10 settembre 2021

❗❓ Presunzione di innocenza, prescrizione e domanda di risarcimento. La Corte Costituzionale mette ordine? Tra dialogo tra Corti e prevedibili complicazioni dell'immediato futuro❗❓




La Corte d’appello di Lecce aveva sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 578 del codice di procedura penale, per contrasto con l’art. 117, primo comma, della Costituzione, in relazione all’art. 6, paragrafo 2, della Convenzione EDU «nella parte in cui stabilisce che, quando nei confronti dell’imputato è stata pronunciata condanna, anche generica, alle restituzioni o al risarcimento dei danni cagionati dal reato, a favore della parte civile, il giudice di appello, nel dichiarare estinto il reato per prescrizione, decide sull’impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli effetti civili».
Il rimettente sospettava che la denunciata previsione normativa violasse il diritto alla presunzione di innocenza, garantito dalla norma convenzionale.

Della questione ci eravamo occupati su questo blog in commento alla nota sentenza della CEDU Pasquini c. Repubblica si San Marino ( al link 👉Note a Corte Europea dei Diritti dell’Uomo emessa nel caso Pasquini c. Repubblica S. Marino n. 2 il 20 ottobre 2020), ovvero la decisione che esprimeva l’orientamento consolidato della Corte secondo cui la presunzione di innocenza è violata nei casi riguardanti le dichiarazioni dopo la cessazione del procedimento penale se, senza che l'imputato sia stato precedentemente dimostrato colpevole secondo la legge, una decisione giudiziaria che lo riguardi rifletta un'opinione di colpevolezza.

Il dubbio di legittimità costituzionale della corte territoriale si muoveva in questo filone interpretativo e si fondava sul rilievo che, alla stregua della giurisprudenza formatasi in ordine all’interpretazione della norma codicistica, il giudice dell’appello penale, nel momento in cui è chiamato a dichiarare non doversi procedere per la sopravvenuta estinzione del reato per prescrizione, sarebbe comunque tenuto a svolgere, sia pure in via incidentale e al fine di provvedere sul gravame ai soli effetti della domanda risarcitoria o restitutoria della parte civile, un nuovo accertamento sulla responsabilità penale dell’imputato, in mancanza del quale la decisione sarebbe viziata da difetto di motivazione e destinata ad essere annullata (con rinvio) nel successivo grado di legittimità.
Ad avviso della Corte Costituzionale la condanna penale costituisce il presupposto indispensabile del provvedimento del giudice sulla domanda civile: se emette sentenza di proscioglimento, tanto in rito (sentenza di non doversi procedere: artt. 529 e 531 cod. proc. pen.) quanto nel merito (sentenza di assoluzione: art. 530 cod. proc. pen.), il giudice non deve provvedere sulla domanda civile; se invece pronuncia sentenza di condanna (art. 533 cod. proc. pen.), provvede altresì sulla domanda restitutoria o risarcitoria, accogliendola o rigettandola. E tale regola, ricorda il giudice delle leggi, si applica sempre nel giudizio di primo grado, mentre "nei gradi di impugnazione questa regola talora deflette a tutela del diritto di azione della parte civile (art. 24, secondo comma, Cost.). La disciplina delle impugnazioni conosce, infatti, norme particolari, che attribuiscono al giudice del gravame o al giudice del rinvio in seguito a cassazione, il potere-dovere di provvedere sulla domanda civile, pur in presenza di una pronuncia di proscioglimento e quindi in assenza dell’accertamento della responsabilità penale".
Per inciso, viene da chiedersi cosa accadrà quando entrerà in vigore la regola di improcedibilità ... (su questo blog si veda l'intervento del prof. Paolo Ferrua al link), tanto più ove si consideri che, proprio la sentenza in commento, osserva che "parimenti la disposizione attualmente oggetto delle censure di illegittimità costituzionale (art. 578 cod. proc. pen.) mira a soddisfare un’analoga esigenza di tutela della parte civile; quella che, quando il processo penale ha superato il primo grado ed è nella fase dell’impugnazione, una risposta di giustizia sia assicurata, in quella stessa sede, alle pretese risarcitorie o restitutorie della parte civile anche quando non possa più esserci un accertamento della responsabilità penale dell’imputato ove questa risulti riconosciuta in una sentenza di condanna, impugnata e destinata ad essere riformata o annullata per essere, nelle more, estinto il reato per prescrizione".

Tuttavia, con queste ed altre premesse, la sentenza della Corte Costituzionale ritiene non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate.
Come detto, il giudice rimettente aveva invocato il principio della presunzione di innocenza, il quale vieta che la persona, accusata di aver commesso un reato e sottoposta ad un procedimento penale conclusosi con proscioglimento (in rito o in merito), possa poi essere trattata come se fosse colpevole del reato precedentemente contestatole.
Tale principio (la presunzione e di innocenza, ndr) è da mettere in relazione alla natura sostanziale della prescrizione (ribadita di recente da C. Cost. sentenze n. 140 del 2021 e n. 278 del 2020). E ancora una volta, la mente torna alla natura processuale (?) della prossima sanzione di improcedibilità, e alla propagandata "risposta di giustizia" del populismo nostrano, dal momento che si avrà l'effetto inverso.
Se ne ha conferma nell'inciso in cui la sentenza in commento, con riferimento alla legislazione attuale, osserva che nella situazione processuale di cui alla disposizione censurata, il giudice non è affatto chiamato a formulare un giudizio di colpevolezza penale quale presupposto della decisione, di conferma o di riforma, sui capi della sentenza impugnata che concernono gli interessi civili (il tenore testuale della disposizione censurata, art. 578 cod. proc. pen. non prevede il «previo accertamento della responsabilità dell’imputato»).

Dunque, a legislazione vigente, questa è la regola di giudizio:

  1. Il giudice dell’impugnazione penale, nel decidere sulla domanda risarcitoria, non è chiamato a verificare se si sia integrata la fattispecie penale tipica contemplata dalla norma incriminatrice;
  2. egli deve però accertare se sia integrata la fattispecie civilistica dell’illecito aquiliano (art. 2043 cod. civ.) ossia se quella condotta sia stata idonea a provocare un “danno ingiusto” e si sia tradotta nella lesione di una situazione giuridica soggettiva civilmente sanzionabile con il risarcimento del danno;
  3. la mancanza di un accertamento incidentale della responsabilità penale in ordine al reato estinto per prescrizione non preclude la possibilità per il danneggiato di ottenere l’accertamento giudiziale del suo diritto al risarcimento del danno, anche non patrimoniale;
  4. quanto al danno non patrimoniale - che sussiste sia nei casi espressamente previsti dalla legge al di fuori delle fattispecie di reato (art. 2059 cod. civ.) sia nei casi di lesione “non bagatellare” di interessi della persona elevati a valori costituzionali, sia infine, in tutte le ipotesi di derivazione del pregiudizio da un illecito civile coincidente con una fattispecie penale (art. 185 cod. pen.)- l’illecito civile, pur fondandosi sull’elemento materiale e psicologico del reato, tuttavia risponde a diverse finalità e richiama un distinto regime probatorio. Tuttavia, l’esigenza di rispetto della presunzione di innocenza dell’imputato non preclude al giudice penale dell’impugnazione di effettuare tale accertamento onde liquidare anche il danno non patrimoniale di cui all’art. 185 cod. pen.;
  5. la natura dell’accertamento è civilistica riguardo sia al nesso causale, sia all’elemento soggettivo dell’illecito. Id est: il giudice non accerta la causalità penalistica in base alla regola dell’«alto grado di probabilità logica» (Corte di cassazione, sezioni unite penali, sentenza 10 luglio-11 settembre 2002, n. 30328, Franzese), ma secondo il criterio del “più probabile che non” o della “probabilità prevalente” L’autonomia dell’accertamento dell’illecito civile non è revocata in dubbio dalla circostanza che esso si svolga dinanzi al giudice penale che ha uno statuto a prova "pieno" (è ammissibile e utilizzabile, ad esempio, la testimonianza della persona offesa che nel processo civile è interdetta;
  6. ove ne ricorrano i presupposti, dunque, il giudice dell’appello penale, rilevata l’estinzione del reato, potrà – o talora dovrà (Corte di cassazione, sezioni unite penali, sentenza 28 gennaio- 4 giugno 2021, n. 22065) – procedere alla rinnovazione dell’istruzione dibattimentale al fine di decidere sull’impugnazione ai soli effetti civili (art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen.). Al link il commento alla sentenza delle SSUU.
In conclusione, il giudice dell’impugnazione penale, spogliatosi della cognizione sulla responsabilità penale dell’imputato in seguito alla declaratoria di estinzione del reato per sopravvenuta prescrizione, deve provvedere sull’impugnazione ai soli effetti civili, confermando, riformando o annullando la condanna già emessa nel grado precedente, sulla base di un accertamento che impinge unicamente sugli elementi costitutivi dell’illecito civile, senza poter riconoscere, neppure incidenter tantum, la responsabilità dell’imputato per il reato estinto. L’art. 578 cod. proc. pen. non viola il diritto dell’imputato alla presunzione di innocenza come declinato nell’ordinamento convenzionale dalla giurisprudenza della Corte EDU e come riconosciuto nell’ordinamento dell’Unione europea.

A margine dei dubbi che si porranno nel prossimo futuro con riferimento alla sanzione di improcedibilità, la sentenza in commento lascia più di un dubbio, soprattutto con riguardo al "processo di formazione della prova". Rimane, infatti, che se il giudice penale dovrà comportarsi come se fosse un giudice civile, egli lo farà con gli strumenti diversi del processo penale, utilizzando ad esempio la testimonianza della parte civile che richiede il risarcimento. Com'è evidente si tratta di una situazione processuale inimmaginabile - e vietata - nel processo civile.

Scarica la sentenza n. 182/2021 della Corte Costituzionale al 👉 link


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