14 settembre 2021

La Riforma del Processo penale - 3.2 I riti speciali (immediato e decreto penale) - Le risposte del PM, Maria Rosaria Perricone (*)

Per la rubrica "La Riforma del Processo Penale", pubblichiamo l'intervento del pubblico ministero Maria Rosaria Perricone relativo alla sezione "Indagini Preliminari" della riforma "fu" Bonafede.
La rubrica sottopone alcune domande a un giudice, un pubblico ministero, un avvocato e ad un docente universitario.
Il piano completo dell'opera, incluse le modifiche e i commenti alla Riforma Cartabia, è consultabile sulla pagina dedicata di questo blog (link).

 Per il giudizio immediato, la riforma concede una seconda chance per l’accesso ad un rito alternativo nell'ipotesi di rigetto della prima richiesta. Tuttavia nel caso del giudizio immediato tale seconda chance rischia di far interpretare l’art. 438 V bis c.p.p., in tema di abbreviato, nel senso di rendere obbligatoria la presentazione della contestuale richiesta di abbreviato condizionato con le altre richieste di riti alternativi? Qual è il suo parere?

La previsione della riforma, con riferimento al giudizio immediato,  della possibilità di  una seconda opportunità per l’imputato di proporre riti alternativi, a seguito del rigetto della prima istanza formulata, potrebbe in astratto condurre, in base ad una interpretazione a contrario, ad un’applicazione più restrittiva delle facoltà previste dal  comma V bis dell’art. 438 c.p.p.

Al riguardo, infatti, il tenore letterale dell’art. 438 c.p.p. farebbe propendere  per  una tempistica temporale più rigorosa, ai fini della presentazione delle richieste subordinate al giudizio abbreviato condizionato; tali richieste infatti dovrebbero essere già anticipate nell’istanza di cui al comma 5 del medesimo articolo.

Tuttavia si ritiene che la doppia chance, prevista specificatamente in tema di riti alternativi a seguito della notifica del decreto di giudizio immediato, non intacchi l’attuale concreta applicazione del comma 5 bis dell’art. 438 c.p.p., in base alla relativa interpretazione fornita dalla giurisprudenza di merito e di legittimità.

Una diversa conclusione, in tema di giudizio abbreviato, contrasterebbe infatti con le stesse finalità di speditezza ed immediata definizione dei procedimenti, cui intende mirare la riforma.

La specifica previsione della doppia chance, con riferimento al giudizio immediato, non sembra infatti possa intaccare,  sul diverso versante dell’art. 438 c.p.p., il principio in base al quale il giudizio abbreviato condizionato e quello cd “secco” non sono riti alternativi, ma modalità differenziate dello stesso rito; con la possibilità di proporli  entro la discussione dell’udienza preliminare. Inoltre rimane impregiudicato l’ulteriore principio secondo cui sono  incompatibili il giudizio abbreviato  e l’applicazione della pena su richiesta delle parti, salva la facoltà di proporre la richiesta di abbreviato in subordine, per l’ipotesi in cui la richiesta ex art. 444 c.p.p. sia respinta a seguito del diniego del pm e o del rigetto da parte del giudice.


La riforma del procedimento per decreto ci pare più sbilanciata sulle esigenze di cassa che su quelle di una reale rianimazione del rito. Condivide questo giudizio?

La riforma mira a rianimare l’utilizzo del decreto penale di condanna, in prima battuta  ampliando il termine (da semestrale ad annuale) concesso al pubblico ministero per inoltrare al gip la relativa  richiesta.

Tuttavia si rileva che, in base all’interpretazione della giurisprudenza di legittimità, tale termine è del tutto ordinatorio; al riguardo, sebbene il gip possa legittimamente rigettare la richiesta una volta oltrepassato il semestre dall’iscrizione nelle notizie di reato, nella prassi è del tutto infrequente che l’autorità giudiziaria disponga il rigetto solo sulla scorta di tale motivazione.

Al contempo, anche con riferimento all’abbassamento del tetto massimo di pena pecuniaria ai fini della conversione di quella detentiva, si rileva che, già nella prassi, veniva utilizzato un indice giornaliero ben al di sotto dei 180 euro indicati nella riforma.

Sembra invece sbilanciata sulle esigenze di cassa la previsione della subordinazione dell’estinzione del reato all’effettivo pagamento della pena pecuniaria.

Dall’altra parte, tuttavia, contrasta proprio con l’esigenza sopra citata la diversa previsione dell’ulteriore riduzione della pena nella misura di un quinto, nel caso di rinuncia all’opposizione entro 10 giorni dalla notifica del decreto penale: si ritiene infatti che tale disposizione introduca un’ ingiustificata riduzione della pena, senza che a ciò si accompagni una significativa diminuzione dei tempi di definizione del procedimento, che comunque, in caso di mancata opposizione, sarebbe ugualmente intervenuta dopo ulteriori 5 giorni.


Non Le pare che per fare cassa si potesse ampliare il meccanismo delle oblazioni, più incentivante anche per i prevenuti?

Il meccanismo delle oblazioni allo stato trova una limitata applicazione, sia per la ristretta cerchia di reati per i quali è previsto, sia per alcuni prescrizioni dell’istituto, come quella avente ad oggetto  l’immediato versamento della metà della pena pecuniaria, all’atto di presentazione della domanda.  In ogni caso si evidenzia che la pena per l’oblazione  è comunque più alta rispetto a quella in astratto concedibile con decreto penale.

Ciò premesso, sebbene condivida l’auspicio di una maggiore ampliamento dell’istituto dell’oblazione che, diversamente dal Decreto penale, è nella disponibilità dello stesso imputato, tuttavia ritengo che sarebbe ancor più preferibile ricorrere a meccanismi di estinzioni del reato simili a quelli previsti dagli artt. 21 e 24 del D. Lvo. N. 758/94.

Al riguardo infatti, con tale modus operandi, si garantiscono al contempo due finalità: quella di garantire effettiva tutela al bene giuridico sotteso alla fattispecie incriminatrice; nonché assicurare il pagamento di una pena pecuniaria, condizione quest’ultima per la successiva ed immediata estinzione del reato. I citati meccanismi inoltre si collocano in un’ottica più vicina a quella della giustizia riparativa, oggetto di numerose raccomandazioni a livello europeo. 


(*) Maria Rosaria Perricone Laureata presso l’Università degli Studi di Palermo, attualmente è Magistrato ordinario con funzioni di sostituto procuratore, presso la Procura della Repubblica di Palermo (attualmente in servizio presso il IV dipartimento, con competenza sui reati con violenza domestica e di genere).



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