Al riguardo, la Suprema Corte,
dopo aver premesso che la correzione del nomen iuris operata dal Giudice
della cautela non dispiega alcun effetto oltre il procedimento
incidentale, ha tratto la conseguenza che <<in caso di diversa
qualificazione giuridica del fatto da parte del giudice per le indagini
preliminari, in sede di applicazione della misura cautelare, o del tribunale,
in sede di riesame o di appello ai sensi degli artt. 309 e 310 c.p.p.,
trattandosi di correzione del nomen iuris avente limitato effetto al
procedimento incidentale de libertate, fintanto che la diversa veste giuridica
non sia stata recepita in un atto del procedimento principale (nella richiesta
di rinvio a giudizio o nella sentenza anche non irrevocabile), per stabilire il
tempo necessario a prescrivere, occorre avere riguardo, non alla qualificazione
giuridica del fatto ai fini cautelari, bensì alla fattispecie oggetto della
originaria qualificazione oggetto di iscrizione>>.
Si noti che il principio, per
quanto reso in tema di sequestro, sembra inerire ogni tipo di misura, per come
testimoniato dal riferimento agli artt. 309 e 310 c.p.p..
Il principio affermato dalla
Corte non pare condivisibile sin dalle sue premesse.
Invero, ciò di cui si discute non
è se la qualificazione giuridica del reato adottata dal Giudice per le indagini
preliminari o dal Tribunale, investito dell’impugnazione, dispieghi i suoi
effetti oltre l’incidente cautelare, ma le conseguenze che da quella
qualificazione debbano ricavarsi nel procedimento cautelare.
Infatti, aderendo alla tesi propugnata
dalla Corte regolatrice, una misura che comprime diritti fondamentali della
persona potrebbe essere applicata dal Giudice delle indagini preliminari, o
mantenuta dagli organi dell’impugnazione, pur ritenendo che il prevenuto non
possa, all’esito del processo, essere punito.
E’ evidente che in tal modo si assisterebbe ad un chiaro stravolgimento di ogni criterio di proporzionalità tra misura cautelare e pena, pur normativamente previsto, e financo di ogni rapporto di strumentalità tra il processo e la misura cautelare.
Ma in ogni caso, non convince l’idea che la provvisoria qualificazione adottata dal Pubblico Ministero in sede di iscrizione della notizia di reato, pur smentita dai Giudici della cautela, possa dispiegare un qualche effetto nell’incidente cautelare, anche al solo fine di computare la prescrizione. A ben vedere una simile soluzione finisce per mortificare il sistema delle garanzie giurisdizionali, aprendo una breccia pericolosa.