13 gennaio 2025

In morte del contraddittorio. In sede di esecuzione il contenuto della causa petendi è irrilevante

 

La prima sezione di legittimità ha ritenuto che in sede di incidente di esecuzione <<la richiesta di intervento rivolta dal Pubblico ministero, nonché dall’interessato o dal difensore, debba presentare la connotazione tipica della domanda giudiziale, articolandosi compiutamente nelle sue componenti essenziali del "petitum" e della "causa petendi". Solo il primo di tali profili, però, vincola il giudice, in quanto delimita il perimetro decisorio allo stesso demandato, risultando ogni deviazione dallo stesso foriero di un possibile vulnus, al principio della integrità del contraddittorio, nonché potenzialmente lesiva del diritto di difesa. Una volta che resti fermo il petitum, però, la cognizione devoluta al giudice dell’esecuzione presenta un carattere non vincolato, rimanendo essa aperta alla considerazione e valorizzazione di ragioni ulteriori, rispetto a quelle oggetto di specifica prospettazione di parte>>.

Nel caso di specie, il pubblico ministero aveva invocato la revoca della sospensione condizionale poichè l'interessata aveva già goduto del beneficio anteriormente alla condanna, per cui si chiedeva la revoca della sospensione. La difesa avversava tale ricostruzione. Il Giudice dell'esecuzione accoglieva la richiesta del pubblico ministero, ma sulla scorta di considerazioni del tutto differenti, rispetto alle ragioni poste a fondamento della richiesta.    (sentenza al link)

L'interessata interponeva ricorso avverso l'ordinanza di revoca, adducendo la violazione del diritto di difesa, sub specie di quello al contraddittorio. Il procuratore generale presso la Corte di legittimità, conveniva con la ricorrente, considerando che <<il procedimento di esecuzione, salvo che per l’applicazione dell'amnistia o dell’indulto, esige per il suo inizio l’impulso di parte, laddove per impulso si deve intendere l’integrale corrispondenza, tra quanto dedotto e quanto oggetto di decisione ad opera del giudice dell’esecuzione>>.

Tuttavia, la Corte di Cassazione ha diversamente opinato, ritenendo che il giudice possa decidere sulla scorta di circostanze non sottoposte al confronto tra le parti.

Giova, peraltro, considerare che la sentenza, pur menzionando un contrario precedente di altra sezione risalente al 1993, ha ignorato un coevo arresto della medesima prima sezione, secondo cui la ratio della previsione dell'art. 666, comma 1, cod. proc. pen. risulta compromessa ove il giudice dell'esecuzione, ricevuta una determinata richiesta, <<l'accogliesse per un motivo diverso da quello dedotto dal richiedente, così di fatto sostituendo la sua iniziativa d'ufficio a quella di parte>> (provvedimento al link).       

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