20 maggio 2021

La Riforma del Processo penale - 3.4 I riti speciali (immediato e decreto penale di condanna) - Le risposte del Docente, Paola Maggio (*)

Per la rubrica "La Riforma del Processo Penale", pubblichiamo l'intervento del Docente Paola Maggio relativo alla sezione "Riti Speciali (immediato e decreto penale di condanna)" della riforma.
La nuova rubrica sottopone alcune domande a un giudice, a un pubblico ministero, a un avvocato e ad un docente universitario.
Il piano completo dell'opera è consultabile sulla pagina dedicata di questo blog (link). 
Il progetto di legge per la “DELEGA AL GOVERNO PER LA MODIFICA DEL CODICE DI PROCEDURA PENALE, DEL CODICE PENALE E DELLA COLLEGATA LEGISLAZIONE SPECIALE E PER LA REVISIONE DEL REGIME SANZIONATORIO DELLE CONTRAVVENZIONI”, è all’esame, in sede referente, della Commissione Giustizia della Camera dei deputati, che ha anche svolto numerose audizioni inerenti il testo della riforma.
Gli articoli del disegno di legge  (al link) che interessano questa sezione sono: l'articolo 4 e l'articolo 9.



1- Per il giudizio immediato, la riforma concede una seconda chance per l’accesso ad un rito alternativo nell'ipotesi di rigetto della prima richiesta. Tuttavia nel caso del giudizio immediato tale seconda chance rischia di far interpretare l’art. 438 V bis c.p.p., in tema di abbreviato, nel senso di rendere obbligatoria la presentazione della contestuale richiesta di abbreviato condizionato con le altre richieste di riti alternativi? Qual è il suo parere?
In premessa vorrei chiarire un dato metodologico sulle riforme in discussione e in itinere. A mio modo di vedere, è necessario venir fuori da una visione parcellizzata e di contesto per guardare sinotticamente al processo e al versante sostanziale, se davvero – come si dice di volere fare – si intende porre rimedio alla grave crisi che attraversa il sistema. Come osservato da più parti, l’ampia convergenza politica che sostiene l’attuale governo dovrebbe anzitutto prendere in carico l’approvazione di un’amnistia, premessa ineludibile per una reale deflazione dei carichi e per dare respiro al versante penitenziario sovraffollato. A essa potrebbero seguire ragionate manovre di indulto e una sempre più convinta depenalizzazione. Guardo con altrettanto favore alle annunciate forme di archiviazione condizionata, a un’ulteriore spinta verso la messa alla prova con differenti manifestazioni di diversion, a un ampliamento di meccanismi risarcitori alternativi non sfocianti in bis in idem sanzionatori, nonché all’implementazione di meccanismi riparativi anche in sede esecutiva. 
Con specifico riguardo agli interventi sull’immediato e sul decreto penale di condanna, li ritengo destinati ad avere minore incidenza rispetto alle più ampie linee di riforma previste in materia di abbreviato e di patteggiamento, ove però continuano a registrarsi ampie preclusioni oggettive e soggettive per la pena negoziata e rimane invariato il divieto di accesso al procedimento abbreviato per i reati punibili con l’ergastolo. 
Tali fattori freneranno inevitabilmente il reale esito deflativo dei due principali procedimenti speciali. 
Quanto alle direttiva di delega in tema di giudizio immediato e di procedimento per decreto, la scelta del legislatore intende semplificare la conversione tra il primo rito e il patteggiamento e l’abbreviato, cosicché (come chiarisce la relazione illustrativa) l’imputato che si vede negare l’abbreviato condizionato possa optare per l’abbreviato secco o per l’applicazione della pena su richiesta. 
Anzitutto, la scelta trascura la possibilità di una forma di conversione analoga tra il rito di cui all’art. 453 e ss. c.p.p. e la messa alla prova per adulti. 
Sebbene poi le modifiche in discussione sembrino escludere formalmente automatismi fra la richiesta dell’abbreviato e le successive trasformazioni non contemplando forme decandenziali, temo, tuttavia, che l’intarsio che si va componendo possa determinare, nella sostanza, una anticipazione della volontà negoziale in sede di conversione nel rito abbreviato, che appare già gravemente appesantito dagli stretti criteri di ammissibilità dell’integrazione probatoria, rispetto ai quali il giudice esercita una discrezionalità ampia ed incontrollata. 
Segnalo infine che l’intento di facilitazione dei meccanismi di conversione fra i riti speciali, deve tenere conto della bassissima incidenza statistica dell’immediato, affetto da talune anomalie croniche (penso in particolare alla natura e alla sovrapponibilità delle regole decisorie sulla cautela e sul rinvio a giudizio, nell’immediato cautelare), cui il legislatore non sembra volere porgere attenzione né porre rimedio.

2-La riforma del procedimento per decreto ci pare più sbilanciata sulle esigenze di cassa che su quelle di una reale rianimazione del rito. Condivide questo giudizio?
Sì, in effetti, al di là di una più ampia presa in carico della alternatività fra sanzione detentiva e sanzione pecuniaria che tenga conto delle intrinseche differenze e finalità, le esigenze di cassa sembrano fare ‘la parte del leone’ in questa scelta del legislatore. Inoltre, allungando il lasso temporale entro il quale il rappresentante dell’accusa può formulare la richiesta del rito monitorio, si rischia di incidere negativamente sulla durata ‘irragionevole’ del giudizio: vero dramma esistenziale del nostro sistema processuale. Ugualmente erroneo mi pare subordinare l’estinzione del reato nei casi previsti dall’art. 460, comma 5, c.p.p. all’effettivo pagamento della sanzione monetaria (art. 4, comma 1, lett. d, n. 2). Tale previsione è affetta da palese irragionevolezza in quanto potrebbe discriminare l’effetto estintivo in base a situazione cetuali. Sarebbe più opportuno un generale contenimento del quantum sanzionatorio, dato, quest’ultimo, che ha sinora rappresentato uno dei fattori limitanti in concreto il successo del rito monitorio.

3-Non le pare che per fare cassa si potesse ampliare il meccanismo delle oblazioni, più incentivante anche per i prevenuti?
Anche in questo caso vedrei meglio l’accesso a meccanismi di diversion mediante forme di archiviazione condizionata in grado di anticipare la messa alla prova anteriormente all’esercizio dell’azione penale, cui si potrebbero accostare, l’ampliamento delle fattispecie contravvenzionali oblabili, un incremento delle ipotesi di non punibilità per particolare tenuità del fatto e ben congegnate forme di estinzione del reato in relazione a condotte riparatorie. 



(*) Paola Maggio
 è professore associato di Diritto processuale penale nell’Università di Palermo. Ricopre gli insegnamenti di “Diritto dell’esecuzione penale e Diritto penitenziario” e di “Processo penale e responsabilità degli enti”. 
È componente del comitato di redazione delle Riviste “Processo penale e giustizia” e “La Corte di Assise”. È componente del Collegio dei docenti del Dottorato di ricerca in “Dinamiche dei sistemi”. È autrice di due opere monografiche:  “Le impugnazioni delle misure cautelari personali”, Giuffrè Francis Lefebvre, Milano, 2018; “Fattispecie indennitaria e danno da processo penale”, Giappichelli, Torino, 2017. Ha curato insieme ad Antonino Blando “Terrorismo e mafia”, Numero monografico di Meridiana Rivista di scienze sociali, Viella, Roma, 2020. È autrice di numerose pubblicazioni scientifiche, apparse anche su riviste straniere e volumi internazionali, principalmente sui temi del doppio binario processuale per fatti di mafia, delle impugnazioni cautelari personali, del danno da processo, della giustizia penale europea. L’elenco completo delle pubblicazioni è consultabile al sito:  https://www.unipa.it/persone/docenti/m/paola.maggio/

Ha partecipato a diverse ricerche di interesse nazionale e internazionale. È spesso relatrice in convegni in Italia e all’estero e membro di gruppi di ricerca italiani e internazionali. È componente dell’Associazione Italiana tra gli studiosi del processo penale Giandomenico Pisapia.


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