Per il giudizio immediato, la riforma concede una seconda chance per l’accesso ad un rito alternativo nell'ipotesi di rigetto della prima richiesta. Tuttavia nel caso del giudizio immediato tale seconda chance rischia di far interpretare l’art. 438 V bis c.p.p., in tema di abbreviato, nel senso di rendere obbligatoria la presentazione della contestuale richiesta di abbreviato condizionato con le altre richieste di riti alternativi? Qual è il suo parere?
La previsione della riforma, con
riferimento al giudizio immediato, della
possibilità di una seconda opportunità
per l’imputato di proporre riti alternativi, a seguito del rigetto della prima
istanza formulata, potrebbe in astratto condurre, in base ad una
interpretazione a contrario, ad
un’applicazione più restrittiva delle facoltà previste dal comma V bis dell’art. 438 c.p.p.
Al riguardo, infatti, il tenore
letterale dell’art. 438 c.p.p. farebbe propendere per una tempistica temporale più rigorosa, ai fini
della presentazione delle richieste subordinate al giudizio abbreviato
condizionato; tali richieste infatti dovrebbero essere già anticipate
nell’istanza di cui al comma 5 del medesimo articolo.
Tuttavia si ritiene che
la doppia chance, prevista specificatamente in tema di riti alternativi a
seguito della notifica del decreto di giudizio immediato, non intacchi l’attuale
concreta applicazione del comma 5 bis dell’art. 438 c.p.p., in base alla
relativa interpretazione fornita dalla giurisprudenza di merito e di
legittimità.
Una diversa conclusione,
in tema di giudizio abbreviato, contrasterebbe infatti con le stesse finalità
di speditezza ed immediata definizione dei procedimenti, cui intende mirare la riforma.
La specifica previsione
della doppia chance, con riferimento al giudizio immediato, non sembra infatti
possa intaccare, sul diverso versante
dell’art. 438 c.p.p., il principio in base al quale il giudizio abbreviato
condizionato e quello cd “secco” non sono riti alternativi, ma modalità differenziate
dello stesso rito; con la possibilità di proporli entro la discussione dell’udienza preliminare.
Inoltre rimane impregiudicato l’ulteriore principio secondo cui sono incompatibili il giudizio abbreviato e l’applicazione della pena su richiesta
delle parti, salva la facoltà di proporre la richiesta di abbreviato in
subordine, per l’ipotesi in cui la richiesta ex art. 444 c.p.p. sia respinta a
seguito del diniego del pm e o del rigetto da parte del giudice.
La
riforma del procedimento per decreto ci pare più sbilanciata sulle esigenze di
cassa che su quelle di una reale rianimazione del rito. Condivide questo
giudizio?
La riforma mira a
rianimare l’utilizzo del decreto penale di condanna, in prima battuta ampliando il termine (da semestrale ad annuale)
concesso al pubblico ministero per inoltrare al gip la relativa richiesta.
Tuttavia si rileva che,
in base all’interpretazione della giurisprudenza di legittimità, tale termine è
del tutto ordinatorio; al riguardo, sebbene il gip possa legittimamente
rigettare la richiesta una volta oltrepassato il semestre dall’iscrizione nelle
notizie di reato, nella prassi è del tutto infrequente che l’autorità
giudiziaria disponga il rigetto solo sulla scorta di tale motivazione.
Al contempo, anche con
riferimento all’abbassamento del tetto massimo di pena pecuniaria ai fini della
conversione di quella detentiva, si rileva che, già nella prassi, veniva
utilizzato un indice giornaliero ben al di sotto dei 180 euro indicati nella
riforma.
Sembra invece sbilanciata
sulle esigenze di cassa la previsione della subordinazione dell’estinzione del
reato all’effettivo pagamento della pena pecuniaria.
Dall’altra parte, tuttavia,
contrasta proprio con l’esigenza sopra citata la diversa previsione dell’ulteriore
riduzione della pena nella misura di un quinto, nel caso di rinuncia all’opposizione
entro 10 giorni dalla notifica del decreto penale: si ritiene infatti che tale
disposizione introduca un’ ingiustificata riduzione della pena, senza che a ciò
si accompagni una significativa diminuzione dei tempi di definizione del
procedimento, che comunque, in caso di mancata opposizione, sarebbe ugualmente
intervenuta dopo ulteriori 5 giorni.
Non
Le pare che per fare cassa si potesse ampliare il meccanismo delle oblazioni,
più incentivante anche per i prevenuti?
Il meccanismo delle
oblazioni allo stato trova una limitata applicazione, sia per la ristretta
cerchia di reati per i quali è previsto, sia per alcuni prescrizioni
dell’istituto, come quella avente ad oggetto
l’immediato versamento della metà della pena pecuniaria, all’atto di
presentazione della domanda. In ogni
caso si evidenzia che la pena per l’oblazione è comunque più alta rispetto a quella in
astratto concedibile con decreto penale.
Ciò premesso, sebbene
condivida l’auspicio di una maggiore ampliamento dell’istituto dell’oblazione
che, diversamente dal Decreto penale, è nella disponibilità dello stesso
imputato, tuttavia ritengo che sarebbe ancor più preferibile ricorrere a meccanismi
di estinzioni del reato simili a quelli previsti dagli artt. 21 e 24 del D.
Lvo. N. 758/94.
Al riguardo infatti, con tale modus operandi, si garantiscono al contempo due finalità: quella di garantire effettiva tutela al bene giuridico sotteso alla fattispecie incriminatrice; nonché assicurare il pagamento di una pena pecuniaria, condizione quest’ultima per la successiva ed immediata estinzione del reato. I citati meccanismi inoltre si collocano in un’ottica più vicina a quella della giustizia riparativa, oggetto di numerose raccomandazioni a livello europeo.
(*) Maria Rosaria Perricone Laureata presso l’Università degli Studi di Palermo, attualmente è Magistrato ordinario con funzioni di sostituto procuratore, presso la Procura della Repubblica di Palermo (attualmente in servizio presso il IV dipartimento, con competenza sui reati con violenza domestica e di genere).