Con la sentenza che si annota (Cass. pen.,sez. V, ud. 15 luglio 2021 - dep. 2 settembre 2021, n. 32767 al link), i Giudici di legittimità hanno precisato la nozione di medesimo fatto rispetto ad un reato associativo, già oggetto di precedente contestazione.
Al fine di una migliore intelligenza di
quanto si dirà infra, appare opportuno premettere che la Corte era adita,
con due distinti ricorsi, dai difensori di un imprenditore assoggettato a misura
cautelare con l’accusa di aver fatto parte di un’associazione camorristica. Entrambe
le impugnazioni prospettavano che in altro procedimento, oggetto di
archiviazione e per il quale non era intervenuta alcuna autorizzazione ex art.
414 c.p.p., era già stata contestata al detenuto la condotta di partecipazione
al medesimo raggruppamento camorristico e per il medesimo arco temporale.
La questione, già dedotta innanzi al
Tribunale del riesame di Napoli, era stata respinta dai Giudici territoriali,
sul rilievo che i fatti materiali contestati erano differenti. Per quel che si
coglie dalla sentenza, i Giudici campani avevano rilevato che mentre nel
procedimento archiviato la condotta associativa si risolveva nella collaborazione
prestata dall'indagato al trasferimento di una somma di danaro da Caserta a
Milano per consentire un'operazione immobiliare di matrice mafiosa,
nell'attuale contestazione, invece, veniva in rilievo l'attività di partecipazione
ad un sistema criminale-affaristico per l'aggiudicazione e l'esecuzione di
appalti nell'ambito del ciclo integrato delle acque di competenza regionale.
Ricorreva in sintesi una diversità fattuale della partecipazione associativa.
La Corte di legittimità ha tuttavia accolto
i ricorsi, rilevando che:
1) la prospettiva ermeneutica seguita dal Tribunale del Riesame non è esatta anzitutto su di un piano sostanziale. Infatti il Collegio ha ritenuto che nel caso di procedimento per il delitto di cui all'art. 416-bis c.p., al fine di escludere la medesimezza del fatto, non rilevano, dal punto di vista del soggetto partecipe, eventuali mutamenti nelle modalità di partecipazione (attività e ruoli) e ciò poiché essi rappresentano soltanto <<l'agire materiale specifico contestato all'indagato quale manifestazione e fenomenologia della sua
partecipazione>>. In altri termini il
Tribunale cautelare ha sovrapposto elementi di prova con elementi costitutivi
del reato;
2) data
questa prospettiva, risulta <<fondamentale, al fine di distinguere i
reati associativi ascritti ad uno stesso soggetto partecipe e di verificare
l'esistenza di un "medesimo fatto" ipotizzato a suo carico, la
prospettiva temporale in cui si inscrivono le diverse condotte di
partecipazione mafiosa contestate>>. Dunque, in presenza di una
partecipazione ad un identico gruppo mafioso, la diversità della condotta
contestata <<va apprezzata, …, facendo leva sul dato temporale: saranno
"diverse" le condotte di estrinsecazione della partecipazione ad uno
stesso gruppo mafioso successive al decreto di archiviazione o al giudicato
intervenuto per una condotta precedente di partecipazione alla medesima
associazione criminale>>;
3) ciò
posto, su un piano più strettamente procedurale, la Corte ha osservato che
<<il decreto di archiviazione, pur non essendo munito dell'autorità
della "res judicata", è connotato da un'efficacia preclusiva, secondo
un meccanismo riferibile all'istituto del ne bis in idem>>, con conseguente
improcedibilità del reato contestato, per il quale non è intervenuto il
provvedimento di riapertura delle indagini;
4) ne consegue
che, in caso di reato permanente o abituale (Sez. 5, n. 23682 del 30/4/2021,
F., Rv. 281408), il decreto di archiviazione, non seguito dal provvedimento ex
art. 414 c.p.p., preclude la contestazione all'indagato, in un nuovo procedimento,
di condotte poste in essere nel periodo coperto dall'archiviazione (cfr. Sez.
2, n. 5276 del 15/1/2019, Davì, Rv. 274890). Viceversa, nelle medesime ipotesi
di reato permanente, l'archiviazione non seguita dalla autorizzazione alla
riapertura delle indagini non preclude lo svolgimento di nuove investigazioni
in merito al medesimo illecito con riferimento ai comportamenti successivi a
quelli oggetto del provvedimento di archiviazione, con eventuale applicazione
di una misura cautelare per tali fatti ulteriori, ovvero con esercizio
dell'azione penale;
5) consegue
altresì con specifico riguardo alla inutilizzabilità delle risultanze
investigative, che <<la sanzione di inutilizzabilità derivante dalla
violazione dell'414 c.p.p. colpisce solo gli atti che riguardano lo stesso
fatto oggetto dell'indagine conclusa con il provvedimento di archiviazione, e
non anche fatti diversi o successivi, benché collegati con i fatti oggetto
della precedente indagine>>.