29 dicembre 2022

Il (solo) contrasto giurisprudenziale non consente di invocare la buona fede


Con la sentenza n. 47802 del 2022, la  III sezione della Corte di legitimità ha affermato che grava su colui che intenda  <<svolgere un'attività commerciale l'obbligo di acquisire preventivamente conoscenza della normativa applicabile in quel settore, sicché, qualora deduca la propria buona fede, non può limitarsi ad affermare l'incertezza derivante da contrastanti orientamenti giurisprudenziali nell'interpretazione e nell'applicazione della norma, la quale non abilita da sola ad invocare la condizione soggettiva d'ignoranza evitabile della legge penale>>.  Piuttosto <<per l'affermazione della scusabilità dell'ignoranza occorre che da un comportamento positivo degli organi amministrativi o da un complessivo pacifico orientamento giurisprudenziale, l'agente abbia tratto il convincimento della correttezza dell'interpretazione normativa e, conseguentemente, della liceità del comportamento tenuto (per tutte: S.U., n.854 del 10/06/1994 - dep. 18/07/1994, P.G. in proc. Calzetta, Rv.197885)>>. 

Ne consegue che <<il dubbio sulla liceità o meno della condotta deve indurre il soggetto ad un atteggiamento più attento fino cioè, secondo quanto affermato dalla sent. n.364 del 1988 della Corte Costituzionale, all'astensione dall'azione se, nonostante tutte le informazioni assunte, permanga incertezza sulla liceità o meno dell'azione stessa, dato che il dubbio, non essendo equiparabile allo stato d'inevitabile ed invincibile ignoranza, è inidoneo ad escludere la consapevolezza dell'illiceità (Sez. 2, n. 46669 del 13/11/11, P.G. in proc. De Marsi, Rv.252197)>>.

(sentenza al link) 

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