10 novembre 2020

"Cara politica ti scrivo": otto domande a Marco Siragusa, Presidente della Camera Penale di Trapani - di Daniele Livreri (*)

Proseguiamo con la rubrica <<Caro ...  ti scrivo, così mi distraggo un po'>> e, a poco più di un mese dalla sua elezione a Presidente della Camera Penale di Trapani, ci pare opportuno confrontarci con l’avvocato Marco Siragusa su alcuni temi che riguardano l’avvocatura, soprattutto quella processualpenalistica.
Lo faremo con otto domande poste dal responsabile del sito Foro e Giurisprudenza, avvocato Daniele Livreri.


nella foto, Marco Siragusa 


1. Mi pare inevitabile prendere spunto dalla legislazione correlata all’emergenza Covid. Marco, ravvedi nella legislazione emergenziale più un’occasione di ammodernamento del pianeta giustizia o un rischio per le garanzie difensive?

Sono un ottimista e nelle difficoltà intravedo le occasioni. Ma la pandemia e il “blocco” del sistema Paese, che si “muoveva” ancora secondo logiche del passato, impongono scelte coraggiose delle quali non sempre siamo capaci, perché siamo troppo preoccupati a difendere le rendite di posizione. Alcune riforme del legislatore emergenziale sembrano omettere il confronto con la realtà e vanno nella direzione sbagliata, quando invece esistono soluzioni semplici e di buon senso immediatamente applicabili. Giustamente l’Avvocatura pone un problema vecchio e nuovo al tempo stesso: troppe volte, nel passato, con la scusa dell’eccezionalità del momento, norme temporanee sono diventate regole stabili. Penso alla legislazione degli anni di piombo e alle modifiche al codice di procedura successive agli anni delle stragi mafiose: sono regole che ancora oggi ci portiamo contraddittoriamente dietro e che hanno ridotto le garanzie per tutti.

2. Vorrei provare a entrare un po’ nel dettaglio: non ti pare censurabile che il d.l. 137 c.d. Ristori renda sacrificabile la pubblicità del processo senza che vengano offerti dei criteri al giudice, per contemperare il diritto alla salute  con quello che la Corte costituzionale ha definito, in plurime occasioni, un «principio connaturato ad un ordinamento democratico fondato sulla sovranità popolare>>?

Ecco il punto! Questa norma è un’inaccettabile soluzione burocratica a un problema reale. La pubblicità del processo fonda l’essenza della funzione giudicante, esercitata in nome del popolo sovrano. Tenere fuori dal palazzo di giustizia il mandante della funzione, è inaccettabile. Purtroppo registriamo altre “fughe in avanti” nel senso della visione burocratica del processo. Penso ad esempio al decreto legge che entra in vigore in queste ore, il n. 149/2020 (Ristori bis), che cartolarizza l’appello e ribalta sul cittadino (presunto innocente e/o privato cautelarmente della libertà) il rischio di contagio che lo Stato dovrebbe essere in grado di contemperare con i diritti fondamentali in gioco: salute, libertà e difesa in un tempo ragionevole e in condizioni eque. Dovremo chiedere la discussione orale dell’udienza di appello e sarà "regolare" la camera di consiglio virtuale. Credo che nella storia del Paese non si sia mai visto un concentrato di norme più insulse...

3. Ti pare che l’ultimo decreto legge concretizzi il pericolo di un allontanamento definitivo dall’aula delle persone a qualsivoglia titolo private della libertà personale? 

E’ la conseguenza di quel che dicevo. Il fascino della pixelizzazione del processo e dell’imputato può apparire seducente a qualche burocrate pieno della sua autorità costituita, ma segnerebbe la fine del patto democratico e, non vorrei esagerare, della pax sociale. 

4. Gli atti istruttori non sono remotizzabili neppure col consenso delle parti. Secondo alcuni magistrati è una norma incomprensibile, di cui gli avvocati per primi, incisi nella loro facoltà di scelta, dovrebbero lamentarsi. Che ne pensi?

diritti non sempre sono disponibili. La vita e la libertà non appartengono alla gamma dei diritti dei quali il cittadino può liberamente disporre secondo un’idea che vede nella riserva statale la quota alla quale fissare la tutela del diritto inviolabile. In questo senso il consenso all’istruttoria remotizzata non appartiene alla libera disponibilità delle parti e si colloca nell’area della sanzione di inutilizzabilità, non gestibile neppure con il consenso dell’avente diritto.

5. Ma perché la parte può acconsentire ad un giudizio abbreviato e non ad uno da remoto?

La domanda è suggestiva, ma temo rischi di ingenerare equivoci. Il consenso all’abbreviato, cioè la rinuncia al modello di processo costituzionale previsto dall’art. 111 della Costituzione, non è una vera e propria rinuncia (e la deroga è prevista dalla Costituzione). È piuttosto un accordo sulle regole di accertamento del fatto che, come si dice tradizionalmente, si chiede allo stato degli atti e con alcuni benefici in caso di sanzione. Si rinuncia all’assunzione della prova e si consente a trasformare in prova la fonte di prova. Ma l’assunzione della prova rimane, sempre, in area di indisponibilità e deve avvenire secondo le regole costituzionali. Non a caso è stato fervente il dibattito giurisprudenziale sulla rinnovazione in appello, soprattutto con riferimento al giudizio abbreviato e alla riforma migliorativa della decisione di primo grado. Mi pare che la triade di sentenze a Sezioni Unite (Dasgupta, Patalano e Troise) abbiano definitivamente chiarito come l’assunzione della prova - che risponde ad esigenze di garanzia, completezza e piena cognizione - debba avvenire nel rispetto del parametro costituzionale della presunzione di non colpevolezza. Faccio un esempio: come la confessione di un reato non è utilizzabile senza il rispetto  dei presupposti di acquisizione, così la modalità di assunzione della prova deve avvenire secondo regole legali che non sono rimesse alla disponibilità delle parti. Queste possono solo concordare sul risultato, ma non sulle modalità che sono poste a presidio del processo e, in definitiva, del suo protagonista: l’imputato.

6. Vorrei insistere, se colgo bene tu ritieni non accostabile la rinuncia al contraddittorio per la formazione della prova, tipica dell’abbreviato, al consenso all’utilizzo di un mezzo che inciderebbe, viziandola, sulla stessa formazione della prova? 

E’ così. Mi pare siano due situazioni diverse e non assimilabili. Un conto è la rinuncia al diritto alla prova che è una facoltà disponibile, altro è consentire alle modalità di formazione secondo regole che non sono conformi ai principi costituzionali che ci siamo dati. Si consideri peraltro che nell’abbreviato sono previsti meccanismi compensativi per l’ipotesi di condanna (sconti sulla pena), che nelle recenti sperimentazioni emergenziali non ricorrono. Insomma, non si tratta di situazioni analoghe e paragonabili.

7. Proviamo a cambiare argomento. E’ trascorso poco più di un anno dalle SS.UU. “Bajrami”, che hanno riformato il principio di immutabilità del giudice, ti pare che in questo periodo sul fronte giurisprudenziale la difesa sia stata sotto assedio?

Non ne farei un fatto di ideologica contrapposizione o di rivendicazione “sindacale”. La Bajrami è una sentenza colta, ben scritta ma che reca in sé un insanabile vizio: stravolge il principio di legalità e la soggezione del giudice alla legge. Neppure la Corte Costituzionale (sentenza 132/2019) era arrivata al punto  di interpolare l’art. 525 c.p.p., espressamente segnalando come la materia appartenesse alla riserva del Legislatore. Questo, al fondo, mi pare il punto della questione: il formante giurisprudenziale potrà bene essere fonte del diritto, parificata alla legge nella gerarchia delle fonti, ma ciò potrà avvenire ad una sola condizione: quando la giurisdizione trarrà la sua legittimazione dall’investitura del popolo sovrano, cioè quando i giudici saranno eletti da chi esercita la sovranità popolare. Fino ad allora rimarranno gli equilibri costituzionali del giudice soggetto alla legge. Ogni diversa soluzione rischia di attentare agli equilibri costituzionali.

8. Da poco più di un mese sei Presidente della Camera Penale di Trapani, quale ritieni sia il ruolo della avvocatura soprattutto quella associata? 

In una sola parola: consapevolezza. Consapevolezza del ruolo e della funzione sociale dell’Avvocato. Proprio in un momento difficile come questo è la quota dei nostri  obiettivi. E dobbiamo farlo con l’unico strumento che conosciamo: la serietà delle nostre posizioni. Abbiamo idee, capacità di ascolto e di proposta e non siamo interessati alle rivendicazioni sindacali ma alla difesa dei diritti dei cittadini; diritti dei quali siamo presidio. Siamo parte della giurisdizione. Quanto prima se ne prenderà atto, tanto prima cesseranno queste visioni proprietarie della giustizia e del palazzo di giustizia, che tanti danni hanno fatto.



(*) Il nostro è un blog polifonico. Auspichiamo che sugli argomenti trattati in questa intervista si voglia aprire un confronto con voci provenienti dalla Magistratura, che saremo lieti di ospitare.


nella foto, Daniele Livreri

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