Con un recente arresto (Cass. Sez. III n. 26608 del 28 maggio - 13 luglio 2021, sentenza al link) la Corte nomofilattica ha segnato un importante revirement in tema di rimedi esperibili avverso i provvedimenti che vertono sul c.d. “dissequestro temporaneo” di un bene soggetto a sequestro preventivo.
Volendo schematizzare:
1) il Giudice che procede è legittimato a
conoscere del provvedimento di sequestro, quale che sia la questione dedotta;
2) per converso non può ravvisarsi, in alcun
caso, la competenza funzionale del Giudice dell’esecuzione, fin tanto che non
vi sia un giudicato;
3) avverso il dictum del Giudice che
procede potranno esperirsi i rimedi censori tipici della cautela.
Per quanto la
soluzione testé prospettata paia piuttosto limpida, essa non sembra costituire
un sicuro approdo, emergendo un palese contrasto con altro arresto della
medesima sezione semplice.
In
particolare Cassazione
penale sez. III- 12/06/2018, n. 39275, adita su ricorso avverso un appello cautelare, ha osservato che:
a) <<con il riesame avverso il decreto genetico del
sequestro preventivo, quanto con l'appello
avverso le successive ordinanze nella stessa materia,
i soggetti legittimati possono far valere le proprie ragioni in ordine
all'esistenza o alla persistenza dei presupposti di applicazione di quella
misura cautelare reale, ciò potendosi indirettamente desumere dal fatto
che l'art. 321 c.p.p., comma 3, cui l'art. 322 bis, è collegabile, si riferisce
alla istanza con la quale si chieda la revoca del sequestro preventivo per la
mancanza, eventualmente anche sopravvenuta, delle condizioni originarie di
applicabilità della stessa misura (così, in motivazione, Sez. 6, n. 16170 del
2/4/2014, Stollo, Rv. 259769)>>;
b) <<il "dissequestro temporaneo" … attiene
certamente … alle modalità di esecuzione del sequestro preventivo>>;
c) i provvedimenti de quibus sono <<… impugnabili con la procedura
dell'incidente di esecuzione (Sez. 2, n. 44504 del 3/7/2015,
Steccato Vattumè, Rv. 265103; Sez. 6, n. 16170 del 2/4/2014, Stollo, Rv.
259769; Sez. 3, n. 26729 del 23/3/2011, Lannino, Rv. 250637)>>.
Il principio testé enunciato è
stato poi oggetto di recente conferma, sebbene sulla scorta di presupposti non
del tutto coincidenti.
Invero Cassazione penale sez.
III- 14/04/2021, n. 13825 ha affermato
che:
·
la richiesta di cd. "dissequestro
temporaneo" <<non attenendo alla verifica della sussistenza delle
condizioni per l'applicazione della misura, ma alle modalità di esecuzione del
provvedimento cautelare, comporta che eventuali questioni ad esso relative
vanno proposte in sede di incidente di esecuzione>>;
· tuttavia le richieste finalizzate ad una
fruizione anche temporanea del bene non rientrano nella nozione di "dissequestro temporaneo", di talché
<<il pubblico ministero che non ritenga di accogliere la richiesta di
restituzione, anche solo parziale, del bene, é tenuto a trasmettere gli atti al
giudice con le proprie valutazioni secondo quanto stabilisce l'art. 321 c.p.p.,
comma 3>>;
·
ricevuto il parere del Pubblico Ministero, <<il
giudice decide con ordinanza impugnabile ai sensi dell'art. 322-bis c.p.p.>>.
Da quanto sopra può ricavarsi che se per Cass. n. 39275/2018 l’incidente di esecuzione riguarda tutto ciò che non attiene ai presupposti del sequestro preventivo o alla loro permanenza, per Cass. 13825/2021 il distinguo tra rimedi cautelari e incidente di esecuzione non può sic et simpliciter ricavarsi su tale crinale.
Sicuramente per chi si accinge a contestare un provvedimento inerente modalità esecutive il quadro di riferimento è tutt’altro che rassicurante, anche perché nella sentenza annotato il PG aveva richiesto che il ricorso fosse riqualificato non come appello cautelare, ma quale opposizione all'esecuzione, si ritiene ex art. 667 IV co. c.p.p..