04 maggio 2021

La Riforma del Processo penale - 5.1 la riforma dell'appello - Le risposte del Giudice, Massimo Corleo (*)

Per la rubrica "La Riforma del Processo Penale", ora nella partizione "Il processo che verrà" del nostro blog, ospitiamo l'intervento sul progetto di riforma dell'appello penale con 3 domande al Giudice, Massimo Corleo
Il piano completo dell'opera è consultabile sulla pagina dedicata di questo blog (link).
Il progetto di legge per la “DELEGA AL GOVERNO PER LA MODIFICA DEL CODICE DI PROCEDURA PENALE, DEL CODICE PENALE E DELLA COLLEGATA LEGISLAZIONE SPECIALE E PER LA REVISIONE DEL REGIME SANZIONATORIO DELLE CONTRAVVENZIONI”, è all’esame, in sede referente, della Commissione Giustizia della Camera dei deputati, che ha anche svolto numerose audizioni inerenti il testo della riforma.



1- La previsione dello specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza di condanna, rischia di diventare un inutile orpello deflattivo che limiterà il diritto di difesa degli imputati assistiti d’ufficio e/o irreperibili di fatto?
Credo che si tratti di una modifica di non eccessiva rilevanza. Nella normalità, i rapporti tra difensore ed imputato continuano ad essere attivi anche dopo l’emissione della sentenza di primo grado e non reputo che i limitati casi in cui tale nuova regola avrà rilievo, possano costituire la chiave di volta per alleggerire l’insopportabile peso delle impugnazioni per le Corti d’Appello; né ritengo che tale regola procedurale, così come prefigurata, possa contribuire, anche indirettamente, allo scopo. 
In ogni caso, sul piano concettuale, che l’imputato esprima una inequivocabile volontà di proseguire nella linea difensiva, e di sopportare anche gli eventuali ulteriori costi del processo, mi sembra in linea di massima condivisibile.
Quanto alle evidenti conseguenze negative che potrebbero configurarsi per gli imputati irreperibili, si potrebbero prevedere singoli casi in cui stabilire una eccezione alla regola generale. 
Devo, tuttavia, segnalare una mia personale convinzione: dobbiamo tornare ad una generale responsabilizzazione del cittadino in tutti i settori della vita pubblica. Chi è a conoscenza di essere sottoposto a processo, soprattutto se non gravato da vincoli cautelari, deve essere chiamato a fornire un contributo di leale collaborazione all’attività giudiziale, quanto meno sotto il profilo dell’interesse alle proprie sorti processuali e non concordo sull’attività sempre e comunque vicariante dello Stato. 
Di tal che, fermo restando il diritto a restare in stato di assenza nel corso delle attività dibattimentali o, comunque, del giudizio, l’imputato, una volta conosciuto l’esito del giudizio di primo grado, deve essere chiamato alla decisione in ordine alla eventuale prosecuzione del processo; e, qualora se ne disinteressi, non credo possa essere compito del suo difensore tecnico sostituirsi al proprio assistito in tale personalissima decisione.

2- La previsione del giudice monocratico di appello per i casi di citazione diretta a giudizio riduce la collegialità. Considera quest’ultima un valore? e la previsione avrà autentica efficacia sui tempi di celebrazione del processo, considerato che in primo grado, da quando la riforma “monocratica” è in vigore non si sono avute ricadute sui tempi di celebrazione del processo?
Anche in questo caso, si tratta di un pannicello caldo. 
Ho svolto, per la gran parte della mia carriera, funzioni monocratiche, sia da Pretore, che, soprattutto, da GIP.
Conosco, dunque, pregi e limiti delle funzioni monocratiche.
Tra i pregi, non c’è certamente quello della maggior celerità del processo, in senso assoluto.
Forse, in alcuni casi, in quegli uffici giudiziari in cui i collegi sono mutevoli per frequenti cambiamenti dei giudici che li compongono, le funzioni monocratiche possono portare a qualche rinvio in meno; ma si tratta di vantaggi eventuali e, comunque, di dettaglio.
La maggiore agilità del giudizio monocratico, paga pegno di fronte alla mancanza di confronto tipica del Collegio, che, non di rado, porta ad una maggiore ponderazione della decisione. E ciò vale anche e soprattutto in appello, dove, al di là di ciò che si può superficialmente ritenere, proprio il sistema devolutivo e la maggiore rigidità decisionale che caratterizza l’operato del giudice di secondo grado, esalta la figura del dialogo intercollegiale, anche alla luce delle recenti innovazioni giurisprudenziali sulla motivazione rafforzata, che deve sorreggere la riforma da verdetto assolutorio in giudizio di condanna, o della interpretazione dell’art. 603 comma 3° bis cpp in ordine alla necessità di procedere ad una nuova assunzione delle prove dichiarative, nel caso di appello del PM o della Parte Civile.

3- Le riforme progettate mirano, da un lato, a rendere più razionale l’invio telematico degli atti di impugnazione e recano in corollario l’eliminazione della regola del deposito fuori sede, dall'altro, mirano a razionalizzare le modalità di celebrazione del giudizio di appello c.d. cartolare pandemico, in quest'ultimo caso rimettendo la scelta opzionale alla espressa richiesta dell’imputato e del suo difensore. Qual è il suo parere?
Francamente non sono in grado di intervenire significativamente in ordine alla proposta di riforma sui sistemi telematici di invio degli atti di appello, trattandosi di normativa che riguarda più da vicino l’attività delle parti e quelle di cancelleria.
Sono fermamente convinto, invece, che l’eventuale riforma in senso cartolare del giudizio di appello, sia pure in casi disciplinati, possa essere un interessante esperimento di deflazione delle udienze.
Baso questa mia riflessione sulla esperienza personale, dalla quale ho potuto rilevare come, anche prima delle norme emergenziali dovute alla pandemia, il contraddittorio in ben più del 50% dei processi di appello, sia stato niente più che un vuoto simulacro.
Dovere celebrare udienze con venti processi, per sentire in dodici o tredici di questi il PG dire “chiedo il rigetto” e il difensore “insisto nell’atto di appello”, significa volere ipocritamente tacere sul fatto che si tratta di giudizi cartolari travestiti.
E, allora, meglio uscire dalla ipocrisia e disciplinare un vero e proprio giudizio a contraddittorio scritto, che consenta, così come avviene sulla base delle norme emergenziali, di decidere fuori udienza, sentite le parti nella forma cartolare, sì da riservare il contraddittorio orale a quei processi che lo meritano e per i quali le parti abbiano fatto apposita richiesta.
Ciò proprio nell’interesse di quei processi che implicano un maggiore studio nella fase dell’impugnazione e necessitano di un effettivo contraddittorio, o, magari, della riapertura dell’istruzione dibattimentale, da svolgersi davanti al giudice di appello.
Spero, sia pure nella sintesi imposta, di essere stato esaustivo nella risposta ai quesiti posti.




(*) Massimo Corleo
, entrato in Magistratura nel dicembre 1991. Funzioni svolte:Pretore di Marsala dal 1993 al marzo 1997; GIP Tribunale di Marsala, dal Marzo 1997 al Gennaio 2003; Giudice Corte d’Assise Trapani dal Gennaio 2003 al Giugno 2004; GIP Tribunale di Trapani dal Giugno 2004 al dicembre 2014; Consigliere Corte d’Appello e Presidente Collegio 4° Sezione Penale dal Gennaio 2015 al marzo 2021. Attualmente giudice Sezione Penale del Tribunale di Trapani

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