06 maggio 2021

La Riforma del Processo penale - 1.2. la riforma dell'udienza preliminare - Le risposte del pubblico ministero, Francesca Urbani (*)

La nuova rubrica sottoporrà alcune domande a un giudice, un pubblico ministero, un avvocato e un docente.
In questa sezione ci occupiamo della riforma dell'udienza preliminare con tre domande al pubblico ministero, Francesca Urbani. 
Il piano completo dell'opera è consultabile sulla pagina dedicata di questo blog (link).
Il progetto di legge per la “DELEGA AL GOVERNO PER LA MODIFICA DEL CODICE DI PROCEDURA PENALE, DEL CODICE PENALE E DELLA COLLEGATA LEGISLAZIONE SPECIALE E PER LA REVISIONE DEL REGIME SANZIONATORIO DELLE CONTRAVVENZIONI”, è all’esame, in sede referente, della Commissione Giustizia della Camera dei deputati, che ha anche svolto numerose audizioni inerenti il testo della riforma.





1- Ritiene opportuna e davvero praticabile la modifica della regola di giudizio ex art. 425 c.p.p. così come prospettata nel progetto di legge?
Il progetto di riforma che si propone di rivedere il criterio di giudizio dell’udienza preliminare e dei presupposti per l’adozione di una sentenza di non luogo a procedere, se da un lato è apprezzabile nella misura in cui se ne comprende la ratio, considerata l’irrisoria percentuale di sentenze ex art 425 c.p.p. pronunciate, dall’altro lato - a parere della Scrivente - non è idonea a incidere concretamente sull’istituto. 
E infatti, l’art. 3 della Delega al Governo deve essere letto alla luce della riforma che già in passato, con la L. 08 aprile 1993, n. 105, espungendo l'aggettivo “evidente” dalla lettera dell'art. 425 c.p.p., aveva cercato di ampliare l’ambito applicativo dell’istituto riproponendo di fatto il criterio di giudizio previsto dall’art. 125 disp. Att. c.p.p.: in questo modo alla sentenza di non luogo a procedere era sotteso un vaglio di "utilità" del giudizio, verificando che il compendio probatorio fosse idoneo a sorreggere l'accusa.
In questo contesto, e analogamente a quanto si vorrebbe fare con la riforma attuale, si cercò di verificare se tale vaglio consistesse in una prognosi favorevole del giudizio, tenendo anche conto di eventuali contraddittorietà probatorie (equiparando il giudizio per la sentenza di non luogo a procedere a quello di cui all’art. 530 co. 2 c.p.p., cfr. C., Sez. III, 22.1.1997), o se invece, anche alla luce delle indicazioni della Corte costituzionale l'udienza de qua fosse caratterizzata da una struttura "processuale" in senso stretto, avendo ad oggetto esclusivo la sostenibilità della domanda d'accusa (si veda tra le altre, Corte Cost. 11.4.1997, n. 97; C. Cost. 7.3.1996, n. 71).
In quest’ottica la giurisprudenza di legittimità si è attestata su un’interpretazione che ritiene che debba essere disposto il rinvio a giudizio ogni qual volta – anche in coerenza con il sistema accusatorio previsto dal nostro codice di procedura – il dibattimento possa o meno apportare utili elementi di prova anche in presenza di elementi allo stato contraddittori o insufficienti, che proprio nel contraddittorio potrebbero essere risolti (tra le altre, Cass., Sez. III, 8.11.1996, Tani; C., Sez. VI, 9.10.1995, La Penna).
Tale evoluzione giurisprudenziale è stata inevitabile al fine di rendere l’istituto compatibile con il sistema accusatorio che si fonda sul principio per cui la prova si forma in giudizio in contraddittorio tra le parti. E se questo è stato vero – a prescindere dalla modifica apparente del tenore letterale della norma (già del 1993, poi nel 1999) non vedo come, una timida modifica della lettera della norma possa portare a un reale cambiamento dell’istituto in parola. 


2- Per rimediare alla eccessiva e incontrollata durata delle indagini, la riforma non corre il rischio di penetrare in aree di discrezionalità del Pubblico Ministero?

Anche in questo caso non ritengo che si debba apportare questa modifica al codice di procedura, ritenendo condivisibile la giurisprudenza consolidata che ritiene che il momento dell’iscrizione non sia sindacabile, soprattutto nella misura in cui tale scelta derivi da una valutazione del pubblico ministero che, sulla base degli atti, decida quando vi siano i presupposti per l’iscrizione ex art 335 c.p.p. Si pensi alle c.n.r. nelle quali vengono deferiti da parte della p.g. soggetti su cui non sussistono i presupposti per l’iscrizione e che potrebbero essere oggetto di allegazione da parte della difesa come elemento per sostenere l’onere dell’iscrizione, laddove quest’ultima in realtà dovrebbe seguire ad ulteriori approfondimenti investigativi. Inoltre, si tratterebbe di una sorta di sindacato al buio dal momento che il provvedimento di iscrizioni, pur richiamando gli atti dai quali si evincono i presupposti per l’iscrizione, non deve essere autonomamente motivato, sicché sarebbe difficile un controllo di merito incompatibile con la ripartizione dei poteri previsti dal codice. In ogni caso non ritengo che la sede di un eventuale sindacato di questo tipo debba essere l’udienza preliminare.


3- Il controllo del GUP sulle indagini attribuisce alla sua funzione nuove “competenze di giudizio”, sono compatibili con il giudizio dell’udienza preliminare?
Con riferimento alla possibilità di rivedere le competenze del giudice dell’udienza preliminare, al fine di estenderne i poteri e la relativa cognizione, ritengo che tale prospettiva possa essere auspicabile da un lato, ma dall’altro imponga di ripensare e coordinare anche altri istituti connessi. Si pensi, a titolo esemplificativo, ai termini cautelari che si interrompono solo con il decreto che dispone il giudizio. Nel caso in cui si dovesse decidere di istituire un’udienza preliminare più approfondita e di reale cognizione, si dovrebbe necessariamente prevedere un sistema di sospensione e/o retrodatazione dell’interruzione al momento della fissazione dell’udienza preliminare. Aggiungo inoltre che, in un’ottica di snellimento del processo ampliare i poteri del GUP deve tuttavia determinare uno snellimento necessario degli altri momenti processuali, pena lo svilimento della ratio di semplificazione e celerità del processo. Il codice di procedura penale, d’altronde richiede una lettura unitaria degli istituti non potendosi procedere a una revisione di alcuni, senza tener presente le conseguenze sugli altri.



(*) Francesca Urbani, nata Genova il 17/12/1986. Laureata nel 2010 all’università L.U.I.S.S. Guido Carli. Dal 2010 al 2013 ho frequentato la S.S.P.L. presso l’Università di Roma “La Sapienza”. Acquisito il titolo abilitativo per l’esercizio della professione forense nel 2013. Magistrato ordinario nell’anno 2016, attualmente Sostituto procuratore a Trapani. Ho collaborato con alcune riviste giuridiche tra cui Cassazione penale, Il Corriere Giuridico e Il diritto amministrativo

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