13 luglio 2023

È un Paese per vecchi

 



Cosa c’entra la parafrasi di un noto film con la faccenda telematica del processo penale?

Come sappiamo, dal 20 luglio, l’esercizio dei diritti di difesa dei cittadini presunti innocenti potrà avvenire solo ed esclusivamente attraverso il portale.

Con la sola eccezione dell’appello, che può essere stampato su carta, firmato dall’imputato e così depositato nella cancelleria del giudice che procede, tutto il resto (qui il decreto con l’elenco degli atti) dovrà “andare sul portale”. In molti casi la via del portale è l’unica possibile: liste dei testi e ricorsi per cassazione, ad esempio, che sono atti “esclusivi” del difensore.

Qualcuno, consapevole delle scadenze processuali nel periodo 20/31 luglio, e giustamente preoccupato dalle inefficienze del sistema (sia in termini di infrastrutture sia di capitale umano), ha prudentemente deciso di anticipare i tempi e ha chiesto di “accreditare” sul portale nomine che già sono in atti (in cartaceo). Lo ha fatto nell’unica maniera ad oggi possibile, cioè depositando sul portale e presso l’ufficio di Procura “titolare” del fascicolo la scansione della nomina già in atti e un “abilitante” (la sentenza di primo grado o di appello, ad esempio) con la causale: “DM 4 luglio 2023. Per allineamento dati portale non provvedendovi la pubblica amministrazione”.

In molti casi il deposito è stato accettato nonostante il fascicolo pendesse già in fase dibattimentale.

In altri casi il deposito è ancora in fase di verifica - da 7 giorni!- con la causale “verifiche in corso” (pare si tratti di calcoli algoritmici complicati che richiedono i massimi sistemi e le migliori intelligenze).

In un caso, il deposito è stato rifiutato con la causale “nomina già in atti”.

L’avvocato a fronte di quest’ultima articolata risposta degli uffici ha spiegato che si trattava di una ovvietà e che il deposito mirava solo ad “abilitarlo” ad operare sul portale “per” e “in” tempo, in vista delle scadenze processuali immediatamente prossime al 20 luglio, e per evitare i prevedibili crash di sistema che si verificheranno a quella data. 

Ma la determinazione dell’ufficio ha opposto e reiterato il diniego: la nomina è già in atti; il fascicolo pende nel grado di Cassazione; il deposito dovrà essere fatto dopo il 20 e accettato dalla cancelleria di quel “grado”. Tesi singolare, considerata l’unicità del portale. Ma tant’è!

La risposta - seppur apparentemente corretta - disvela le difficoltà ideologiche che ogni innovazione incontra in un paese fortemente sindacalizzato come il nostro.

In primo luogo, nulla impedisce di accettare la nomina già in atti per abilitare sul portale l’avvocato.

Poi, l’abilitazione sul portale dovrebbe esserci già, eseguita dal personale di cancelleria, e attraverso l’allineamento dei dati: il privato non è tenuto a sopperire alle inefficienze della p.a. ed a svolgere un compito che non gli appartiene, per giunta attendendo che l’essere umano a valle del portale “accetti” la nomina con il semplice gesto di un click sul mouse.

Infine, dietro questa resistenza e questa inutile vessazione ministeriale (sii tu, privato, ad accreditarti nuovamente e informaticamente) si nasconde la soluzione a tutti i problemi, che è tanto semplice quanto sconfortante (tanto più sconfortante se si considera che incide sui diritti di libertà e di difesa).

Pare infatti che il sicp, cioè il gestionale delle cancellerie, dialoghi con il portale del deposito atti penali, sicché se l’avvocato è stato nominato cartaceamente con nomina già caricata manualmente dal cancelliere sul sicp, in “automatico” dovrebbe essere abilitato sul portale.

Non sempre però. Anzi quasi mai, come ciascuno di noi può testimoniare. 

Molti cancellieri, nel tempo cartaceo, hanno infatti caricato solo alcuni dati (nome e cognome dell’avvocato), ma soprattutto non hanno caricato l’indispensabile codice fiscale, cioè la “chiave” del “dialogo informatico” tra sicp e pdp.

La riprova è che, come molti di noi hanno constatato, sul portale siamo abilitati ai fascicoli vecchissimi e ormai definiti ma non a quelli più recenti per i quali ci è chiesta la vessatoria pratica ministeriale del (ri)accredito informatico (sempre che venga accettato, ndr).

Venendo al caso del rifiuto di cui discutevano sopra (deposito sul portale rifiutato con la causale “nomina già in atti”) la soluzione è  semplicissima.

Infatti, a fronte del rifiuto opposto vi sarebbe la legittima impossibilità della cancelleria di accettare la nomina sul portale pena la duplicazione della nomina stessa sul sicp.

Ci rimane però un dubbio. 

Se invece di rispondere nel modo che abbiamo ricordato, arrovellarsi in riunioni, consultazioni, riflessioni su chi abbia la competenza ad accettare il deposito telematico, e studiare le norme, la cancelleria avesse semplicemente inserito al sicp il codice fiscale dell’avvocato la cui “nomina è già in atti”, il problema si sarebbe risolto! E se è così, cosa impedisce questa semplice operazione di buon senso?


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