprevedibile dai litiganti e non indispensabile.

Il ragionamento adottato dalla Corte può costituire lo spunto per uno statuto dell'inammissibilità dei ricorsi per cassazione, divenuto ormai assolutamente improcrastinabile, considerate le percentuali di inammissibilità dei ricorsi per cassazione (sentenza al link)     

09 novembre 2022

La Riforma che vorrei. L'intervento della Prof.ssa Francesca Ruggieri


Una unica cultura legale per giudici, pubblici ministeri e avvocati: ruoli differenziati ma formazione comune per un processo penale giusto ed efficiente¨.


  

Sommario. 1. Quadri da un tribunale. -2. Alcuni riferimenti. -3. Un sogno e alcune esperienze. -4. L’ignoranza del mondo altrui. -5. Studio e formazione. – 6. Ipotesi per la costruzione di una cultura comune. -7. Le utopiche ricadute delle riforme proposte.

  

1.         Quadri da un tribunale.

 

Avvocato si accomodi.

Il suo cliente è stato accompagnato, i testi sono puntuali.

Ieri avevamo sentito Rossi oggi tocca a Verdi e Gialli. A voi la parola.…

Altre domande pubblico ministero? Perfetto. Dichiaro chiusa l’istruttoria.

Oggi è venerdì, lunedì ascolteremo le vostre conclusioni.

… Il collegio si ritira.

Dall’ultimo telegiornale della notte: “Oggi, a quasi due mesi dal terribile incidente, giudice togato e scabini si sono pronunciati, dopo una camera di consiglio di quasi due giorni, per la colpevolezza di Caio e Tizio. Sono stati invece assolti Sempronio e Mevio. Solo l’avvocato di Caio ha dichiarato che avrebbe proposto impugnazione”.

 

Pubblico ministero mi dica.

Ho letto sia le sue richieste sia le osservazioni dell’avvocato Publio. Nessuna delle due prospettazioni mi convince.

Nel rispetto dei criteri dettati dal codice di rito non posso in alcun modo disporre un provvedimento restrittivo. Ci aggiorniamo.

 

 Il collegio ha apprezzato molto l’organizzazione di Firma, che accompagna una condivisibile filosofia imprenditoriale ad un Modello ex 231/01  efficace e, soprattutto, condiviso a tutti i livelli dell’azienda, ove il profitto è perseguito nel rispetto dei diritti dell’ambiente e dei lavoratori …

 

Giuseppe, la condanno a due anni di servizi di pubblica utilità presso la scuola di Borghi; credo che le sue affermazioni siano palesemente false. Avrebbe dovuto almeno chiedere scusa.

Maria può tenere il bambino.

      

2.         Alcuni riferimenti.


Una immagine di unità di spazio e di tempo quasi istantanea fotografa un giudice che accoglie gentilmente le parti, non interviene nell’istruttoria, decide subito all’esito e, quando deve valutare una struttura aziendale, apprezza il lavoro imprenditoriale senza alcun pregiudizio circa la logica del profitto e del mercato. 

Solo uno dei due imputati condannati non è soddisfatto e unicamente per lui si può ipotizzare saranno scritte le motivazioni per la celebrazione dell’impugnazione pre-annunciata dal suo difensore.

Nel primo caso non si tratta  un organo giurisdizionale interamente professionista. Decide nella forma dello scabinato: togati e laici insieme come nella nostra Corte d’Assise.

Cambia la stanza, forse siamo in camera di consiglio. Probabilmente è un organo monocratico.  Si tratta di contraddittorio cartolare. Il giudice legge le memorie delle parti e decide senza alcuna istruttoria ex officio. Comunica la sua decisione informalmente.

Leggiamo una parte di motivazione, presumibilmente per un processo a carico dell’ente per una responsabilità amministrativa da reato; il collegio dà atto di conoscere le logiche aziendali.

Ancora un’aula giudiziaria. Il giudice spiega a Giuseppe i motivi della condanna. Si può immaginare lo guardi negli occhi. Forse vi è stato qualche maltrattamento. C’è un bambino di mezzo.

Non vi sono univoci e specifici riferimenti a ordinamenti esistenti. Lo scabinato è tipico del sistema tedesco, che però conosce l’esame incrociato, proprio dell’ordinamento di common law, solo sulla carta.  Appartengono alla tradizione teutonica anche l’ipotesi (in realtà molto più articolata) della stesura di una motivazione solo se venga dichiarata la volontà di impugnare e l’usanza di spiegare in aula al condannato il perché della condanna, e talvolta, i motivi per cui non è stato creduto. Il contraddittorio pre-cautelare, che tuttavia non è solo cartolare, è proprio dell’esperienza francese.

Sempre a tradizioni diverse dalla nostra conoscono il giudice che sa delle vicende imprenditoriali.

Comune a tutti è solo la figura di un giudice che non ha, o almeno non esercita, alcun potere istruttorio. Solo quando parla a Giuseppe e Maria il tribunale sembra assumere le vesti della persona condiscendente, che, dall’alto del suo scranno, valuta e giudica soggetti in qualche misura non proprio dei pari.

E’ un organo che conosce talvolta anche molto bene il mondo in cui si trova ad operare.

 

3.         Un sogno e alcune esperienze.

Ciò che vorrei,  sintetizzabile in poche ma spero efficaci pennellate, è un organo giurisdizionale che rispetti in egual modo accusa e difesa e che non si soffermi a ipotizzare e a completare scenari  che il pubblico ministero non ha voluto o non è riuscito a ricostruire. 

Sogno di non udire mai più da un giudice, “avvocato, ho capito, lasci perdere che ci penso io”.  Un giudice che non si sostituisca alle parti, ma che rispetti le regole, che valuti la condotta del difensore alla stessa maniera con cui valuta quella del pubblico ministero; che non dia maggior credito alla parte pubblica perché pubblica e che non diffidi dell’avvocato perché soggetto privato contiguo all’indagato. Che ascolti, equidistante, le ragioni dell’uno e dell’altro.

Che non unisca il suo convincimento a quello del pubblico ministero per affermare e trovare un colpevole senza il rispetto delle norme che quel convincimento vogliono formato solo superando la presunzione di non colpevolezza. Un giudice che non sospetti delle logiche del mercato perché non ha mai lavorato in azienda, un giudice che sappia proteggere i deboli nell’ambito di un mondo che vive anche e spesso di ricerche, produttività e profitti.

Parlo ad una platea formata soprattutto da avvocati che, come ho avuto modo di sperimentare, conosce la frustrazione di essere messa da parte sugli assunti che il giudice è il miglior garante del rito e, soprattutto, non può essere contestato. Ma ho esercitato anche come magistrato ordinario e conosco la sottile diffidenza a cui il giovane tirocinante è educato e che guida gli organi giudicanti e requirenti nei confronti del difensore il quale, trattando con il cliente, si suppone abbia maggiori conoscenze dell’autorità con cui non le condivide. E là dove difenda una realtà aziendale si presuppone abbia (erroneamente) maggiori possibilità di successo per il mondo in cui si muove.

Nell’uno e nell’altro ruolo ho visto, per fortuna non così frequentemente, ignoranze e supponenza che denunciavano una manifesta inidoneità a comprendere i fatti per cui si procedeva.

 Come accademico, infine, ho potuto constatare quante poco efficaci siano le norme processuali nell’ “educare” i soggetti pubblici e privati del processo a migliorare i reciproci rapporti nell’ ampio agone della giustizia.

Last but non least,  anche  come cittadino, non posso che  interrogarmi su come delimitare e circoscrivere il potere dell’ordine giudiziario  rispetto al cui operato i principi della soggezione della legge e dell’obbligatorietà dell’azione penale non costituiscono più, se mai la hanno costituito, alcuna efficace barriera contro abusi e illegittimità.


4.         L’ignoranza del mondo altrui.

Se le osservazioni che precedono sono corrette, o almeno condivisibili,  si può comprendere come le mie proposte di riforma interessino soprattutto, se non esclusivamente, il piano della formazione.

A mio modesto parere molti degli atteggiamenti e delle incomprensioni che caratterizzano la nostra amministrazione della giustizia potrebbero essere in gran parte risolti da una formazione comune alle diverse parti del processo che consenta loro di conoscere meglio rispettivi ruoli e funzioni e, in senso più ampio, di conoscere realtà spesso del tutto estranee alle professioni liberali ma su cui ogni operatore giudiziario si trova a incidere, nel corso della sua vita professionale, più volte e spesso in modo molto rilevante.

Il pubblico ministero che censura il difensore assumendo che quest’ultimo sia informato di circostanze che potrebbero aiutarlo nelle indagini, non ha mai ricevuto, come avvocato, un cliente, e non sa quanto sia difficile trattare con una persona che, per le più varie ragioni, non vuole o non è in grado di riferire cosa potrebbe essere accaduto a proposito del reato contestato (o solo ipotizzato in caso di addebito provvisorio).

L’avvocato che lamenta la maleducazione del magistrato poiché non lo riceve all’ora concordata non ha mai avuto occasione di trattare con il personale degli uffici o la stessa polizia giudiziaria. E se può anche ritenere, a ragione, che un modello organizzativo di tipo aziendale potrebbe risolvere molti dei denunciati problemi, non ha neppure una pur vaga percezione di come siano solo le buone volontà di taluni a consentire di trovare un fascicolo tra i migliaia presenti nella stanza.

Il giudice che condanna l’imprenditore presupponendo una condotta illecita e fini di profitto non ha mai lavorato in un’azienda, ove di regola la conoscenza e il rispetto delle norme anti-infortunistiche, di quelle a tutela dell’ambiente e oggi delle disposizioni per la prevenzione dei reati presupposto ex d.lvo 231/2001, sono diffusi, presidiati e spesso sanzionati dalla dirigenza in caso di inosservanza molto più frequentemente di quanto si sia abituati a pensare.


5.         Studio e formazione.

Oggi avvocati, magistrati e spesso anche imprenditori escono dal medesimo percorso formativo, il corso universitario di cinque anni in giurisprudenza: una serie di esami, di carattere il più delle volte teorico, che li introduce alle categorie concettuali che un domani dovrebbero aiutarli ad agire in autonomia per chiedere un risarcimento ex  art, 2043 c.c., decidere  sulla custodia cautelare di una persona accusata di rapina, ovvero applicare all’attività produttiva o di servizi le novità in tema di sicurezza sul lavoro.

L’approccio che vorrebbe consegnare loro gli strumenti per applicare un innumerevole numero di disposizioni, di cui in tutta la loro vita professionale conosceranno a mala pena un 10%, è informato a riflessioni sistematiche che tuttavia si scontrano con una serie di novità con esse del tutto incompatibili: la diffusa tendenza a ricorrere a banche dati sempre più sofisticate per risolvere i “casi difficili”, la predisposizione di atti, documenti e memorie sotto forma di collage di atti altrui, in una successione meramente paratattica; la conseguente rinuncia, per i motivi più vari, ad articolate forme di argomentazioni e interpretazioni. Comprensibile, dunque, che dilaghino stages di diversi livelli presso uffici giudiziari e legali per introdurre i giovani all’applicazione concreta della legge.

Rimangono tuttavia rigidamente divisi i percorsi post lauream  dell’una e dell’altra professione legale. Caduto il lodevole tentativo di una scuola post-universitaria comune, gli aspiranti avvocati imparano la professione presso gli studi legali prima dell’esame e sudano presso le scuole forensi; gli aspiranti giudici  sino a ieri sui banchi delle loro scuole di specializzazione, oggi senza neppure quelle, dopo aver superato il concorso di magistratura sono formati, durante il periodo di tirocinio che precede l’assunzione di funzioni, e quindi direttamente, dalle scuole del CSM.

L’una e l’altra categoria, per ragioni che non è possibile neppure accennare ma in entrambi i casi molto risalenti nel tempo, si formano come corporazioni, del tutto autonome l’una dall’altra: più varia la prima, anche solo per l’elevatissimo numero di legali che esercitano (ciascuno secondo una propria tradizione) nel nostro Paese; molto più omogena la seconda, che con un organico di appena ca. 9000 unità,  è in grado di informare rigidamente canoni e stili di giudizio dei propri componenti.

Tranne qualche timida ipotesi sul piano della formazione primaria, volta ad assicurare la doppia laurea in giurisprudenza ed economia in soli sei anni, né i liberi professionisti né gli esponenti della magistratura ordinaria hanno alcuna esperienza delle realtà aziendale. E se si prescinde altresì da alcuni grossi studi legali organizzati secondo criteri manageriali, che iniziano a far capolino anche in alcune sperimentazioni nell’ambito dell’amministrazione della giustizia, né gli uni né gli altri sanno apprezzare la necessaria organizzazione del lavoro che può e deve caratterizzare anche le professioni cd. liberali.

 

6.         Per una cultura comune.

Forse non è la panacea di tutti i problemi, ma a mio modesto parere molti dei problemi denunciati potrebbero essere opportunamente superati da una formazione comune di avvocati e magistrati e da una netta distinzione dei ruoli giudicanti e requirenti.

Si immagini, ad esempio, ancora una volta sulla falsariga dell’esperienza tedesca,  che dopo il conseguimento della laurea in giurisprudenza tutti coloro che desiderino intraprendere una professione legale debbano trascorrere un certo periodo di tempo, che potrebbe essere indicato in due anni  e mezzo complessivi, presso diversi uffici e suddiviso in tal modo: otto mesi presso uno studio legale, otto mesi presso un ufficio requirente e altri otto presso un ufficio giudicante. Gli ultimi sei mesi potrebbero essere spesi proficuamente presso una impresa privata.

Solo all’esito di questo periodo dovrebbe essere consentito l’accesso ad un concorso, che dovrebbe essere unico per tutte le professioni, in cui i candidati dovrebbero dimostrare di saper interpretare il diritto, saper risolvere problemi complessi e saper organizzare un lavoro in forma collegiale.

 La prima valutazione potrebbe interessare la  (classica) stesura di una tema con il solo ausilio delle leggi e/o del codice di riferimento: non interessa a questo proposito lo specifico argomento da trattare, il cui contenuto potrebbe essere estratto a sorte da argomenti  attinenti, in generale, al civile, al penale o al processuale.

La seconda capacità potrebbe essere accertata con la sottoposizione ai candidati di un “dossier”  e un quesito di cui argomentare la soluzione. Potrebbe anche trattarsi di una decisione “politica” sulla base degli interessi manifestati dai diversi gruppi coinvolti: in quale misura, ad esempio, in un dato comune è opportuno costruire una piscina che soddisfi le esigenze sportive dei giovani, che aumenti profitti e lavori a favore delle imprese costruttrici e dell’indotto derivante dalla frequentazione del luogo sportivo ma a scapito delle risorse che potrebbero essere dedicate per la costruzione di una casa di riposo, di un centro sanitario o uno stadio ?

Ma potrebbe bene anche concernere uno specifico caso: forniti gli atti che un rappresentante dell’accusa trasmette al gip per una richiesta di una misura cautelare, i candidati potrebbero essere richiesti, ad esempio, di predisporre la più opportuna difesa o, per coloro che fossero più interessati a entrare nell’organico della magistratura, di redigere il più opportuno provvedimento (di rigetto o di accoglimento).

La terza competenza, infine, potrebbe, analogamente, essere verificata richiedendo ai candidati la predisposizione di un progetto organizzativo sulla  base di alcuni dati  volti a  rappresentare gli obiettivi da perseguire e la quantità e la qualità delle risorse a disposizione. In questa cornice si potrebbe pensare  alla trattazione di un certo numero di procedimenti entro un dato  termine sulla base delle notizie di reato in entrata e dell’organico, anche di cancelleria, dell’ufficio; ovvero alla predisposizione di una strategia legale al fine di ottenere il miglior risultato per il cliente sulla base di informazioni scarse (il fatto descritto in denuncia-querela) e risorse ampie (una decina di professionisti e studi specializzati in diversi rami).

Con la partecipazione degli ordini e del Ministero della Giustizia, le prove potrebbero essere organizzate distrettualmente, e le commissioni dovrebbero essere composte da magistrati, avvocati, accademici (anche nel settore dell’organizzazione del lavoro) in ugual modo.

All’esito, nel rispetto dell’ordine indicato in una graduatoria nazionale in cui sarebbero inseriti solo i candidati che abbiano superato tutte e tre le prove,  le persone risulterebbero abilitate a scegliere tra il posto di magistrato, optando tra giudicanti e inquirenti, ovvero quello di legale tra liste che indichino i posti vacanti. Se il CSM, come  accade ora, è già in grado di fornire l’elenco degli uffici scoperti, con l’accortezza di una certa qual proporzionale distribuzione territoriale e l’indicazione della natura dell’incarico (giudicante, requirente), gli ordini  non dovrebbero incontrare troppe difficoltà a predisporre una lista analoga.

Va da sé che anche la formazione successiva dovrebbe essere fornita congiuntamente da ordini professionali e CSM.

  7.         Le utopiche ricadute delle riforme proposte.

 La conoscenza delle rispettive aree di competenza e lavoro altrui non può che contribuire al reciproco rispetto tra autorità giudiziaria e liberi professionisti, anche in conseguenza del venir meno delle diffuse ed errate credenze che l’una e l’altra categoria coltivano da tempo nei relativi rapporti e dell’auspicabile diffusione di una nuova cultura che smetta di censurare come incompatibile con le professioni intellettuali tutto ciò che viene ricondotto al business, al guadagno e all’organizzazione del lavoro.

Non è elemento di poco conto: le norme, specie quelle processuali, vivono di prassi, di tradizioni e di cultura.

Scrivere di contraddittorio o di rito camerale partecipato ha ben altro rilevo se gli attori hanno conosciuto quanto possano essere complesse la gestione delle rispettive agende di lavoro e la predisposizione della più efficace forma di  dalla prospettiva della accusa o della difesa. Applicare o valutare una certa organizzazione aziendale ha altro spessore se si  riescono ad apprezzare i valori positivi di una economia di mercato.

       Una formazione continua per magistrati e professionisti insieme, potrebbe anche essere d’aiuto per migliorare la comunicazione tra i soggetti del processo:  certe questioni  in diritto, pure astrattamente ipotizzabili ma del tutto irrilevanti al fine del decidere, ad esempio, potrebbero essere  del tutto tralasciate nella consapevolezza di un sapere comune e di una reciproca fiducia.

Soprattutto, però, una educazione comune potrebbe  contribuire all’affermazione di un diverso stile nell’esercizio del potere giudiziario: il terzo ordine dello Stato, senza nulla togliere alle esigenze dell’accertamento, si potrebbe fare apprezzare dalla comunità intera non nella diffusa iconografia dell’angelo vendicatore ma nella più modesta e più rilevante immagine del servitore pubblico che, insieme al libero professionista dalla stessa educazione anche manageriale, fa funzionare la complessa macchina processuale esclusivamente a fini di giustizia.

 

 



¨ Francesca Ruggieri, ordinario di diritto processuale penale presso l’Università degli Studi dell’Insubria (sede di Como).

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