La Corte di Cassazione, sezione prima penale, con la sentenza 30408/2020 ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento agli articoli 3, 25, 27, 111 e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione agli artt. 7 Cedu e 4, protocollo n. 7 Cedu, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 41-bis, commi 2 e 2-quater, della legge del 26 luglio 1975, n. 354 (ordinamento penitenziario), nella parte in cui prevedono la facoltà di sospendere l'applicazione delle regole di trattamento e degli istituti previsti dalla stessa legge, con adozione obbligatoria delle misure enunciate nel comma 2-quater, nei confronti degli internati, assoggettati a misura di sicurezza detentiva.
Per l'importanza della questione, riteniamo di segnalare alcuni passaggi della motivazione, facendo rimando al link della sentenza 👉 scarica la sentenza.
Si legge in sentenza: <<storicamente, pena e misura di sicurezza svolgono, nel sistema penale, funzioni ben distinte. La prima è "castigo" inflitto per l'offesa arrecata con il reato (funzione retributiva), "promessa" di un male rivolto ai consociati in funzione della osservanza del precetto penale (funzione di prevenzione generale) e, al contempo, concreto intervento sanzionatorio sull'autore dell'illecito finalizzata a impedire la ricaduta nel reato (funzione di prevenzione speciale); la seconda, benché non sia priva di connotazioni general-preventive ed assuma di fatto un evidente carattere afflittivo, si connota essenzialmente in chiave di prevenzione speciale, attuando un intervento finalizzato a impedire, per il futuro, la commissione di un reato da parte di chi un reato abbia commesso (salve le ipotesi di "quasi reato" di cui all'articolo 202, comma terzo, cod. pen.) e rispetto al quale sia probabile, in base agli indici dell'articolo 133 cod. pen., la commissione di nuove violazioni della legge penale (cfr. articolo 203, comma secondo, cod. pen.).
Con l'entrata in vigore della Costituzione repubblicana e con la progressiva evoluzione della giurisprudenza costituzionale, tale distinzione, inizialmente ben nitida, è progressivamente divenuta meno apprezzabile.
Se alla misura di sicurezza appare estranea, quantomeno in via di principio, la funzione retributiva, ad essa appartiene, invece, pienamente e indefettibilmente quella di risocializzazione, che costituisce, nella prospettiva de primato della persona umana (articolo 2 Cost.), il significato proprio che deve essere attribuito alla parola "rieducazione... L'ordinamento penitenziario ha previsto la realizzazione di istituti (o di sezioni di istituti) dedicati all'esecuzione delle misure di sicurezza, i quali devono essere distinti da quelli per l'esecuzione della pena (v. articoli 62 e 64 Ord. pen.) ... Nondimeno, in caso di sottoposizione dell'internato al regime dell'articolo 41-bis Ord. pen., si assiste a una fortissima compressione degli istituti trattamentali fondamentali>>.
Sorge quindi <<il dubbio di legittimità costituzionale di un regime applicativo, dettato dalla norma primaria, che sostanzialmente identifica, sul piano contenutistico, pena e misura di sicurezza...>>.
La sentenza dubita poi della costituzionalità dei meccanismi "automatici", <<in considerazione del fatto che con la modifica, ad opera dell'articolo 2, comma 25, lett. n, n. 1, legge 15 luglio 2009, n. 94, dell'articolo 41-bis, comma 2-quater, Ord. pen., è stata inserita, in luogo dell'espressione «può comportare», quella di «prevede», eliminando così qualunque discrezionalità nella concreta articolazione delle limitazioni poste al trattamento penitenziario, per le pene come per le misure di sicurezza, alle quali ultime detto regime, secondo la pacifica giurisprudenza di legittimità, si applica ...>>.
Ne segue ... <<un ulteriore profilo di non manifesta infondatezza del ventilato contrasto tra l'articolo 41-bis, commi 2 e 2-quater, Ord. pen e, per il tramite del parametro interposto dell'articolo 117 Cost., l'articolo 4, comma 1, Protocollo n. 7 alla Convenzione europea dei diritti dell'Uomo, che, stabilendo che nessuno può essere nuovamente punito per lo stesso reato («... punished again (...) for an offence for which he has already been finally (...) convicted...»), parrebbe non consentire nemmeno una sostanziale duplicazione della pena, realizzata attraverso l'applicazione di un regime restrittivo che, al di là del diverso nomen juris, non è connotato da alcuna differenziazione, in positivo, del relativo trattamento penitenziario ... >>