14 maggio 2021

La Riforma del Processo penale - 8.3 la riforma della prescrizione - Le risposte dell'avvocato, Maurizio Gemelli (*)

Per la rubrica "La Riforma del Processo Penale", pubblichiamo l'intervento dell'avvocato, Maurizio Gemelli relativo alla sezione "Prescrizione" della riforma.
La nuova rubrica sottopone alcune domande a un giudice, un pubblico ministero, un avvocato e ad un docente universitario.
Il piano completo dell'opera è consultabile sulla pagina dedicata di questo blog (link).
Il progetto di legge per la “DELEGA AL GOVERNO PER LA MODIFICA DEL CODICE DI PROCEDURA PENALE, DEL CODICE PENALE E DELLA COLLEGATA LEGISLAZIONE SPECIALE E PER LA REVISIONE DEL REGIME SANZIONATORIO DELLE CONTRAVVENZIONI”, è all’esame, in sede referente, della Commissione Giustizia della Camera dei deputati, che ha anche svolto numerose audizioni inerenti il testo della riforma.





1- Il legislatore intende riformare per la terza volta, dal 2017, l’art. 159 c.p.p.: non era meglio riformare l’istituto della prescrizione nel suo complesso? 
La prescrizione rimane un istituto centrale nella nostra cultura giuridica, che non può essere esaminato attraverso gli slogans mediatici, tipici dell’approccio populista-giudiziario.
Non sono bastate neppure ben tre riforme negli ultimi anni (la ex Cirielli, la riforma Orlando, la riforma Bonafede, che, a tacer d’altro, ha ritenuto di abrogare la precedente disciplina prima ancora che se ne potessero verificare gli effetti e la paradossalità di questa ultima opzione legislativa mi pare di tutta evidenza!). Figurarsi quindi se si avverte ancora il bisogno dell’ennesima riforma dell’intero istituto, che rimane a prevalente matrice sostanziale, più che processuale. La giurisprudenza della Corte Costituzionale ce lo ha ricordato più volte.
Parimenti condivisibile mi pare l’orientamento della Corte Costituzionale, espresso nella sentenza n. 23 del 2013, che contempla il riconoscimento del diritto all’oblio dei consociati.
La stessa Corte di Cassazione, in una efficace sentenza, seppur ormai risalente del 2006, ha affermato che la prescrizione rappresenta una garanzia dell’imputato a non vedersi sottoposto al procedimento penale sine die.
Aveva perfettamente ragione Beccaria, quando ci ricordava che “il decorso del tempo consente di divenire migliori”. Già secondo gli illuministi, essa costituiva strumento di garanzia complementare al principio di legalità, segnatamente nel senso di sottrarre all’arbitrio del potere non solo i modi, ma persino i tempi del suo esercizio.
Arturo Rocco, non certo un antesignano del garantismo ad ogni piè sospinto dei nostri tempi, a proposito della prescrizione, amava ripetere che “il tempo, con la sua lenta e continua azione demolitrice, non può non influire sulla vita e sui rapporti giuridici che i fatti di reato hanno originato”. 
Forse bisognerebbe riuscire a comprendere una volta per tutte che la prescrizione è, in buona sostanza, una questione antropologica, prima ancora che giuridica, che non intercetta il solo diritto sostanziale e processuale penale. E, comunque, essa non è sempre e comunque una patologia, al contrario ha una sua moralità, ambigua, incerta quanto si vuole, ma ha pur sempre una sua ragionevolezza, anche se dovesse servire semplicemente a sanzionare l’inosservanza del principio di ragionevole durata del processo.
Non possiamo negare la precarietà della giustizia umana e il legislatore non può fare finta che non esista l’effetto del decorso del tempo.


2- Nel merito della riforma è stato osservato che la novella introdurrebbe una distinzione tra condannato e assolto, all’esito del primo grado di giudizio, lesiva della presunzione di innocenza, quale il suo giudizio al riguardo?
Con più specifico riguardo ai possibili profili di incostituzionalità in genere del regime, che si vorrebbe introdurre con la novella in discorso, prima facie, intravedo la possibile violazione dell’art. 2 Cost., sotto lo specifico profilo che questo potere punitivo, esteso sine die, finisce per pregiudicare seriamente il diritto dell’imputato a programmare le proprie scelte esistenziali, a rifarsi una vita, a reinserirsi nelle formazioni sociali “ove si svolge la sua personalità”.
Il condannato in primo grado, sostanzialmente equiparato al colpevole definitivo, potrebbe altresì configurare la parallela violazione della presunzione di non colpevolezza.
Occorre, però, sul piano più squisitamente operativo, riflettere sull’ulteriore rilievo che l’accoglimento di una eventuale eccezione di legittimità costituzionale, orientata costituzionalmente in quella direzione, a mio sommesso avviso, non cancellerebbe la riforma Bonafede, ma tutt’al più provocherebbe un riallineamento della posizione del condannato in primo grado con quella dell’imputato assolto. 
Se poi si considera il rilievo inerente alla selettività della prescrizione, certo distribuita geograficamente in modo variegato (a Napoli, Roma, Venezia, Bologna, più intensa che in altri fori), e magari per di più distribuita socialmente in modo discriminatorio, nel senso che finisce per trovare scarsa applicazione, rispetto alla platea generale, nei confronti delle classi socialmente periferiche, con possibile parallela violazione del principio di uguaglianza e con altrettanto pericoloso, scivolamento del nostro apparato punitivo verso un vecchio o nuovo diritto penale d’autore, sarebbe possibile astrattamente ravvisare una irragionevolezza di quella previsione sub specie art.3 Cost., sulla quale ultima, però, poi in concreto occorrerebbe misurarsi con i significati che nelle più recenti pronunce ha attribuito la Corte Costituzionale a quel pur ricorrente principio.
Né, per altro verso, può condividersi la scelta, operata ancora una volta acriticamente in chiave comparatistica dal legislatore della Bonafede, di emulare le opzioni privilegiate dell’ordinamento tedesco e di quello di common law, a proposito della sospensione della prescrizione in corso di giudizio, segnatamente dopo il giudizio di primo grado.
Forse si è trascurato di considerare che in Germania, che pare sia stato il modello al quale il legislatore di casa nostra ha inteso prevalentemente ispirarsi, si è introdotta la sospensione della prescrizione durante il giudizio, o comunque dopo il primo grado, ma solo per fare fronte alla esigenza di perseguire reati assai risalenti nel tempo (es: crimini di guerra) e assai gravi, rendendoli retroattivi.
Nei sistemi di common law, poi, la logica è assolutamente diversa, di natura tutta processuale ed è motivata dalla esigenza di fronteggiare i rischi di uno svilimento del momento genetico della prova, che venga assunta a distanza di lungo tempo dalla commissione del fatto di reato contestato.
Non intravedo, al contrario, alcuna violazione del parametro dell’art.111 co.3 Cost., perché la ragionevole durata del processo si pone su un piano assolutamente differente da quello della prescrizione.
Come ha correttamente osservato la dottrina (BRONZO), la prescrizione non risolve il problema della irragionevole durata del processo, ma lo dissolve.
L’irragionevole lunghezza si risolve con altri rimedi peculiari del processo penale che lo accelerino.
Una prescrizione, costituzionalmente orientata alla ragionevole durata del processo, renderebbe incostituzionali i reati imprescrittibili, malgrado la eccezionalità del loro regime, persino di quelli imprescrittibili di fatto ex art. 51 commi 3 bis e 3 quater cpp che, pur con tutte le interruzioni, non intercettano i termini massimi.
Per non tacere del rilievo che, mentre la irragionevole durata del processo viene di fatto calibrata sulla complessità degli accertamenti da compiere, la misura del tempo della prescrizione è parametrata alla gravità dei reati contestati.
I termini prescrizionali, così come previsti dal dettato normativo, sono normalmente sufficientemente ampi, rispetto alla “ideale” ragionevole durata del processo, nel senso che un processo anche complesso, sempre che non cominci in epoca lontanissima dai fatti, dovrebbe concludersi ampiamente entro i termini prescrizionali, sempre che il sistema riuscisse a funzionare al meglio.
La prescrizione, poi, è rinunciabile dall’imputato che del tutto legittimamente aspiri ad essere assolto con formula ampiamente liberatoria, mentre il diritto alla ragionevole durata del processo è normalmente sottratto alla disponibilità dell’imputato, e se pure lo volessimo costruire come un diritto soggettivo, come un diritto potestativo, dovremmo a quel punto, anche per coerenza interpretativa, riconoscerlo a tutte le parti (persino alla parte civile), e non solo all’imputato. 
Peraltro, se l’imputato rinuncia alla prescrizione, non rinuncia alla durata ragionevole e mantiene il diritto all’indennizzo ex lege Pinto, ogni qual volta il processo dovesse avere una durata sproporzionata.
Insomma, le soluzioni al problema della irragionevole durata non vanno ricercate nelle riforma della prescrizione sostanziale, ma nella seria, effettiva, responsabilità dei magistrati, ai quali sia addebitabile il ritardo, nella soluzione prospettata dalla dottrina della prescrizione del processo, differenziata a seconda che la sentenza fosse stata appellata dal PM o dall’imputato, nella opzione tedesca della riduzione proporzionale della pena, per le assoluzioni tardive, nel riconoscimento di un indennizzo ben più consistente di quello ex lege Pinto, liquidato dal giudice che ha emesso la sentenza tardiva. E sono tutti rimedi che ben potrebbero essere modulati in funzione delle singole fasi processuali.


3- L’art. 14 del progetto di legge prevede la sospensione del corso della prescrizione ove venga appellata la sentenza di assoluzione, se almeno uno dei reati per cui è proposto il gravame si prescriva entro un anno dal termine di cui all’art. 544 c.p.p. Non era più corretto prevedere la sospensione soltanto per il reato prossimo a prescriversi? 
Si certo. Astrattamente, la soluzione prospettata nel superiore quesito sarebbe la più logica. 
Occorrerebbe, però, come al solito, verificarne le ricadute nelle prassi applicative, in termini di effetti collaterali della separazione delle imputazioni cumulative. 
Più in dettaglio, mi chiedo, esaminando l’art.14 del progetto di legge Bonafede dalla angolazione del PM impugnante la sentenza di assoluzione, magari soltanto in funzione strumentale, vale a dire per giungere all’obiettivo della sospensione dell’intero processo, quali strumenti di tutela specifica verrebbero apprestati per l’imputato già assolto in primo grado contro quelle situazioni certo patologiche?
Parallelamente, stavolta dalla angolazione dell’imputato già assolto, mi viene da pensare alle difficoltà di prova, sub specie dispersione della stessa, che potrebbero scaturire, nei reati dall’accertamento più complesso (es: reati informatici, ambientali e commerciali, reati dei cc.dd. white collars) per effetto del lasso di tempo trascorso a seguito della intervenuta sospensione, una volta che venisse riaperto il processo “congelato”.
Ed ancora.
La sospensione della prescrizione, sia pure limitata al reato prossimo alla prescrizione, provocherebbe certo, come primo effetto immediato, la parcellizzazione dei relativi giudizi di appello (magari persino dei reati mezzo dai reati fine), scaturiti dalla impugnazione del PM o del PG e/o della parte civile, e questo siamo proprio sicuri che gioverebbe all’imputato assolto in primo grado che sarebbe chiamato ad affrontare due giudizi, a distanza di molto tempo l’uno dall’altro, magari in condizioni psico-fisiche e ambientali profondamente differenti e persino con un giudice diverso e dunque con il rischio, quantomeno potenziale, di conflitto tra giudicati ? 
Non ne sarei del tutto certo, almeno questa è la mia sensazione a caldo. 


(*) Maurizio Gemelli: Docente a contratto Università degli studi di Palermo. Cultore della materia “Giustizia penale internazionale” IUS 17 Corso di studi Scienze Politiche e Relazioni Internazionali”. Docente diritto processuale penale a contratto presso Scuola Specializzazione professioni legali “G. Scaduto” Palermo.
Componente Comitato Scientifico IMESI. Componente Comitato Tecnico Peter Berenson Amnesty International – Circoscrizione Sicilia. Docente diritto processuale penale Scuola “O. Campo” della Camera penale Palermo. Avvocato Cassazionista del foro di Palermo

Art. 14.

Disposizioni in materia di sospensione della prescrizione 

1. 1. All’articolo 159 del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al secondo comma, dopo le parole: «dalla pronunzia della sentenza» sono inserite le seguenti: «di condanna »;

b) dopo il secondo comma sono inseriti i seguenti: 

«La prescrizione riprende il suo corso e i periodi di sospensione di cui al secondo comma sono computati ai fini della determinazione del tempo necessario al maturare della prescrizione, quando la sentenza di appello proscioglie l’imputato o annulla la sentenza di condanna nella parte relativa all’accertamento della responsabilità o ne dichiara la nullità ai sensi dell’articolo 604, commi 1, 4 o 5-bis, del codice di procedura penale;

quando viene proposta impugnazione avverso la sentenza di proscioglimento e almeno uno dei reati per cui si procede si prescrive entro un anno dalla scadenza del termine previsto dall’articolo 544 del codice di procedura penale per il deposito della motivazione, il corso della prescrizione è altresì sospeso: 1) per un periodo massimo di un anno e sei mesi dalla scadenza del termine previsto dall’articolo 544 del codice di procedura penale per il deposito della motivazione della sentenza di primo grado, anche se emessa in sede di rinvio, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza che definisce il giudizio di appello; 2) per un periodo massimo di sei mesi dalla scadenza del termine previsto dall’articolo 544 del codice di procedura penale per il deposito della motivazione della sentenza di secondo grado, anche se emessa in sede di rinvio, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza definitiva; 

i periodi di sospensione di cui al quarto comma sono computati ai fini della determinazione del tempo necessario al maturare della prescrizione quando la sentenza che definisce il giudizio in grado di appello, anche se emessa in sede di rinvio, conferma il proscioglimento. Se durante i termini di sospensione di cui al quarto comma si verifica un’ulteriore causa di sospensione di cui al primo comma, i termini sono prolungati per il periodo corrispondente».  

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