L’Associazione Antigone ha pubblicato il suo XVII rapporto sulle condizioni detentive in Italia (al link).
Il rapporto è significativamente, e forse suggestivamente, intitolato “Oltre il virus”, perché anche le carceri, come il paese, vogliono guardare oltre.
Il rapporto è significativamente, e forse suggestivamente, intitolato “Oltre il virus”, perché anche le carceri, come il paese, vogliono guardare oltre.
Tuttavia, l’ “oltre” cui mirare muove da un “qui” i cui nodi critici sembrano essere rimasti gli stessi degli anni scorsi, anzi forse si sono aggravati.
Mi pare che tra questi debba porsi subito mente a quello inerente il tasso di suicidi.
Nel 2020 si è registrato il tasso dei suicidi più alto degli ultimi venti anni. Infatti nell’anno spirato vi sono stati 11 casi ogni 10.000 persone, lì dove nel 2019 non si raggiungeva neppure 9 casi ogni 10.000. Sono soprattutto coloro che hanno tra i 31 e i 40 anni ad avere compiuto il gesto fatale durante la detenzione.
Soltanto per avere un punto di riferimento nel mondo libero l’ultimo dato censito, quello del 2017, registrava un tasso di eventi suicidiari pari a 0.74 ogni 100.000 persone.
Per comprendere la portata del fenomeno occorre pensare che dietro i 64 suicidi dell’anno scorso, si pone un numero di atti di autolesionismo e tentati suicidi elevatissimo pari a oltre 23 casi ogni 100 (cento non centomila) detenuti.
Inevitabile temere che le condizioni di isolamento a causa del Corona Virus abbiano notevolmente inciso sull’aumento del tasso di suicidi in carcere.
A fronte di ciò non mi pare si rilevi un incremento di figure professionali che possano fungere da ausilio ai detenuti, anzi Antigone registra che nella Casa circondariale di Cassino, quella con la più alta percentuale di atti di autolesionismo, si annovera una presenza di psicologi e psichiatri inferiore alla media nazionale.
Per uno strano incrocio, proprio mentre la meritoria associazione pubblicava il suo rapporto, leggevo queste parole, scritte da un soggetto detenuto tra il 1945 e il 1949:
<<ebbi modo infatti in quegli anni di rendermi conto dell’inefficienza del regime carcerario… Ho avuto modo anche di valutare situazioni umane complesse, drammi profondi e quasi sempre incompresi da quelle autorità responsabili, le quali dovrebbero, con mezzi più idonei e senza demagogia, recuperare tanti cittadini che, a torto o ragione, sono incappati nel rigore della legge che non è uguale per tutti>>.
Non si tratta di un estratto di
“Ristretti orizzonti”, ma di un passo di Junio Valerio Borghese, il comandante della X mas, non
esattamente sospettabile di indulgenze garantiste.
Daniele Livreri