30 novembre 2022
Confisca di prevenzione prova nuova: la sentenza n. 43668/2022 delle Sezioni Unite
29 novembre 2022
La Rassegna delle sentenze della Corte Costituzionale in materia penale (giugno-agosto 2022)
28 novembre 2022
Ciclo di incontri di studi sulla Riforma Cartabia - I^ incontro sul tema: L'assenza nel processo Cartabia
Saluti
Avv. Marco Siragusa, Presidente CP Trapani
Ne discutono
Prof.ssa Annalisa Mangiaracina, Università degli Studi di Palermo
Dott.ssa Diana Bottillo, Giudice Tribunale di Napoli
Modera
Avv. Daniele Livreri, Foro di Palermo e responsabile di Foro e Giurisprudenza della CP di Trapani
Evento accreditato giusta convenzione CP e COA Trapani per n. 3 crediti formativi per gli avvocati.
Evento accreditato con n. 1 CFU per gli studenti universitari
Recidiva reiterata: è necessaria la precedente dichiarazione di recidiva semplice di un giudicato? La questione all'esame delle Sezioni Unite
25 novembre 2022
Riforma Cartabia: la Relazione dell'Ufficio del Massimario sulla disciplina transitoria e sulle prime questioni di diritto intertemporale
Pubblichiamo la Relazione dell'ufficio del Massimario e del Ruolo sulla novità normativa relativa alla disciplina transitoria e alle prime questioni di diritto intertemporale del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 (Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l’efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari – cd. Riforma Cartabia), come modificato dall’art. 6 del decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
UFFICIO DEL MASSIMARIO E DEL RUOLO
Servizio Penale
Relazione su novità normativa
Disciplina transitoria e prime questioni di diritto intertemporale del decreto
legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 (Attuazione della legge 27 settembre 2021,
n. 134, recante delega al Governo per l’efficienza del processo penale, nonché in
materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei
procedimenti giudiziari – cd. Riforma Cartabia), come modificato dall’art. 6 del
decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162
24 novembre 2022
La rassegna delle Sezioni Unite del 2021
Da Diritto di Difesa, Rivista dell'Unione delle Camere Penali Italiane, la rassegna del 2021 delle Sezioni Unite Penali, al link
23 novembre 2022
Superbonus 110% e FOI: per la Cassazione sussiste il delitto
22 novembre 2022
Prescrizione prima della sentenza di primo grado: via anche le statuizioni civili. Le SSUU del 2022
21 novembre 2022
La circolare ministeriale sull'udienza di comparizione predibattimentale nel processo "Cartabia"
Dopo le due precedenti pubblicazioni, oggi inseriamo apposito link alla circolare ministeriale del 20 ottobre 2022 inerente l'udienza di comparizione predibattimentale a seguito di citazione diretta nel processo "Cartabia".
(Circolare al link)
18 novembre 2022
No alla riparazione per la detenzione senza proscioglimento nel merito per tutti i capi
La Corte di cassazione (Sez. 4 sentenza num. 42284/2022) ha affermato <<il principio in base al quale, in materia di riparazione per l'ingiusta detenzione, ove il provvedimento restrittivo della libertà sia fondato su più contestazioni, il proscioglimento con formula non di merito anche da una sola di queste - sempreché autonomamente idonea a legittimare la compressione della libertà - impedisce il sorgere del diritto, irrilevante risultando il pieno proscioglimento dalle altre imputazioni (Sez. 4, n. 5621 del 16/10/2013, dep. 2014, Colucci, Rv. 258607; Sez. 4, Sentenza n. 29623 del 14/10/2020, Russo, Rv. 279713)>>.
17 novembre 2022
Ma dal 30.12.2022 al 31.12.2023 l'Avvocato come depositerà gli atti ?
La Riforma annovera tra i suoi obiettivi l'abbandono del deposito cartaceo in favore di quello telematico, tanto che il novello art. 111 bis c.p.p. prevede esplicitamente che <<salvo quanto previsto dall’articolo 175-bis (inerente il malfunzionamento dei sistemi informatici) , in ogni stato e grado del procedimento, il deposito di atti, documenti, richieste, memorie ha luogo esclusivamente con modalità telematiche, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione degli atti e dei documenti informatici>>. Nondimeno l'obbligo di deposito telematico è talora derogato da specifiche norme in favore delle parti private, così, in tema di impugnazioni, il novello comma 1-bis dell'art. 582 c.p.p. dispone che: «le parti private possono presentare l’atto con le modalità di cui al comma 1 oppure personalmente, anche a mezzo di incaricato, nella cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato>>.
Tuttavia il legislatore ha preso atto della necessità di un periodo di transizione durante il quale adottare i regolamenti tecnici del caso e comunque consentire un adeguamento tecnico organizzativo. All'uopo il d.l.vo 150/2022 ha individuato il 31.12.2023 quale termine per l'adozione dei regolamenti, dettando una serie di norme transitorie (cfr. art. 87 d.l.vo 150/2022).
In particolare, il legislatore ha indicato una serie di norme che continueranno ad applicarsi sino al 15 esimo giorno successivo alla pubblicazione dei regolamenti prima indicati (salva diversa previsione regolamentare), disponendo per converso il differimento di altre norme introdotte dalla riforma.
Orbene, cercando di operare una sintesi che possa orientare il pratico del diritto nell'anno di transizione e comunque rimettendolo alla diretta lettura della norma, pare di poter dire che:
- si potrà continuare ad utilizzare, per il deposito degli atti già previsti, il portale di cui al d.l. 137/2020 e ai successivi decreti ministeriali. Invero l'art.87 d.l.vo 150 prevede che <<fino al quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione dei regolamenti di cui ai commi 1 e 3, ovvero fino al diverso termine previsto dal regolamento di cui al comma 3 per gli uffici giudiziari e le tipologie di atti in esso indicati, continuano ad applicarsi le disposizioni ... dell’articolo 24, commi 1, 2 e 3, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176>>. Come si vede non vengono esplicitamente richiamati gli ulteriori decreti ministeriali che hanno ampliato il novero di atti depositabili a mezzo portale (rispetto alla originaria ipotesi degli atti ex art. 415 bis c.p.p.) e tuttavia, posto che il comma 2 dell'art. 24 d.l. 137/2020, che ha facoltizzato il Ministero ad adottare i decreti de quibus, è oggetto di esplicito richiamo, si deve ritenere che, nell'anno di transizione, anche per gli ulteriori atti indicati dai decreti ministeriali sia utilizzabile il portale. Tale soluzione risulta recepita, sebbene incidenter tantum, anche dall'Ufficio del massimario della Cassazione nella sua relazione sulla disciplina transitoria;
- NON si potrà più ricorrere alle pec per depositare alcunché, posto che il 4 comma dell'art. 24 del decreto legge 18 dicembre 2020, a mente del quale era consentito il ricorso alle pec, non è stato richiamato dalla norma transitoria, né risulta altrimenti prorogato;
- gli atti non depositabili sul portale potranno essere depositati in cancelleria, ma vi saranno da subito alcune limitazioni. Ad esempio NON potrà più ricorrersi al deposito delle impugnazioni fuori sede, ex art. 582 2 co. c.p.p., e ciò giacché tale enunciato normativo è abolito (art. 98 D.L.vo "Cartabia") e l'ultrattività dell'art. 582, ex art. 87 4 co. D.L.vo "Cartabia", riguarda il solo primo comma (cioè la possibilità di depositare in cancelleria). Al riguardo però si noti che il novello art. 461 c.p.p. continua a prevedere che l'opponente possa proporre l'opposizione nella cancelleria del tribunale o del giudice di pace ove si trova. Se tale diversa soluzione è frutto di una consapevole scelta, v'è da ritenere che il d.l.vo "Cartabia" sia pervaso da un chiaro sfavore nei confronti di appelli e ricorsi per cassazione.
16 novembre 2022
La circolare ministeriale sulle indagini preliminari nel processo "Cartabia"
Col post di sabato scorso abbiamo dato conto della circolare ministeriale sull'assenza nel processo "Cartabia", oggi pubblichiamo la circolare 26 ottobre 2022 inerente le indagini preliminari.
(Circolare al link)
15 novembre 2022
i più letti del mese di ottobre 2022
I dieci contributi più letti nel mese di ottobre 2022
con i link di collegamento
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14 novembre 2022
Le inammissibilità che verranno.
La riforma conferma l'impostazione di fondo che da diversi lustri anima la giurisprudenza e il legislatore: ridurre il numero di impugnazioni, agendo sulla leva dell'inammissibilità.
Al riguardo la novella è intervenuta sull'art. 581 c.p.p. introducendo tre nuove ipotesi di inammissibilità, sub commi 1-bis, 1-ter e 1-quater.
Questo il testo novellato.
Art. 581 Forma dell'impugnazione
1. L’impugnazione si propone con atto scritto nel quale sono indicati il provvedimento impugnato, la data del medesimo e il giudice che lo ha emesso, con l’enunciazione specifica, a pena di inammissibilità:
a) dei capi o dei punti della decisione ai quali si riferisce l’impugnazione;
b) delle prove delle quali si deduce l’inesistenza, l’omessa assunzione o l’omessa o erronea
valutazione;
c) delle richieste, anche istruttorie;
d) dei motivi, con l’indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta.
1-bis. L’appello è inammissibile per mancanza di specificità dei motivi quando, per ogni richiesta, non sono enunciati in forma puntuale ed esplicita i rilievi critici in relazione alle ragioni di fatto o di diritto espresse nel provvedimento impugnato, con riferimento ai capi e punti della decisione ai quali si riferisce l’impugnazione.
1-ter. Con l’atto d’impugnazione delle parti private e dei difensori è depositata, a pena d’inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio.
1-quater. Nel caso di imputato rispetto al quale si è proceduto in assenza, con l’atto d’impugnazione del difensore è depositato, a pena d’inammissibilità, specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio>>.
L'intervento normativo suscita diverse perplessità.
Anzitutto v'è da chiedersi se, nonostante la loro collocazione nel titolo dedicato alle impugnazioni in generale, i nuovi enunciati normativi non riguardino in realtà esclusivamente l'appello.
Di ciò non può dubitarsi con riferimento all'ipotesi di cui al comma 1 bis, per via dello stesso tenore letterale dell'enunciato normativo, ma invero altrettanto deve ritenersi con riguardo all'ipotesi sub 1-ter, posto che la norma prevede l'elezione o la dichiarazione di domicilio al fine esclusivo della notifica del decreto di citazione a giudizio e quindi dell'atto introduttivo dell'appello. In ogni caso, non avrebbe alcun senso ritenere che la norma possa riferirsi anche al giudizio di cassazione, per la semplice ragione che, per tale giudizio, l'imputato non ha diritto alla notifica dell'avviso di fissazione dell'udienza. Né vale obiettare che la previsione normativa potrebbe applicarsi per il caso in cui il ricorrente sia assistito da un difensore d'ufficio, considerando che per la giurisprudenza di legittimità in tal caso anche l'imputato deve essere destinatario dell'avviso di fissazione dell'udienza (Cassazione penale sez. V 28 maggio 2010 n. 29763): infatti il nuovo art. 161 c.p.p. prevede che tutti gli avvisi diversi da quelli esplicitamente indicati nella stessa norma debbano essere notificati presso il difensore, anche se d'ufficio.
In sintesi non avrebbe senso prevedere che l'imputato indichi, peraltro a pena di inammissibilità, un domicilio al fine di una notifica di cui non è destinatario.
Per ciò che attiene alla previsione di cui al comma 1 quater forse si potrebbe ritenere che la disposizione conservi una sua operatività anche per il giudizio di cassazione, nei limiti in cui si voglia che l'imputato, rimasto assente nel giudizio di appello, manifesti esplicitamente la sua volontà che la sentenza distrettuale sia impugnata.
In ogni caso pare che anche l'imputato che abbia già eletto o dichiarato domicilio per l'udienza preliminare o per il primo grado di giudizio debba nuovamente provvedere all'elezione o dichiarazione in vista dell'impugnazione. In tal senso sembra soccorrere anche la disposizione dell'art. 157 ter u.c., secondo cui <<in caso di impugnazione proposta dall'imputato o nel suo interesse, la notificazione dell'atto di citazione a giudizio nei suoi confronti è sempre eseguita presso il domicilio dichiarato o eletto, ai sensi dell’articolo 581, commi 1-ter e 1quater>>. Tuttavia v'è da chiedersi se in caso di annullamento con rinvio pronunciato dalla Corte di cassazione in favore del primo giudice riviva la precedente dichiarazione, posto che l'elezione ex art. 581 è operata ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio.
Nel complesso, per come rilevato, l'intento del legislatore sembra quello di scoraggiare o comunque complicare l'utilizzo delle impugnazioni e così però si <<rischia di coincidere pericolosamente con una limitazione del diritto al controllo sulla decisione giudiziale>> (così N. Cascini, in "La Riforma Cartabia", a cura di G. Spangher, ed. Pacini). Ciò a maggior ragione in caso di difesa di ufficio in cui l'assenza di contatti tra l'imputato e il difensore difficilmente potrà essere rimediata dalla prevista proroga di quindici giorni in favore del difensore dell'assente per proporre impugnazione (art. 585 1 bis). Né tantomeno la prospettata lesione può dirsi bilanciata dai rimedi post iudicatum, a muovere dall'avviso al condannato giudicato in assenza che, ove ne ricorrano le condizioni, potrà richiedere la restituzione in termini o la rescissione del giudicato (cfr. art. 656 c.p.p.) e ciò sebbene la relazione ministeriale sembri mostrare un diverso avviso, lì dove esplicitamente afferma che <<si è ovviamente estesa l’applicazione delle disposizioni dell’articolo 175 del codice di procedura penale, come modificato dal presente decreto, che hanno introdotto (a compensazione del maggior onere previsto per impugnare) il diritto ad una impugnazione tardiva>>.
Sul tema si segnala come non siano mancate sin da subito prese di posizioni di forte stigmatizzazione della norma, invitando i difensori non muniti, senza colpa, di mandato ad impugnare a proporre comunque appello, eccependo apposita questione di legittimità costituzionale per violazione delle norme internazionali che assicurano un doppio esame di merito (cfr. F. Maisano, Prime note critiche sull'appello inammissibile, in Giurisprudenza penale).
Con apposita norma transitoria (art. 89 D.l.vo) si è previsto che i commi 1-ter e 1-quater si applichino soltanto alle impugnazioni proposte avverso sentenze pronunciate dopo l'entrata in vigore della riforma.
Delicate questioni, anche di ordine sistematico, pone la nuova previsione di cui al comma 1 bis, in ordine alla inammissibilità per aspecificità dei motivi.
Ovviamente, in questa sede, il tema può essere affrontato in modo cursorio, rinviando ad approfonditi contributi (P. Ferrua, in "La Giustizia Penale", 2022, in corso di pubblicazione):
- l'appello "slitta" verso un giudizio sulla sentenza più che sulla imputazione;
- il requisito, previsto a pena di inammissibilità, della enunciazione in forma puntuale ed esplicita dei rilievi critici alla sentenza rischia di un aprire a declaratorie di inammissibilità sul merito dell'appello (per F. Maisano, Prime note critiche sull'appello inammissibile, in Giurisprudenza penale,<<usare la clava dell’inammissibilità se i motivi non sono sufficientemente persuasivi è una inaccettabile e pericolosissima fuga dal giudizio di merito che è tipico del grado>>) ;
- il riferimento ad ogni richiesta potrebbe agevolare impieghi frazionati della inammissibilità, riferita non più ad un atto unitario (l'impugnazione) ma al singolo motivo e alle conseguenti richieste, con immaginabili ricadute in tema di prescrizione. La tesi dell'impiego frazionato della inammissibilità è esplicitamente adottata nel documento sull'appello elaborato dall'Ufficio studi della Corte di appello di Milano.
Non sono previste disposizioni transitorie per tale causa di inammissibilità. Si ritiene però che essa non possa applicarsi ai giudizi in corso, ma soltanto agli appelli proposti successivamente alla entrata in vigore della riforma. Tuttavia, non sono mancate prese di posizioni di segno contrario, le quali hanno fatto leva sulla natura meramente esplicativa della novella rispetto alla previsione contenuta nel comma 1 lett. d) del medesimo articolo 581 (ci si riferisce segnatamente al testo elaborato dall'Ufficio studi della Corte di appello di Milano)
Dall'esame complessivo delle norme può ritenersi che il legislatore, consapevole di un uso teleologico, cui si è assistito negli anni nel giudizio in cassazione, della inammissibilità e forse anche considerando il suo possibile impiego in relazione alla improcedibilità (si vedano in tal senso le osservazioni dispiegate da P. Ferrua nel corso del nostro webinar sulla "Inammissibilità innanzi alla Corte di Cassazione") ben avrebbe potuto essere più guardingo nel ricorrervi. Ma forse la riforma, concepita con l'obbligo di ridurre i tempi della giustizia, ha visto proprio in quella discutibile esperienza un modello.
12 novembre 2022
La Circolare Ministeriale sull'assenza nel processo Cartabia
Il Ministero della Giustizia, volendo <<accompagnare gli uffici giudiziari nella fase,
sicuramente molto impegnativa, di avvio dell’attuazione concreta della
riforma>>, ha predisposto <<un corredo di circolari tematiche
che– con uno stile espositivo volutamente sintetico e graficamente
orientato sui punti fondamentali- possano costituire (unitamente alla
relazione illustrativa e ad altre fonti di approfondimento) una sorta di
“manuale d’uso” delle novità della riforma ed un primo orientamento
rispetto alle discendenti problematiche di gestione>>.
Oggi pubblichiamo la circolare ministeriale del 21.10.2022 inerente il processo in assenza secondo "Cartabia".
Per come indicato dallo stesso atto amministrativo, la cirolare è ripratita in tre sezioni:
<<Una sezione prima (“Le norme e le disposizioni collegate”) che riporta il testo della riforma, per la parte contenutisticamente d’interesse, con evidenziazione in grassetto delle parti o degli articoli novellati o di nuova introduzione. Si è ritenuto in tal caso che questa formula grafica potesse essere di maggiore e più rapida fruizione rispetto al cd. “testo a fronte”.
Una sezione seconda (“Scheda di sintesi sulla novella normativa”) in cui si offre una fotografia essenziale della novella processuale, con a margine l’indicazione per rinvio agli approfondimenti rintracciabili nel testo della relazione illustrativa del decreto.
Una sezione terza (“Segnalazioni organizzative”) le cui finalità sono quelle di evidenziare gli opportuni passaggi organizzativi per l’attuazione della riforma, anche attraverso una lettura sistematica delle disposizioni coinvolte, e di sottoporre alle valutazioni dei capi degli uffici eventuali strategie d’intervento>>.
11 novembre 2022
Eco bonus 110% e truffa: possibile il sequestro dei crediti dei terzi
10 novembre 2022
Dalle SS.UU. civili spunti per uno statuto dell'inammissibilità in Cassazione.
Le sezioni uniti civili (num. 29862 Anno 2022), adite da un ricorso in materia tributaria, che, sulla scorta di una recente e innovativa pronuncia delle sezioni semplici, invocava l'inammissibilità di domande limitate ab origine al solo an debautur, hanno offerto importanti spunti per quello che può costituire uno statuto dell'inammissibilità.
Le SS.UU. hanno anzitutto osservato come la giurisprudenza comunitaria richiami tra i "principi fondanti dell'Unione Europea" quello di certezza del diritto. In campo processuale- ad avviso della Corte di Cassazione- tale principio è stato ripreso e sviluppato dalla Corte EDU, la quale ne ha tratto il corollario secondo cui <<è impedito ai giudici degli Stati membri interpretare le norme processuali in modo che conducano all'inammissibilità d'una domanda giudiziale, quando tali interpretazioni siano "troppo formalistiche", adottate "a sorpresa" e niente affatto chiare ed univoche (Corte EDU, sez. I, 15.9.2016, Trevisanato c. Italia, in causa n. 32610/07, §§ 42-44; Corte EDU, sez. II, 18.10.2016, Miessen c. Belgio, in causa n. 31517/12, §§ 71-73)>>.
In particolare, hanno chiosato le Sezioni Unite, <<la Corte di Strasburgo ha ritenuto che costituisce violazione dell'art. 6 CEDU l'adozione d'una interpretazione della norma processuale che comporti per l'individuo la perdita della possibilità di adire un Tribunale, senza che tale effetto potesse essere previsto ex ante (ex multis, Corte EDU, 20 dicembre 2016, Ljaskaj c. Croazia, in causa n. 58630/11); che la legge processuale "deve essere accessibile ai giustiziabili e da loro prevedibile quanto agli effetti" (Corte EDU 27.1.2017, Paradiso e Campanelli c. Italia, in causa n. 25358/12, § 169); che ogni soggetto deve essere in grado di prevedere le conseguenze che possono derivare da un determinato atto (così Corte EDU 7.6.2012, Centro Europa 7 s.r.l. e Di Stefano c. Italia, in causa n. 38433/09, § 140; nello stesso senso Corte EDU 17.5.2016, Karécsony ed al. c. Ungheria, in cause nn. 42641/13 e 44357/13); che non possono imporsi cause di inammissibilità non previste dalla legge, se non indispensabili (Corte EDU, sez. I, 24.4.2008, Kemp c. Lussemburgo, in causa n. 17140/05); che, infine, i giudizi degli Stati membri devono osservare per quanto possibile orientamenti stabili, sicché non è loro consentito esercitare nel corso del tempo le loro competenze in modo da ledere imprevedibilmente situazioni e rapporti giuridici soggettivi (Corte giust. UE, 15 Febbraio 1986, Duff, in causa C-63/93)>>.
Alla luce di tali princìpi, il massimo consesso civile della Corte regolatrice ha concluso che la regola di diritto invocata dalla ricorrente ("non è ammissibile una domanda ab origine limitata all'an debeatur") non può essere seguita perché non espressamente prevista dalla legge, imprevedibile dai litiganti e non indispensabile.
Il ragionamento adottato dalla Corte può costituire lo spunto per uno statuto dell'inammissibilità dei ricorsi per cassazione, divenuto ormai assolutamente improcrastinabile, considerate le percentuali di inammissibilità dei ricorsi per cassazione (sentenza al link)
09 novembre 2022
La Riforma che vorrei. L'intervento della Prof.ssa Francesca Ruggieri
Una unica cultura legale per giudici, pubblici ministeri e avvocati: ruoli differenziati ma formazione comune per un processo penale giusto ed efficiente¨.
Sommario.
1. Quadri da un tribunale. -2. Alcuni riferimenti. -3. Un sogno e alcune
esperienze. -4. L’ignoranza del mondo altrui. -5. Studio e formazione. – 6. Ipotesi
per la costruzione di una cultura comune. -7. Le utopiche ricadute delle riforme proposte.
1.
Quadri da un
tribunale.
Avvocato si accomodi.
Il suo
cliente è stato accompagnato, i testi sono puntuali.
Ieri
avevamo sentito Rossi oggi tocca a Verdi e Gialli. A voi la parola.…
Altre
domande pubblico ministero? Perfetto. Dichiaro chiusa l’istruttoria.
Oggi è
venerdì, lunedì ascolteremo le vostre conclusioni.
… Il
collegio si ritira.
Dall’ultimo
telegiornale della notte: “Oggi, a quasi due mesi dal terribile incidente,
giudice togato e scabini si sono pronunciati, dopo una camera di consiglio di
quasi due giorni, per la colpevolezza di Caio e Tizio. Sono stati invece
assolti Sempronio e Mevio. Solo l’avvocato di Caio ha dichiarato che avrebbe
proposto impugnazione”.
Pubblico ministero mi dica.
Ho
letto sia le sue richieste sia le osservazioni dell’avvocato Publio. Nessuna
delle due prospettazioni mi convince.
Nel
rispetto dei criteri dettati dal codice di rito non posso in alcun modo
disporre un provvedimento restrittivo. Ci aggiorniamo.
Il collegio ha
apprezzato molto l’organizzazione di Firma,
che accompagna una condivisibile filosofia imprenditoriale ad un Modello ex
231/01 efficace e, soprattutto,
condiviso a tutti i livelli dell’azienda, ove il profitto è perseguito nel
rispetto dei diritti dell’ambiente e dei lavoratori …
Giuseppe, la condanno a due
anni di servizi di pubblica utilità presso la scuola di Borghi; credo che le
sue affermazioni siano palesemente false. Avrebbe dovuto almeno chiedere scusa.
Maria
può tenere il bambino.
2. Alcuni riferimenti.
Una immagine di unità di spazio e di tempo quasi istantanea
fotografa un giudice che accoglie gentilmente le parti, non interviene
nell’istruttoria, decide subito all’esito e, quando deve valutare una struttura
aziendale, apprezza il lavoro imprenditoriale senza alcun pregiudizio circa la
logica del profitto e del mercato.
Solo uno dei due imputati condannati non è soddisfatto e unicamente
per lui si può ipotizzare saranno scritte le motivazioni per la celebrazione
dell’impugnazione pre-annunciata dal suo difensore.
Nel
primo caso non si tratta un organo
giurisdizionale interamente professionista. Decide nella forma dello scabinato:
togati e laici insieme come nella nostra Corte d’Assise.
Cambia la stanza, forse siamo in camera di consiglio. Probabilmente
è un organo monocratico. Si tratta di
contraddittorio cartolare. Il giudice legge le memorie delle parti e decide
senza alcuna istruttoria ex officio. Comunica la sua decisione
informalmente.
Leggiamo una parte di motivazione, presumibilmente per un
processo a carico dell’ente per una responsabilità amministrativa da reato; il
collegio dà atto di conoscere le logiche aziendali.
Ancora
un’aula giudiziaria. Il giudice spiega a Giuseppe i motivi della condanna. Si
può immaginare lo guardi negli occhi. Forse vi è stato qualche maltrattamento.
C’è un bambino di mezzo.
Non vi sono univoci e specifici riferimenti a ordinamenti esistenti. Lo scabinato è tipico del sistema tedesco, che però conosce l’esame incrociato, proprio dell’ordinamento di common law, solo sulla carta. Appartengono alla tradizione teutonica anche l’ipotesi (in realtà molto più articolata) della stesura di una motivazione solo se venga dichiarata la volontà di impugnare e l’usanza di spiegare in aula al condannato il perché della condanna, e talvolta, i motivi per cui non è stato creduto. Il contraddittorio pre-cautelare, che tuttavia non è solo cartolare, è proprio dell’esperienza francese.
Sempre
a tradizioni diverse dalla nostra conoscono il giudice che sa delle vicende
imprenditoriali.
Comune
a tutti è solo la figura di un giudice che non ha, o almeno non esercita, alcun
potere istruttorio. Solo quando parla a Giuseppe e Maria il tribunale sembra
assumere le vesti della persona condiscendente, che, dall’alto del suo scranno,
valuta e giudica soggetti in qualche misura non proprio dei pari.
E’ un
organo che conosce talvolta anche molto bene il mondo in cui si trova ad
operare.
3.
Un sogno e alcune
esperienze.
Ciò che vorrei, sintetizzabile in poche ma spero efficaci pennellate, è un organo giurisdizionale che rispetti in egual modo accusa e difesa e che non si soffermi a ipotizzare e a completare scenari che il pubblico ministero non ha voluto o non è riuscito a ricostruire.
Sogno
di non udire mai più da un giudice, “avvocato, ho capito, lasci perdere che ci
penso io”. Un giudice che non si
sostituisca alle parti, ma che rispetti le regole, che valuti la condotta del
difensore alla stessa maniera con cui valuta quella del pubblico ministero; che
non dia maggior credito alla parte pubblica perché pubblica e che non diffidi
dell’avvocato perché soggetto privato contiguo all’indagato. Che ascolti,
equidistante, le ragioni dell’uno e dell’altro.
Che
non unisca il suo convincimento a quello del pubblico ministero per affermare e
trovare un colpevole senza il rispetto delle norme che quel convincimento
vogliono formato solo superando la presunzione di non colpevolezza. Un giudice
che non sospetti delle logiche del mercato perché non ha mai lavorato in
azienda, un giudice che sappia proteggere i deboli nell’ambito di un mondo che
vive anche e spesso di ricerche, produttività e profitti.
Parlo ad una platea formata soprattutto da avvocati che, come ho avuto modo di sperimentare, conosce la frustrazione di essere messa da parte sugli assunti che il giudice è il miglior garante del rito e, soprattutto, non può essere contestato. Ma ho esercitato anche come magistrato ordinario e conosco la sottile diffidenza a cui il giovane tirocinante è educato e che guida gli organi giudicanti e requirenti nei confronti del difensore il quale, trattando con il cliente, si suppone abbia maggiori conoscenze dell’autorità con cui non le condivide. E là dove difenda una realtà aziendale si presuppone abbia (erroneamente) maggiori possibilità di successo per il mondo in cui si muove.
Nell’uno
e nell’altro ruolo ho visto, per fortuna non così frequentemente, ignoranze e
supponenza che denunciavano una manifesta inidoneità a comprendere i fatti per
cui si procedeva.
Come accademico, infine, ho potuto constatare
quante poco efficaci siano le norme processuali nell’ “educare” i soggetti
pubblici e privati del processo a migliorare i reciproci rapporti nell’ ampio
agone della giustizia.
Last
but non least,
anche come cittadino, non posso
che interrogarmi su come delimitare e
circoscrivere il potere dell’ordine giudiziario rispetto al cui operato i principi della
soggezione della legge e dell’obbligatorietà dell’azione penale non
costituiscono più, se mai la hanno costituito, alcuna efficace barriera contro
abusi e illegittimità.
4.
L’ignoranza del
mondo altrui.
Se le osservazioni che precedono sono corrette, o almeno condivisibili, si può comprendere come le mie proposte di riforma interessino soprattutto, se non esclusivamente, il piano della formazione.
A mio
modesto parere molti degli atteggiamenti e delle incomprensioni che
caratterizzano la nostra amministrazione della giustizia potrebbero essere in
gran parte risolti da una formazione comune alle diverse parti del processo che
consenta loro di conoscere meglio rispettivi ruoli e funzioni e, in senso più
ampio, di conoscere realtà spesso del tutto estranee alle professioni liberali
ma su cui ogni operatore giudiziario si trova a incidere, nel corso della sua
vita professionale, più volte e spesso in modo molto rilevante.
Il
pubblico ministero che censura il difensore assumendo che quest’ultimo sia
informato di circostanze che potrebbero aiutarlo nelle indagini, non ha mai
ricevuto, come avvocato, un cliente, e non sa quanto sia difficile trattare con
una persona che, per le più varie ragioni, non vuole o non è in grado di
riferire cosa potrebbe essere accaduto a proposito del reato contestato (o solo
ipotizzato in caso di addebito provvisorio).
L’avvocato
che lamenta la maleducazione del magistrato poiché non lo riceve all’ora
concordata non ha mai avuto occasione di trattare con il personale degli uffici
o la stessa polizia giudiziaria. E se può anche ritenere, a ragione, che un
modello organizzativo di tipo aziendale potrebbe risolvere molti dei denunciati
problemi, non ha neppure una pur vaga percezione di come siano solo le buone
volontà di taluni a consentire di trovare un fascicolo tra i migliaia presenti
nella stanza.
Il
giudice che condanna l’imprenditore presupponendo una condotta illecita e fini
di profitto non ha mai lavorato in un’azienda, ove di regola la conoscenza e il
rispetto delle norme anti-infortunistiche, di quelle a tutela dell’ambiente e
oggi delle disposizioni per la prevenzione dei reati presupposto ex d.lvo
231/2001, sono diffusi, presidiati e spesso sanzionati dalla dirigenza in
caso di inosservanza molto più frequentemente di quanto si sia abituati a
pensare.
5.
Studio e
formazione.
Oggi avvocati, magistrati e spesso anche imprenditori escono dal medesimo percorso formativo, il corso universitario di cinque anni in giurisprudenza: una serie di esami, di carattere il più delle volte teorico, che li introduce alle categorie concettuali che un domani dovrebbero aiutarli ad agire in autonomia per chiedere un risarcimento ex art, 2043 c.c., decidere sulla custodia cautelare di una persona accusata di rapina, ovvero applicare all’attività produttiva o di servizi le novità in tema di sicurezza sul lavoro.
L’approccio
che vorrebbe consegnare loro gli strumenti per applicare un innumerevole numero
di disposizioni, di cui in tutta la loro vita professionale conosceranno a mala
pena un 10%, è informato a riflessioni sistematiche che tuttavia si scontrano
con una serie di novità con esse del tutto incompatibili: la diffusa tendenza a
ricorrere a banche dati sempre più sofisticate per risolvere i “casi
difficili”, la predisposizione di atti, documenti e memorie sotto forma di
collage di atti altrui, in una successione meramente paratattica; la
conseguente rinuncia, per i motivi più vari, ad articolate forme di
argomentazioni e interpretazioni. Comprensibile, dunque, che dilaghino stages
di diversi livelli presso uffici giudiziari e legali per introdurre i giovani
all’applicazione concreta della legge.
Rimangono
tuttavia rigidamente divisi i percorsi post lauream dell’una e dell’altra professione legale.
Caduto il lodevole tentativo di una scuola post-universitaria comune, gli
aspiranti avvocati imparano la professione presso gli studi legali prima
dell’esame e sudano presso le scuole forensi; gli aspiranti giudici sino a ieri sui banchi delle loro scuole di
specializzazione, oggi senza neppure quelle, dopo aver superato il concorso di
magistratura sono formati, durante il periodo di tirocinio che precede l’assunzione
di funzioni, e quindi direttamente, dalle scuole del CSM.
L’una e l’altra categoria, per ragioni
che non è possibile neppure accennare ma in entrambi i casi molto risalenti nel
tempo, si formano come corporazioni, del tutto autonome l’una dall’altra: più
varia la prima, anche solo per l’elevatissimo numero di legali che esercitano
(ciascuno secondo una propria tradizione) nel nostro Paese; molto più omogena
la seconda, che con un organico di appena ca. 9000 unità, è in grado di informare rigidamente canoni e
stili di giudizio dei propri componenti.
Tranne
qualche timida ipotesi sul piano della formazione primaria, volta ad assicurare
la doppia laurea in giurisprudenza ed economia in soli sei anni, né i liberi
professionisti né gli esponenti della magistratura ordinaria hanno alcuna
esperienza delle realtà aziendale. E se si prescinde altresì da alcuni grossi
studi legali organizzati secondo criteri manageriali, che iniziano a far
capolino anche in alcune sperimentazioni nell’ambito dell’amministrazione della
giustizia, né gli uni né gli altri sanno apprezzare la necessaria
organizzazione del lavoro che può e deve caratterizzare anche le professioni
cd. liberali.
6.
Per una cultura
comune.
Forse non è la panacea di tutti i problemi, ma a mio modesto
parere molti dei problemi denunciati potrebbero essere opportunamente superati
da una formazione comune di avvocati e magistrati e da una netta distinzione dei
ruoli giudicanti e requirenti.
Si immagini, ad esempio, ancora una volta sulla falsariga
dell’esperienza tedesca, che dopo il
conseguimento della laurea in giurisprudenza tutti coloro che desiderino
intraprendere una professione legale debbano trascorrere un certo periodo di
tempo, che potrebbe essere indicato in due anni e mezzo complessivi, presso diversi uffici e
suddiviso in tal modo: otto mesi presso uno studio legale, otto mesi presso un
ufficio requirente e altri otto presso un ufficio giudicante. Gli ultimi sei
mesi potrebbero essere spesi proficuamente presso una impresa privata.
Solo all’esito di questo periodo dovrebbe essere consentito
l’accesso ad un concorso, che dovrebbe essere unico per tutte le professioni,
in cui i candidati dovrebbero dimostrare di saper interpretare il diritto,
saper risolvere problemi complessi e saper organizzare un lavoro in forma
collegiale.
La prima valutazione
potrebbe interessare la (classica) stesura
di una tema con il solo ausilio delle leggi e/o del codice di riferimento: non
interessa a questo proposito lo specifico argomento da trattare, il cui
contenuto potrebbe essere estratto a sorte da argomenti attinenti, in generale, al civile, al penale o
al processuale.
La seconda capacità potrebbe essere accertata con la
sottoposizione ai candidati di un “dossier”
e un quesito di cui argomentare la soluzione. Potrebbe anche trattarsi
di una decisione “politica” sulla base degli interessi manifestati dai diversi
gruppi coinvolti: in quale misura, ad esempio, in un dato comune è opportuno
costruire una piscina che soddisfi le esigenze sportive dei giovani, che
aumenti profitti e lavori a favore delle imprese costruttrici e dell’indotto
derivante dalla frequentazione del luogo sportivo ma a scapito delle risorse
che potrebbero essere dedicate per la costruzione di una casa di riposo, di un
centro sanitario o uno stadio ?
Ma
potrebbe bene anche concernere uno specifico caso: forniti gli atti che un
rappresentante dell’accusa trasmette al gip per una richiesta di una misura
cautelare, i candidati potrebbero essere richiesti, ad esempio, di predisporre
la più opportuna difesa o, per coloro che fossero più interessati a entrare
nell’organico della magistratura, di redigere il più opportuno provvedimento
(di rigetto o di accoglimento).
La terza competenza, infine, potrebbe, analogamente, essere verificata
richiedendo ai candidati la predisposizione di un progetto organizzativo
sulla base di alcuni dati volti a rappresentare gli obiettivi da perseguire e la
quantità e la qualità delle risorse a disposizione. In questa cornice si
potrebbe pensare alla trattazione di un
certo numero di procedimenti entro un dato
termine sulla base delle notizie di reato in entrata e dell’organico, anche
di cancelleria, dell’ufficio; ovvero alla predisposizione di una strategia
legale al fine di ottenere il miglior risultato per il cliente sulla base di
informazioni scarse (il fatto descritto in denuncia-querela) e risorse ampie
(una decina di professionisti e studi specializzati in diversi rami).
Con la partecipazione degli ordini e del Ministero della
Giustizia, le prove potrebbero essere organizzate distrettualmente, e le
commissioni dovrebbero essere composte da magistrati, avvocati, accademici (anche
nel settore dell’organizzazione del lavoro) in ugual modo.
All’esito, nel rispetto dell’ordine indicato in una graduatoria
nazionale in cui sarebbero inseriti solo i candidati che abbiano superato tutte
e tre le prove, le persone
risulterebbero abilitate a scegliere tra il posto di magistrato, optando tra
giudicanti e inquirenti, ovvero quello di legale tra liste che indichino i
posti vacanti. Se il CSM, come accade
ora, è già in grado di fornire l’elenco degli uffici scoperti, con l’accortezza
di una certa qual proporzionale distribuzione territoriale e l’indicazione
della natura dell’incarico (giudicante, requirente), gli ordini non dovrebbero incontrare troppe difficoltà a
predisporre una lista analoga.
Va da sé che anche la formazione successiva dovrebbe essere fornita
congiuntamente da ordini professionali e CSM.
Non è
elemento di poco conto: le norme, specie quelle processuali, vivono di prassi,
di tradizioni e di cultura.
Scrivere
di contraddittorio o di rito camerale partecipato ha ben altro rilevo se gli
attori hanno conosciuto quanto possano essere complesse la gestione delle
rispettive agende di lavoro e la predisposizione della più efficace forma
di dalla prospettiva della accusa o
della difesa. Applicare o valutare una certa organizzazione aziendale ha altro
spessore se si riescono ad apprezzare i
valori positivi di una economia di mercato.
Una formazione continua per magistrati e
professionisti insieme, potrebbe anche essere d’aiuto per migliorare la
comunicazione tra i soggetti del processo: certe questioni in diritto, pure astrattamente ipotizzabili ma
del tutto irrilevanti al fine del decidere, ad esempio, potrebbero essere del tutto tralasciate nella consapevolezza di
un sapere comune e di una reciproca fiducia.
Soprattutto, però, una educazione comune potrebbe contribuire all’affermazione di un diverso
stile nell’esercizio del potere giudiziario: il terzo ordine dello Stato, senza
nulla togliere alle esigenze dell’accertamento, si potrebbe fare apprezzare
dalla comunità intera non nella diffusa iconografia dell’angelo vendicatore ma
nella più modesta e più rilevante immagine del servitore pubblico che, insieme
al libero professionista dalla stessa educazione anche manageriale, fa
funzionare la complessa macchina processuale esclusivamente a fini di giustizia.
¨ Francesca
Ruggieri, ordinario di
diritto processuale penale presso l’Università degli Studi dell’Insubria (sede
di Como).
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