27 giugno 2021

Il PM non può impugnare a mezzo pec



I giudici della nomofilachia (Cass. pen. sez. VI 11.05.2021-24.06.2021 n.24714, sentenza al LINK) intervengono nuovamente sull’inoltro a mezzo pec delle impugnazioni, con particolare riguardo alla possibilità per la PARTE PUBBLICA di far ricorso a tale forma di deposito. Il punctum dolens attiene alla circostanza che la lettera della normativa emergenziale prevede tale possibilità soltanto per i difensori delle parti private.

Nel caso di specie il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Varese aveva interposto nel medesimo giorno appello cautelare, depositando il gravame tanto in cancelleria, ma oltre l’orario consentito, quanto a mezzo pec. Il Giudice adito dichiarava tardiva l’impugnazione, pretermettendo qualsivoglia valutazione sull’appello rimesso da remoto, per il quale non sussiste un limite di orario all’invio.

Il Procuratore della Repubblica ricorreva in Cassazione, lamentando la violazione ex multis dell'art. 24 del d.l. n. 137 del 28 ottobre 2020, così come convertito con modificazioni dalla legge n. 176 del 18 dicembre 2020. In particolare, secondo il ricorrente, da una lettura costituzionalmente orientata del testo legislativo, può ricavarsi la possibilità, anche per la parte pubblica, di depositare telematicamente le impugnazioni, comprese quelle cautelari, residuando altrimenti l'illegittimità costituzionale delle medesime disposizioni, perché in conflitto con gli artt. 3, 32, primo comma, e 111 primo e secondo comma, della Costituzione.  

A fronte di tale censura, la Corte ha ritenuto che:

1)    le modifiche apportate, in sede di conversione, all'art. 24 del d.l. n. 137 del 2020, dalla legge n. 176 del 2020, consentono, per il circoscritto periodo considerato dalla normativa speciale dettata per l'emergenza epidemiologica, il deposito di qualsivoglia atto di impugnazione, anche cautelare, tramite l'invio del documento  mediante pec. Di talché deve ritenersi non più attuale la lettura interpretativa del medesimo disposto, nella sua originaria formulazione, offerta dalla Corte (Sez. 1 , n. 32566 del 03/11/2020, Caprioli, Rv. 279737, nostro commento al link), secondo cui doveva escludersi la possibilità di depositare telematicamente le impugnazioni;

2)   l'ultimo periodo del quarto comma del citato art. 24 facoltizza il deposito entro la fine del giorno di scadenza dell'incombente da eseguire, in deroga, dunque, a quanto previsto, in via generale, dall'art. 172, sesto comma, cod. proc. pen.;

3)    il deposito dell'atto di impugnazione a mezzo pec NON è consentito al Pubblico Ministero. A sostegno di tale asserzione la Corte regolatrice ha rilevato che: 

3.1. le disposizioni dell'art. 24 prendono in considerazione unicamente i difensori delle parti private quali soggetti legittimati ad avvalersi della possibilità di tale alternativa forma di deposito dell'atto di impugnazione e ciò in un contesto in cui le modalità di presentazione e di spedizione dell'atto, disciplinate dall'art. 583 cod. proc. pen., sono tassative e inderogabili, non ammettendo equipollenti;

3.2 per l'utile proposizione dell'impugnazione trasmessa via pec, assume rilievo centrale, a pena di inammissibilità, la sottoscrizione digitale del ricorso. Infatti la paternità dell’atto trasmesso è attribuita dalla firma digitale, non essendo all’uopo sufficiente l’invio dalla pec.  Tuttavia è <<incontroverso che, allo stato attuale, gli uffici della Procura non sono muniti di una firma digitale>>;

3.3. siffatta carenza consente di ritenere infondate le paventate censure di costituzionalità. E ciò a maggior ragione che trattasi comunque di una legislazione emergenziale, rispetto ai cui obiettivi sanitari è assai più conforme limitare l’accesso delle parti private, considerata per contro l'evidente marginalità dell’accesso, in genere, interno agli stessi uffici giudiziari, delle parti pubbliche.

Per quanto complessivamente le osservazioni della Corte paiano condivisibili, non si ritiene che l’introduzione dei depositi da remoto debba valutarsi quale una parentesi, sicché è auspicabile che vengano rimossi gli ostacoli al deposito a mezzo pec, anche per la parte pubblica.

Al riguardo, è utile ricordare che l'attuale assetto legislativo prescrive il "confezionamento" dell'atto in pdf nativo firmato digitalmente, con la conseguenza che è inammissibile (per tutti i legittimati, peraltro) l'atto che sia prima firmato fisicamente, poi scannerizzato e quindi firmato digitalmente. In questo caso non si è in presenza di un atto pdf nativo ma di un pdf immagine, "forma" con la quale possono trasmettersi solo gli allegati.

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