28 maggio 2021

L' inutile burocrazia e l'ammasso dei cervelli - di Marco Siragusa




In questo blog ci siamo spesso occupati delle odiose prassi U.C.A.S. (Uffici complicazioni affari semplici), cioè della diffusione di quelle pratiche, spesso inventate dal cilindro della fantasia burocratica, per complicare gli adempimenti di cancelleria dell'utenza (link).
Non passa giorno che il potente "sindacato" - sindacato inteso in senso non associativo - dei ministeriali non ne inventi una nuova, pur di resistere sul fronte del Piave: "non passa lo straniero". Dove lo straniero sono le novità che semplificano la vita e rendono più celere l'attività dell'amministrazione della giustizia.
Ne abbiamo avuto prova nel periodo pandemico. 
Tra smart working - espressione anglofona per dire: faccio finta di lavorare da casa, perché in realtà il sistema non è attrezzato a consentire il lavoro da remoto - e novità legislative, salvo lodevoli eccezioni, in tutto lo stivale si sono registrate cancellerie pronte ad attrezzarsi nella migliore delle tradizioni UCAS: “questo non è consentito dal protocollo del supremo ordine giudiziario del coordinatore super dirigente di Vattelapesca", e "questo file non si apre" (quando si aveva a che fare con un semplice pdf.p7m o un pades, mica con una programmazione software che neppure Bill Gates avrebbe compreso...).
Forse perché animati da romantico tradizionalismo, le novità informatiche del processo penale sono state osteggiate dai quei ministeriali affezionati alla carta, al timbro, all'istanza in bollo e ad altre amenità da Stato feudale, ormai intollerabili e odiose.


Credevamo di averle viste tutte, quand'ecco che dalla fantasia dei burocrati ne spunta un'altra: devi pagare i bolli sulle copie di cortesia.

Breve riassunto delle puntate precedenti.
Dal che è legge, le parti possono inviare gli atti a mezzo pec e le cancelleria, con il medesimo mezzo (la pec), possono provvedere alle notifiche e agli inoltri alle autorità giudiziarie competenti (link). 
In esordio i burocrati avevano iniziato a chiedere le copie di cortesia (cioè la stampa cartacea) di quanto inviato a mezzo pec. Poi qualcuno gli aveva spiegato che con i rischi sanitari non aveva senso accedere per depositare la copia di quel che essi potevano comodamente stampare anche da casa, se in ... smart working.
Qualche burocrate - ammetto dotato di fantasia estrema - si era spinto ad opinare sul fatto che l'invio pec contenente il documento digitale fosse incompleto ove non fossero allegate anche le copie. C'è voluta una pazienza che non ha nemmeno un Santo per far comprendere che le copie di uno stesso file erano un non senso: che si stampassero tante copie quante necessarie, se proprio volevano rimanere attaccati alla pratica della deforestazione amazzonica...


Ma niente; ostinati come sono, ne hanno inventata un'altra.
La novità è che da qualche giorno, alcune cancellerie, inviano messaggi del seguente tipo: "Egregio avvocato, la informo che come da disposizioni pervenute con nota dipartimento per gli affari di giustizia (provvedimento del 9 marzo 2021) per quanto riguarda gli atti di impugnazione trasmessi via pec, dovrà corrispondere euro 1,46 (diritti di copia dovuti per n. 3 pagine) per n. 5 copie (tot. euro 7,30) dell'atto di appello necessarie per istruire la pratica (ovvero n. 4 copie per la Corte d'Appello + 1 copia per la comunicazione al P.M.)".
Nei casi di maggiore fantasia si è arrivati anche a sostenere che: "Egregio Avvocato, l’ammissione al Patrocinio a spese dello Stato, non esonera Lei, in quanto difensore , dal deposito delle copie dell’atto dell’impugnazione previsto dall’art. 164 D.L.vo 28/07/1989 n. 271, in caso di deposito cartaceo l’obbligo viene assolto depositando materialmente il numero di copie necessarie. In caso di deposito telematico come previsto dal foglio n. 2/21 del Ministero della Giustizia l’obbligo va assolto tramite versamento di diritti di copie".

Ora, anche il più gandhiano degli avvocati, si porrà qualche domanda: è lecita la richiesta? Se è illecita, qual è il reato? Ma si tratta di un'evidente deformazione professionale.
In effetti, il Dipartimento per gli affari di giustizia Ufficio I - affari a servizio dell'amministrazione della giustizia - roba che solo a scriverlo ti addormenti, se non ti confondi -, ha emanato una circolare esplicativa.

Sia detto con rispetto: nel Paese della burocrazia, la circolare ha un valore assoluto, ponendosi al di sopra della Costituzione, delle leggi e, per i credenti, anche del Vangelo.
Ecco cosa prevede la circolare: "La possibilità - recata dal sistema processuale penale con la normativa emergenziale di cui all'art. 24 del d.l. 137/2020 s.m.i., commi da 6-bis a 6 decies - di depositare in via telematica l'atto di impugnazione quale documento informatico digitalmente sottoscritto dal difensore, tramite invio a mezzo pec all'ufficio che ha emesso l'atto impugnato, lascia ferma l'esistenza del fascicolo cartaceo in cui la cancelleria provvede ad inserire copia analogica dell'atto di gravame ricevuto tramite pec, non incidendo sulle norme processuali del codice di rito e sulle relative norme di attuazione, segnatamente non derogando all'art. 164, disponibile. att. c.p.p. ... che prevede la formazione di un determinato numero di copie analogiche dell'atto di impugnazione da inserire nel fascicolo cartaceo. Pertanto, anche nel caso di gravame inoltrato secondo le modalità di cui all'art. 24, d.l. 137/2020, resta dovuto il pagamento dei diritti di copia in caso di copie dell'atto impugnazione formate dalla cancelleria dell'ufficio giudiziario".

Ora, devo confessare che io li adoro per tante ragioni.

In primo luogo, per la capacità di utilizzare una lingua circonvoluta. In burocratese la circolare afferma: dobbiamo stampare quel che prima consegnavi tu già bell'e pronto, quindi devi pagare il servizio.
Poi li invidio per la capacità di interpretare le norme sempre nel senso della complicazione delle questioni semplici.

Avrei voglia di dire: "Caro Dipartimento etc. etc., ma se la legge consente (talvolta, impone) l'invio digitale e tu amministrazione sei incapace di gestire la novità, al punto che devi ricorrere alla vecchia carta contribuendo alla deforestazione dell'Amazzonia, perché mai devo essere io a pagare la tua inutilità (intesa come incapacità di esser utile per le ragioni del tuo pagamento da parte del contribuente)?".
E ancora, "perché mai devo pagare la stampa di quel che puoi trasmettere per email o pec, e che ogni altro impiegato pubblico può visualizzare sul suo p.c.?" (se è un suo piacere stampare, che paghi lui la carta e il fio di contribuire alla deforestazione dell'Amazzonia).

Poi penso che ieri è stato il giorno della festa (San Paganino) e immagino anche gli appassionati della deforestazione contenti a giustificare davanti allo specchio le ragioni del loro pagamento mensile. Ecco, con questa immagine mi viene da porre una sola domanda: ve lo siete veramente meritati, lo stipendio?


Infine un regalo
: la foto dei vecchi diritti di cancelleria, le marche "madre e figlia". Perché sappiamo quanto voi siate affezionati alle tradizioni: stacca, attacca con la colla vinilica, annulla con il timbro, utilizza il datario, firma con la bic... 

Coraggio, si tratta di archeologia. Ormai non c'è più mondo ... 





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