Il dibattito sulla (ennesima) riforma della giustizia si anima su informazioni fuorvianti.
È una leggenda metropolitana, ad esempio, che gli appelli siano dilatori e mirino alla prescrizione, istituto ormai raro come l'acqua sul pianeta Marte.
È una leggenda metropolitana che l'appello sia "un cono di bottiglia" verso la celerità e l'efficienza del giudizio penale, perché le inefficienze del grado non sono legate al "numero" degli appelli, e sono invece figlie di carenze strutturali, di personale e dell'organizzazione del sistema.
È un falso problema quello che sta alla base della decisione di "rendere più complesso" il giudizio di appello, trasformandolo in un mezzo di impugnazione a critica vincolata, disseminato di trappole e formalismi che "agevolino" il giudice (uno solo, monocratico) a dichiararlo inammissibile. Anzi, nel sistema pandemico la inammissibilità è di competenza del giudice criticato, per non scomodare il collega della Corte.
Questa pratica para-anglosassone è una piccola truffetta all'italiana.
Nel sistema anglosassone l'appello è dichiarato improponibile perché pretestuoso “frivolous” o di esito improbabile “unsafe”, ma il giudizio di primo grado è autenticamente garantista; le prove sono valutate secondo evidenza e non secondo il libero convincimento del giudice; le parti siedono in condizioni di parità; l'azione penale non è obbligatoria.
Ma, soprattutto, nel sistema anglosassone il giudice e il pubblico ministero non condividono il medesimo sindacato che etero-dirige l'organo di rilievo costituzionale deputato a decidere le carriere, gli aumenti salariali e le responsabilità disciplinari. Insomma, un altro mondo che non è paragonabile al nostro.
Delle due l'una: o si prende atto che abbiamo un ordinamento giuridico e una tradizione culturale differenti oppure siamo destinati, come cantava Renato Carosone, a scimmiottare i ‘mericani (Tu vuo' fa' l'americano/'Mericano, 'mericano/Sient'a mme chi t' 'o ffa fa'?) dimenticando che siamo nati in Italy. Dunque "Sient' a mme, nun ce sta niente 'a fa'/Ok, napulitan".
La riforma del processo penale è avviata. In questo blog ce ne stiamo occupando da mesi (link).
Il progetto del fu Ministro Bonafede è stato emendato dalla commissione Cartabia ed ora i testi e le proposte sono affidati alle “mani sapienti” dei Parlamentari. Insomma c’è di che preoccuparsi...
Tuttavia nelle proposte di riforma si rinviene un filo rosso di collegamento che tutto tiene: il ruolo.
Il ruolo delle parti, in primo luogo. Che non si dica che la riforma sarà dei Parlamentari. Essa è stata concepita, organizzata, sponsorizzata, sostenuta, dalla Magistratura sin dal documento di Anm del 10 novembre 2018 (prova di resistenza: il presidente di Anm, solo qualche giorno fa, l’ha salutata con favore).
Il ruolo delle cause, poi. È la disinformazione che regge il gioco: occorre ridurre il numero degli appelli.
Il ruolo dei fuori ruolo. Giocatori esterni della partita, ma interni agli uffici legislativi, i fuori ruolo hanno il compito di blandire la politica, fornirle soluzioni nella certezza che alla VAR del processo eventuali correzioni saranno apportate dai loro colleghi in ... ruolo. Il tutto secondo indicazioni del centro studi del comune sindacato di cui sopra.
Poco importa che una causa su due, in appello, sia riformata. Ciò significa che una decisione su due dei giudici di primo grado è errata, in un senso o nell'altro.
Il cavallo di Troia - Sul terreno della trattativa viene offerta l'inappellabilità delle sentenze di assoluzione. Com'era sin dalla legge Pecorella, se in primo grado si è assolti non ha senso l'appello del pubblico ministero, perché, al più, si avrebbero due giudizi di merito contrastanti (assoluzione vs condanna) che integrano il ragionevole dubbio.
Sull'offerta - io credo - si consumerà l'ennesima truffetta della materia: concedere un appello più complesso e di minore garanzia e in cambio offrire l'inappellabilità delle assoluzioni. Si tratta di una soluzione ipocritamente utilitaristica perché volta ad arginare le (giuste) conseguenze riparatorie della regola di rinnovazione dell’istruttoria sin dalla saga Dasgupta e poi con la riforma Orlando.
Ci vuol poco a prevedere che si tratta di soluzione che si risolverà nell'inganno: l'inappellabilità delle assoluzioni finirà per essere dichiarata incostituzionale, come avvenne in passato e rimarranno i nuovi limiti all’appello.
Davvero ci credete così sprovveduti, quasi avessimo l'anello al naso?
L'Avvocatura penalista è chiamata ad una prova di orgoglio e di dignità in difesa dei diritti dei cittadini.
Vogliamo trasformarci nei facilitatori di confessioni, in cambio di sconti?
Vogliamo abbandonare il diritto e trasformarci in mediatori di pena?
Io credo che sulla riforma del processo penale - sui riti speciali e sull’appello in particolare - si giochi la partita decisiva per la sopravvivenza della medesima idea di giusto processo e di riforma costituzionale dell’ordine giudiziario e degli squilibri tra le parti del processo. Rinunciare alla quota minima di principi inderogabili per immolarsi ai tatticismi della politica romana espone al rischio, mortale, della irrilevanza politica.
P.S. cosa c’entrano i simboli dei partiti? Chi pensate che scriva le norme di legge, il Parlamento o i legislativi dei ministeri? E quale disegno di legge ha più probabilità di essere approvato tra questioni di fiducia e abusi della decretazione d’urgenza?
I legislativi dei ministeri sono magistrati fuori ruolo, formatori e creatori delle leggi ratificate dai parlamentari. Essi sono vicini alla politica e alle istanze della politica.
Poi, cambiato il governo, tornano ad applicare la legge che essi hanno partorito.
Con buona pace della separazione dei poteri e della declamata indipendenza del PM dalla politica che, secondo alcuni, dovrebbe impedire l'unica, sacrosanta, riforma della giustizia: rendere autonomo il giudice e separarlo dal pubblico ministero.