A pochi giorni dall'entrata in vigore dell'art. 24 del D.L. 137/2020 c.d. Ristori - norma invero un po' confusa e "buttata dentro" il decreto legge quasi per caso - la Cassazione interviene nella culla della neonata, "segnandone" la già breve vita.
Secondo un'interpretazione fornita dalla Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione (sentenza n. 2840 del 3.11.20), la norma non trova applicazione in assenza della specifica individuazione da parte della DGSIA degli atti per i quali è consentito il deposito.
Abbiamo idee diverse: la Camera Penale di Trapani ha offerto alla comunità dei giuristi e alla politica la possibilità di emendare la norma prevedendo che <<Al deposito degli atti penali in cancelleria equivale l’invio di documento informatico firmato digitalmente mediante PEC all’indirizzo dedicato dell’autorità giudiziaria legittimata a riceverlo in via cartacea>> e che <<Ai fini dei depositi, saranno costituti account dedicati per ogni tribunale, Corte d’appello e Procura secondo il seguente schema: tribunale.città.depositi@giustiziacert.it; ca.città.depositi@giustiziacert.it; procura.città.depositi@giustiziacert.it>>. La modifica consentirebbe, a costi di realizzazione assai contenuti, di annullare gli accessi alle cancellerie - oltre che gli spostamenti tra città, province e regioni - per il deposito di atti, compresi quelli di impugnazione (in quest’ultimo caso con l’ulteriore beneficio di evitare gli accessi negli uffici postali). Il sistema consentirebbe peraltro l’agevole deposito degli atti con PEC certificata da parte dei professionisti verso PEC dedicate degli uffici, senza scontare i ritardi e i tempi di realizzo della piattaforma per il deposito degli atti penali (c.d. PDP).
Vedremo se esiste la buona politica ...