31 marzo 2021

❗️Novità ❗️ILLEGITTIMA LA PRECLUSIONE ASSOLUTA ALLA DETENZIONE DOMICILIARE PER IL CONDANNATO ULTRASETTANTENNE RECIDIVO


Dall'ufficio stampa della Corte Costituzionale: 

Gli ultrasettantenni condannati a una pena detentiva potranno essere ammessi alla detenzione domiciliare anche se dichiarati recidivi. Cade dunque la preclusione assoluta stabilita nei loro confronti dall’ordinamento penitenziario. La magistratura di sorveglianza dovrà valutare caso per caso se il condannato sia in concreto meritevole di accedere a questa particolare misura alternativa alla detenzione, tenuto conto anche della sua eventuale residua pericolosità sociale.

Lo ha stabilito la Corte costituzionale nella sentenza n. 56 (al link), depositata oggi (redattore Francesco Viganò), dichiarando incostituzionale il divieto assoluto di accedere alla detenzione domiciliare stabilito per gli ultrasettantenni condannati con l’aggravante della recidiva (articolo 47-ter, primo comma, della legge sull’ordinamento penitenziario).

La Corte ha osservato che la detenzione domiciliare per gli ultrasettantenni è ispirata al principio di umanità della pena, sancito dall’articolo 27 della Costituzione.

La misura si fonda su una duplice presunzione. Da un lato, il legislatore presume una generale diminuzione della pericolosità sociale del condannato anziano, che quindi può di regola essere contenuta adeguatamente imponendogli la permanenza nel domicilio, secondo le prescrizioni del giudice e con i dovuti controlli. Dall’altro lato, appare verosimile che “il carico di sofferenza associato alla permanenza in carcere cresca con l’avanzare dell’età, e con il conseguente sempre maggiore bisogno, da parte del condannato, di cura e assistenza personalizzate, che difficilmente gli possono essere assicurate in un contesto intramurario, caratterizzato dalla forzata convivenza con un gran numero di altri detenuti di ogni età”.

A fronte di ciò, la Corte ha sottolineato l’anomalia della disposizione esaminata: l’unica, nell’intero ordinamento penitenziario, che fa discendere conseguenze radicalmente preclusive di una misura alternativa a carico di chi sia stato condannato con l’aggravante della recidiva.

È vero che il riconoscimento della recidiva da parte del giudice della condanna non discende automaticamente dalla circostanza che l’imputato sia già stato condannato per un precedente reato, ma già comporta un giudizio individualizzato di maggiore colpevolezza e pericolosità del reo. Tuttavia, la Corte ha osservato che tale giudizio è formulato unicamente ai fini della quantificazione della pena da infliggere, e dunque non è né attuale né specifico rispetto alle ragioni che potrebbero giustificare l’esecuzione della pena in detenzione domiciliare.

Tra queste ragioni spiccano, in particolare, “i cambiamenti avvenuti nella persona del reo, e l’eventuale percorso rieducativo in ipotesi già intrapreso” dal condannato dopo la sentenza, ivi compreso il tempo già trascorso in carcere, nonché la maggiore sofferenza determinata dalla detenzione su una persona di età avanzata.

La preclusione assoluta stabilita dalla norma è stata pertanto ritenuta irragionevole, anche in rapporto ai principi di rieducazione e umanità della pena, in conformità alla costante giurisprudenza che considera contrarie agli articoli 3 e 27, terzo comma, della Costituzione le preclusioni assolute all’accesso ai benefici penitenziari e alle misure alternative alla detenzione.

Roma, 31 marzo 2021


La sentenza n. 56 /2021 al 👉 link 

La Riforma del Processo penale - 4.3 la riforma del Giudizio - Le risposte dell’Avvocato, Fabrizio Galluzzo (*)

Per la rubrica "La Riforma del Processo Penale", pubblichiamo l'intervento del Pubblico Ministero relativo alla sezione "Giudizio" della riforma.
La nuova rubrica sottopone alcune domande a un giudice, un pubblico ministero, un avvocato e ad un docente universitario.
Il piano completo dell'opera è consultabile sulla pagina dedicata di questo blog (link).
L'altro ieri e ieri, per la medesima sezione, abbiamo pubblicato le risposte del Giudice, Daniela Vascellaro (link) e del Pm Antonio Nicastro (link).
Oggi, pubblichiamo le risposte dell'Avvocato, Fabrizio Galluzzo. 


Il progetto di legge per la “DELEGA AL GOVERNO PER LA MODIFICA DEL CODICE DI PROCEDURA PENALE, DEL CODICE PENALE E DELLA COLLEGATA LEGISLAZIONE SPECIALE E PER LA REVISIONE DEL REGIME SANZIONATORIO DELLE CONTRAVVENZIONI”, è all’esame, in sede referente, della Commissione Giustizia della Camera dei deputati, che ha anche svolto numerose audizioni inerenti il testo della riforma.




1- Ti pare concretamente possibile che il Giudice, sin dalla prima udienza, stili un calendario delle udienze per l’istruzione dibattimentale e per lo svolgimento della discussione?
Si tratta di una previsione che, se effettivamente applicata, consentirebbe di conciliare aspetti variegati quali la ragionevole durata del processo, una migliore conoscenza da parte del giudice degli atti del processo e la possibilità per la difesa di organizzare la strategia conoscendo già nel dettaglio i tempi del processo. Mi piace affermare, contrariamente a quello che si è fatto credere all’opinione pubblica, che gli avvocati vogliono “fare i processi” e non fare “melina” per ottenere la prescrizione. Nella prassi già alcuni giudici operano una calendarizzazione, soprattutto nei processi che prevedono un’istruttoria articolata, quanto meno per blocchi di udienze.

2- Se l’intento della relazione illustrativa sulle richieste di prove è quello di porre il Giudice nelle condizioni di meglio decidere sulla loro ammissibilità, non era meglio rivitalizzare l’art. 468 c.p.p. in ordine alla precisazione delle circostanze su cui sentire i testi?
Credo che l’intento del legislatore fosse comunque lo stesso: evitare che il giudice recepisca passivamente le richieste istruttorie, come accade quasi sempre laddove le liste testimoniali sono quantitativamente contenute, senza verificare la rilevanza delle prove da assumere o eventuali duplicazioni. Prassi che comporta poi la necessità di intervenire successivamente nel corso del processo, con la necessità di procedere al meccanismo di rinuncia ed accettazione delle altre parti.

3- Condividi l’introduzione di un pieno principio dispositivo in tema di revoca delle prova già ammesse ? 
No, in quanto, dal punto di vista del difensore, per esempio, l’eventuale rinuncia da parte del pubblico ministero all’assunzione di testimonianze che sia emerso che possano portare all’acquisizione di elementi di prova utili all’imputato, comporterebbe l’impossibilità per la difesa, che non abbia inserito il teste nella propria lista, di avvalersi di quella testimonianza, salva una pronuncia del giudice ex art. 507 c.p.p. 
Resta il fatto che talora, indubbiamente, il “capriccio” di una delle parti ostacola la possibile revoca di una prova divenuta oggettivamente superflua, con l’appesantimento processuale che ne deriva. 
Ma a ciò si può rimediare, come detto sopra, con un’attenta valutazione della prova nella fase dell’ammissione.

4- Qual è il tuo giudizio sulla introduzione di un congruo termine antecedente l’udienza per il deposito di perizie e consulenze?
Valuto positivamente la novella, purché i termini siano poi perentori per tutte le parti. Contribuirebbe ad una effettiva parità ed alla corretta preparazione delle parti.

5- L’estensione dell’art. 190 bis c.p.p. ai casi di mutamento della persona fisica del Giudice non rischia di celebrare il de profundis per l’immediatezza?

Assolutamente. Il principio di immediatezza è già stato progressivamente eroso mediante svariati interventi giurisprudenziali e legislativi. Chi frequenta le aule di tribunale sa perfettamente che nei giudizi dinanzi al tribunale collegiale, si assiste ad un continuo tourbillon di giudici, con la conseguenza che l’immediatezza coinvolge spesso non più di un giudice del collegio….Applicare la norma di cui all’art. 190 bis c.p.p., concepito come noto per finalità eterogenee, nell’ipotesi del mutamento della persona del giudice, significherebbe trasformare anche il processo di primo grado in un giudizio sostanzialmente cartolare. Si parla tanto di processi da remoto: io da anni avanzo la “proposta scandalosa” di riprendere con videoregistrazione le testimonianze rese in aula, anziché registrarne solo l’audio per poi trascriverlo. Il giudice che subentra ben potrebbe riguardare la testimonianza, così cogliendo tono della voce, atteggiamento corporeo e quant’altro utile per “pesare” parole che, sulla carta, assumono ben altra valenza. I costi sarebbero pressoché equivalenti a quelli delle attuali registrazioni e l’economia processuale (in aula) sarebbe salva. Posso essere malizioso? Temo che non troveremmo la disponibilità a dedicare il tempo necessario a riguardare la registrazione…


6- Si prevede che la priorità assoluta di trattazione riguardi anche i delitti colposi di comune pericolo. E’ davvero sensato continuare ad ampliare i processi a priorità assoluta oppure ormai l’art. 132 bis d.att. c.p.p. è una sterile elencazione?
Questi allargamenti derivano dall’eccessiva voglia del legislatore di turno di assecondare le pulsioni dell’opinione pubblica. Ma, come dice lei, l’indiscriminato ampliamento del catalogo comporterà la sostanziale elusione della ratio sottesa alla norma.




(*) Fabrizio Galluzzo
Avvocato del Foro di Roma, Cassazionista, è Dottore di ricerca in Diritto e Procedura penale presso Sapienza Università di Roma.

Componente del Comitato di gestione del “Corso di formazione continua” della Camera penale di Roma e del Comitato scientifico della Scuola territoriale della Camera penale di Basilicata.

Componente delle Commissioni di Procedura penale e di Diritto penale dell’Ordine degli Avvocati di Roma.

Coordinatore di redazione della rivista “Penale – Diritto e Procedura”.

Autore di oltre 60 pubblicazioni in riviste scientifiche nazionali ed internazionali e della monografia “Il consenso dell’imputato nei procedimenti speciali”, Cedam, 2020.


30 marzo 2021

La Riforma del Processo penale - 4.2 la riforma del Giudizio - Le risposte del PM, Antonio Nicastro (*)

Per la rubrica "La Riforma del Processo Penale", pubblichiamo l'intervento del Pubblico Ministero relativo alla sezione "Giudizio" della riforma.
La nuova rubrica sottopone alcune domande a un giudice, un pubblico ministero, un avvocato e ad un docente universitario.
Il piano completo dell'opera è consultabile sulla pagina dedicata di questo blog (link).
Ieri, per la medesima sezione, abbiamo pubblicato le risposte del Giudice, Daniela Vascellaro (link).
Oggi, pubblichiamo le risposte del pubblico Ministero, Antonio Nicastro. 


Il progetto di legge per la “DELEGA AL GOVERNO PER LA MODIFICA DEL CODICE DI PROCEDURA PENALE, DEL CODICE PENALE E DELLA COLLEGATA LEGISLAZIONE SPECIALE E PER LA REVISIONE DEL REGIME SANZIONATORIO DELLE CONTRAVVENZIONI”, è all’esame, in sede referente, della Commissione Giustizia della Camera dei deputati, che ha anche svolto numerose audizioni inerenti il testo della riforma.




1- Le pare concretamente possibile che il Giudice, sin dalla prima udienza, stili un calendario delle udienze per l’istruzione dibattimentale e per lo svolgimento della discussione?
La previsione che il Giudice, sin dalla prima udienza, provveda a calendarizzare l’attività processuale è una prospettiva da coltivare, in quanto  consente, in astratto, una programmazione  dell’attività funzionale alla effettiva consapevole partecipazione delle parti all’’udienza, evitando il dispendio di energie processuali, ed al contempo finalizzando la preparazione della singola fase all’attività in concreto svolta.  Si intravede il vantaggio di evitare la presenza in aula di soggetti il cui contributo processuale non potrà di fatto  essere assunto (si pensi a testi e consulenti citati inutilmente); il Giudice avrà inoltre il vantaggio di calibrare meglio il suo ruolo in base al carico dell’udienza. In concreto è una prospettiva  che deve necessariamente fare i conti con mille difficoltà legate alla oggettiva imprevedibilità della dinamica processuale; è noto infatti che i tempi del processo e la cadenza delle udienze sono legate a numerose  variabili difficilmente inquadrabili in uno schema rigido. Occorre quindi coniugare  programmazione e flessibilità, concetti difficilmente ingabbiabili in una rigida norma di legge.

2- Se l’intento della relazione illustrativa sulle richieste di prove è quello di porre il Giudice nelle condizioni di meglio decidere sulla loro ammissibilità, non era meglio rivitalizzare l’art. 468 c.p.p. in ordine alla precisazione delle circostanze su cui sentire i testi?
Il ruolo del 468 c.p.p  è assolutamente da rivitalizzare, in quanto consente il valido contraddittorio sui temi di prova, che non può essere  relegato a  formule di stile troppo ampie e generiche. L’indicazione specifica delle circostanze è un onere a cui la parte non si può e deve sottrarre al fine di consentire un’articolata dialettica processuale su ogni argomento di prova. Ridurre  il contraddittorio sulla prova ad una esposizione introduttiva, rischia di soffocare il diritto alla controprova in una fase in cui l’ammissione di prove a confutazione potrebbe di essere tardiva o comunque non in grado di spiegare al meglio i suoi effetti. Al contempo sarà dovere del Giudice  vigilare a che l’esame  testimoniale si snodi esclusivamente all’interno del perimetro tracciato con l’indicazione delle circostanze, evitando inutili e pericolose divagazioni narratorie.

3- Condivide l’introduzione di un pieno principio dispositivo in tema di revoca delle prova già ammesse? 
Sì condivido l’assunto in quanto consente di calibrare il  diritto alla prova  allo sviluppo della vicenda processuale, evitando inutili lungaggini a discapito della celerità del dibattimento. Chiaramente con onere di motivazione specifica sul punto.

4- Qual è il suo giudizio sulla introduzione di un congruo termine antecedente l’udienza per il deposito di perizie e consulenze?
Esprimo un giudizio assolutamente positivo in quanto consente alla parti una consapevole, effettiva conoscenza dei temi di prova introdotti da controparte, con recupero di un contraddittorio strutturato ed efficace.

5- L’estensione dell’art. 190 bis c.p.p. ai casi di mutamento della persona fisica del Giudice non rischia di celebrare il de profundis per l’immediatezza?
Uno dei grossi problemi del processo penale è quello della rinnovazione mediante lettura, tutte le volte in cui muti la persona fisica del Giudice. Si assiste a sfilate di testimoni chiamati a confermare quanto in precedenza dichiarato. Effettivamente l’estensione generalizzata dell’applicazione dell’art. 190 bis c.p.p. reca un grosso vulnus al principio dell’immediatezza, già compresso in alcune situazioni processuali (si pensi all’audizione teste in incidente probatorio) a cui si può porre rimedio prevedendo una rinnovazione  effettiva mediante la  riproposizione al teste di  argomenti non affrontati nel precedente esame, evitando (e caso mai sanzionando) richiese di  riaudizioni meramente confermative del precedente esame.

6- Si prevede che la priorità assoluta di trattazione riguardi anche i delitti colposi di comune pericolo. E’ davvero sensato continuare ad ampliare i processi a priorità assoluta oppure ormai l’art. 132 bis d.att. c.p.p. è una sterile elencazione?
Si, il sistema delle priorità, così ampio e generalizzato, rischia di ridursi ad un elenco sterile e privo di concreta efficacia. E' innegabile tuttavia che  alcuni processi meritano una trattazione prioritaria rispetto ad altri, ma ciò non può essere affidato soltanto al titolo del reato contestato, bensì ad una attenta disamina della sottesa vicenda processuale, che abbia come riferimento il grado  dell’offesa al bene giuridico protetto.



(*)Antonio Nicastro
Sostituto Procuratore Generale presso la corte di Appello di Catania, già PM presso la Procura di Siracusa. Specializzato in crimini informatici e reati contro la pubblica Amministrazione, reati contro l’immigrazione, avendo coordinato per oltre dieci anni il Gruppo contrasto immigrazione clandestina presso la procura di Siracusa. In Procura Generale delegato alla trattazione di procedimenti contro la criminalità organizzata e traffico di stupefacenti. Tra gli soci fondatori del LAPEC di Siracusa, attento cultore delle tecniche di esame e controesame. Già Presidente della Giunta Distrettuale ANM  di Catania, attualmente è componente del CDC dell’Associazione Nazionale Magistrati e Presidente della Commissione Diritto e Processo Penale.

29 marzo 2021

La Riforma del Processo penale - 4.1. la riforma del Giudizio - Le risposte del Giudice, Daniela Vascellaro (*)



Per la rubrica "La Riforma del Processo Penale", pubblichiamo l'intervento del Giudice relativo alla sezione "Giudizio" della riforma.
La nuova rubrica sottopone alcune domande a un giudice, un pubblico ministero, un avvocato e ad un docente universitario.
Il piano completo dell'opera è consultabile sulla pagina dedicata di questo blog (link).
A seguire le sei domande al Giudice, Daniela Vascellaro

Il progetto di legge per la “DELEGA AL GOVERNO PER LA MODIFICA DEL CODICE DI PROCEDURA PENALE, DEL CODICE PENALE E DELLA COLLEGATA LEGISLAZIONE SPECIALE E PER LA REVISIONE DEL REGIME SANZIONATORIO DELLE CONTRAVVENZIONI”, è all’esame, in sede referente, della Commissione Giustizia della Camera dei deputati, che ha anche svolto numerose audizioni inerenti il testo della riforma.


1- Le pare concretamente possibile che il Giudice, sin dalla prima udienza, stili un calendario delle udienze per l’istruzione dibattimentale e per lo svolgimento della discussione ?
Non mi pare concretamente praticabile, almeno per ciò che concerne il ruolo monocratico, se non per i processi più delicati per gravità della imputazione e/o per numero degli imputati, atteso che il numero delle sopravvenienze e le esigenze di speditezza legati ai processi con detenuti impediscono di fare programmazioni di lunga durata; occorre poi tenere conto del fatto che spesso le udienze vanno ‘a vuoto’ a causa della assenza, giustificata o meno, dei testimoni, nonché dei legittimi impedimenti delle parti e dei loro difensori, tutte evenienze che imporrebbero una riprogrammazione del calendario.

2- Se l’intento della relazione illustrativa sulle richieste di prove è quello di porre il Giudice nelle condizioni di meglio decidere sulla loro ammissibilità, non era meglio rivitalizzare l’art. 468 c.p.p. in ordine alla precisazione delle circostanze su cui sentire i testi ?
Sì lo condivido.

3- Condivide l’introduzione di un pieno principio dispositivo in tema di revoca delle prova già ammesse? 
Sì lo condivido.

4- Qual è il suo giudizio sulla introduzione di un congruo termine antecedente l’udienza per il deposito di perizie e consulenze?Potrebbe essere utile per dare modo alle parti di instaurare un effettivo contraddittorio in sede di esame del perito e del CT.

5- L’estensione dell’art. 190 bis c.p.p. ai casi di mutamento della persona fisica del Giudice non rischia di celebrare il de profundis per l’immediatezza?
Stante le carenze di organico e la durata non breve dei processi, vedo l’estensione dell’art. 190 bis c.p.p. una soluzione pratica inevitabile per ‘salvare’ il processo.

6- Si prevede che la priorità assoluta di trattazione riguardi anche i delitti colposi di comune pericolo. E’ davvero sensato continuare ad ampliare i processi a priorità assoluta oppure ormai l’art. 132 bis d.att. c.p.p. è una sterile elencazione ?
In effetti non sempre un processo c.d. a priorità assoluta merita una trattazione prioritaria (faccio riferimento a un processo in cui sia contestata la recidiva ex art. 99 quarto comma c.p. che comporta una dilatazione dei termini di prescrizione del reato o a processi in cui non si sia costituita la parte civile). Penso quindi che la trattazione prioritaria va considerata caso per caso e rimessa pertanto al prudente apprezzamento del giudice più che a una norma di legge.



(*) Daniela Vascellaro: 
Laureata con lode all'Università di Pavia, ha svolto il periodo di uditorato nel distretto della Corte di Appello di Milano.
All’esito del periodo di tirocinio, è stata assegnata al Tribunale di Termini Imerese, dove ha svolto le funzioni di giudice a latere a decorrere dall’ottobre 1997 fino al febbraio 2001.
A seguito della introduzione, ex lege n. 479 del 16.12.1999, del procedimento innanzi al Tribunale in composizione monocratica, ha svolto anche le funzioni di giudice monocratico, con contemporanea applicazione, per la durata di otto mesi, alla Sezione Distaccata del Tribunale di Corleone per la trattazione degli affari penali.
Nel marzo 2001 la dr.ssa Vascellaro è stata assegnata, a seguito di richiesta di trasferimento al Tribunale di Palermo, alla I Sezione Penale e Misure di Prevenzione, presso la quale ha avuto modo di occuparsi - sia come giudice monocratico che collegiale - di delicati e complessi processi in tema di associazione a delinquere a scopo di truffa, usura, abuso di ufficio, falsa testimonianza, calunnia, diffamazione a mezzo stampa, infortuni sul lavoro e colpa medica. Nel contempo ha svolto la duplice funzione di giudice relatore ed estensore dei provvedimenti di misure di prevenzione (personali e patrimoniali) e di giudice delegato alle amministrazioni giudiziarie singolarmente assegnate, con riferimento a imprese individuali e societarie anche di grosse dimensioni e a vasti patrimoni immobiliari. 
Alla naturale scadenza del periodo di permanenza presso la I Sezione Penale e M.P., la dr.ssa Vascellaro ha fatto istanza di tramutamento presso la III Sezione Penale, alla quale è stata assegnata a decorrere dal 21 maggio 2012. 
A decorrere dal 21 maggio 2020 è in servizio, sempre con funzioni di giudice sia monocratico che collegiale, presso la IV sezione penale, specializzata in reati contro il patrimonio, reati di bancarotta e di associazione a delinquere, sia semplice che di stampo mafioso.
Nel corso della vita professionale ha avuto altresì l’occasione di dare il proprio contributo alla stesura del codice commentato di procedura penale a cura di Giovanni Tranchina, edito dalla casa editrice Giuffrè nel 2008.
Inoltre una sua ordinanza in tema di citazione del responsabile civile nell’ipotesi di modifica del capo di imputazione per “fatto diverso”, è stata oggetto di pubblicazione sulla rivista “Archivio della nuova procedura penale”, edita della casa editrice La Tribuna, mensile settembre/ottobre 2011. 

Riforma del processo penale e conversione in sanzione pecuniaria: sempre un ragguaglio da Paperon de' Paperoni - le riflessioni di Daniele Livreri


In questi giorni nella nostra rubrica "Il processo che verrà", stiamo raccogliendo autorevoli opinioni sul disegno di legge di riforma del processo.

Spero allora che i lettori di questo blog non si dispiacciano per l’intrusione di un modesto leguleio.

Mi imbatto in un decreto penale di condanna risalente a qualche tempo fa ed emesso per sanzionare il furto di un quantitativo imprecisato di energia elettrica. Come sa chiunque frequenti le aule dei Tribunali si tratta di un' ipotesi ricorrente di impiego del decreto penale, così come avviene anche per altri delitti contro il patrimonio. Chi frequenti le aule dei Tribunali sa altrettanto bene che questi decreti non vengono e di fatto non possono essere pagati. Il riscosso rappresenta circa il 10% dell'intimato.

Nel decreto che ho davanti il PM per giungere ad una cifra non dico accettabile, ma almeno non tale da potere essere pagata soltanto da Bill Gates, ha concesso le circostanze attenuanti generiche prevalenti rispetto alla contestata aggravante, ha preso a riferimento il minimo della pena edittale detentiva (sei mesi di reclusione) e quasi di quella pecuniaria (180 euro di multa), ha applicato la diminuzione per il rito nella misura massima consentita, giungendo così a quantificare una pena di 2 mesi di reclusione e 60,00 euro di multa.

Non si può davvero rimproverare all’Autorità giudiziaria di non aver concesso ciò che poteva. Ma nonostante tutto ciò, combinando pene edittali elevate e mirabolanti tassi di conversione della pena pecuniaria, nel decreto si condanna l’imputato a pagare una pena pecuniaria di 15.060,00 euro di multa.

Una cifra all'evidenza impossibile da pretendere ed una pena ingiusta, muovendo dall'assunto del Pubblico Ministero secondo cui la sottrazione di energia effettivamente accertata è stata di "entità modesta".        

Ora, il disegno di legge al vaglio della Commissione Giustizia allo scopo di incoraggiare il ricorso al decreto penale di condanna e <<di assicurarne l'efficacia anche ai fini dell'effettivo recupero delle pene pecuniarie>>, subordina l'estinzione del reato <<all'effettivo pagamento della pena pecuniaria>>. Sempre a tal fine <<si è prevista la possibilità della riduzione di un quinto della somma dovuta nel caso di rinuncia all'opposizione e di pagamento entro il termine di dieci giorni decorrente dalla notificazione del decreto penale di condanna>>.  

A corredo di queste previsioni, si rettifica il tasso di conversione di un giorno di detenzione da 250 euro al giorno a 180 euro, così auspicando vi sia una platea più estesa di soggetti che aderiscano ai riti alternativi.

Siccome io mi ritrovo davanti persone in carne ed ossa, ho fatto un gioco: se applicassi la novella al destinatario del decreto penale che ho davanti, egli avrebbe potuto incrementare quel 10% di imputati che ha pagato il decreto penale ? 

I conti sono presto fatti, i residui due mesi di pena detentiva convertiti a 180 euro al giorno danno luogo a 10.800 euro cui devono sommarsi i 60 di pena pecuniaria: dunque il destinatario di quel decreto penale dovrebbe pagare 10.860 euro. Se poi li pagasse tutti e subito lo Stato gli verrebbe incontro, riducendo l'importo dovuto di un quinto, cioè residuerebbero “soltanto” 8.688,00.

Davvero qualcuno può ritenere che tali somme verrebbero pagate e percepite come giuste ?

Mi chiedo che studi vengano condotti in Via Arenula prima di propinare simili ipotesi di riforma.

28 marzo 2021

La Riforma del Processo penale - 5.3. la riforma dell'appello - Le risposte dell'Avvocato, Andrea Lazzoni (*)


Per la rubrica "La Riforma del Processo Penale", ora nella partizione "Il processo che verrà" del nostro blogospitiamo l'intervento sul progetto di riforma dell'appello penale con 3 domande all'Avvocato Andrea Lazzoni
Qui il piano completo dell'opera 👉 link

Il progetto di legge per la “DELEGA AL GOVERNO PER LA MODIFICA DEL CODICE DI PROCEDURA PENALE, DEL CODICE PENALE E DELLA COLLEGATA LEGISLAZIONE SPECIALE E PER LA REVISIONE DEL REGIME SANZIONATORIO DELLE CONTRAVVENZIONI”, è all’esame, in sede referente, della Commissione Giustizia della Camera dei deputati, che ha anche svolto numerose audizioni inerenti il testo della riforma.


1- La previsione dello specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza di condanna, rischia di diventare un inutile orpello deflattivo che limiterà il diritto di difesa degli imputati assistiti d’ufficio e/o irreperibili di fatto?

La domanda è posta in termini suggestivi ma il punto è proprio quello: per risolvere il vero o presunto problema degli appelli “defatigatori” proposti dai difensori di soggetti irreperibili di fatto, si incide pesantemente su un istituto di garanzia quale l'autonoma facoltà d'impugnazione del difensore. Il quale, invece, merita di essere salvaguardato per una serie di buone ragioni che partono dall'impossibilità di calibrare l'ampiezza del diritto di difesa in base alla meritevolezza processuale dell'imputato, passano per la necessità di garantire comunque una decisione “giusta” e pervengono alla considerazione, solo apparentemente ovvia, che la facoltà d'impugnazione deve comunque essere garantita anche al difensore dell'imputato latitante.


2- La previsione del giudice monocratico di appello per i casi di citazione diretta a giudizio riduce la collegialità. Consideri quest’ultima un valore? e la previsione avrà autentica efficacia sui tempi di celebrazione del processo, considerato che in primo grado, da quando la riforma “monocratica” è in vigore non si sono avute ricadute sui tempi di celebrazione del processo?

La collegialità è certamente un valore che merita di essere salvaguardato proprio nei casi in cui la decisione di primo grado provenga da un giudice monocratico. Che, poi, la realtà quotidiana ci consegni una collegialità più di forma che di sostanza non è valida ragione per rassegnarci ad una qualità inferiore del processo decisionale. Oltretutto, la storia e l'esperienza insegnano che la disponibilità di qualche magistrato in più raramente ha inciso sui tempi dei processi che sono condizionati da numerosi altri fattori, in primo luogo di natura logistica.


3- Le riforme progettate mirano, da un lato, a rendere più razionale l’invio telematico degli atti di impugnazione e recano in corollario l’eliminazione della regola del deposito fuori sede, dall'altro, mirano a razionalizzare le modalità di celebrazione del giudizio di appello c.d. cartolare pandemico, in quest'ultimo caso rimettendo la scelta opzionale alla espressa richiesta dell’imputato e del suo difensore. Qual è il tuo parere?

I nuovi mezzi tecnologici dovrebbero rappresentare un ausilio e non il pretesto per perseguire scopi deflattivi mediante l'introduzione di vere e proprie “trappole telematiche”, come è invece accaduto con le recenti normative “pandemiche”. Se il sistema fosse snello ed efficiente, ad esempio prevedendo la semplice regola che l'invio a mezzo pec di un atto d'impugnazione equivale all'invio a mezzo raccomandata di quel medesimo atto, il suo effettivo utilizzo aumenterebbe esponenzialmente e parimenti diminuirebbe il ricorso al deposito fuori sede da parte dei difensori. Ad oggi l'abrogazione degli articoli 582 comma 2 e 583 c.p.p. È assolutamente inaccettabile, anche perché esiste e deve essere salvaguardato l'autonomo diritto d'impugnazione delle parti private (che tra l'altro potrebbero non disporre di una casella pec). 
Non sono, invece, sfavorevole alla possibilità del rito camerale non partecipato su richiesta dell'imputato o del suo difensore, in specie nei casi indicati nelle linee di riforma (e con esclusione, per quanto detto sopra, dell'appello monocratico). Alla fine, sarebbe assai più seria questa scelta che non partecipare ad un'udienza per “riportarsi” ai motivi di appello come sempre più accade.



(*) Andrea Lazzoni:
 Avvocato, è Presidente della Camera Penale della Spezia. Già responsabile dell'Osservatorio Indagini Difensive e componente dell'Osservatorio Deontologia e qualità del difensore dell'Unione delle Camere, è autore di numerose pubblicazioni edite per la collana Officina del Diritto dalla Giuffrè-Lefebvre (Le Trappole dell'appello penale, Le nuove trappole nell'appello penale, La Bancarotta, Guida in stato di alterazione, Notifiche: difendersi con le eccezioni). È responsabile della redazione scientifica della Spezia della Rivista online Il Penalista per la quale ha pubblicato numerosi articoli. Buon ultimo, è un vero amico. 








Il testo della legge delega sull'appello:
Art. 7.
(Appello)
1. Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, i decreti legislativi recanti modifiche al codice di procedura penale in materia di appello, per le parti di seguito indicate, sono adottati nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
   a) prevedere che il difensore possa impugnare la sentenza solo se munito di specifico mandato a impugnare, rilasciato successivamente alla pronunzia della sentenza medesima;
   b) modificare le modalità di presentazione dell'impugnazione e di spedizione dell'atto di impugnazione, con l'abrogazione dell'articolo 582, comma 2, e dell'articolo 583 del codice di procedura penale e la previsione della possibilità di deposito dell'atto di impugnazione con modalità telematiche;
   c) prevedere l'inappellabilità delle sentenze di proscioglimento relative a reati puniti con la sola pena pecuniaria o con pena alternativa, salvo che per i delitti di cui agli articoli 590, secondo e terzo comma, 590-sexies e 604-bis, primo comma, del codice penale;
   d) prevedere l'inappellabilità della sentenza di condanna a pena sostituita con il lavoro di pubblica utilità;
   e) prevedere l'inappellabilità della sentenza di non luogo a procedere nei casi di cui alla lettera c);
   f) prevedere la competenza della corte di appello in composizione monocratica nei procedimenti a citazione diretta di cui all'articolo 550 del codice di procedura penale;
   g) prevedere la forma del rito camerale non partecipato nei procedimenti di impugnazione innanzi alla corte d'appello in composizione monocratica, qualora ne facciano richiesta l'imputato o il suo difensore e non vi sia la necessità di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale;
   h) prevedere la forma del rito camerale non partecipato, qualora ne facciano richiesta l'imputato o il suo difensore e sempre che non sia necessaria la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, nei casi in cui si procede con udienza in camera di consiglio ai sensi dell'articolo 599 del codice di procedura penale

Art. 15.
(Misure straordinarie per la definizione dell'arretrato penale presso le corti d'appello)
1. Al   decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, della legge 9 agosto 2013, n. 98, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) all'articolo 62, comma 1, dopo le parole: «definizione dei procedimenti» sono inserite le seguenti: «penali e» e dopo le parole: «Corti di appello» sono inserite le seguenti: «ai sensi dell'articolo 132-bis, comma 2, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, ovvero»;
   b) all'articolo 63, comma 1, la parola: «trecentocinquanta» è sostituita dalla seguente: «ottocentocinquanta».

27 marzo 2021

Violenza sessuale: procedibile d'ufficio se commessa da un p.u. su un subordinato


La violenza sessuale nei confronti di una dipendentela qualifica rivestita in ambito lavorativo dall'imputato, che profitta della sua posizione di supremazia, rende il delitto procedibile d'ufficio giusta la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio (Corte di Cassazione Sez. III penale sentenza 2 marzo 2021, n. 8213).

Ai sensi dell'art. 609-septies c.p., comma 4, n. 3 c.p., la posizione pubblicistica dell'imputato pone la persona offesa in area di maggiore vulnerabilità a causa della soggezione psicologica derivante dalle funzioni esercitate e per la Cassazione la posizione sovraordinata influsce sulla procedibilità


26 marzo 2021

Dalla Cassazione indicazioni alle Corti d’appello




Il primo Presidente della Corte di Cassazione manda indicazioni alle Corti d’appello e alle Procure Generali con le istruzioni da fornire alle cancellerie sulle verifiche telematiche degli atti e sugli indirizzi pec di trasmissione.

La circolare offre il destro per alcune prime riflessioni: 

1) il giudice ad quem deve affidarsi ad una valutazione della cancelleria del giudice a quo, ed è  tagliato fuori dallo scrutinio inammissibilità, nonostante il disposto dell'art. 591 c.p.p.;

2) il difensore deve firmare digitalmente, e il procuratore generale? 

Scarica qui il documento ➡️ Link 

Guida sotto l'effetto di cannabis: non è reato se non è accertato lo stato di alterazione


Il reato di guida in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti (art. 187 cod. strada) esige l'accertamento dello stato di alterazione psico-fisica mentre non è sufficiente l’accertamento della positività ad una sostanza stupefacente o psicotropa (Cassazione penale, sezione IV, sentenza 2 febbraio 2021, n. 3900).

Si legge in sentenza:

<<La Corte di Appello di Torino con sentenza del 10 dicembre 2019 ha confermato la sentenza di primo grado del Tribunale di Ivrea con cui Enrico Gaeta è stato ritenuto responsabile del reato di cui all'art. 187 comma 1^ C.d.S., per essersi posto alla guida di un autoveicolo di proprietà di terzi, in stato di alterazione psico- fisica per assunzione di sostanza stupefacente.

... la sentenza non affronta la questione della sussistenza dello stato di alterazione da sostanze stupefacenti, accontentandosi della verifica della positività dell'esame ematico ai cannabinoidi. Nondimeno, per configurarsi il reato di cui all'art. 187 C.d.S. non è sufficiente solo la positività alla sostanza, come nel caso di guida in stato di ebbrezza, essendo necessario che lo stato di alterazione psico-fisica sia conclamato e derivi dall'uso di droga.Il principio è stato enunciato da questa sezione che ha ritenuto che "Ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 187 cod. strada, non è sufficiente che l'agente si sia posto alla guida del veicolo subito dopo aver assunto droghe ma è necessario che egli abbia guidato in stato di alterazione causato da tale assunzione. (In motivazione la Corte ha escluso che la prova della condotta illecita potesse desumersi dall'andatura barcollante dell'imputato, sufficiente per giustificarne la sottoposizione agli accertamenti medico-legali ma non per l'attestazione dello stato di alterazione)" (Sez. 4, n. 39160 del 15/05/2013 - dep. 23/09/2013, P.G. in proc. Braccini, Rv. 25683; Sez. 4, n. 41376 del 18/07/2018 - dep. 25/09/2018, Basso Fabrizio, Rv. 274712; Ed ancora -prima della precedente riforma del codice della strada- Sez. 4, n. 41796 del 11/06/2009 , P.G. in proc. Giardini, Rv. 245535).

6. La distinzione fra lo stato di alterazione psicofisica per uso dì sostanza stupefacente di cui all'art. 187 C.d.S. e la guida sotto l'influenza dell'acool, di cui all'art. 186 C.d.S., risiede tanto nell'indifferenza alla quantità di sostanza assunta, (che invece determina la diversa sanzione nell'ipotesi dell'alcool) quanto nella rilevanza dell'alterazione psicofisica causata dall'assunzione di droga.

7. La scelta legislativa di ancorare la punibilità a presupposti diversi da quelli previsti per la guida in stato di ebbrezza, per configurare la quale è sufficiente porsi alla guida dopo aver assunto alcool oltre una determinata soglia, trova la sua rado nell'apprezzamento della ritenuta maggior pericolosità dell'azione rispetto al bene giuridico tutelato della sicurezza stradale, che implica l'assenza di ogni gradazione punitiva a fronte dell'accertata alterazione psicofisica causata dall'assunzione di stupefacenti. Tanto è vero che la sanzione prevista dall'art. 187 comma 1^ corrisponde alla più grave sanzione prevista dall'art. 186, comma 2^, lett. c) e così parimenti si sovrappongono le sanzioni previste per il caso in cui il conducente provochi un sinistro stradaleNondimeno, sotto diverso profilo, il legislatore, condiziona la punibilità all'effettivo accertamento non della mera assunzione della sostanza, ma di uno specifico stato di alterazione da quella derivante, con ciò intendendo la compromissione dei rapporti fra i processi psichici ed i fenomeni fisici che riguardano l'individuo in sé ed i suoi rapporti con l'esterno. Alla sintomatologia dell'alterazione, deve, dunque, accompagnarsi l'accertamento della sua origine e cioè dell'assunzione di una sostanza drogante o psicotropa, non essendo la mera alterazione di per sé punibile, se non derivante dall'uso di sostanza, né essendo tale il semplice uso non accompagnato da alterazione. Diversarmente, dunque, dall'ipotesi di guida sotto l'effetto di alcool, l'accertamento non può limitarsi né alla sola sintomatologia, né al solo accertamento dell'assunzione, ma deve compendiare i due profili. Laddove siffatto accertamento, senza dubbio più complesso di quello previsto per la guida in stato di ebbrezza alcolica, dia esito positivo l'assenza di soglie implica di per sé l'integrazione del reato.

9. Ecco che, allora, è la constatazione esteriore della sintomatologia che deve determinare l'avvio del procedimento di cui all'art. 187 C.d.S, commi 2, 2 bis e segg., al fine di verficare se essa è correlata all'assunzione di sostanze droganti.

10. Le modalità di accertamento previste dall'art. 187 C.d.S., nondimeno, non implicando necessariamente l'accertamento ematico (da riteneresi - ove positivo - risolutivo sulla causa scatentante l'alterazione) consentono di far risalire l'origine dell'alterazione psicofisica all'uso di droghe anche attraverso accertamenti biologici diversi come l'esame delle urine, che seppure di per sé non esaustivi, sono certamente indicativi della preg ressa assunzione.

Il che consente, di volta in volta, di attribuirvi rilievo a seconda dell'intensità dell'alterazione psicofisica, della concentrazione dei metabolití e della tipologia di sostanza, di elementi di riscontro esterni che consentano di elidere l'eventuale equivocità degli altri dati. In questo senso va letta la recente pronuncia pronuncia di questa sezione secondo cui "Ai fini della configurabilità della contravvenzione di guida sotto l'influenza di sostanze stupefacenti (art. 187 del cod. strada), lo stato di alterazione del conducente dell'auto non deve essere necessariamente accertato attraverso l'espletamento di una specifica analisi medica, ben potendo il giudice desumerla dagli accertamenti biologici dimostrativi dell'avvenuta precedente assunzione dello stupefacente, unitamente all'apprezzamento delle deposizioni raccolte e del contesto in cui il fatto si è verificato. (In applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto sufficiente, ai fini dell'accertamento dell'assunzione di cannabinoidi, il riscontro dell'analisi compiuto sulle urine in associazione ai dati sintomatici rilevati al momento del fatto sul conducente, costituiti da pupille dilatate, stato di ansia ed irrequietezza, difetto di attenzione, ripetuti conati di vomito,

detenzione di involucri contenenti hashish). (Sez. 4, n. 43486 del 13/06/2017 - dep. 21/09/2017, Giannetto, Rv. 270929).

11. Ora, la motivazione della Corte territoriale appare carente perché omette ogni approfondimento sullo stato di alterazione psico-fisica da assunzione di stupefacenti, di cui all'art. 187, comma 1 C.d.S. limitandosi alla constatazione, da parte degli operanti, del sintomo del rossore degli occhi, senza affrontare, nondimeno, il riscontro di quegli elementi di elisione dell'equivocità del quadro risultante dagli accertamenti svolti, né ricordare che l'alterazione psico-fisica implica una modifica comportamentale che renda pericolosa la guida di un veicoli, diminuendo l'attenzione e la velocità di reazione dell'assuntore.

12. La sentenza, in assenza dell'indicazione degli elementi fin qui richiamati in ordine all'accertamento dello stato di alterazione da assunzione di stupefacenti, va annullata senza rinvio, perché il fatto non costituisce reato

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non costituisce reato>>

25 marzo 2021

❗️Attenzione ❗️ Il Portale si ferma per aggiornamenti. Il diritto di difesa può rimanere sospeso?




Dalle 17 di domani 26 marzo alle 8 del 29 marzo, i servizi telematici della giustizia si fermeranno per aggiornamenti e installazione di “patch correttive”.

Scarica qui la circolare del DGSIA 👉 link

Nessuno che abbia ancora il buon senso di prevedere, durante i lavori in corso, un sistema di doppio binario permanente, come Camera Penale di Trapani aveva chiesto al Ministro (link).

I burocrati e gli informatici ministeriali hanno idea di cosa sia il diritto di difesa? del suo rango di diritto inviolabile?

Intanto dal 28 al 31 marzo ci sarà l’astensione dalle udienze e da ogni attività proclamata dall’Unione delle Camere Penali Italiane.


Male captum, bene retentum: prove atipiche e procedimento disciplinare


Anche in sede disciplinare opera il principio di “acquisizione della prova”, in forza del quale un elemento probatorio, legittimamente acquisito, una volta introdotto nel processo, è acquisito agli atti e, quindi, è ben utilizzabile da parte del giudice al fine della formazione del convincimento. Conseguentemente, le risultanze probatorie acquisite, pur se formate in un procedimento diverso ed anche tra diverse parti, sono utilizzabili da parte del giudice disciplinare, ferma la libertà di valutarne la rilevanza e la concludenza ai fini del decidere, senza che, tuttavia, si possa negare ad esse pregiudizialmente ogni valore probatorio solo perché non “replicate” e “confermate” in sede disciplinare (fonte CNF newsletter).

Qui la sentenza

24 marzo 2021

L’esimente dell’articolo 384 cod. pen. si applica anche al convivente more uxorio



Le Sezioni Unite hanno affermato che l’art. 384, primo comma, cod. pen., in quanto causa di esclusione della colpevolezza, è applicabile analogicamente anche a chi ha commesso uno dei reati ivi indicati per esservi stato costretto dalla necessità di salvare il convivente more uxorio da un grave e inevitabile nocumento nella libertà o nell’onore.
Scarica la sentenza delle Sezioni Unite n. 10381 del 17 marzo 2021 al ➡️ link

Ultima pubblicazione

Se e a quali condizioni sia abnorme il provvedimento di rigetto della richiesta di incidente probatorio avente ad oggetto la testimonianza della persona offesa di uno dei reati compresi nell'elenco di cui all'art. 392, comma 1-bis, primo periodo, cod. proc. pen.

  E' viziato da abnormità ed é, quindi, ricorribile per cassazione il provvedimento con il quale il giudice rigetti la richiesta di inci...

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