Per la rubrica "La Riforma del Processo Penale", ora nella partizione "Il processo che verrà" del nostro blog, ospitiamo l'intervento sul progetto di riforma del giudizio monocratico con due domande all'Avvocato, Vincenzo Pillitteri.
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Il progetto di legge per la “DELEGA AL GOVERNO PER LA MODIFICA DEL CODICE DI PROCEDURA PENALE, DEL CODICE PENALE E DELLA COLLEGATA LEGISLAZIONE SPECIALE E PER LA REVISIONE DEL REGIME SANZIONATORIO DELLE CONTRAVVENZIONI”, è all’esame, in sede referente, della Commissione Giustizia della Camera dei deputati, che ha anche svolto numerose audizioni inerenti il testo della riforma.
1- La riforma intende introdurre un’udienza filtro per i procedimenti a citazione diretta, in cui il Giudice sarà chiamato, tra le altre cose, a valutare se sussiste una ragionevole previsione di accoglimento della prospettazione accusatoria. Le pare una riforma cui potrebbe conseguire un reale effetto deflattivo dei giudizi, oppure si rischia di inserire un passaggio procedurale che dilaterà i tempi processuali?
Al fine di esprimere una completa opinione giuridica circa la modifica proposta dal legislatore in ordine all’istituzione di un’udienza filtro per i reati a citazione diretta ex art. 550 c.p.p. è necessario fare una breve premessa. Ho particolarmente seguito gli interventi riportati nel Dossier della riforma del processo penale e devo riconoscere come la dottrina e le associazioni giuridiche degli avvocati non abbiano condiviso tale proposta. Ebbene l’introduzione di una udienza filtro con l’assegnazione della stessa ad un giudice diverso rispetto al titolare del dibattimento lascia invalicabili sospetti di carattere inquisitorio. Secondo quanto riportato nella proposta di riforma il Giudice (“predibattimentale”?) deve dare una valutazione attraverso la conoscenza del fascicolo del PM in modo molto simile a quanto avviene in sede di udienza preliminare. A conclusione di tale vaglio potrà prosciogliere l’imputato non soltanto per un causa estintiva o anche per la sussistenza di una causa di non punibilità ma anche eventualmente nel merito (tanto da richiamare le formule assolutorie di cui all’art. 530 c.p.p.). A ciò si aggiunge l’ipotesi del proscioglimento a seguito di un giudizio prognostico circa l’insufficienza o contraddittorietà degli elementi acquisiti che non potranno “ragionevolmente” supportare la prospettazione accusatoria nel successivo dibattimento. Ebbene, tale previsione normativa appare particolarmente distaccata dai principi del giusto processo e in contrasto con norme di rango costituzionale. In primis è necessario evidenziare che l’eventuale vaglio negativo da parte del “Giudice predibattimentale” apparirebbe particolarmente suggestivo per il Giudice del dibattimento al quale verrà trasmesso il fascicolo (con nuova separazione fascicolo PM contenente atti di indagini preliminari e fascicolo dibattimentale con atti ex art. 431 c.p.p.) e che potrà esserne notevolmente condizionato. Sotto altro profilo, la norma appare, prima facie, in contrasto con l’art. 111 comma 4 Cost. e nello specifico con il principio del contraddittorio nella formazione della prova a supporto del decisum. Detto ciò, al fine di dare una risposta al quesito posto, ritengo che, con tale proposta i tempi processuali verranno dilatati notevolmente ove si consideri che, proprio in ordine ai reati ex art. 550 c.p.p., il giudice, tranne i casi di udienze che nella prassi vengono definite di distribuzione (meri rinvii per assegnazione ad altri giudici o altro), può procedere all’apertura del dibattimento, alle richieste di prova e all’istruttoria dibattimentale. L’introduzione della suddetta udienza dovrà passare da alcuni momenti di stasi ovvero: scelta del Giudice predibattimentale, vaglio degli atti del fascicolo, eventuale superamento della fase, eventuale trasmissione del fascicolo ad altro giudice per la prosecuzione del dibattimento. Tali passaggi creeranno rallentamenti procedurali a causa dei ridotti organici della magistratura ovvero per lo svolgimento di tale accertamento predibattimentale che potrebbe articolarsi in diverse udienze.
2- L’articolo 12 del disegno di legge prevede dei termini entro cui concludere i giudizi. Per quello innanzi al Tribunale monocratico la celebrazione del processo dovrebbe avvenire, senza distinzione alcuna, entro un anno, col rischio di sanzioni disciplinari ove i termini non siano rispettati per negligenza inescusabile. Quale il suo giudizio al riguardo?
L’art. 12 citato impone dei termini entro i quali dovranno concludersi le fasi processuali (primo grado, appello e fase di legittimità). Ebbene, tale previsione, con riferimento al termine di un anno per la celebrazione del rito monocratico dibattimentale, secondo il mio punto di vista, appare poco ragionevole in quanto la durata del processo in generale deve essere commisurata alla complessità del giudizio dibattimentale. Il Giudice non può essere condizionato irragionevolmente da una tempistica processuale particolarmente breve. Tutto ciò andrà a discapito di un giusto processo e di un attento vaglio degli elementi probatori da porre a supporto della sentenza tanto per i reati di minore allarme sociale che, a maggior ragione, per quelli che destano un maggiore disvalore.
(*) Vincenzo Pillitteri, Avvocato del foro di Palermo è attualmente responsabile della Scuola Territoriale della Camera Penale di Termini Imerese e consigliere del direttivo della Camera Penale. Fa parte dell’Osservatorio Corte Cassazione presso l’Unione delle Camere Penali Italiane. Docente di diritto processuale penale presso Scuola Forense Himera istituita presso il COA di Termini Imerese. Collabora con la cattedra di diritto processuale penale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Palermo quale relatore dei seminari di approfondimento del corso di laurea.